Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |      
Autore: Zomi    09/05/2017    7 recensioni
Si stiracchiò sulla sdraio, il sole del mezzogiorno a crogiolarlo e a colorare la sua pelle lattea con qualche sfumatura dorata mentre i capelli color rame era lasciati sciolti nella loro breve lunghezza.
Con sguardo felino e la schiena ancora allungata nel stiracchiarsi, il navigatore si guardò attorno in cerca della sua preda.
Rise con labbra sottili quando entrò nel suo campo visivo.
Era lì, tranquilla e beata che sonnecchiava contro le paratie della Thousend Sunny ignara di essere appena entrata nei capricciosi pensieri del navigatore.
Genere: Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
IF I WERE A BOY
 
Ci aveva pensato spesso.
Le sarebbe bastato poco, anche solo per un giorno.
Ventiquattro ore in cui essere chi non era.
Vivere con meno preoccupazioni e pensieri.
Senza pregiudizi o preconcetti su come doveva essere o non doveva, su cosa provare o meno.
Idee sbagliate, contorte, stilizzate.
Nessuna superstizione e fantasia nate senza un perché.
Niente facciate da mantenere.
Come lui.
Sospirò, stringendo le braccia e le gambe, serrando la presa.
Se solo avesse potuto, magari le cose sarebbero andate diversamente.
Le sarebbe bastato poco.
Anche solo per un giorno.

 
If I were a boy
Even just for a day
I'd roll outta bed in the morning
And throw on what I wanted and go
Drink beer with the guys
And chase after girls
I'd kick it with who I wanted
And I'd never get confronted for it
Cause they'd stick up for me
 
Si stiracchiò sulla sdraio, il sole del mezzogiorno a crogiolarlo e a colorare la sua pelle lattea con qualche sfumatura dorata mentre i capelli color rame era lasciati sciolti nella loro breve lunghezza.
Con sguardo felino e la schiena ancora allungata nel stiracchiarsi, il navigatore si guardò attorno in cerca della sua preda.
Rise con labbra sottili quando entrò nel suo campo visivo.
Era lì, tranquilla e beata che sonnecchiava contro le paratie della Thousend Sunny ignara di essere appena entrata nei capricciosi pensieri del navigatore.
Quello rise e, presa la scintillante bottiglia di birra che ornava il tavolino accanto alla sdraio, si avvicinò a passi lenti verso la sua preda.
A piedi nudi e vestito dei soli bermuda, si fermò davanti a lei e reggendo la bottiglia con due dita la porse sopra la fronte della Bella Addormentata, posandola appena in modo che stesse in equilibrio.
Già si pregustava la sua espressione offesa e imbestialita per la doccia di birra che si sarebbe rovesciata su di lei non appena avesse mosse un sol muscolo, ma come sempre quella rompi scatole era pronta a rovinare i suoi piani e il suo divertimento.
-Che cosa pensi di fare moccioso?-
Storse il naso a quel stupido nomignolo che gli aveva affibbiato per quell’unico anno d’età che lei vantava di avere su di lui.
-Nulla- mentì spudoratamente ghignando quando la verde aprì l’unico occhio sano rimastole per squadrarla.
Sbuffò e con un gesto secco e scocciato della mano allontanò la bottiglia dalla sua fronte, così come la mano chiara del suo persecutore, il quale storse il naso nuovamente per il gesto e per la sua espressione austera: sempre pronta a rovinargli i piani e l’umore, quella piccola maleducata!
-Oh andiamo!- sbuffò muovendo il capo ramato –Avresti potuto stare al gioco!-
-Gioco? Lo chiamerei più capriccio- inarcò un sopracciglio quella –E poi perché avrei dovuto premetterti di sprecare della birra?
Il rosso piegò le labbra di lato, gli occhi socchiusi e maliziosi mentre posava una mano sulla paratia a cui si reggeva la spadaccina e su cui lui ora si piegava.
-Poi te ne avrei offerta una io…- soffiò accattivante studiando lo sguardo improvvisamente vacuo della spadaccina -… solo io e t…-
-NAMIZO SWAN ~♥!!!!-
Il navigatore alzò gli occhi al cielo, imprecando: il tempismo perfetto di Sanjiko!
-Oh Namizo swan!- si aggrappò al suo braccio la cuoca di bordo, strusciandosi accattivante –Ho appena preparato del ottimo e fresco sorbetto al mandarino: vuoi provarlo? Ti potrei imboccar…-
-Appiccicosa come una zecca- sputò Zoroko in un borbottio.
-Che hai detto alga in gonnella?!?- gli occhi della bionda rivolti con astio alla Nakama.
-Mi hai sentito- si stiracchiò quella, alzandosi  a fronteggiarla –Sei appiccicosa come una zecca Epistassi girl-
-Prova a ripeterlo stupida arrotacoltelli avversa alla femminilità!- sollevò un tacco minacciosa –So io come inculcarti in quella testa vuota le buone manier…-
-Buone buone- posò su entrambe una mano Namizo, reprimendo un sospiro.
Come cane e gatto, ecco cos’erano, e se non si liberava in fretta di Sanjiko poteva dire addio al buon umore di Zoroko e alla sua proposta.
-Prenderò con te il sorbetto volentieri- sorrise alla bionda, un ringhio basso della spadaccina da sottofondo –Ma prima vorrei poter finire di parlare con la buzzurrina…- scelse il suo sorriso più suadente per la cuoca -… ok Sanjiko kun?-
La chef uggiolò di piacere, sciogliendosi in mille cuori e mugugni di apprezzamento, permettendo al rosso di rivolgersi alla spadaccina e incrociare il suo sguardo furente e astioso.
-Meglio che prendi con lei anche la birra allora!-abbaiò con forza non permettendogli di parlare, le mani negli short e l’occhio assottigliato con rabbia –Visto che con me vuoi solo parlare- ringhiò marciando verso la palestra.
Questa volta Namizo non riuscì a non sospirare.
Quella sciocca di una spadaccina gli avrebbe ucciso la pazienza un giorno all’altro.
 

 
If I were a boy
I think I could understand
How it feels to love a girl
I swear I'd be a better man
I'd listen to her
Cause I know how it hurts
When you lose the one you wanted
Cause he's taken you for granted
And everything you had got destroyed
 
-Avresti potuto scendere a cena…- l’ammonì chiudendo la botola della vendetta.
Zoroko grugnì appena, non accennando a smettere di contare sottovoce le sue flessioni.
Namizo scosse il capo, posando a pochi millimetri dal suo viso il vassoio con sopra qualche onigiri.
La vide lanciare un’occhiataccia al piatto ed emettere un altro grugnito.
-Spostali- ordinò
-Mangiali- le tirò una linguaccia.
L’occhiataccia furente che gli riservò la verde lo fece ridacchiare: se credeva che se ne sarebbe andato, lasciandola in pace ai suoi allenamenti, con una sola occhiataccia storta, si sbagliava di certo.
Non l’avrebbe mai lasciata, neanche dopo mille litigate e occhiate fulminanti.
L’amava.
Amava il suo modo di fare brusco e burbero, quel suo ghigno mal tirato a nascondere un sorriso ben più caldo, la corolla verde dei suoi occhi e quando inclinava di lato il capo per guardarsi intorno, lasciando così nuda la gola e intimandogli il dovere di baciarla.
L’amava, ed era lì per lei, per ascoltarla, per sorreggerla, per non abbandonarla mai e non perderla.
Per forzarla a mangiare se necessario.
-Le brave buzzurrine mangiano la cena sai?- le pungolò una guancia con il dito teso –Così crescono sane, forti e diventano le migliori spadaccine del mondo-
-…e trucidano navigatori mocciosi che le importunano- aggiunse sibillina la verde, sghignazzando.
Velenosa come solo una donna poteva essere.
-Oh bhè se proprio devi farlo- le concesse una scrollata di spalle –Ma ricorda che poi più nessuno verrà a portati gli onigiri o a riprenderti quando ti perdi nelle isole…- la vide sgranare gli occhi, le guance imporporarsi e le labbra a circondare una qualche scusa per il suo pessimo senso dell’orientamento, ma la precedette -… in più il debito che ti lega a me ti impedisce di attentare alla mia vita- la zittì sagace.
-Ricattatore !- sbatté le mani a terra per reggersi col busto.
-Mangia- le spinse il piatto contro per poi alzarsi –E poi basta allenamenti: è tardi- si sfilò la maglia dandole le spalle –Vieni a letto-
-C-cosa?- tossicchiò la spadaccina, mezzo onigiri già in bocca e l’occhio buono fisso sulla schiena del compagno.
Lo fissò stendersi sul tatami che solitamente usava come giaciglio notturno quando si tratteneva fin tardi nella palestra, sollevare la coperta e infilarsi sotto, mettendosi sul fianco a osservarla.
-Che c’è?- sollevò un sopracciglio, la sua faccia d’angelo spiaccicata con strafottenza in faccia.
-Che diamine pensi di fare?!?- strillò al limite dell’imbarazzo.
-Non vorrai che scenda dall’albero maestro con questo buio?- sbuffò con fare ovvio, il ghigno lascivo pronto a solcare la sua bocca –Dormo con te…-
-Nemmeno morta!- protestò alzandosi in piedi.
Namizo ridacchiò.
Adorava metterla in imbarazzo, vedere le sue guance arrossarsi e la voce aumentare di un’ottava mentre i pugni si stringevano lungo i suoi fianchi scoscesi.
-Tranquilla non ti mangio- la fissò intirizzirsi con la schiena –E ora vieni a letto…- picchiettò una mano sul materassino libero.
-Mai!- abbaiò –E poi devo finire gli allenamenti!- strillò al limite della sopportazione, e stava per metter mano alle sue adorate Katane quando vide, oh se la vide, una scintilla maliziosa e scaltra illuminare lo sguardo del compagno.
-Se vuoi…- accarezzò la porzione di giaciglio libera con mano lenta e calda il rosso -.. conosco un allenamento molto efficace da fare- lo sguardo lascivo che scorreva sul corpo della giovane samurai -… io e te…-
-NAMIZO!!!!- gli lanciò contro un peso.
-Zoroko!- le fece il verso ridacchiando.
 
 

If I were a boy
I would turn off my phone
Tell everyone it's broken
So they'd think that I was sleepin' alone
I'd put myself first
And make the rules as I go
Cause I'd know that she'd be faithful
Waitin' for me to come home
To come home
 
Per quel giorno lui non ci sarebbe stato per nessuno.
Per nessuno a parte lei.
Fissati gli ormeggi al molo dell’isola a cui erano attraccati durante la notte, si era rinchiuso nella palestra, tornado al fianco di Zoroko sul tatami ancora caldo, le braccia a circondarle la vita e a stringersela al petto con forza.
No, per quel giorno nessuno avrebbe saputo dove fosse.
Nessuno l’avrebbe importunate e cercato.
Irrintracciabile.
Introvabile.
Solo suo.
Posò il capo contro quello verde della spadaccina non staccandole gli occhi di dosso.
Studiava con avidità il contorno elegante e delineato del suo ovale, come la mascella morbida scivolasse sul profilo del viso andando a incorniciare la bocca semichiusa in un leggere respiro addormentato.
Le labbra sembravano morbide, delicate, avvelenate solo dalle parole che ne uscivano per litigare con lui,  ma non nella loro consistenza.
Con dito leggero Namizo accarezzò la guancia della compagna, scivolando con il dorso dell’indice dallo zigomo fin sotto al mento, ascoltando il suo respiro leggero.
Era bella.
Meravigliosamente bella.
Aveva in fine ceduto a dormire con lui, stroncata dalla stanchezza molto probabilmente, ma sperava  mossa anche da altro, addolcita magari da un ben più che semplice affetto nei suoi riguardi che l’aveva spinta ad accettare la sua proposta di dormire assieme nel medesimo letto.
Sempre se letto poteva chiamarsi quello straccio che copriva il pavimento.
Storse le labbra per la scomodità del giaciglio che occupava, stringendosi a Zoroko e rimpiangendo per un breve istante la comodità del suo letto.
Ma solo per un attimo.
Perché avrebbe potuto dormire in mille letti comodi e soffici, con mille donne di rara bellezza e di chissà che rango, ma niente avrebbe mai avuto lo stesso valore che stringersi a lei dormiente, abbracciarla senza alcuna sua protesta e accarezzarle la zazzera scomposta e smeraldina a fior di dita, rubandole leggeri sospiri involontari.
Premette il petto contro la sua schiena in cerca di nuove sensazioni tattili dei loro corpi, conoscendola passo dopo passo e scontrandosi con le sue regole rigide di samurai, ma in cui sarebbe scivolato lesto fino a raggiungerla nel cuore vero che celava.
Serrò la presa delle braccia su di lei, immergendo il volto nell’incavo del suo collo bagnandolo con il respiro e facendola tremare lievemente per il solletico forse.
Annaspò nel suo profumo acre, lievemente intaccato dal ferroso sapore delle sue lame ma dolce e forte come lei.
La fissava incantato, reo di rubarle respiri e immagini di lei di vera donna.
Sorrise piano, incapace di capire come fosse possibile che un ladro come lui, che aveva messo prima di tutti gli altri se stesso, ora si fosse ridotto a rubare anziché gioielli semplici parole a una spadaccina maleducata e priva di tatto, sperando poi non in chissà che guadagno ma solamente di un singolo gesto di fiducia da parte di lei.
Un semplice gesto di affetto, di accettazione di ciò che sperava che li legasse, almeno un po’.
Un semplice cenno, di conferma che anche lei lo…
-Smettila- boccheggiò piano Zoroko, girandosi da supina su un fianco.
-Di fare cosa?- la seguì, posando il petto sulla sua schiena e schiacciandola lieve.
-Di fissarmi come un maniaco- sbuffò, la coperta tirata fin sopra la capo.
Namizo ghignò.
-Cos’è?-  posò il mento sul capo coperto della ragazza –Ti vergogni?-
-Sei tu che dovresti vergognarti: maniaco!- borbottò attutita dalla coperta.
-On ma Zorokochan!- l’abbraccio goliardico e voglioso di prenderla in giro, stringendola in quello che sembrava un enorme involtino all’alga –Ma sei così carina quando dormi!-
-Non prendermi i giro ora!- sbottò, dimenandosi tra le sue braccia.
-Ma non lo sto facendo- sfregò il capo sulla nuca libera della verde.
-Si invece!- lo calciò con uno piede libero sbucando dal lenzuolo –Sei il solito bugiardo!-
-M-mm- annuì con occhi chiusi massaggiandole le mani –Hai le mani fredde- sospirò –Se non penso io a te saresti sempre ammalata-
-Bugiardo!- ringhiò, non liberandosi però della presa del rosso né su di lei, né tra le sue dita.
-Poi scendiamo sull’isola ok?- le propose, le gote di lei rosse e gli occhi spalancai in una muta domanda di sapere il perché di quell’invito.
–Così non ti perdi se siamo insieme- aggiunse Namizo, mento puntato su una scapola di lei prima di ricevere un pugno in testa.
-Retifico… non sei bugiardo, sei solo una carogna- ringhiò acida.
 

It's a little too late for you to come back
Say it's just a mistake
Think I'd forgive you like that
If you thought I would wait for you
You thought wrong
 
Un attimo.
Solo un attimo si era voltato.
Un secondo prima la stava additando a ragazza rozza e priva di gusto nel fatto di vestirsi nel centro della piazza cittadina, si era votato a gettare un’occhiata alla vetrina di un negozio di materiale per le carte nautiche, e il secondo dopo lei non c’era più.
Non. C’era. Più!
Sparita, scomparsa, smaterializzata nel nulla.
Aveva subito pensato a una sua fuga verso un bar, ringhiante e rosa dalla rabbia per le sue parole e bisognosa di una sana e fresca birra, ma dopo aver setacciato ogni singola bettola del centro paese aveva dovuto arrendersi all’evidenza: aveva perso Zoroko.
Il panico si era impossessato di lui, e aveva iniziato a correre per ogni vicolo del paese navale, chiamandola a gran voce e imprecando per quel suo dannato senso dell’orientamento pessimo più del suo stesso carattere.
Il suo, di lui, non di lei.
Perché? Perché non se n’era stato zitto?
Perché aveva dovuto offenderla in quel modo facendola allontanare muta e col muso?
Perché non le aveva detto che scherzava e non le aveva offerto da bere in segno di pace e possibile inizio di una serata assieme?
Perché?
Perché aveva sbagliato di nuovo?
Perché non se n’era stato zitto, assaporando la passeggiata calma e pacifica che stavano condividendo, cercando di essere cordiale con lei e con il suo brutto carattere?
-Stupida buzzurra!- ringhiò correndo per le vie, scivolando nei vicoli più bui e chiamandola a gran voce, lacerandosi i polmoni.
È  in grado di difendersi, si diceva, è la futura miglior spadaccina del mondo.
Se lo ripeteva in continuazione per calmarsi avanzando rapido per i quartieri, ma il suo cuore continuava a pompargli forte nel petto, minacciando di fermarsi di dolore se mai fosse successo qualcosa alla spadaccina a causa sua.
Aumentò il passo, scosso dalla paura che fosse stata soprafatta da qualche marine o tagliagole disonesto che l’aveva attaccata alle spalle o con qualche sporco mezzuccio.
Stava correndo in una via laterale al porto quando, gettato l’occhio in una strada che scendeva in una scalinata tra due case, intravide una zazzera verde spostarsi con agilità per evitare una lama caduta dall’alto.
Frenò e sentì il sangue ribollirgli nelle vene nello scorgere Zoroko affannata affrontare due individui armati, una mano armata di katana l’altra a reggersi il fianco ferito e sanguinante.
Percepì la vista annebbiarsi e la mente vacillare, prima di gettarsi giù per le scale sfoderando il suo Clima Attak, la bocca spalancata a urlare e le ciocche di rame mosse dal fuoco che gli bruciava dentro.
-NON OSATE TOCCARLA!-
No, non se lo sarebbe mai perdonato.
Mai e poi mai avrebbe lavato via dalla sua coscienza la ferita che aveva segnato il corpo di Zoroko a causa sua.
Mai le avrebbe chiesto scusa abbastanza, e mai si sarebbe perdonato per averla abbandonata e lasciata in pericolo.
Mai.

 
 
But you’re just a boy
You don’t understand
Yeah you don’t understand
How it feels to love a girl someday
You'll wish you were a better man
You don’t listen to her
You don’t care how it hurts
Until you lose the one you wanted
Cause you’ve taken her for granted
And everything you have got destroyed
But you’re just a boy...
 
Sospirò, il capo che ondeggiava in segno di diniego.
Nemmeno nella sua fantasia, in vesti maschili leggere da ogni stupida scaramanzia o luogo comune, la sua relazione con Zoro funzionava bene.
Posò il mento sulla spalla dello spadaccino, che avanzava indefesso per le strade della cittadina portuale.
Nami abbassò gli occhi al fianco del ragazzo, la fasciatura improvvisata al suo fianco reggeva bene seppur non necessaria, come aveva ribattuto più volte Roronoa mentre lei gliel’applicava.
-Stai peggio tu con quella gamba!- aveva tuonato sull’orlo dell’ira.
Se l’era caricata in spalla a forza, contro ogni sua protesta e urlo isterico, incamminandosi verso la Sunny in silenzio non degnando nemmeno di uno sguardo i corpi stesi a terra dei suoi due aggressori.
Bel finale, pensò amara la rossa, lei era accorsa ad aiutarlo e si era ritrovata la più malconcia.
La gamba non le faceva poi così male, altro doleva di più.
Il suo cuore ferito dalle occhiatacce severe di Zoro per essersi intromessa nel suo scontro, il suo tono duro nel rimproverarla nel curarsi di lui piuttosto che della sua gamba ferita dalla pistola di uno di quei due malviventi, le sue mani per nulla calde e delicate nel caricarsela sulla schiena, quasi fosse veramente un peso e non un aiuto come sperava d’essere
Sospirò ancora, le braccia strette alle spalle di lui e gli occhi liquidi di rabbia.
Mai che capisse.
Mai che si sforzasse di capire perché cercava la sua compagnia, di stargli vicino quando era arrabbiato o per un semplice riposo notturno, il motivo per cui si prendeva cura di lui o si agitava e tremava di terrore quando lo vedeva ferito.
Mai!
Lui non capiva che voleva dire amare qualcuno e preoccuparsi per lui.
Era lei quella innamorata di  quella testa calda e dura, non di certo lo spadaccino.
L’ennesimo sospiro le fuggì di bocca, seguito da un gemito di dolore quando Zoro strinse con un po’ troppa forza la presa sulle sue gambe nel reggerla.
-Fa piano!- si lamentò strizzando gli occhi –E qui gira a destra… no! Zoro, no! Ho detto a destra!-
Il verde masticò un’imprecazione, piegando la camminata nella direzione indicata, muovendo le braccia apposta per ripicca sotto Nami e facendola ballonzolare.
-Ahia!- si lamentò di nuovo –Razza di idiota! Ma lo fai apposta?!?!-
-Forse- ghignò quello, stupendosi nel scorgere il porto con la Sunny ormeggiata -È quel che ti meriti per esserti messa in pericolo-
-Ah io mi sono messa in pericolo?!- lo picchiò sulla testa –Sei tu che ti perdi e ti cacci nei guai!- velenosa, ecco come si sentiva, ma sentiva il bisogno di sfogarsi, di fargli sapere quanto era stata in pena e quanto lo odiasse in quel momento, lui e il suo brusco e rude modo di parlarle.
-Se mi fossi stato vicino non ti saresti perso, e non saresti finito come un bambino nella trappola di quei due filibustieri!-
-Non ho bisogno della babysitter!- sbottò sentendosi offeso –E me la stavo cavando egregiamente da solo anche sen… ouch!-
-Si egregiamente!- gli tirò la linguaccia la rossa, ritraendo il ginocchio da sopra la fasciatura e allentando la tensione muscolare che aveva fatto sussultare apposta alle parole del verde.
-Mi hanno preso alle spalle- ringhiò ripensando a quel proiettile sparato a brucia pelo e a tradimento sul fianco -Non ho sempre l’haki in azione sai?-
-Altro che Haki! Devi ringraziare me e le mie doti di navigatrice se ti ho ritrovato e se sei ancora vivo: se non fossi arrivata che sarebbe successo?-
-Non ti saresti ferita alla gamba, ecco cosa- sbottò secco, guardando di sfuggita la coscia fasciata ma gocciolante della cartografa.
-Sei il solito idiota: ma prego figurati, è stato un piacere correre in tuo soccorso!- urlò il capo frustata, stringendo le braccia a strozzarlo e non più a reggersi –La prossima volta ti abbandono io, altro che lasciarti perdere da solo!-
-Strega!- abbaiò –Una prossima volta così non ci sarà!-
-Tanto meglio!- alzò la voce, la Sunny ormai vicina.
-E sai perché?- la rimbeccò.
-Perché ti getto a mare io stanotte?-
-Perché la prossima volta che scendiamo insieme- continuò senza ascoltare la sua acida risposta, alzando ancor di più la voce –Ti porto a bere e basta: e non ci scolliamo dal bar finché non siamo ubriachi, e quando lo saremo dormiremo in quella bettola e non torneremo alla Sunny fino a quando non ne avremo voglia… capito?- piegò il capo a guardarla, gli occhi furiosi ma non più con lei - Niente giri di shopping, niente balordi, niente scontri!- minacciò ancora -E se non ti va bene me ne infischio!-
Nami l’osservò confusa, gli occhi sgranati dallo stupore e la bocca asciutta.
-Promesso?- si sporse in avanti a guardarlo meglio in volto, i suoi passi pesanti che berciavano contro la passerella della nave pirata.
-Puoi giurarci- sbottò scontroso.
-Solo io e te? – cercò conferma mentre entravano in cucina e venivano investiti dai profumi della cena e dagli uggiolii del cuoco di bordo –A bere e dormire… assieme?-
Davvero glielo stava promettendo?
Una giornata –o forse di più- solo loro due, insieme, senza doversi correre dietro per un attimo condiviso ma regalato così su un piatto d’argento?
Davvero anche lui desiderava stare in sua compagnia tra birre e lenzuola?
Non la stava prendendo in giro, vero?
Non era nella sua indole, nella sua natura, lui diceva la verità, prometteva, lui…
-È quel che ho detto: solo io e te- la fece sedere sulla panca della cucina, la minaccia sempre ben marcata nella voce ma un sorriso sincero sulle labbra –La pianti cuoco?!? Si, abbiamo avuto uno scontro e se non vuoi prendere tu quelle che ho avanzato per quei maledetti muoviti a chiamare Chopper… ti taglio io a fettine se non la pianti, damerino dannato!-
Nami sorrise raggiante per le parole del verde, gli occhi fissi a studiarlo mentre litigava con Sanji preoccupato per la sua salute, e non seppe nemmeno con che forza e coraggio si alzò dalla panca per gettare le braccia al collo di Zoro e stringersi a lui.
-Grazie- sussurrò stringendolo forte, la gamba ferita improvvisamente risanata e più leggera mentre le mani del verde le sfioravano i fianchi e la trattenevano a lui.
-Meglio che chiami io Chopper- borbottò roco e forse in imbarazzo, aiutandola a risedersi –Se aspettiamo questo damerino moriamo dissanguati-
-Ti ho sentito balordo!- sbottò Sanji, muto spettatore di quell’abbraccio, fermandolo con una mano e costringendolo a sedersi accanto alla cartografa con uno sguardo di fuoco.
-Guai a te se non mantieni la promessa- lo minacciò sottovoce prima di dirigersi verso lo studio del medico, lasciandoli soli.
Zoro ghignò, braccia strette al petto e occhi di Nami incollati a lui assieme a quel suo bel sorriso caldo e felice.
-Quando sorridi così sembri una mocciosa- parlò per rompere il silenzio.
-Meglio così- lo pungolò sul fianco sano, ridacchiando –Se fossi un uomo sarebbe tutto diverso…forse- rise posando il capo contro la sua spalla e stringendogli una mano.

 
   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Zomi