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Autore: Yume No Akuma    11/05/2017    1 recensioni
[dalla one shot]
«Dipper continuò a correre, correre, correre, eppure non riusciva a ricordare il motivo di tanto affanno, di tanta paura. [...] Da chi o cosa stava scappando?»
Genere: Angst, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Cipher, Dipper Pines
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dipper continuò a correre, correre, correre, eppure non riusciva a ricordare il motivo di tanto affanno, di tanta paura. Intorno a lui il paesaggio era nero come la pace, un nero che sembrava così profondo che il ragazzo aveva timore di cadere ed esserne risucchiato.

Da chi o cosa stava scappando?

Si fermò e guardò dietro di sé, e non riuscendo a distinguere nessun pericolo, decise di non riprendere la sua folle corsa.

Il castano deglutì e solo in quel momento si accorse di avere in mano il suo cappello. No, non quello che Wendy gli aveva lasciato, ma quello che lui aveva lasciato a lei; era il suo cappello. Se lo mise in testa.

Ma in fondo non doveva stupirsi di quello, quanto più del corridoio senza meta che stava percorrendo. Eppure, nemmeno quello sembrava essere anomalo, non sembrava avere nulla di strano.

Ai suoi occhi era perfettamente reale.

Proseguì fino ad arrivare ad una porta, che riuscì a distinguere dal resto solo una volta che vi fu giunto davanti.

Dipper prese coraggio e la spinse, riuscendo a spostarla con un'insolita facilità; dietro di essa solo il vuoto, solo nero, ma nonostante questo il ragazzo decise di oltrepassarla e fu come essere ricoperti di petrolio.

 

Aveva chiuso gli occhi prima di entrare nella porta, e quando li riaprì sentì nuovamente il suolo sotto i suoi piedi e si ritrovò, con sua sorpresa, nella foresta nei pressi di Gravity Falls.

Come era finito lì se fino a poco prima stava correndo nel buio più pesto? E soprattutto, in che direzione si trovava la città? Dipper non lo sapeva, ma iniziò a camminare in una delle tante direzioni possibili, senza stare troppo a pensare se fosse quella giusta o meno.

E, per fortuna, o per volere del fato, quella fu la direzione giusta.

 

Il ragazzo iniziò a camminare per le vie, con l'intento di orientarsi tramite esse e riuscire a rintracciare il Mystery Shack, dove, forse, sarebbe riuscito a capire cosa fosse successo fino a poco prima.

Fu in città, però, che iniziò a capire che qualcosa non andava. Era una sensazione, gli sembrava quasi che il mondo intorno a lui avesse perso i propri dettagli, come se fosse tutto sfumato in un ammasso di colori sbiaditi.

 

Fu in quel momento, a causa di quella sensazione, che riprese a correre, correre più veloce che poteva. Intorno a lui sembrava che non ci fosse nessuno, nè esseri umani, nè creature più o meno fantastiche; nessuno.

 

Dopo aver corso a perdifiato per un tempo che non riuscì a quantificare, giunse finalmente al Mystery Shack, ormai, la sua dimora estiva.

Corse fino alla porta, sperando di trovare qualcuno all'interno, in modo tale da scacciare le proprie paura, ma dentro al piccolo edificio non c'era nessuno. Vuoto.

E come se non bastasse notò subito che tutti gli oggetti "misteriosi" accumulati negli anni erano stati sostituiti da occhi. Ogni immagine, ninnolo o utensile lo stava ora osservando, e ogni singolo sguardo era come una freccia che gli trafiggeva lo spirito stesso.

 

"Svegliati."

 

Fu una parte della sua mente ad ordinarglielo, forse, il suo subconscio. 

 

"Svegliati."

 

Ripeté, ma sembrava quasi che le occhiate avessero bloccato Dipper con delle catene.

Pochi istanti dopo, improvvisamente, tutto crollò. Crollò e il ragazzo precipitò nel vuoto, urlando.

Eppure, nonostante ciò, Dipper non udì alcun suono uscire dalla sua bocca.

 

            ∆

 

Dipper si svegliò. Era sudato, il suo respiro era pesante e il suo cuore sembrava proprio aver intenzione di uscire dal suo petto. Si accorse solo in quel momento che era stato tutto un sogno, che nulla di quello che aveva visto era reale. In fondo questo spiegava la stranezza degli eventi, no? Si guardò intorno e trovò conferma nella sua stanza, la stanza di casa sua; vide Mabel, stesa nel proprio letto, addormentata.

Dipper sorrise in modo fraterno verso la sorella, e si voltò con l'intenzione di tornare a letto, ma subito prima di farlo notò qualcosa ai piedi del suo letto, qualcosa di ammassato in un punto.

Avvicinò la mano e sentì subito che si trattava di qualcosa di morbido. Forse o lui o la sorella avevano lasciato lì un calzino.

Il bruno avvicinò l'oggetto a sé, ma non riusciva ancora a distinguere i dettagli al buio. La forma era proprio quella una calza, ma solo quando i suoi occhi si furono abituati all'oscurità Dipper riuscì a capire la vera natura dell'oggetto.

Non era solo una calza, era una marionetta.

La sua marionetta.

 

"Avevamo un patto, ricordi?"

 

Fu sempre il suo subconscio a parlare, ma con una voce che fece rabbrividire Dipper.

 

"Torna a dormire."

  
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