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Autore: ShioriKitsune    12/05/2017    1 recensioni
Buon compleanno, amore mio.
ChanBaek
"Perché?
Perché vuoi partire?
Perché non ti basta quello che hai?
O meglio... perché non ti basto io?"
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Questa è per te, mio sole.
Buon compleanno.




I.


 

Sei anni prima



Chanyeol si guarda intorno nervoso, le mani nelle tasche e la mascella contratta.

«Metti via quella roba, Baekhyun».

Il suo sguardo gli passa attraverso, lo fissa senza vederlo davvero. Aspira un’altra boccata di fumo e inclina il capo.

«Altrimenti?»

Altrimenti?

Deglutisce.

 

Altrimenti andrò via.

E non tornerò, non stavolta.

 

Schiocca la lingua, sa che non lo farebbe mai.

Che tornerebbe comunque, in ogni caso.

Baekhyun avvicina il collo della bottiglia alle labbra sottili e butta giù strizzando gli occhi. È troppo persino per lui. «Potrebbe arrivare la polizia».

Non lo ascolta.

«Vattene se hai tanta paura». Sorride, ma è un sorriso di scherno. «Scappa, pivello».

Il minore serra i pugni.

«Se ci beccano di nuovo con la droga addosso saranno guai, l’hanno detto loro. Ed io non ho un fratello pronto a coprirmi il culo, al contrario tuo».

L’altro affila lo sguardo, stizzito. «Preferirei che il mio culo restasse in una cella, la prossima volta».

Chanyeol arriccia il naso per evitare di dire qualcosa di sbagliato.

Non lo comprende, Baekhyun. Non comprende lui e quel suo contorto modo di ragionare.

«Se lo vuoi è tutto tuo. Sehun, intendo».

Chanyeol alza un sopracciglio. «Mi basta solo uno di voi con cui avere a che fare, ma grazie lo stesso».

«Non dovrai preoccuparti di quello ancora a lungo». Il maggiore fa una pausa, facendo vagare lo sguardo nella notte. «Alla fine ho deciso di partire».

Silenzio.

Lancia un’altra occhiata, il vicolo è libero. Gli strappa la bottiglia dalle mani e si riempie la bocca fino a quando ha bisogno di staccarsi per riprendere aria.

 

Perché?

Perché vuoi partire?

Perché non ti basta quello che hai?

O meglio... perché non ti basto io?

 

«Capisco. Quando?».

«Stanotte».

China il capo, poi beve ancora. La gola arde e gli occhi pizzicano, sente le gambe molli e la totale assenza di quella morale che fino a pochi minuti prima aveva tanto ostentato.

«E dove vai?».

Distoglie lo sguardo. «Ancora non lo so».

Ancora non lo so.

Chanyeol sospira. È pronto per l’ultima domanda. «Tornerai?».

E l'altro decide di prendersi un minuto per rispondere. «Non credo».

Eccolo il crollo che stava aspettando. Si fa forza, il tono della voce deve restare regolare.

Nessuno sa che dentro sta morendo.

Nessuno può saperlo.

«Allora… penso proprio che questa sia l’ultima volta che ci vediamo».

Ti prego, resta.

«Sembra di sì».

Poche parole, non si aspetta nient’altro da lui.

L’ombra perenne sul viso, l’insofferenza cronica e quel bramoso desiderio di libertà hanno caratterizzato quel ragazzo da sempre, rendendolo inavvicinabile per chiunque, come se il solo toccarlo potrebbe scottare. Ma non hanno impedito a Chanyeol di innamorarsi di lui. «Sarebbe inutile cercare di convincerti a restare?».

Neanche lo guarda mentre avvicina la fiamma dell’accendino alla sigaretta. Non merita una risposta probabilmente, o lui non sente di dovergliene una. Guarda fuori dal finestrino, poi fissa le gelide iridi color della pece nelle sue. «Vuoi farlo un’ultima volta?».

Chanyeol ama Byun Baekhyun.

Con tutto se stesso e senza riserve.

Ma Byun Baekhyun non ama lui. È semplicemente l’unica persona disposta a tollerare i suoi sbalzi d’umore ed assecondare le sue voglie. Perché ferito è sempre meglio che morto, ed averlo così è sempre meglio del non averlo affatto. Raccatterà i pezzi dopo, conscio del fatto che non potrà più rimetterli assieme, ma con la consapevolezza di essere riuscito ad ottenere tutto ciò che da lui si può ricavare.

Ci ha provato, tirando e strappando la carne nella speranza che quel cuore assopito si risvegliasse, ma non c’è soluzione per quel tipo di apatia.

Byun Baekhyun è sempre stato una mina vagante e adesso è pronto a esplodere, e lui sarà coinvolto in quell’esplosione. Farà male, ma Chanyeol è preparato da tempo.

Tutto ciò di cui ha bisogno adesso è capire se sopporterebbe ciò che lui ha offerto, sapendo che sarebbe l’ultima volta.

Deglutisce.

«Okay».

Posa la bottiglia e salta giù dal muretto sul quale è seduto. Si avvicina lentamente, scrutandolo da dietro quella sua maschera di apparente indifferenza. Il minore resta fermo, il cuore batte troppo forte e ha paura che gli tremi il respiro. Resta fermo contro lo sportello della sua auto, gli occhi semiaperti anche quando le labbra dell'altro catturano le sue in un bacio sensuale.

Gli blocca la testa con una mano appena sotto il mento, la stretta è ferrea perché a lui piace comandare o, almeno, fingere di farlo. Si appoggia di peso, abbassandogli la zip dei pantaloni. A Baekhyun non piace girare intorno alle cose, perdersi in inutili preliminari. È fatto così.

Tiene gli occhi chiusi, e Chanyeol non ha mai capito se lo fa per non guardarlo o perché così gli piace. Lui non ci riesce, soprattutto non adesso. Deve guardarlo, imprimere nella memoria ogni dettaglio del suo volto. Potrebbe essere l’ultima volta.

Gli infila la mano tra i capelli per avvicinarlo a lui e approfondire il bacio, per sentirselo addosso il più possibile. Allora decide che è il momento di entrare in macchina, quindi apre lo sportello e lo spinge dentro.

Lo guarda, lo bacia ancora. Perché lo bacia? Baekhyun bacia solo lo stretto necessario. Ma continua a toccarlo, percorrendo il profilo del suo collo con la lingua e scendendo a stuzzicargli i capezzoli.

Aggrotta le sopracciglia.

Lo spoglia lentamente, toccando ogni centimetro di pelle scoperta. Gli sta sopra, l’abitacolo è stretto ma a loro va bene così. Chanyeol gli infila le mani nei boxer, la sua erezione è calda e improvvisamente viene sopraffatto dal desiderio di accoglierla. Il suo cuore perde un battito e distoglie lo sguardo per l’imbarazzo.

Perché sembra così diverso?

Incrocia il suo sguardo per un attimo, ma come previsto lo scansa prima che possa leggergli dentro. Lo sente, sente che c’è qualcosa di diverso. Gli accarezza il viso, un po’ impacciato. Poi Baekhyun parla. «Puoi venire con me, se vuoi».

 

Andare… con lui?

 

Non risponde, non subito, ma la sua testa si riempie di quesiti che mai vedranno la luce.

Non risponde, è il maggiore che continua a parlare. «Se vuoi, ci vediamo in aeroporto a mezzanotte».

 

Io…

 

Lo afferra dal bacino e lo tira verso di lui, facendo cozzare i loro membri. La pece è ormai sciolta nei suoi occhi, luccica dal desiderio.Chanyeol si posiziona sopra di lui, mentre Baekhyun lo attende con il respiro spezzato. È pronto, sa che farà male ma non ha importanza. Chiude gli occhi e attende, ma nulla. Quando li riapre, Chanyeol è lì che lo fissa, immobile. Lo sguardo indecifrabile ha acquisito una nuova scintila e allora Baekhyun si decide a parlare, parlare davvero.

«Chanyeol, tu…», sussurra.

Il proprio nome sulle sue labbra è sempre un colpo al cuore. Deglutisce.

«…tu cosa provi per me?».

 

Cosa?

 

«Chanyeol», ripete, un po’ più forte. «Tu mi ami?».

Sente chiaramente ogni cellula del suo organismo che va in stand-by, impazzita. Schiude le labbra, seppur incapace di proferir parola.

Ma Baekhyun distoglie lo sguardo e si gira sopra di lui, ricominciando ciò che avevano interrotto.

Lo sente ansimare sulla pelle e qualcosa dentro Chanyeol esplode. Vorrebbe restare così per sempre.

Apre gli occhi e vede il cielo attraverso il tettuccio semi aperto dell’auto, non ci sono stelle.

E una notte buia, solitamente, promette nulla di buono.

È in quel momento che avverte una stretta al cuore, una stretta così forte che gli sembra faccia male sul serio.

Ma non può permettere che quel momento venga rovinato dalla paura del domani.

Baekhyun è lì, adesso.

Quindi sospira, lasciandosi andare.

 

 

-

 

Alla fine, Chanyeol aveva deciso di andare. In fondo, non c'era nulla lì a trattenerlo.

«Portami a casa, per favore».

Deve solo recuperare le ultime cose e avvisare Kyungsoo. Si merita una spiegazione, anche se non l’accetterà. Anche se probabilmente non lo perdonerà mai.

Baekhyun annuisce ma non dice una parola. Non ha più detto una parola, in realtà. Sistema gli specchietti e fa partire il motore, apre il finestrino e si accende una sigaretta. Fa freddo, ma il minore non si lamenta.

I suoi tentativi di intraprendere una conversazione cadono nel vuoto a causa del mutismo dell’altro. Sospira, appoggiando la testa al finestrino.

Ripensa a ciò che gli ha chiesto prima, non lo aveva mai fatto. Non gli era mai importato di queste cose, aveva sempre affermato di aver solo bisogno di uno sfogo, di un giocattolo da rompere.

 

E se mi stesse prendendo in giro?

 

Si rendo conto che, alla fine, non ha tutta quest’importanza. Sa cos’è per lui e non può far altro che farselo star bene. Può esistere al mondo forma d’amore più malsana?

Amore.

Gli sembra quasi di macchiare una parola tanto pura, ma non ci sono altri modi per descrivere ciò che prova per Byun Baekhyun: amore, di qualche tipo, eppure sempre amore.

Allora perché non è riuscito a rispondergli?

Il maggiore inchioda all’improvviso.

Chanyeol guarda fuori dal finestrino, ma quella non è casa sua.

«Che succede?».

Lo studia attentamente, sembra teso. Serra le mani sul volante, fissando lo sguardo davanti a sé. Può quasi sentire il rumore dei suoi pensieri.

«Scendi dalla macchina».

«Cosa?».

«Ci stanno seguendo, scendi dalla macchina».

«Cos-». Non capisce. «Chi?»

«Gli sbirri, idiota. Ci tenevano sotto controllo probabilmente. E ora scendi!».

Sono dei ricercati a soli diciassette anni. Era Baekhyun quello ribelle, ma Chanyeol si lasciava facilmente trascinare in tutti i casini in cui l’altro s’immischiava. Niente di grave, problemi con la droga e qualche piccolo furto. Non che gli servissero i soldi in realtà, ma dare problemi a Sehun, il gioiello della famiglia, era uno dei suoi passatempi preferiti.

«Perché vuoi che scenda?».

«Perché non voglio coinvolgerti. Non hai un fratello pronto a pararti il culo, no? L’hai detto tu».

Quelle parole, pronunciate da chiunque altro, gli sarebbero sembrate un gesto di preoccupazione nei suoi confronti. Ma c’era Baekhyun di mezzo, e una nota amara nella sua voce che non riusciva a comprendere.

Fa per aprire lo sportello ma si blocca. «Ci vediamo a mezzanotte in aeroporto».

Baekhyun si volta di scatto, fissandolo. Perché quello sguardo?

Sembra quasi accennare un sorriso.

«Ah, Baekhyun…».

«Sbrigati adesso, idiota».

Lo spinge fuori e riparte a tutta velocità.

Il gigante rimane con le labbra schiuse e le parole morte sulla lingua.

 

Si, ti amo.

 

-

 

Chanyeol raccatta velocemente quel poco che gli serve; quell’imprevisto con la polizia lo ha costretto a tornare a casa a piedi e a fargli perdere più tempo del previsto. Ma con un taxi non ci metterà nulla ad arrivare in aeroporto, alla mezzanotte manca più di un’ora.

Si ferma sulla soglia, indeciso se chiamare l’amico in quel momento o l’indomani.

Perdonami Kyungsoo, pensa. Ti spiegherò tutto domani.

Sta per spegnere le luci, ma qualcuno suona al campanello.

 

Ma che diavolo…?

 

«Chi è?»

«Polizia. Apri la porta, Park».

 

Cosa?

 

-

 

L’orologio al centro della grande sala d’imbarco segna che mancano venti minuti a mezzanotte.

Baekhyun si guarda attorno, ma di Chanyeol neanche l’ombra.

È il solito idiota, pensa. Farà tardi anche stavolta.

Si siede, lasciando cadere il borsone ai suoi piedi. Infila le mani nelle tasche e attende.

E attende.

 

-

 

«Cosa volete da me? Non ho fatto niente!».

Chanyeol viene bloccato contro il muro e ammanettato. Con la coda dell’occhio vede il display del cellulare, caduto per terra, illuminarsi.

 

Baekhyun.

 

«Certo, raccontalo a chi ti crede. Ti avevamo avvisato di non fare altri scherzi, idiota». Il capo della polizia locale lo afferra per le spalle. «ma tu non hai voluto ascoltarci. Sei un povero orfanello, a nessuno importa se vieni sbattuto in prigione».

Questi digrigna i denti. «Ma non ho fatto niente!».

«Ah no? Allora non è tua e del tuo amico dei quartieri alti la macchina piena di alcol e cocaina che stavamo inseguendo?».

 

Merda.

Baekhyun…

 

«Fai il bravo e cercheremo di darti una pena non troppo severa. Collabora e dicci dov’è Byun».

 

Mai. «Non ne ho la più pallida idea».

Il poliziotto ghigna. «Bene allora, marcirai da solo e sconterai tu per entrambi».

L’auto della polizia parte e qualcuno, dalla radio, informa gli ascoltatori che la mezzanotte è passata da un quarto d’ora.

Naruto china il capo, furioso e con le lacrime agli occhi.

 

Baekhyun…

 

-

 

«…Si pregano i signori passeggeri del gate 12 di affrettarsi:l’imbarco chiuderà tra cinque minuti».

Baekhyun si guarda intorno un’ultima volta.

Che idiota che è stato a pensare che qualcuno tenesse davvero a lui.

La mezzanotte è passata da più di quaranta minuti e il suo volo sta per partire.

Sa di dover andare, quello non è più il suo posto.

Si alza, mettendo lo zaino in spalla e allontanandosi senza più guardarsi indietro.

Avrebbe rimesso insieme i cocci lontano da lì, solo. Solo com’era sempre stato.

Si sarebbe lasciato il passato alle spalle, stavolta.

Per sempre.

 

 

 

Presente

 

 

«Park! Park, dove diavolo sei?».

Chanyeol sbuca correndo da dietro l’angolo, una ciambella stretta tra i denti e il tentativo mal riuscito d’infilarsi la giacca sportiva che lo costringevano a portare. «Sono qui, dannazione, sono qui!».

Il ragazzo dai capelli corti e lo sguardo severo si trattiene dal gettargli le mani al collo, e non per un caloroso abbraccio. «Sei in ritardo di più di un’ora, razza d’idiota!».

Il gigante aggrotta la fronte, guardando l’orologio. «Oh. Evidentemente le lancette segnano l’orario sbagliato».

L’altro fa un enorme sforzo per non andare su tutte le furie, ma gli è sempre riuscito bene mantenere la calma. Chiude gli occhi e prende un respiro profondo. «Okay okay, non importa. Coraggio, vai. Gli altri sono già tutti dentro».

Chanyeol gli da una pacca sulla spalla. «Sei il migliore, Kyungsoo». Si avvia, poi torna indietro e gli cede la ciambella mangiucchiata. «Prendila tu».

Scappa prima di rischiare la vita.

 

Park Chanyeol, ventiquattro anni, apprendista presso il reparto di psicologia e malattie mentali del Seoul Central Hospital. Posto avuto solo grazie a Kyungsoo, il suo migliore amico, e al dottor Suho, primario del reparto, che l’aveva preso a cuore dopo aver sentito la sua storia.

A diciassette anni era stato condannato per possesso di stupefacenti e sbattuto in carcere per due anni. Uscito prima su buona condotta, si era ritrovato a non sapere cosa fare della sua vita.

Solo, con il cuore a pezzi e senza la benché minima voglia di fare qualcosa per se stesso.

Quel nome era diventato tabù, perché pronunciarlo faceva troppo male. Cercava di dimenticare nonostante sapesse che non c’erano speranze.

La sua apatia, l’insofferenza, sembravano averlo contagiato.

Non vedeva, non sentiva, estraneo a quel mondo di cui non gli importava nulla.

Poi, un giorno, Kyungsoo era andato a trovarlo, decidendo di prendere in mano la situazione.

Aveva cercato di farlo parlare, ma Chanyeol non ne aveva mai voluto sapere. Su quella sera di sei anni fa, e sugli avvenimenti ad essa collegati, la sua bocca era rimasta serrata. Ma Kyungsoo gli era rimasto accanto, aiutandolo in ogni modo, cercandogli qualcosa da fare per tenergli la mente impegnata.

Lui, studente di psicologia, aveva chiesto di poter portare Chanyeol ad assistere a qualche lezione, pensando gli sarebbe potuto essere d’aiuto per sconfiggere i demoni che il ragazzo si portava dentro. E così fu, o almeno in parte. Chanyeol sembrava quasi interessato e la cosa non poteva che far sorridere l'altro.

Era come se fosse il suo angelo custode, o la cosa più vicina a esso.

Ma neanche lui, che da bravo amico avava sempre cercato di proteggerlo, avrebbe potuto prevedere ciò che sarebbe successo di lì a poco.

 

Chanyeol entra nella stanza, cinque dottori disposti a cerchio gli impediscono di vedere cosa c’è nel mezzo. Si schiarisce la voce. «Scusate il ritardo, ecco, io-».

Suho si volta di scatto, ma non arrabbiato come il ragazzo si aspettava di vederlo. Solo estremamente seria. Si avvicina a lui e gli stringe la spalla. «Non preoccuparti Park, stavolta è meglio che tu non assista».

Aggrotta la fronte. «È così grave?».

«No, non grave. È una situazione… delicata, ecco». Si volta, lancia un’occhiata, ma i medici sono ancora disposti a cerchio. «Questo ragazzo si è svegliato dal coma dopo una lesione grave alla testa, e adesso sembra non ricordare neanche il suo nome», sussurra. «E nessuno lo riconosce, sospettiamo sia un tossicodipendente. Nonostante questo è totalmente lucido, e ha un caratterino non indifferente».

Chanyeol spalanca gli occhi, chiedendosi come una persona appena uscita dal coma possa far trasparire il lato peggiore di sé e mantenere quella lucidità. «Da quanto tempo era in coma?».

«Parecchio, in realtà. Ma l’hanno portato da noi solamente l’anno scorso. L’ospedale in cui lo tenevano aveva bisogno di liberare il suo letto».

«E non è pericoloso spostare una persona in coma?».

Suho sembra titubante, ma decide di rispondere comunque. «Beh... a nessuno importa se un tossicodipendente senza identità muore nel coma». Lo sguardo del ragazzo è allibito. «A noi sì, ovviamente, o non saremmo qui a cercare di tirargli fuori qualcosa», si affretta ad aggiungere il primario.

Poi qualcosa nell'atmosfera cambia, e tutto inizia a girare troppo velocemente.

Chanyeol non aveva mai creduto nel filo rosso del destino e in quelle stronzate.

Non dopo essere rimasto solo, non dopo aver perso tutto.

Eppure in quel momento non riusciva a dare un nome diverso da destino a quella forza invisibile che lo spingeva a muoversi in avanti, avvicinandosi alla schiera di dottori.

 

Va’ via, idiota.

Perché sei ancora qui?

Che senso ha continuare a camminare?

 

«Park, dove vai?».

Ma la voce di Suho gli arriva ovattata, quasi non la sente.

Deve continuare a camminare, ad andare avanti.

 

Io…

 

«Park!».

 

Devo…

 

Poggia la mano sulla spalla di uno dei dottori, facendolo scostare.

 

Vedere…

 

Non sa dire precisamente in quale di quegli infiniti attimi il mondo si sia fermato.

Forse alla vista dei capelli lisci sempre uguali, solo un po’ cresciuti.

O forse nell’incrociare quelle iridi fredde e del colore dell’ebano.

O, ancora, nell’indugiare con lo sguardo sul profilo del suo collo, delle spalle, delle braccia.

Non sa dire se sia svenuto, se abbia deciso di sedersi o se qualcuno lo abbia afferrato.

Non sa dire neanche con certezza se ci sia qualcuno nella stanza a parte lui e chi gli sta di fronte.

L’unica cosa di cui è certo, è di aver allungato la mano verso quel visto e di aver pronunciato il suo nome.

 

Baekhyun?

   
 
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