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Autore: Dragonfly92    14/05/2017    18 recensioni
Cecenia, 2017
Credo ci sia ben poco, da aggiungere...
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nikolai Plisetsky, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Io amo Yuuri Katsuki – Cecenia, 2017”




-Signor Nikiforov, Signor Plisetsky…-
Il militare abbassò leggermente la testa, tornando poi a fissare i due.
-Il tenete Zaytsev, ci ha dato l’ordine di scortarvi.
Ha inoltre espresso il desiderio di porgervi personalmente le sue più sentite congratulazioni, dato il risultato di questo Grand Prix.
Se volete seguirmi…-
Nessuno dei due pattinatori, aveva fiatato.
Non che avesse importanza, sia ben chiaro.
Quello, non era un invito.

Yurio guardò suo nonno, in prima fila fra quella folla.
Schiuse le labbra, ma dalla sua bocca non uscì suono.
Si ritrovò Incapace di proferire parola e così continuò ad osservarlo, fin quando gli fu possibile.

Ya tebaya lyublyu…
 
Yurio Riuscì a leggere quel mimo labiale.
Riuscì a leggere quegli occhi. 
Lucidi, dipinti d’orgoglio.

E di dolore.

-Anche io, nonno…-
Ma lui non poté sentirlo.


Victor guardava fuori dal finestrino.
Il paesaggio scorreva, fondendosi ai ricordi.
Avrebbe voluto sfilare il telefono dalla giacca.
Comporre quel messaggio.
Ma l’occhiata truce che i due militari gli riservarono, non ebbe bisogno di ulteriori ammonimenti.
Fisso il display ormai sbloccato.

Un immagine.
Due mani.
Due fedi.
Un amore.
Una promessa.

 “Ti amerò per tutta la vita”.

Sì, lo avrebbe fatto.





Lo studio è elegante, curato.
Quanto quelle divise.
Quelle che ha visto arrivare all’aeroporto.
Quelle che gentilmente hanno preso in custodia i loro cappotti.
I loro telefoni.
I loro bagagli.

Il thè che viene offerto profuma di ipocrisia.
Quello zucchero, non è necessario.
Quel rituale, non è necessario.

Victor ha una promessa alla quale mantenere fede.
Lui ama Yuuri Katsuki.
E niente, potrà fargli cambiare idea.



Yurio trema.
Cerca di nasconderlo, ancorando le dita a quella tazza che orgogliosa fa mostra della bandiera della sua patria.
E stringe più forte, quando quell’uomo elegante e posato inizia a parlare.
Elogiando la sua esibizione.
Elogiando il lavoro che Nikiforov ha svolto con Katsuki, donando orgoglio al suo paese.

Ma poi il tono cambia.
All’ennesimo complimento privo di ringraziamento, l’uomo si rilassa nella sua poltrona in pelle.
Accende un sigaro.
Senza offrirlo.

E Yurio trema un po’ di più.

-Sa’, Signor Nikiforov, la Russia le è veramente grata per l’onore che lei ed il Signor Plisetsky qui presente le avete reso in questi anni…-
Victor rimane fermo, nella sua posizione.
Il cuore accelera, ma lui lo ignora.
-Converrà anche lei però, col fatto che molti potrebbero aver frainteso l’entusiasmo che l’ha portata a complimentarsi col suo allievo, in mondovisione…-

Oh no, nessun entusiasmo.
Nessun fraintendimento.
Quello era un bacio, Tenente Zaystev.
Era un bacio.

-Credi quindi che sia opportuno un suo intervento diretto.
Una sua dichiarazione.
La Russia è disposta a perdonare questo sciocco ed increscioso incidente.
Ed è nell’interesse di tutti noi mettere anche a tacere le aberranti insinuazioni volte alla sua persona, Signor Plisetsky.
Diciamo che una vostra sincera dichiarazione , potrebbe facilitarci il lavoro.
E cancellare questo velo di… Oltraggio che inconsciamente state arrecando alla vostra madre patria.
Non credete?-

L’uomo non è diretto.
Non menziona, nemmeno per sbaglio, il bacio di Victor e Yuuri.
Non dice, e nemmeno accenna, alla ripresa che ha inquadrato le mani intrecciate di Yurio e Beka.

Non ce n’è bisogno.
Non è mai accaduto.

Non esiste.
L’omosessualità, non esiste.

Ma qualcuno osa pensare il contrario.

Una loro dichiarazione e anche quelle fastidiose voci che hanno osato sfiorare pensieri maligni, saranno messe a tacere.

-Questo è il documento da firmare.
Ci siamo presi il disturbo di mettere per iscritto quello che certamente sono i vostri pensieri in merito a questa faccenda.
Una vostra firma e fra qualche ora procederemo alla diretta.-

Non c’è emozione, nella sua voce.
Una penna offerta.
Una firma da apporre.
Una scelta.

È Bella, quella penna.
Bianca, con le rifiniture rosse.
Rosse rubino.

Ma Yurio è paralizzato.
E quando Victor lo guarda.
Quando Victor gli sorride, in quel modo affettuoso e caparbio…
Yurio capisce.

Ed i suoi occhi si velano di un nuovo dolore.





-Devono riflettere.-
Questa è la sentenza.

È freddo, in Russia.
È freddo, in quella stanza.

È buio.
Eppure, quando sono atterrati c’era il sole.

Sarà per la mancanza del cappotto.
O per quella del maglione.
Sarà perché si trova a petto nudo.
O perché non indossa i jeans.

Sarà per quella musica.

Gli ha sempre dato calore, la musica.
Ma quella, no.

Quelle voci.
Che ridono e lo incitano.

-Balla Principessa, balla per noi!-

Yurio lo ha visto cosa è successo all’ultimo ragazzo che ha rifiutato di obbedire.
Le sue labbra sono blu, adesso.

E Yurio balla.
Balla anche per lui.





Una penna offerta.
Una firma da apporre.
Una scelta.

-Deve riflettere.-

Victor scorge gli occhi di Yurio, mentre viene trascinato via.
E trova la forza di rivolgergli il suo sorriso.

Portalo a Yuuri, promettimelo Yurio.

Fra tutta quella gente, fra tutte quelle voci, Yurio sente quella richiesta.
Anche se il corpo duole.
Anche se vedere quello di Victor, fa ancora più male.

Yurio ha sentito i racconti.
Quelli che parlano di scariche elettriche ed umiliazioni.
E non ci ha creduto.
Non poteva.

Poi, quella notte, ha sentito le urla.
E fra Cento voci, ha riconosciuto la sua.
Più roca.
Più provata.

-Io amo Yuuri Katsuki.-

E Yurio lo ha odiato.
Li ha odiati entrambi.
E si è coperto le orecchie.
Poi, gli occhi.

Ma non è servito.
Lui lo ha sentito quell’amore.
E lo vede, adesso.

Perché è cosi sbagliato?




Yurio è minorenne.
La sua condanna, spetta alla famiglia.
A suo nonno.

E lui lo sa che è lì.
Che lo sta guardando.
Che lo sta toccando.
Che gli sta parlando.

-Lo farò io…-
Ha detto quelle persone.
Persone?
Si, a loro.

Yurio lo sa che ha mentito.
Ma vorrebbe, davvero vorrebbe che lo uccidesse.

Lo vorrebbe ogni volta che chiude gli occhi.
Ogni volta che nel silenzio, vede quelle immagini, sente quelle voci.

Ma Yurio non può morire.
Deve fare una cosa prima.
Lo ha promesso a Victor.




Tre mesi.
Sono passati tre mesi.
Tre mesi trascorsi in un limbo fatto di domande alle quali non vuole rispondersi.
E che gli si parano davanti, in un pomeriggio di metà autunno.

Yuuri sente il rumore di quella macchina arrestarsi di fronte a casa.
E sarebbe un rumore come un altro.
Uno da ignorare.
Ma no.
Yuuri Lo sente, lo sente che è diverso.
Che fa male.
Perché la speranza si riaccende.
Perché Victor e Yurio non possono essere scomparsi nel nulla.
Perché non possono averli presi.
Perché non può essere.
Non può essere.

Nikolai scende dal taxi.
Fa il giro della macchina.
Apre lo sportello.
Si piega.
Afferra il ragazzo da sotto le braccia.
Lo tira fuori.
Lo solleva.

Nonostante la sua avanzata età.
Nonostante le fatiche di una vita pieghino il suo corpo.
Nikolai prende in braccio il nipote.

E una parte di Yuuri muore.

Yurio non parla, non parla più.
Tiene gli occhi aperti, ma non guarda.
Le persone, le cose.
Yurio non le vede più.

Ha due fili di stoffa in mano.
È lucida e morbida.
Ce ne sono almeno altri venti metri, nelle tasche di suo nonno.

Ma per adesso, gli basta quella.
Deve fare una treccia.

Ecco, così.

Le dita pallide si muovono esperte, ma lente.
È difficile essere precisi quando si trema così tanto.

Ma lui deve fare quella treccia.
Come quella che faceva ai suoi capelli.

Ora non può, sono troppo corti.
Ma non fa niente.
Basta non pensarci.
Basta non pensarci.


-Che dici, li tagliamo principessa?
Guarda, guarda il tuo amico come sta bene adesso.
Sembra un uomo, ora.-

Fili d’argento sparsi per terra.
Una mano che porta indietro la testa.

-Gli uomini amano le donne, mettetelo in testa ragazzino…-

Forbici, metallo.
Fili biondi e grigi che si mischiano.

-Tu! Hai forse qualcosa da dire?-
-Io amo Yuuri Katsuki.-

Yurio ascolta e un pochino gli viene da sorridere.
Ma poi quell’uomo inizia a tagliare.



Yurio si dondola, su quella sedia.
Apre e chiude appena la bocca.
Lo fa di continuo.

Sembra quasi che stia cantando.
È etereo, con quella pelle bianca illuminata dai raggi che attraversano la finestra.
La finestra.
È lì di fronte, che passa le sue giornate.
Con quei fili fra le dita.

Nikolai si prende cura di lui.
Lo fa alzare.
Lavare.
Cambiare.
E poi lo mette lì.

-Ricresceranno…-
Gli sussurra domando l’emozione della sua voce, mentre sfiora la sua testa.

Nikolai ha paura.
E non perché sono scappati.
Non perché sa di non poter più fare ritorno in Russia.

-Yuuri Katsuki…-
È quella l’unica cosa che Yurio ha detto da quando…
Da quando è tornato.

Per questo, ha paura.
Perché quella è stata la sua unica richiesta.
E teme, che quando Yurio avrà portato a termine questa missione, se così si può definire…
No, non ci vuole pensare.

Quello, è il desiderio di suo nipote.
E lui, lo esaudirà.




-Siamo stati clementi, Signor Nikiforov,
Ma sembra che per lei, questo non sia abbastanza.
Ha forse qualcosa da dire?-

Victor guarda Yurio.
Yurio lo sente.
Ed alza lo sguardo.

E non vorrebbe, davvero non vorrebbe che lui vedesse quelle lacrime.
Ma non le può fermare.
Perché Victor sorride.
E Yurio, ancora una volta, comprende.

-Io amo Yuuri Katsuki.-

BUM.

Victor cade.


Una chiazza rossa che gli incornicia il volto.





-Yurio…-
Yuuri ci prova, a non piangere.
È stato forte, in questi mesi.
Non ha mai smesso di sperare.
Mai, nemmeno un attimo.

Ma adesso sente il cuore andare in pezzi.
E si chiede quando smetterà, di sbriciolarsi ancora.

-Yurio… Vi… Victor?-

Yuuri si inginocchia di fronte al russo.
Di fronte al guscio che è rimasto di lui.

E posa le sua mani su quelle dell’altro.
E i singhiozzi aumentano quando Yurio, non lo caccia via.

-Ti prego…
Io… I-io ho bisogno d-di sapere…-

Yurio continua il suo intreccio, come se quel contatto non disturbasse la sua visuale.
Ha quasi finito.
Ecco.
Le mani tremanti si bloccano e poi allungano quel lavoro verso il giapponese ancora chino ai suoi piedi.
Una treccia.
Una treccia nera e argento.

Yurio indica il pavimento, poi i fili che Nikolai ha lasciato sul letto.
Yuuri si allunga, li prende, glieli porge.
Mentre le lacrime solcano il viso.
Mentre il cuore urla.

Di nuovo, Yurio indica il pavimento.
-V-vuoi…
Vuoi sederti lì?-
Il piccolo russo annuisce.
Lo farebbe da solo, se ne fosse in grado.
Ma il suo corpo non lo sostiene più.
Il sottile strato di pelle che riveste le sue ossa, non è sufficiente.

Yurio si sta lasciando morire.
Ma c’è una cosa, c’è una cosa che deve fare.

I fili sono colorati.
Si intrecciano disordinati su quel pavimento.

Yurio li sceglie.
Con cura.
Blu, rosa, giallo, bianco.
Ce ne sono due celesti.
Uguali.
Ma uno è più bello e Yurio sceglie quello.

Il rosso no, non c’è.
Suo nonno lo sa che a lui non piace.
E quando va a comprare quei sacchetti, getta via tutti i fili rossi.

È un uomo buono, suo nonno.
Yurio ha sempre sperato di diventare come lui, da grande.

Adesso però,  Yurio non vuole più diventare grande.

-T-ti prego Yurio…
Dimmi qualcosa…
V-Victor… V-Victor…-

Yurio alza la testa.
Ha le gambe incrociate, è seduto per terra e deve allungarsi un pochino per toccare quel viso.
Con l’indice, sfiora l’angolo della bocca di Yuuri.
E fa una leggera pressione, per spronarlo verso l’alto.

Ecco, Victor.
Ora sorride, vedi?


Yuuri ha gli occhi arrostati.
Ma non piange più.
Sembra non sbattere nemmeno le palpebre quando Yurio afferra il primo filo.
Lo modella.
Lo posa per terra.

I

Ed un secondo filo, quello rosa, messo proprio a fianco dell’altro.

O

E così via.
Un filo dietro l’altro.
Una lettera dopo l’altra.

Finché la frase non è completa.
Finché la missione non è giunta al termine.

E in un arcobaleno di fili di stoffa, Yuuri riesce a leggere quella scritta:
IO AMO YUURI KATSUKI.




Yuuri, si piega su se stesso.
In ginocchio, di fronte a quelle parole.

A quel ragazzo.

La stanza si riempie di dolore.
Silenzioso, rumoroso.

La stanza si riempie dei frutti di un odio gratuito.











Un odio che ha ucciso una persona.
E un’altra.
E un’altra.

Quel giorno, il tenente Zaystev ha ucciso Victor Nikiforov.
Yuri Plisetsky.
Yuuri Katsuki.
Altin Otabek.
Nikolai Plisetsky.
Hiroko Katsuki.
Mari Katsuki.
Yakov Feltsman.

Quel giorno, il tenente Zaystev ha espresso ed emesso la sua condanna.
In nome della giustizia.



Quella giustizia che dato la notizia della prematura scomparsa di Victor Nikiforov, deceduto in seguito ad un pestaggio, dettato dall’invidia di colleghi non connazionali.
Pestaggio che ha visto coinvolto Yuri Plisetsky, caduto in una depressione profonda che lo ha visto costretto a ritirarsi dal mondo del pattinaggio.



Tenente, Tenente…

Nonostante l’onore che Victor ha arrecato al suo paese, sulla sua lapide non avete dichiarato altro che due date.

Ma sa una cosa, Tenente?

C’è un uomo, che ha preso un aereo.
Che è arrivato davanti a quella lapide.

E che vi ha apposto una scritta:
IO AMO YUURI KATSUKI.

Voi l’avete cancellata.
Ma lui, l’ha scritta di nuovo.
Lo ha fatto ogni volta.
Lo ha fatto finché voi, non avete deciso che era giunto il momento di provare a curarlo.


Lei, Tenete, si è dichiarato sconfitto, confidandosi con i suoi colleghi.

Perché la sua cura, non ha funzionato.

E lo sa perché non ha funzionato, Tenente?

Oh No, non perché non esiste.
L’omosessualità esiste eccome.

Ma non è una malattia.
Né una scelta.
Né una moda.
È solo un’etichetta.

Ma l’omofobia, Signor Tenente…
Quella sì, che è una malattia.

Incurabile?
Forse.

Si trasmette attraverso un virus, sa?
Quello dell’ignoranza.

Oh, ma noi continueremo a combatterla.

Perché lei può uccidere, è vero.

Ma non vincerà.

Non vincerà finché sulla terra , rimarrà anche un solo uomo che con il cuore continuerà a gridare:

IO AMO YUURI KATSUKI.



Tenente, Tenete…

Potete toglierci la voce.

Ma noi, noi continueremo a gridare.
E ad amare.

Perché non c’è cura, per l’amore.
Ma se lei la reputa una malattia, beh…
Spero che il mondo ne venga contagiato.

E forse…
Forse anche lei, allora, potrà guarire.










   
 
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