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Autore: JEH1929    16/05/2017    1 recensioni
E così era stato deciso: avremmo abitato insieme.
Io mi ero gettata a capofitto nella novità senza pensare veramente cosa essa potesse veramente comportare, come mi succedeva sempre. Come al solito avevo riflettuto assai poco e così avevamo iniziato a visitare un appartamento dietro l’altro, quanto più vicini possibile all’università.
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“Sarò la tua sabbia, la tua erba, il tuo cielo, la tua felicità. Ti amo. Tua per sempre, Sana”
E mentre stringo fra le mani il libretto e non riesco a trattenere una piccola lacrima, che mi brucia gli occhi, penso a quanto la sorte possa essere ironica e a quanto sia facile che tutto ciò che pensavi avresti posseduto per sempre possa essere perduto in un millisecondo.
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Fanfiction su Sana e Akito e su quello che potrebbe essere loro successo dopo la fine del manga.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono seduta sul divano dell’appartamento sotto processo da almeno due ore. E tutto quello che vorrei fare è soltanto fuggire e rifugiarmi fra le braccia di mia madre e pregarla di dirmi cosa esattamente devo fare.
Fuka mi ha beccata a baciare Hayama nel giardino vicino a casa nostra e mi ha trascinata su per le scale, lontana da un Akito alquanto irritato e da un Takaishi super imbarazzato, continuando a tenere l’altra mano sulla pancia e a sghignazzare, mentre io avrei voluto soltanto offenderla pesantemente o strattonarla e tutto quello che riuscivo a fare era pensare e ripensare in successione a tutto quello che era successo. Mi ha fatta sedere sul divano, davanti a un’Aya, un’Hisae e uno Tsuyoshi sconvolti e a un altrettanto sconvolto Gomi, uscito dalla sua stanza per tutto lo scompiglio causato da Fuka. E dopo che quest’ultima, tra uno sghignazzo e l’altro, era riuscita a raccontare quello che aveva visto in giardino e Tsuyoshi aveva afferrato Gomi per un braccio, mentre lui protestava debolmente, e lo aveva trascinato fuori dall’appartamento, le domande apprensive (Aya), divertite (Fuka) e sconvolte (Hisae) mi avevano sommerso, al punto che adesso non riesco quasi più a respirare, tanto mi stanno intorno e mi soffocano. Mi hanno fatto raccontare come era andata la situazione e alla fine ho ceduto, ho fatto un resoconto a grandi linee, ovviamente, non avevo certo intenzione di rivelare loro i miei pensieri malati su luci, ombre, misteri e komorebi. Nient’affatto. Non avrebbe certo influito in maniera positiva sulla loro idea di scarsa coerenza e assente sanità mentale, di cui mi stanno accusando al momento, continuando a bombardarmi di consigli, affermazioni e domande.
- Non avete parlato, come al solito, i due soliti idioti. – Fuka.
- Forse sei stata un po’ avventata, Sana-chan. – Aya.
- Finalmente, nessuno si aspettava altro da quando siamo venuti a vivere qui! – Hisae.
Continuano così da quelle che mi sembrano ore eppure tutto quello che mi sembra che abbiano ottenuto è soltanto rendermi ancora più confusa in merito alla mia situazione, alla nostra situazione. Perché ovviamente non posso escludere Hayama dall’elenco. C’è dentro anche lui. Eppure, da quando mi hanno fatta sedere qui e da quando Tsuyoshi è uscito, trascinandosi fuori Gomi, la componente maschile del nostro appartamento, più Takaishi, non si è più fatta viva. E ormai è buio, rifletto, guardando fuori dalla finestra l’ultima luce del sole sparire dietro le cime degli edifici di Tokyo. Ma nessuno sembra preoccuparsene eccetto me, come anche del fatto che è quasi ora di cena e che il mio stomaco sta borbottando, impazzito. Mi alzo in piedi, ignorando le mie amiche che in realtà non sto più ascoltando da tempo.
- Vado a farmi una doccia. – annuncio.
- Cosa? – gridano quasi in coro.
- Ho i capelli che sono un disastro per l’umidità e ho freddo. Ho bisogno di una doccia.
E le mollo lì, chiudendomi in bagno.
Finalmente quando sono sotto la doccia riesco a riflettere sul serio, come non sono riuscita a fare mentre le chiacchiere delle mie amiche mi sommergevano, per quanto apprezzi il loro tentativo di aiutarmi.
La mia storia con Akito è sempre stata la costante della mia vita, dall’età di undici anni, lui ne è stato una componente essenziale, anzi diciamo pure la componente essenziale. Ormai non c’è più modo di liberarsi l’uno dall’altro, l’abbiamo capito a nostre spese, quando abbiamo tentato di stare lontani. Che siamo ancora innamorati ormai è una questione fuori di dubbio e non è necessario che mi interroghi ulteriormente, l’ho capito dalle sue labbra sulle mie, dalla sua lingua che si intrecciava alla mia, dalle sue mani sui miei fianchi, sulla mia schiena, fra i miei capelli. E poi dall’occhiata che mi aveva lanciato quando ci eravamo staccati per qualche istante. Un tale desiderio, quasi un sollievo, lo stesso che sicuramente lui aveva letto nei miei occhi. Perché è anche questo che abbiamo provato quando ci siamo baciati, sollievo. E non per il fatto di scoprirci ancora innamorati, certo, anche per quello, ma soprattutto sollievo dalla lunga fame che avevamo avuto l’uno del contatto dell’altro. Il problema è che tutto andava bene, finché ci baciavamo, finché il nostro contatto era di questo tipo, quando univamo i nostri corpi e i nostri cuori. Ma cosa succedeva quando i nostri cervelli si mettevano in azione? Questo è il grande quesito. E il mio cervello adesso è parecchio attivo. Fin troppo. E non la smette di far risuonare le parole di Aya “Forse sei stata un po’ avventata, Sana-chan”, perché effettivamente lo sono stata. Non abbiamo chiarito niente, come al solito. Ci siamo fiondati l’uno nelle braccia dell’altro o meglio io mi sono fiondata nelle sue. Perché tutto quello che succede quando apriamo bocca ultimamente è litigare.
Già una volta ci siamo lasciati per la nostra scarsa comunicazione e non perché non ci amavamo più, testardi e orgogliosi della nostra posizione, nessuno ha fatto un passo indietro, nessuno ha accettato un compromesso. E ci siamo fatti del male da soli: abbiamo fatto del male a noi stessi e del male all’altro, quando in realtà era l’ultima persona che avremmo voluto far soffrire, fermi nell’idea di non essere più ricambiati. Perché adesso capisco che anche lui ha pensato questo.
Però adesso è tutto così difficile. Abbiamo fallito una volta, cosa potrebbe portarmi a pensare che non succederà una seconda, una terza, una quarta? Perché tanto non riusciremo a stare lontani. Fino al punto di rottura, perché prima o poi ci dovrà pur essere un punto di rottura. Due persone non possono andare avanti in questo modo all’infinito. Ma io non voglio soffrire così tanto e non voglio arrivare al punto di rottura. Perché finirei per rompermi anche io e non sarei più la stessa, definitivamente questa volta. Non riuscirei mai più ad uscire dal mio guscio. E probabilmente anche lui si romperebbe e non riuscirebbe mai più a essere l’Akito che io conosco, che io ho visto meglio di chiunque altro. Allo stesso tempo non possiamo rimanere in questa situazione. Questa continua attesa, aspettativa, giorno dopo giorno, ci corrode lentamente, mentre guardiamo la vita nostra e dell’altro scorrerci davanti agli occhi, inesorabile, ma senza davvero riuscire a viverla. Perché l’uno senza l’altro, l’amore non è amore, la vita non è vita. L’amore, strana parola, chissà com’è che è nato questo termine, una parola tanto semplice, facilmente pronunciabile, che esprime talmente tante emozioni, sensazioni e anche tanti dolori, gioie. Non lo so, forse avrebbero dovuto mettere una parola un po’ più complessa, ma se ciascuna parola dovesse corrispondere alla complessità del suo significato, che parola dovrebbero mettere al posto di vita?
 
Finalmente Tsuyoshi sembra rendersi conto che siamo fuori da ore e che ormai è buio, oltre al fatto che sto morendo dal freddo. Soltanto quando il calore causato dal corpo e dal bacio di Sana ha iniziato ad affievolirsi mi sono reso conto che, uscendo per correrle dietro, mi sono dimenticato di prendere la giacca. E adesso sono qui che rabbrividisco in giro per Tokyo con un Gomi più sconvolto e scontento di me, uno Tsuyoshi più curioso e impiccione del solito e un Takaishi che sembra non sapere che pesci prendere e non ha praticamente aperto bocca da quando Tsu, con gli occhi brillanti e un sorriso a trentadue denti, è uscito di casa trascinandosi dietro Gomi.
Ovviamente Tsuyoshi voleva sapere nei minimi dettagli quello che era successo, ma non l’ha ancora capito che io non sono affatto tipo da minimi dettagli? Evidentemente no, visto che anche adesso continua a perseguitarmi, chiedendomi chi ha baciato chi, come è successo, come mi sento, cosa provo, cosa ho intenzione di fare, ecc. con il tuo insopportabile tono da “te l’avevo detto”.
Ovviamente non rispondo non solo per il mio solito brutto carattere, ma anche perché davvero sono confuso. Certo, quando mi ha baciato ho sentito che mi amava ancora e sono certo che anche lei abbia sentito la stessa identica cosa. E che non avevamo mai smesso di farlo, neanche quando ci siamo lasciati. Ma allora perché ci siamo lasciati? Perché io sono testardo e lei è insicura? O forse è lei a essere testarda e io sono insicuro? Non lo so. L’unica cosa che so è che adesso che finalmente ho capito come stanno le cose e che ho sentito di nuovo quella sensazione, quella pace, non permetterò che finisca. No, non lo permetterò affatto.
Finalmente arriviamo all’appartamento. Takaishi e Gomi entrano per primi, Tsuyoshi mi afferra per un braccio e mi ferma. Alzo gli occhi al cielo, per poi guardarlo.
- Davvero, Akito-kun, cosa hai intenzione di fare?
- Ti ho già risposto… non lo so.
- Sai che adesso Sana-chan è fragile, mi raccomando.
- Lo so. – rispondo.
Un sorriso compare sul volto di Tsuyoshi che finalmente, dall’inizio del suo interrogatorio, sembra finalmente felice della mia risposta.
Non appena varco la porta di casa, cerco il suo sguardo. Ma dopo qualche secondo mi rendo conto che non si trova nella stanza.
- Sana-chan è in bagno, a farsi una doccia. – mi comunica Aya.
Hisae, Aya e Tsuyoshi iniziano a cucinare qualcosa, mentre Fuka mi si avvicina lentamente, come un predatore pronto ad afferrare la propria preda. Cerco una via di fuga, ma mi rendo conto di non avere alcuno scampo.
-Tu! – mi punta un dito contro.
Alzo gli occhi al cielo.
- Che vuoi, Matsui?
- Se farai soffrire Sana un’altra volta giuro che ti faccio fuori con le mie stesse mani e sono sicura che Aya sarà ben lieta di darmi una mano. Tu e il tuo dannato mutismo! – esclama.
La guardo stranito, ma lei sembra aver finito, quindi si volta e va da Takaishi, che finalmente sembra rilassarsi per la prima volta in tutta la serata.
In quel momento la porta del bagno si apre e Sana esce, avvolta in un asciugamano bianco. Il vapore la avvolge ed ha le guance arrosate per il calore all’interno del bagno. Non appena mi vede, esita. Le sue guance si tingono di un rosso ancora più intenso. Ci guardiamo per qualche secondo, poi lei distoglie lo sguardo, stringendosi l’asciugamano intorno al corpo. In quel momento mi sembra così piccola, così delicata, così fragile, che vorrei solo avvicinarmi a lei e abbracciarla, con forza, ma la presenza di tutti gli altri mi imbarazza, quindi rimango immobile, continuando a fissare la chioma rossa, le guance altrettanto arrossate, la curva del seno bianco che si intravede dal bordo dell’asciugamano. E improvvisamente un pensiero mi assale: non voglio che gli altri la vedano così. Stringo i pugni, quasi involontariamente, ma lei se ne accorge e alza brevemente lo sguardo su di me, prima di abbassarlo di nuovo e entrare nel suo sgabuzzino a passo sostenuto.
 
Per tutto il tempo della cena evito il suo sguardo, mentre lui continua a fissarmi insistentemente. Il suo sguardo non è offeso, arrabbiato o irritato, come lo è stato le ultime volte in cui mi fissava. Adesso il suo guardo è interrogativo, riesco a leggere una domanda. "Perché? Perché non ricambi il mio sguardo?" Questo mi dicono i suoi occhi. Il punto è che non ci riesco, non ancora. Non prima di aver chiarito quello che ho intenzione di fare. E neanche la lunga doccia è stata minimamente in grado di chiarirlo. Affatto. Sono soltanto più confusa di prima. Fuka continua a lanciarci occhiatine ammiccanti, mentre Gomi non vede l’ora di uscire e sparire e quasi quasi preferirei andarmene con lui. Mi sembra che la parola “codarda” mi brilli sulla fronte.
All’improvviso sobbalzo, un piede tocca il mio da sotto il tavolo. E mi rendo conto che non è Aya e nemmeno Fuka, troppo lontana per riuscire a toccarmi. Non riuscendo ad attirare la mia attenzione con gli occhi, Akito ha provato un’altra tattica.
- Va tutto bene, Sana-chan? – Aya si sporge nella mia direzione, avendomi vista sobbalzare.
Annuisco, mentre mastico il boccone.
- Sicura?
- Sì.
Ma evidentemente parlare non è una buona idea, perché il boccone decide, improvvisamente, di sua spontanea volontà, di andarmi di traverso. E io inizio a tossire.
- Sei proprio imbranata, Kurata.
A parlare è stato Hayama, con lo stesso tono sarcastico che avrebbe adottato solo qualche giorno fa. Alzo gli occhi, sorpresa, aspettandomi lo sguardo freddo dei suoi occhi, ma è tutto diverso da come me lo ero aspettato. Un sorriso, uno dei suoi rari sorrisi sinceri, gli attraversa il volto e perfino i suoi occhi ambrati sembrano ridere. Allora improvvisamente scoppio a ridere per la sua strana espressione e per il contrasto con il tono con cui ha appena parlato e comincio a ridacchiare a crepapelle, stringendomi la pancia con le mani. Gli altri mi fissano sconvolti di fronte a tanta improvvisa ilarità, mentre fino ad ora sono stata così silenziosa. Tutti tranne Akito, il cui sorriso si sta lentamente espandendo. So che non riuscirà a trattenersi e mentre le lacrime cominciano a calarmi dagli occhi, anche lui scoppia a ridere, più forte di quanto abbia mai sentito. Adesso non so più neanche se stiamo ridendo per quello che Hayama ha detto oppure per le facce sconvolte dei nostri amici, che non hanno capito il motivo delle nostre risate o che forse non hanno mai veramente visto Akito ridere. Ed effettivamente è uno spettacolo raro. E continuiamo così, due idioti che ridono senza un motivo apparente, mentre sei persone sconvolte li fissano male.

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Siamo alla fine. Escluso questo capitolo, ne manca un altro e poi l'epilogo. Spero vi piaccia.
   
 
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