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Autore: SoltantoUnaFenice    17/05/2017    5 recensioni
Marte è cambiato, e molto: l'ha vista rinascere un pezzo alla volta. Le periferie non sono più così povere, c'è tanto da lavorare e tanto da costruire. Sembrano tutti pervasi da un fuoco fatto di speranza e fiducia.
Ma quell'angolo brullo è rimasto esattamente com'era, e la lapide che onora i caduti di Tekkadan si affaccia ancora sulla vallata di roccia e terra rossa. Forse è per questo che ogni tanto fugge lì. Quel posto gli somiglia: come lui, è troppo arido e troppo lontano da tutto il resto per poter rifiorire.
Ambientata tre anni dopo l'ultima puntata di Gundam Iron Blooded Orphans.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Yamagi apre gli occhi. Le stecche delle persiane sono girate, e la stanza è illuminata dalla luce del sole che filtra attraverso le fessure. Deve essere mattina inoltrata, ma non è un problema: la domenica* la Kassapa Factory è chiusa e lui può dormire un po' di più.
Rimane un po' intorpidito ad ascoltare i suoni che provengono dalla strada. Qualcuno che passa chiacchierando, il motore di qualche mezzo, le corse dei bambini nel cortile di fianco al suo...
Da quando Kudelia è diventata presidentessa della Federazione delle Città Marziane, le condizioni della popolazione sono migliorate molto, ed è molto più comune sentire risate e giochi.
Non ricorda di aver mai assaporato un senso di pace come quello.
Di certo non alla CGS, ma nemmeno durante gli anni di Tekkadan. Anche nei periodi in cui le cose erano andate bene, c'era sempre stato qualcosa a preoccuparlo.
Ai tre anni appena trascorsi, poi, non vuole nemmeno ripensare. E' passata poco meno di una settimana da quando Shino è tornato, e più di una volta ha avuto la sensazione che sia stato tutto un sogno.
Gli è successo al lavoro, quando si è totalmente immerso in qualche operazione complicata, e il suo cervello è tornato in automatico al vecchio modo di sentire, perdendo contatto con quella nuova realtà. Si è riscosso in preda al panico, rischiando anche di compromettere quello che stava facendo. Oppure si è svegliato nel mezzo della notte in preda ad un incubo, e solo trovare Shino che dormiva lì accanto gli ha permesso di calmarsi subito.
Anche lui ha avuto degli incubi: Yamagi lo ha sentito agitarsi e mormorare nel sonno.
Si stira, un po' indolenzito. Quel letto è decisamente troppo piccolo per dormirci in due, ma non ha ancora avuto il coraggio di prenderne un secondo da accostare a quello. Significherebbe dare per scontato che Shino rimarrà a vivere da lui anche in futuro, quando si sistemerà un po' più stabilmente, e non hanno ancora toccato l'argomento. Ma sa che nel giro di poco dovranno farlo: se Shino non gliene parlerà apertamente, glielo proporrà lui.
Si alza, e prima di entrare in bagno dà un'occhiata al ballatoio per vedere se per caso Shino è lì, ma lo trova vuoto. Non è strano: da quando è tornato, sembra in preda alla frenesia. E' stato in casa talmente poco, che Yamagi è tornato al lavoro praticamente subito, visto che comunque non sarebbero stati assieme lo stesso.
Shino è andato a trovare tutti i loro vecchi compagni, ha parlato più volte con Eugene e con Kudelia, si è impuntato a fare i lavori di casa e ha persino cucinato qualche sottospecie di pranzo che gli ha portato all'officina. Sembra quasi che voglia recuperare il tempo perso, e Yamagi prova un misto di tenerezza ed inquietudine nel vederlo così. Sospira, sorridendo pacatamente al proprio riflesso nello specchio sopra al lavandino: qualunque sia il motivo per cui Shino sembra incapace di fermarsi, promette a sé stesso che lui sarà lì, per ascoltarlo e sostenerlo.
Il rumore della serratura che scatta lo richiama fuori dal bagno.
“Buongiorno.”
“Oh, ti sei svegliato! - Shino posa sul tavolo un paio di sporte di carta piene di roba. - Buongiorno! Hai già fatto colazione?”
“No, mi sono alzato poco fa.”
“Ottimo! Allora vai pure a sistemarti: io preparo il tè e mangiamo assieme!”
Yamagi rientra in bagno e comincia a svestirsi, mentre dalla cucina arrivano rumori di tegami e tazze. Tira indietro i capelli e li lega. Ormai non li porta quasi masi sciolti, lo trova scomodo. A volte si chiede come facesse a lavorare con metà del viso coperta, ma in realtà ricorda bene come il bisogno di tenere a distanza il resto del mondo fosse più forte del fastidio dei capelli sul viso.
“E' pronto!”
“Arrivo.” Bofonchia con la faccia coperta dall'asciugamano. Le mani di Shino sui fianchi lo fanno sobbalzare, solleva il viso dalla stoffa appena in tempo per vederlo mentre si china su di lui e gli bacia la base del collo, poco sopra l'Alaya Vijnana.
Arrossisce. Non è ancora abituato a questi contatti fugaci che si scambiano ogni volta che sono assieme. Un braccio attorno alle spalle, le dita intrecciate, uno sfiorare veloce di labbra sulla tempia o sulla bocca... lo colpiscono quasi di più dei lunghi baci che si scambiano ogni sera, nel letto, mentre si avvicinano ogni volta un po' di più l'uno all'altro. Sorride, prendendogli la mano sinistra e portandosela al viso. Bacia le dita, ed il metallo è freddo contro le labbra.

 

“E' buono il pane dolce?”
“Sì, molto. Non pensavo ci fosse un forno aperto di domenica, da queste parti.”
“Infatti non c'è. Ho dovuto girare parecchio, prima di trovarne uno. - Ridacchia. - Sono arrivato quasi in centro.”
“Shino, non ce n'era bisogno! E poi non devi farti vedere in giro più del necessario. Soprattutto in centro, dove c'è molta più polizia!”
“Lo so, lo so! - Porta le mani dietro la testa sbuffando. - Ma io non ce la faccio a starmene fermo qui, divento pazzo!”
“Come se tu fossi rimasto fermo un solo giorno! Devi avere pazienza: Kudelia ha contattato Takaki, no? Vedrai che presto avrai un nuovo nome. Uno con cui poter andare in giro senza rischiare di essere arrestato.”
“Va bene. - Sospira. - Speriamo che sia una cosa veloce!”
“A proposito, hai poi deciso come farai con il lavoro?”
“Non lo so. Eugene mi ha proposto di entrare nello staff di sicurezza di Kudelia. Lavoreremmo assieme e so che a lui farebbe piacere...”
“Ma?”
“Ma...non so. Forse non ho voglia di una cosa del genere. Credo... di non voler più portare armi. Sono stanco di violenza. Anche se adesso siamo in pace, non voglio rischiare di dover ancora uccidere.”
Yamagi annuisce, prendendogli una mano.
“Perchè non parli con Kassapa? Magari lui ha qualcosa per te.”
“Lavorare all'officina? Naaaaaaaa, sono sicuro che non hai voglia di avermi tra i piedi tutto il giorno! E poi non sono un meccanico...” Shino osserva il proprio tè, facendolo oscillare nella tazza. Prova ad immaginarsi con addosso la tuta con il simbolo del Ryusei-go. L'ha notato solo dopo qualche giorno, e ancora non ha le idee chiare sulla serie di sensazioni che ha provato capendo cosa significava.
“In realtà... c'è una cosa. Me l'ha accennata Kudelia l'ultima volta.”
“Che cosa?”
“Ha detto che all'orfanotrofio c'è bisogno di personale.”
“E ti piacerebbe?”
“Beh... sì. Ci sono stato: è un posto pieno di pace, e i bambini sono una forza della natura. Yamagi, credi che sarei adatto?”
“Certo che lo saresti! E poi ci sono Dante e Derma, vedrai che andrà bene!”
“Allora ci penserò... Anche se Eugene si offenderà a morte se scelgo l'orfanotrofio!” Ride, afferrando un altro panino.

 

“Hai comprato dei fiori?” Yamagi osserva il mazzo colorato sul fondo di una delle due buste di carta.
“Sì, io... volevo fare una cosa. - Mette le tazze nello scolapiatti e si asciuga le mani. - Pensavo... di andare alla tomba di Tekkadan. E' l'unico posto in cui non sono ancora stato.” Tranne per quei pochi minuti in cui lo ha ritrovato e l'ha riportato a casa, ma Shino preferisce non rivangare. Non ne hanno ancora parlato, e forse Yamagi non sa che c'era anche lui assieme a Kassapa.
“Vuoi che ti accompagni?”
“Lo faresti? Volevo chiedertelo, ma... beh, sicuro che ti va?”
Yamagi sospira, prendendogli la mano destra, ancora umida.
“Certo. Andiamo anche adesso, se vuoi.”
“D'accordo.”

 

Ancora un paio d'ore, e il sole sarà a picco sulle loro teste. L'aria è già parecchio calda, soprattutto lassù, dove non c'è niente a creare un po' di ombra. Per fortuna in quel punto soffia sempre il vento.
Lasciano l'auto poco più sotto, e fanno l'ultimo tratto a piedi, tenendosi per mano. Yamagi è rimasto pensieroso per quasi tutto il tragitto, limitandosi a guidare e tenere gli occhi fissi sulla strada. Anche Shino non era in vena di chiacchiere, così sono arrivati a destinazione quasi senza dirsi nulla.
“Ci sono dei fiori...” Mormora Shino.
Yamagi si china ad osservarli: non sono quelli che ha portato lui la settimana prima. E' un bel mazzo di rose rosse, avvolto in un foglio di sottile carta bianca.
“Sono di Ride.”
“Ride? Ma... i ragazzi mi hanno detto che non lo vede nessuno da diversi mesi. Che praticamente è scomparso.”
“E' così, infatti. Quando Gordon Nobliss è tornato su Marte, ha cominciato a comportarsi in maniera strana. Ad allontanarsi, a rispondere con rabbia a chi gli chiedeva se c'era qualche problema. - Sospira. - Non ha mai superato la morte di Orga. E adesso stanno cominciando ad evitarci anche altri dei ragazzi più piccoli. Kudelia è molto preoccupata.”
“Accidenti. - Shino si mette le mani in tasca, facendo scorrere lo sguardo lungo la vallata. Ha ancora negli occhi il viso da bambino di Ride che gli parla come ad un fratello maggiore. - Pensi che farà qualche sciocchezza?”
“Non lo so. Può darsi.”
“E come fai a sapere che questi fiori sono suoi?”
“Rose rosso sangue. - Accompagna le parole con un piccolo gesto delle spalle. - Poco dopo che Ride è sparito, hanno cominciato a comparire queste rose sulla tomba. Abbiamo parlato tra di noi, ed è venuto fuori che nessuno le aveva portate, così abbiamo capito che sono sue. Da allora abbiamo stabilito che nessuno di noi porterà mai fiori simili, in modo che quando le troviamo, sappiamo per certo che lui è stato qui. Non abbiamo altro per sapere se sta bene, e se è ancora su Marte.”
Shino scuote la testa, amareggiato. Si chiede se avrebbe potuto fare qualcosa, se fosse tornato prima.
Yamagi prende un petalo tra le dita: è ancora abbastanza fresco.
“Deve essere stato qui stanotte. Con questo sole e questo vento, i fiori non durano niente.”
Shino si siede a terra, proprio di fronte alla lapide. Fa scorrere la punta delle dita lungo i nomi incisi, e quando sfiora il proprio nome, non può fare a meno di voltarsi verso Yamagi.
“Ti chiedi mai come sarebbero andate le cose se avessimo fatto scelte differenti?”
“No. - Si siede accanto a lui. - Non ci sono mai riuscito.”
Sarebbe stato troppo doloroso.
“Io sì. Una marea di volte. Praticamente non ho fatto altro in questi tre anni. Credevo che foste morti tutti, e continuavo a farmi domande. Dove saremmo ora se Orga non ci avesse liberato? E se non avessimo incontrato Naze? Se non ci fossimo alleati con McGillis? Se il mio colpo fosse andato a segno?”
Fa un gesto con la mano, e Yamagi gliela prende, fermandola a mezz'aria.
“Lo sai che non ha senso, vero? Non si può cambiare quello che è successo. - Porta giù le loro mani unite, fermandole sul proprio ginocchio. - Soprattutto non devi pensare all'ultima. Non è colpa tua se non sei riuscito a colpirli. Mika ci ha raccontato come è andata: quel mobile suit nemico aveva colpito il tuo Dainsleif. Non eri nelle condizioni di mettere a segno quel colpo.”
“Super Galaxy Cannon, Yamagi. - Lo guarda con un sorriso storto, ma nonostante il tentativo di scherzare, gli occhi sono ancora tristi. - E' quello il suo nome.”
“No, non lo è più. Se anche esiste ancora, non è altro che un cannone. E il Flauros, se anche è stato recuperato da qualcuno, non è più il Ryusei-go. Non lo è più da quando non sei più tu a pilotarlo.”
“Sì, forse hai ragione. - Osserva le loro dita intrecciate. - E' strano. Ora che ci penso, mi sembra che quella vita sia lontanissima, come se fossero passati molti di più di questi tre anni.”
“Siamo noi a non essere più gli stessi. - Si avvicina, poggiando la testa sulla sua spalla. - Sai, ho sempre amato il fatto che tu mettessi nomi strani alle cose. Ma ora sono felice che non esistano più armi a portare un nome scelto da te. Credo che non riuscirei più a sopportare l'idea che tu debba combattere.”
“Non ti preoccupare, non ho nessuna intenzione di farlo. - Gli passa un braccio attorno alle spalle, stringendo appena. - Credo proprio che accetterò quel posto all'orfanotrofio.”
“Ne sei sicuro?”
“Sì. Non voglio più usare armi. E non voglio che tu debba preoccuparti ancora per me.”
Yamagi annuisce, mentre gli occhi si fanno appena un po' lucidi.
Shino raccoglie il mazzo di fiori che aveva posato a terra, e lo mette accanto a quello di Ride.
“Un pezzo alla volta, costruiamo la nostra nuova vita. - Posa un bacio sulla fronte di Yamagi. - I nostri compagni sono morti per darci questa possibilità, e noi non la sprecheremo.”
“Sì. - Chiude gli occhi, ascoltando il soffio del vento che spazza la vallata. Lo ha sempre trovato cupo, ma adesso gli sembra quasi una voce gentile. - Ora possiamo farlo.”

 

 

*Siamo su Marte 400-500 anni nel futuro, quindi non è detto che i nomi dei giorni siano come quelli attuali, né che la domenica sia ancora un giorno festivo. Ma visto che ci sono nomi ed usanze che ci portiamo dietro da 2000-2500 anni, ho deciso che questa è una di quelle che è rimasta uguale. ;P

 

OK, l'ho finita. E per la prima volta nelle mia lunga ed onorata carriera di fanwriter XD, mi dispiace mettere la parola fine ad una storia. Forse perché l'ho buttata giù esattamente in un mese, tempo decisamente corto per me. O forse perché mi ha coinvolto un sacco, portandomi a scrivere di getto e impulsivamente come non faccio mai.
In ogni caso, prima di lasciarvi, è tempo di ringraziamenti.
Innanzitutto, un GRAZIE gigante a Releuse. Per avermi fatto scoprire questo anime che mi ha appassionato un sacco, per avermi trascinato in mille elucubrazioni e ragionamenti interessanti e mai scontati, e per avermi supportato durante la stesura di questa storia. E' stato fondamentale avere qualcuno con cui confrontarmi ogni volta che avevo un dubbio, qualcuno con cui capirsi al volo.
Grazie a GiuliaOngaku, a Xshade_Shinra e a Polaris86 (in rigoroso ordine di apparizione XD) per tutti i bellissimi commenti: mi avete mandato in brodo di giuggiole ed è sempre fantastico vedere le proprie storie attraverso gli occhi di qualcun altro.
Grazie infine a chi ha letto e a chi leggerà in futuro.
Un bacione
SoltantoUnaFenice

  
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