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Autore: hanaemi_    18/05/2017    3 recensioni
"Suo fratello l’avrebbe di sicuro rimproverata, dicendole che stava solo sprecando dei soldi per un buono a nulla, che fingeva soltanto di averlo superato ma che in realtà era ancora innamorata persa, perché alla fine tornava sempre da lui. Ma no, Aartiënne non la pensava così: era una donna forte e indipendente e lo aveva raggiunto per cercare di discutere civilmente e nulla più, e se la situazione avesse preso una piega differente avrebbe preso la sua borsa e se ne sarebbe andata."
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nyotalia, Paesi Bassi, Portogallo
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
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Amar pelos dois



{ Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: nyo!Olanda (Aarti
ënne)
, Portogallo (Álvaro)
Pairing: PortNed
Parole: 1269
Playing: "Amar pelos dois"- Salvador Sobral -->
 
https://www.youtube.com/watch?v=Qotooj7ODCM  (ascolto consigliato durante la lettura della storia.) }


“La ringrazio, tenga pure il resto” disse Aartiënne, scendendo dal taxi e chiudendosi lo sportello alle spalle.

Lisbona.
La bionda inspirò l’aria della notte, ad occhi socchiusi, e si lasciò andare ad un profondo sospiro, cercando di prepararsi psicologicamente ad affrontare Álvaro, nonostante fosse ben consapevole che pronta non lo sarebbe mai stata. Aveva accettato di rivederlo un po’ per compassione, un po’ per sfinimento, e forse anche un po’ per nostalgia, non sapeva ben dirlo; quel che sapeva è che ora era lì, aveva affrontato quel lungo viaggio da L’Aia e non poteva (né voleva) tornare indietro ancor prima di provarci. Suo fratello l’avrebbe di sicuro rimproverata, dicendole che stava solo sprecando dei soldi per un buono a nulla, che fingeva soltanto di averlo superato ma che in realtà era ancora innamorata persa, perché alla fine tornava sempre da lui. Ma no, Aartiënne non la pensava così: era una donna forte e indipendente e lo aveva raggiunto per cercare di discutere civilmente e nulla più, e se la situazione avesse preso una piega differente avrebbe preso la sua borsa e se ne sarebbe andata.
Raddrizzandosi la tracolla della pochette in spalla, dunque, la giovane si avvicinò alla porta del locale e la spinse appena, in modo da poter scivolare al suo interno: luci soffuse, solo un palco illuminato in fondo alla sala e un ragazzo, in piedi davanti ad un microfono, che cantava vecchie canzoni di genere jazz e blues.
Aartiënne si guardò intorno nell’atmosfera semibuia, riuscendo infine a trovare il portoghese con gli occhi e avvicinandosi con tranquillità a lui.

“Atmosfera intima, tavolino appartato… è proprio da te, decisamente.”  disse in piedi di fronte a lui, prima di poggiare la borsetta sul tavolo e sedersi, sotto lo sguardo divertito di Álvaro.
“Boa tarde, linda” fece solo osservandola accomodarsi, senza scomporsi dalla posizione che aveva assunto, gambe accavallate e gomito sullo schienale della sedia.
“Bene, mi hai chiesto di parlare faccia a faccia e sono qui. Parliamo faccia a faccia. Cosa c’è? Faccende dell’UE?”
Il moro scosse il capo, prima di risollevare le iridi cerulee su quelle altrettanto chiare dell’olandese.
“Più che altro vorrei parlare del rapporto tra i nostri due Paesi. O meglio, tra i rappresentanti dei nostri due Paesi.”

Aartiënne si irrigidì. Sapeva che sarebbe finito a tirare fuori quell’argomento, sapeva che lo avrebbe messo subito in chiaro, ma ogni volta per lei discuterne era un punto dolente, specie discuterne col diretto interessato. Cercò però di apparire tranquilla e disinteressata e rilassò le spalle contro lo schienale della sedia, i palmi delle mani ben poggiati sul piano di legno che li separava.

“Ah sì? E cosa avresti da dirmi a riguardo? Insomma, hanno un rapporto civile come tutti gli altri rappresentanti.”
“Sì, ma il rappresentante del Portogallo è ancora innamorato perso della rappresentante dei Paesi Bassi, nonostante tutto. E so che la cosa è reciproca. Come la mettiamo?”

L’olandese sollevò un sopracciglio, assumendo un’espressione perplessa.

“Chi ti dice che sia così?”

Un piccolo sbuffo abbandonò le labbra del portoghese, prima che assumesse una posizione composta sulla sedia.
“Andiamo, Aarti. Non prendiamoci in giro.”

E detto ciò con una mossa felina si allungò e prese le mani della ragazza tra le sue, stringendole in una presa salda ma da cui poteva facilmente sfuggire se l’avesse voluto.
La bionda restò in silenzio, spostando lo sguardo dalle loro mani giunte al viso del portoghese, su cui nel frattempo si era disegnato un lieve sorriso incoraggiante.

“Á-Álvaro, io…”

Ma proprio quando stava per parlare il portoghese la interruppe, poggiandole i polpastrelli della mano sulle labbra.

“Sssh. Vieni a ballare. Devi ascoltare questa canzone.”
E quasi non le diede il tempo di aggiungere nulla, né un “Non so ballare”, né un “Non mi va”, che Álvaro la tirò in piedi e la trascinò sotto il palco, stringendola tra le braccia. La canzone era un lento, almeno a quanto sembrava dalle prime note.

“So che il portoghese lo capisci abbastanza bene, però preferisco comunque tradurtela, in modo che tu la comprenda tutta” le sussurrò all’orecchio, un attimo prima che il giovane sul palco cominciasse a cantare. E in contemporanea con il testo in portoghese, Álvaro cominciò a sussurrare all’orecchio di Aartiënne quello che lui provava e che più volte aveva invano provato ad esprimere all’olandese.


“Se un giorno qualcuno chiederà di me 
Digli che ho vissuto per amarti
Prima di te esistevo solamente 
Stanco e senza niente da dare

Tesoro, ascolta le mie preghiere 
Ti chiedo di tornare, di volermi ancora 
Io so che non si ama da soli 
Talvolta si può lentamente re-imparare

Tesoro, ascolta le mie preghiere 
Ti chiedo di tornare, di volermi ancora 
Io so che non si ama da soli 
Talvolta si può lentamente re-imparare

Se il tuo cuore non vuole cedere 
Non sente passione, non vuole soffrire 
Senza fare progetti per ciò che accadrà dopo 
Il mio cuore può amare per entrambi”

 

Aartiënne frattanto aveva chiuso gli occhi, beandosi di quei momenti: la dolce e malinconica melodia suonata dagli strumenti e accompagnata dalla voce del cantante insieme alla traduzione in simultanea che il portoghese le sussurrava all’orecchio, le braccia di Álvaro a cingerle fermamente i fianchi e il suo profumo ad inebriarla, quasi facendole girare la testa. Il tutto finì con le ultime note della canzone, quando la bionda spostò il capo dalla spalla del moro e si voltò a guardarlo, ritrovandoselo a pochi centimetri dal viso. Il ragazzo sollevò gli occhi dalle sue labbra ai suoi occhi, e stava quasi per colmare la distanza tra loro e baciarla… ma Aartiënne fu più lesta di lui e si liberò da quella presa, tornando velocemente al tavolo per recuperare la borsetta e uscire da quel locale.

Suo fratello aveva ragione, aveva dannatamente ragione, Álvaro era stato, era e sempre sarebbe stato il suo punto debole, che le fosse piaciuto o meno. L’unica cosa da fare era tagliare completamente i ponti con lui per poter così smetterla di soffrire e andare finalmente avanti, in modo da crearsi una vita come si deve. Questi erano i mille ragionamenti che frullavano in testa ad Aartiënne in quel momento, insieme a mille ramanzine nei propri confronti. Fortunatamente riuscì a prendere la pochette e ad uscire senza venire fermata da Álvaro, e si ritrovò nuovamente fuori, nella fresca notte lisbonese. Un sospiro abbandonò le sue labbra, mentre alzava e abbassava le spalle in un gesto di puro sollievo: almeno era sfuggita alla presa del serpente che stava per avvolgerla nelle sue spire, era già qualcosa. Ora doveva solo prendere un taxi, avviarsi in aeroporto e tornarsene a casa. Si incamminò verso la fermata dei taxi poco lontana, a passo svelto, ma non si accorse del fatto che Álvaro, nel frattempo, era a sua volta uscito dal locale e la stava seguendo a poca distanza. Solo quando l’olandese superò un vicoletto si affrettò a raggiungerla e con uno scatto la trascinò nella stradina secondaria, bloccandola tra il muro e il suo corpo.

“Cosa stai facendo--?” sussurrò una Aartiënne spiazzata, con le mani in aria contro il muro dietro di lei e gli occhi fissi in quelli del portoghese.
“Quello che avrei dovuto fare prima.” rispose senza aggiungere altro il moro, prendendole poi il viso tra le mani e baciandola con estrema dolcezza, quasi temesse di vederla svanire dinanzi a lui.

E Aartiënne, se dapprima presa alla sprovvista, alla fine si ritrovò a chiudere gli occhi a sua volta e a ricambiare con altrettanta dolcezza quel bacio, cingendogli il collo con le braccia.

Nell’aria aleggiavano ancora le parole di quella canzone:


 

“Io so che non si ama da soli 
Talvolta si può lentamente re-imparare”




 

   
 
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