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Autore: Zomi    20/05/2017    6 recensioni
Margaret sa che c'è qualcosa che la lega a Law da sempre, per sempre.
Sir Crocodile non lascia impunita nessuna infedeltà, di alcun genere.
Cosette sogna un amore sincero, sereno, luminoso come il sole e i sentimenti.
Le penne candide di Monet cadono inaspettate sul ghiaccio di Punk Hazard.
A Dressrosa è estate. Nel cuore di Baby è estate.
{FanFiction partecipante al “This would Be Love” Challenge indetta dal Forum Fairy Piece}
{FanFiction partecipante al Crack&Sfiga Ship's Day2k19 indetto dal forum Fairy Piece }
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Crocodile, Donquijote Doflamingo, Margaret, Trafalgar Law | Coppie: Shichibukai/Flotta dei 7
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Amore: Amore che è per sempre
Coppia: Law x Margaret
Note d’Autore: La FanFiction si ispira al mito della Ragazza Serpente (Cina). Esistono varie versioni ma quella riportata è quella che più ho gradito, nonostante nella storia abbia inserito anche alcuni dati di un’altra versione. Incoerenze quante bastano e tanto romanzamento della trama originale. Buona lettura







 
KEEP CALM AND LOVE







Ci aveva provato.
Di nuovo.
Con il sorriso luminoso e gli occhi di cioccolata pieni di gioia, si era avvicinata a lui porgendogli il volantino dell’annuale festa scolastica organizzata per il Gakuensai, speranzosa in un “Sì”.
Aveva trattenuto il respiro senza accorgersene, liberandolo in un basso gemito di tristezza alla sua risposta.
-Io non partecipo a stupide feste scolastiche-
Il volantino era stato accartocciato con disgusto per poi venir gettato nel cestino della classe, mentre un impassibile e distaccato Trafalgar Law lanciava un fugace sguardo al dolce e solare sorriso di Margaret, tremante sulle sue labbra.
Un tremito, uno solo, e poi il sorriso era tornato a rispendere sul suo bel viso incorniciato dal caschetto biondo.
-Sarà per un’altra volta allora- gli aveva sorriso, voltandosi a guardarlo mentre le dava le spalle allontanandosi.
Un’altra volta.
Ancora.
Margaret non si arrendeva mai, non con lui, non con Trafalgar Law.
Lo aveva invitato a ogni singola festa organizzata dal comitato studentesco nell’ultimo anno scolastico, e con quello nuovo non aveva perso quel suo brutto vizio di avvicinarsi, parlargli, sorridergli e porgergli colorati volantini allegri, non cedendo mai alle sue brusche e taglienti risposte.
Alla festa di primavera del maggio precedente, lui aveva ringhiato un secco “No”, al quale lei aveva risposto con un sorriso dolce, il medesimo che gli aveva rivolto alla Festa di San Valentino o a quella di Natale in replica a ogni suo singolo rifiuto.
Identico a quello che gli aveva rivolto alla precedente Festa di Halloween.
Uguale a quello che ancora ora gli rivolgeva mentre lo fissava percorrere il corridoio ignorandola bellamente.
-Mi chiedo perché ti ostini a farti del male in questo modo- la scosse dai suoi pensieri Nami, scuotendo il capo.
-Sai perfettamente che ti risponderà sempre no a ogni tuo invito-
-Ti sbagli- si era chinata a raccogliere dal cestino il suo volantino –Oggi ha detto no, ma la prossima volta magari dirà sì-
-E se ti dirà di nuovo “No” la prossima volta?- cercò di farle vedere quanto fossero disperate le sue intenzioni, in modo non molto delicato forse, ma di certo nel modo necessario a farle capire che Trafalgar era una causa persa.
-Proverò ancora- oscillò con il caschetto biondo, tornando in classe.
Si, Margaret ci avrebbe provato sempre.
Era nella sua natura, nel suo animo più profondo cercare un contato con quel glaciale ragazzo.
Più lui la respingeva, isolandosi, più lei cercava un varco nelle sue mura, anche piccolo, abbastanza grande da potersi infilare di nascosto in lui e…
Ecco, forse non era tanto la sua testardaggine a voler fare amicizia con Law che la scoraggiava, ma quanto non capire il perché volesse che lui facesse parte del suo mondo.
“Presto saprai” le suggeriva una voce, debole e leggera dentro di sé, ma era difficile ascoltarla e non porsi mille domande.
Perché sentiva dentro di sé il disperato bisogno di un legame con Law?
Perché non si arrendeva mai con lui?
Perché ogni nuovo No era carburante per una speranza futura di un Sì?
Perché sentiva dentro di sé la sua stessa voce implorarla di non cedere, di provare ancora, di non mollare mai e di trovare un unico attimo di vita da condividere con Trafalgar Law?
Perché il suo subconscio agognava così tanto un ricordo felice in cui il moro fosse presente?
Sospirò, il volantino spiegazzato dal ragazzo che veniva accarezzato dalle sue mani, e che sarebbe andato ad aggiungersi a tutti quelli che aveva rifiutato ma che lei continuava a conservare, memori di mille rifiuti.
-Vorrei solo che per una volta accettasse…- parlò tra sé.
-Presto- si sentì rispondere dentro di sé dalla sua stessa voce – Presto: non arrenderti-
 
 
 
 
Il Gakuensai organizzato dall’Istituto Superiore di Marijoa si svolgeva nella sede principale, con manifestazioni sportive dei vari Club, recite o vendite di piccoli oggetti il cui ricavato andava devoluto a nuove iniziative.
Ma il clou del Festival si teneva l’ultimo giorno dei tre dedicati ai festeggiamenti per il Bunkasai, la giornata della Cultura.
Il tre di Novembre, tutti gli studenti erano invitati a trascorrere la giornata all’aperto nel campo sportivo scolastico, ad ammirare i colori cangianti dell’autunno ormai agli sgoccioli e assaporare l’aria fresca che preannunciava l’arrivo da lì a poche settimane della fine della scuola per la pausa invernale.
Tutti si armavano di bento colmi di ogni ben di Dio, esaltati all’idea di trascorrere una giornata scolastica al parco privi di interrogazioni e libri ma liberi di divertirsi e stare in compagnia sotto una pioggia di foglie rossastre e secche.
Margaret aspirò a pieni polmoni l’aria frizzante e fredda della mattina.
Il campo era illuminato dal sole novembrino e nonostante i primi freddi si facessero sentire, gli studenti del Marijoa erano numerosi e non perdevano occasione di esprimere tutta la loro goliardia con scherzi –non sempre innocenti- ai professori e compagni.
-Se li prendo li scuoio…- tuonava il professor Smoker alla ricerca del ladruncolo che gli aveva rubato i suoi preziosi sigari.
Margaret ridacchiò, avanzando nell’ampio e soleggiato campo, guardando di striscio Satch e Ace nascondersi dietro ogni albero circondante il campetto da calcio dal professor Smoker.
Non riuscì a trattenere le risate quando notò il docente individuarli e marciare verso di loro, tremanti sul posto.
Scosse il caschetto biondo, avanzando a passo lento, gli occhi che zigzagavano tra gli studenti e i saluti che rivolgeva a quelli che conosceva.
Continuava a cercarlo.
Nonostante sapesse che non si sarebbe fatto vivo, continuava a scandagliare il campo in continua ricerca delle sue iridi grigie, del suo capo scuro e di quella pelle olivastra.
Continuava a cercarlo Margaret, cercava ancora Law nonostante la certezza che non si sarebbe presentato al picnic scolastico.
Si passò la mano tra i capelli, un sorriso forzatamente sereno in volto mentre si allentava il cravattino della divisa alla gola, una mano alzata a salutare Nami a braccetto con il povero Rorona che la rossa strattonava in ogni dove senza mai lasciarlo libero di perdersi.
Non sembrava però che gli dispiacesse così tanto la vicinanza della compagna ramata a ben guardarlo.
Sorrise forzatamente, rallentando il passo e respirando ancora.
Sentiva l’aria mancarle per quella nuova assenza.
Non sarebbe venuto.
Di nuovo.
Un No confermato e deciso.
Che sciocca a sperare ancora nel vederlo,  nel poter condividere con lui qualcosa.
Qualsiasi cosa.
Prese un respiro profondo per calmarsi, posando una mano all’altezza del cuore, che batteva sofferente per l’assenza del giovane Trafalgar.
-La prossima volta- si disse.
-La prossima volta- la sua medesima voce le diede conferma dentro di lei.
Sollevò il capo, pronta a non lasciarsi rovinare l’ultimo giorno di Gakuensai, ruotando il capo e individuando la sua amica Aphelandra, seduta tra Enishida e Ran  che sollevarono le mani nel vederla, invitandola ad unirsi a loro per il pranzo.
Mosse un passo in loro direzione, quando qualcuno la chiamò costringendola a fermarsi.
-MARGARET KOHAI!!!!-
Piegò il capo verso la massa di studenti che si accingevano a stendere coperte e tovaglie sul prato per il pranzo, notando Shachi e Penguin sbracciarsi verso di lei nell’avanzare tra la massa di compagni.
Sembravano appesantiti da qualcosa, che contrastava la loro avanzata opponendosi con tutte le sue forze.
Un qualcosa formato Trafalgar D. Water Law.
Le labbra di Margaret si spalancarono da sole per la gioia nel vederlo, e non si accorse nemmeno di correre verso lo strano trio dimenticandosi delle sue amiche.
-L-law!- sussultò arrestando la sua corsa dinanzi ai tronfi e trionfanti Shachi e Penguin, un braccio ciascuno a trascinare Trafalgar.
-Margaret chan… buongiorno!- si mise ben in posa Shachi, pugni sui fianchi e braccio stretto a incatenare l’amico moro –Un uccellino ci ha detto che eri molto triste oggi!-
Margaret lo fissò confusa, non riscendo a staccare a lungo lo sguardo da Law per concedere la giusta attenzione al compagno.
-Io…- tartagliò incerta, gli occhi di cioccolato su quelli grigi e furenti del moro, che minacciosi la squadravano.
-A-ah ah!- si portò l’indice davanti alla bocca Penguin, incurvandosi verso di lei –Non chiederci chi è stato: segreto professionale!-
Riuscì a strapparle un sorriso e a colorarle le gote di divertimento più che d’emozione nel vedere il tanto agognato compagno, restio a ogni festa.
-Fatto sta…- continuò Shachi lanciando un’occhiata d’intesa al compare ramato nel vedere come la biondina non staccava gli occhi di dosso a Law -… che subito io e Penguin ci siam messi in moto: nessuno dev’essere triste all’ultimo giorno di Gakuensai-
-Abbiam quindi pensato- sghignazzò Pen –Cosa potrebbe ridonare il sorriso a una ragazza tanto carina e gentile come la nostra Margaret kohai?-
-La soluzione era semplice!- impiantò bene i piedi a terra Shachi, imitato dal compare prima di slacciare la presa sul terzo e spingerlo in avanti con forza, contro la ragazza.
-Un bell’esemplare di Trafalgar Law!- urlarono in sincrono, aprendo le braccia a incorniciare il moro, costretto a un faccia a faccia con la compagna.
Margaret non riusciva a smettere di sorridere, le gote le bruciavano e i muscoli dolevano, ma la gioia era troppa e incomprensibile per smettere.
-Ciao!- esalò ammirando Law, le sue labbra sottili e il pizzetto scuro, gli occhi di ghiaccio fissi su di lei a incenerirla, ma che le donavano una lenitiva sensazione di benessere al cuore, che reggeva i battiti forsennati con vigore.
Lo studiò come mai aveva potuto fare, da vicino e con devozione, percependo un sollievo dalla onnipresente voce che la spronava ad avvicinarsi a lui.
Aprì bocca e la richiuse, sopraffatta dalla felicità, provando a pronunciare qualche esile parola.
-Sono felice che tu sia venuto al pranzo scolastico-
-Non di mia volontà- la zittì impassibile e freddo.
Margaret ammutolì, il cuore sprofondato nel petto nel essere trafitto dallo sguardo di ghiaccio del ragazzo
-Ma di certo- continuò a parlare lapidario –Non resterò qui a lungo- decretò, dando le spalle alla bionda e incamminandosi verso la palazzina scolastica.
-Andiamo Law!- tentò di fermarlo Penguin –Non essere maleducato!-
-Non rendere triste Margaret kohai!- lo implorò Shachi posando le mani sulle sue spalle.
Bastò un’occhiata furente di Law a zittire il compagno, che allentò la presa permettendo al moro di riprendere il cammino verso la sua dimora, da cui era stato costretto ad uscire dalla coppia di amici.
Avanzava stoico e distaccato tra la massa urlante e scomposta degli studenti, ignorando i saluti di chi lo conosceva o delle ragazze dei primi anni che lo idolatravano.
Non voleva essere lì, non avrebbe condiviso la sua aria con lei, non un singolo istante della sua vita in quelle condizioni, non voleva trascorrere nemmeno un secondo in compagnia di…
-Ti prego!- la mano forte di Margaret a stringergli la maglia e frenarlo, la voce affannata per il rincorrerlo tra la folla –Ti prego resta Xu Xian!-
Il passo di Law si bloccò di colpo sul ghiaino che circondava il campo sportivo.
Si voltò verso la ragazza, gli occhi taglienti che la squadravano.
-Come mi hai chiamato?- pretese lapidario.
Margaret non si mosse.
Boccheggiava incapace di capire cosa avesse detto e fatto.
Quando l’aveva visto allontanarsi qualcosa era scattato in lei: un misto di dolorosa sofferenza e  sentimento agognato, che si era spezzato causando in lei quei passi veloci che le avevano permesso di raggiungerlo e la forza, disperatamente debole, di aggrapparsi alla sua divisa scolastica chiamandolo.
Ma qualcosa era andato storto.
Perché dalla sua bocca non era uscito il nome di Law ma un altro, più secco e sonante, che l’aveva fatta vibrare mentre, a poco a poco, la soffice voce che da sempre l’aveva spinta verso Trafalgar spariva.
O meglio, si immergeva in lei ritrovando posto nella sua coscienza e, sospirando, chetava la mordente ricerca di un attimo di vita condiviso con il moro.
Ma perché?
Perché, si chiedeva Margaret, dalle sue labbra era uscito quel nome sconosciuto?
Perché non sentiva più l’incoraggiante suono di una voce a spingerla verso Law?
Perché…
-Muoviti-
La mano di Law si era chiusa sul suo polso, strattonandola lontana dal campo sportivo e lontana dagli occhi confusi di Penguin e Shachi, rimasti metri indietro ad osservare quel strano spettacolo.
A passi lenti e rumorosi sul ghiaino, Trafalgar condusse Margaret nella zona degli spogliatoi costeggiando il profilo scuro dell’istituto.
Non le rivolse parola, solo i suoi passi sicuri sul cortile sterrato producevano rumore, coprendo i piccoli passi incerti della bionda, che incespicava dietro di lui.
Margaret non osava aprire bocca, confusa da mille sensazioni che la stavano travolgendo.
Qualcosa si stava mischiando nel suo stomaco, ondeggiando e schiumando nella sua testa facendogliela girare.
-Io…- annaspò -… non… non mi sento bene!-
Si ritrovò spalle contro la parete degli spogliatoi, dove il sole batteva con più forza, gli occhi grigi di Trafalgar a vivisezionarla.
Sentiva il respiro mancarle e non per la vicinanza improvvisa del ragazzo, ma per qualcosa’altro che spingeva a gran forza in lei per poter emergere da mille ombre pastose.
-Non…- si schiarì la gola ansimando -… non…-
-Chiudi gli occhi-
Fissò il volto di Law studiarla, la voce più calma e roca che le chiedeva di chiudere gli occhi.
Obbedì, posando il capo contro il muro che la reggeva.
-Quel nome- respirò profondamente –Quel nome che ho detto: chi è?-
-Cosa vedi?- lo sentì muoversi, posando un palmo sulle sue palpebre serrate.
Margaret storse le labbra, quasi che il calore della mano del moro la scottasse.
-Nulla!- si agitò –Ho gli occhi chiusi e non vedo nulla!- cercò di sottrarsi dalla mano che l’accecava –Tu sai chi è? Quel nome! Tu sai? Dimmelo, dimmelo io…-
Si zittì nel sentire la presa di Law farsi più intesa su di lei, zittendola e spingendola nuovamente contro il muro.
-Dimmi- le sussurrò sulle labbra –Cosa vedi-
Margaret si morse un labbro, i pugni stretti lungo i fianchi e la mente che vorticava.
Cosa avrebbe dovuto vedere?
Aveva gli occhi chiusi per la miseria!
Soffiò dal naso, non capendo che razza di scherzo fosse: prima la ignorava bellamente per mesi, e ora all’udire di un nome si prendeva cura di lei?
Cercò di calmarsi, concentrando la vista nel buio della cecità e in cui solo il nero vedeva.
Né luci, né colori, nessuna ombra o sfumatura, solamente buio.
-Law…- tremò -… non vedo nulla... io…-
E apparve.
In un attimo il buio prese forma e si ritrasse lasciando spazio a forme e colori, figure in movimento e dettagli sempre più nitidi.
Si vide smagliante e felice come non mai.
Davanti ai suoi occhi, nel buio delle palpebre, vide apparire la sua siluette vestita in un dolce abito color giallo.
Camminava lungo un sentiero su cui pesanti rami colmi di fiori di acacia si piegavano, piovendo petali ai suoi piedi, che lei calpestava avanzando verso due figure non ancora distinte sul fondo del viale.
Camminava lenta, appesantita da qualcosa, ma felice e radiosa.
Non provava timore per il luogo sconosciuto, né agitazione o confusione.
Ogni passo la portava sempre più vicina alle due figure, che pian piano prendevano forma regalandole sempre maggior serenità.
Un uomo e una donna, fermi e sorridenti sotto un arco di acacia rosa, che l‘attendevano.
Scivolò lenta sopra i petali, le mani strette tra loro a reggere dei gigli, che le caddero di mano quando riuscì a riconoscere il volto magro e dalla carnagione olivastra dell’uomo.
-Law- affermò certa riconoscendo il moro, i suoi occhi grigi, il suo sorriso sghembo.
Xu Xian le sussultò in petto il cuore.
Percepì la mano di Law premerle come una carezza sugli occhi, ricordandole che fuori da quella visione lui c’era ancora accanto a lei.
-Cosa vedi?- le chiese nuovamente.
-Noi- affermò sicura –Siamo in un viale di acacie e…- strinse lo sguardo a riconoscere la seconda figura, slanciata e formosa con le labbra serie e una lunga treccia corvina posata sulla spalla -… e c’è mia sorella Kikyo-
-Bai Suzhen: quella serpe- lo sentì parlare sprezzante quando invece nel sogno sembrava sorridere alla mora che lo affiancava, legati da un muto legame di cameratismo e affetto per Margaret.
Avanzò ancora lentamente nella sua visione, i petali di acacia che scivolavano sotto il suo passo lento e allungato, quasi che i piedi si liquefacessero in un arto più lungo appesantendola ma non arrestandola.
Scivolò verso il Law che l’attendeva sotto l’arco di fiori rosati, le mani che tremavano e non riuscivano più a reggere alcun giglio, perduti ormai sotto la mole con sui si spostava.
Deglutì affannata quando si fermò davanti a Law -Xu Xian nella sua visione ora ne era certa- e percepì calde lacrime scivolarle lungo le guance.
-Che succede?- le passò un polpastrello sulle gote bagnate Law, mantenendo la mano ferma ad accecarla nella realtà.
-Nulla- scosse il capo mantenendo lo sguardo fisso sulla scena che vedeva –Solo… sono felice-
Sollevò le mani in cerca di un appiglio, ritrovandosi ad appoggiarle ai fianchi del moro, mai così vicino a lei.
Nella sua visione continuava a bearsi dell’immagine di quell’antico Law dal nome secco e doloroso e quando questi le sorrise, sghembo e fiero di sé come in ogni giorno di scuola in cui l’aveva visto, abbassò gli occhi imbarazzata, colma dell’affetto e attrazione che da sempre provava per lui.
Perché lo amava, lo sapeva Margaret, lei era innamorata di Law, ma c’era anche dell’altro a spingerla verso di lui, qualcosa di più recondito e segreto.
Abbassò gli occhi, piacevolmente sopraffatta dall’amore che provava per il moro, posando lo sguardo ai suoi piedi.
Solo allora si accorse che oltre l’orlo del suo abito cerimoniale non vi erano alcune gambe o piedi, nessun arto inferiori su cui si reggeva, ma solamente…
-Oh mamma!- rise sussultando sotto il palmo di Law –Ho la coda! Law ho una coda di serpente bianca al posto dei piedi!-
Rideva, rideva come se l’essere una ragazza serpente fosse routine per lei, come se lo fosse sempre stata o l’avesse saputo dal giorno della sua nascita.
Come se quella sua versione di chissà che tempo e luogo le scorresse nelle vene come la sua lunga coda candida da rettile.
Abbracciò la vita di Law spingendoselo contro, non smettendo di ridere nell’osservare la sua suadente e splendida coda diafana come neve.
La sentiva sua, si sentiva lei.
Quella era la vera Margaret.
Ne era certa, e forse non era il vedersi con la coda o sotto la pioggia floreale a confermarglielo, forse era semplicemente il sentirsi tra le braccia di Law, con il suo respiro caldo sul viso e la mano a celarle la luce invernale della realtà, regalandole le ombre di un sogno –una vita-  in cui erano stati più che semplici compagni di scuola.
Percepiva soffusa e lontana la voce di Kikyo –Bai? Bai Suzhen l’aveva chiamata Law?- mentre intrecciava le sue mani con quelle di Trafalgar in ambo le realtà che viveva.
Era felice.
Nella sua visione, tra le acacie in fiore, e contro la parete degli spogliatoi, Margaret era felice.
Sentiva che ogni cosa nella sua esistenza aveva finalmente trovato posto.
Che la voce in pena che l’aveva guidata fino al moro dal primo istante in cui l’aveva visto si era chetata, trovando pace e donandogliela totalmente.
E non importava che non capisse perché stesse vivendo con la vista quella strana fantasia, non importava che per una vita intera una voce l’avesse guidata verso il moro che ora aspettava paziente che lei concludesse il suo viaggio tra le acacie e ricordi mai vissuti.
Non importava.
Perché lei ora finalmente era completa.
Sorrise abbandonandosi alla sua visione, stringendo le mani di quel Law che non scappava alla vista della sua coda, che le sorrideva e stringeva le mani con la medesima delicatezza con cui un altro Trafalgar l’accecava con carezze leggere sui suoi occhi.
-Margaret- lo sentì parlare sfilando la mano da suoi occhi –Dove siamo?-
-Sotto le acacie- rispose decise –Ci sei tu, Kikyo…-
-BaiSuzhen- la corresse sempre aspro.
-E…- cercò di concentrarsi sui dettagli che le venivano mostrati sussultando quando un forte vento fece oscillare tutti i rami di acacie che li circondavano.
 -… c’è vento- continuò tremante, fissando le fronte agitarsi violente mentre Xu Xian accorreva a stringerla con le braccia, lo sguardo grigio fisso e preoccupato al cielo.
Seguì il suo sguardo spaventata, sentendo le gambe cederle quando vide apparire tra le nuvole una nuova figura, minacciosa e armata, calare rapido su di loro con il vento, brandendo una spada e mirando a lei.
Era un uomo imponente, piegato sulle sue lunghe gambe mentre con ghigno sadico li fissava, i capelli pagliericci mossi dal vento e gli occhi di sangue affamati, le dita, in continuo movimento come stessero suonando un pianoforte dell’aria, che muovevano nuvole e vento contro di loro.
La stretta di Xu si accentuò come la sua sulla divisa scolastica di Law mentre le pupille correvano febbricitanti sotto le palpebre nel seguire i movimenti di quell’essere immenso e violento discendere sul moro e, alzata l’arma, calarla per recidere la testa bionda di Margaret.
Ma c’era Xu tra di loro, c’era il suo braccio alzato, c’erano i suoi occhi tempestosi e forti che combattevano contro quel monaco venuto dal cielo, c’era la sua pelle olivastra contro la lama, c’era sangue, c’era…
-NO LAW NO!-
Spalancò gli occhi, la pelle lucida di sudore freddo nonostante il sole caldo del mezzogiorno su di lei.
Con le mani si aggrappò alla camicia di Law annaspando, non riuscendo a distogliere gli occhi dai suoi grigi e imperturbabili mentre le sue iridi di cioccolato piangevano.
-Ricordi ora?- le accarezzò l’ovale con il dorso dell’indice, asciugandole una lacrima.
Margaret annuì.
-Sono…- singhiozzò mentre la mente si riempiva di parole, immagini, ricordi di un tempo lontano e rimasti troppo a lungo chiusi in un angolo della sua memoria -… sono Xiao Ging- si concentrò –La Dea Serpente Bianco, sorella di Bai Suzhen la Dea Serpente Nero e…-
Corrugò la fronte posandovi una mano per calmare le pulsazioni che le annebbiavano la mente.
C’era dell’altro, lo sentiva.
Qualcosa di importante.
-… e…- si concentrò, le mani di Law ad accerchiarle il volto e sollevarlo riportando i loro sguardi a confrontarsi -…e…- deglutì -… sono la moglie di Xu Xian- deglutì spalancando gli occhi incredula delle sue parole –Tua moglie-
Law ghignò, abbassando il capo su di lei e posando le labbra sulle sue in un casto bacio.
-Si Xian Ging- scivolò con le mani sulla sua schiena, spingendosela contro il petto in un forte abbraccio –Sei mia moglie Margaret-
La bionda si aggrappò a lui, annegando nel suo profumo nel suo calore.
-Non capisco- pianse, le dita artigliate alle spalle del moro –Cosa significa? Cos’era quella visione? E quel monaco…- si staccò da lui guardandolo in viso con le lacrime agli occhi -… assomigliava al professor Doflamingo- tirò su con il naso, mezza risata sulle labbra –Aveva lo stesso ghigno sadico di quando interroga-
Trafalgar sorrise di sbiego scostandole dal viso una ciocca dorata.
-Perché credi lo odi tanto?- parlò sardonico posando la fronte su quella di Margaret.
Prese un respiro profondo cercando le giuste parole con cui spiegare quell’assurda situazione.
Era la prima volta che accadeva, la prima dopo secoli che si ritrovavano senza difficoltà.
-Il nostro non è stato un amore convenzionale- iniziò –In molti non lo accettarono-
-Avevo una coda di serpente Law- rise la biondina –Di convenzionale c’era ben poco-
-Tra questi c’era il monaco Fao Hai- continuò sordo alla sua battuta –Ha provato in ogni modo a dividerci: una Dea non poteva innamorarsi di un semplice uomo senza un doppio fine. Credeva volessi cibarti di me- Margaret sgranò gli occhi.
-Non credeva che fosse un sentimento sincero e privo d’interessi- spiegò il moro, in una strana difesa di quel monaco che minaccioso era calato su di loro –Anche al nostro matrimonio tentò di ucciderti per “salvarmi”- roteò gli occhi al cielo sbuffando –L’hai visto no?-
-Era…- deglutì imbarazzata Margaret -… era il nostro matrimonio?-
Law le accarezzò nuovamente il viso facendola fremere.
Era un contatto che aveva cercato da sempre, e sebbene una parte di lei ricordasse quella sensazione calda e piacevole, per un’altra era totalmente nuova e disarmante.
-Abbiamo provato di tutto per poter stare insieme- corrugò la fronte Trafalgar –Ci siamo persi, ritrovati, allontananti fino a dimenticarci- posò una mano alla parete degli spogliatoi, addossandosi ad essa e piegandosi su di lei soffiandole sulle labbra –Ma mai abbiamo smesso di amarci-
Lo stomaco di Margaret si rovesciò scuotendola dentro per la vicinanza con la bocca di Law, e percepì chiaramente il desiderio di baciarlo arderle nelle vene.
-Cosa ci è successo?- cercò di parlare ignorando l’annebbiamento dei sensi e il sopravvento di quell’unico desiderio su di lei.
-Tua sorella- si staccò brusco dalla bionda, lo sguardo severo puntato sul suo viso –Quella serpe ci ha voluto fare un regalo di nozze prima di morire come punizione per aver divorato quel dannato monaco-
La sua voce era sprezzante, velenosa come cianuro, letale come la morte.
-Dato che in quella vita non siamo stati lasciati in pace nell’amarci- le diede le spalle allontanandosi di pochi  passi e portandosi sotto il sole novembrino –Ha legato le nostre anime in modo indissolubile- piegò il capo all’indietro su di lei ghignate –Una maledizione più che un dono- parlò sprezzante -Così da tremila anni rinasciamo, corpi diversi ma le medesime anime corroborate da nuova vita ma logorate dal desiderio di ritrovarci-
Margaret si scostò dal muro, ascoltandolo.
-Nasciamo e sappiamo chi siamo, sappiamo chi cercare… e lo facciamo- Law rivolse il viso al sole, chiudendo gli occhi –A volte ci siamo trovati nei tempi giusti, altre io avevo ottant’anni e tu solo cinque, altre ancora su due regni in guerra tra loro: tu morta per mano mia-
-Law…- sollevò una mano ad accarezzargli la schiena sentendolo tremare al suo tocco.
-Altre non ci siamo trovati- sussurrò prima di voltarsi -Ma sempre ci ricordavamo! Sempre sapevamo chi eravamo stati- le prese le spalle scuotendola –Ma non questa volta!- quasi urlò –Io sapevo, sapevo chi eri e chi ero ma tu…- abbassò la voce rotta dalla rabbia -.. tu no, non sapevi, non ricordavi- serrò la presa facendole male e strappandole un debole lamento –Sai cosa si prova a non venir riconosciuti dalla propria donna?- la fissò furioso –Sai cosa si prova a morire dentro nel vederti ignorare totalmente cosa ci unisce?-
Si abbassò su di lei, la necessità di baciarla che premeva da diciotto anni e il dolore che voleva solo scomparire.
-Sai cosa si prova a vederti sorridere a me, a soffrire per ogni tuo invito spontaneo ma sapere che non ricordi? Che non ti ricordi di me?-
Margaret gli circondò il viso con le mani, baciandolo sulla bocca, sulle guance, sul volto intero, pronta a scacciare quella rabbia e quel dolore mortale.
-Per questo mi allontanavi?- gli chiese baciandogli le labbra –Perché starmi vicino era troppo doloroso?- si staccò fissandolo in lacrime –Così tanto ti ho fatto soffrire?-
Law l’alzò da terra abbracciandola, la bocca premuta sulla sua con energica disperazione.
-Non so cosa sia successo- si aggrappò a lui –Non lo so, so solo che ora ricordo e non ti lascio più!-
Lo sentì respirare il suo profumo, baciarla su ogni centimetro di pelle del viso e della gola, le mani artigliate alla sua divisa scolastica.
-Non era mai successo- cercò una spiegazione lui –Né che tu non ricordassi, né che ritrovassi la rincarnazione di tua sorella come tua consanguinea o che quella di Fa Hai si ripresentasse nelle nostre vite- scosse il capo –Forse questo ha…-
-Non importa- lo zittì con un bacio –Non importa: sono qui Law. Sono qui, e non ti lascio-
-Ma se riaccadesse!- digrignò i denti –Se la prossima volta non ricordassi io se…-
-È davvero un dono- sorrise Margaret.
Law la fissò confuso.
-Cosa?-
-Il regalo di mia sorella… quella che fu mia sorella… non Kikyo dico! Ma l’altra… oh!- sbuffò ridendo –Ma non capsici? Ci ritroveremo sempre!- sorrise posando la fronte sulla sua –Non importa in quante vite dovrò rincorrerti: sarai sempre mio, e io sempre tua nonostante i ricordi o il tempo- lo baciò piano, le mani di Law strette su di lei -Il nostro amore è un amore che è per sempre-
Law sospirò, annuendo.
-Guai a te se mi dimentichi di nuovo- la minacciò –Vengo a prenderti: sappilo!-
-Guai a te se mi tieni lontana di nuovo- lo baciò prendendolo per mano e riportandolo al campo sportivo –Io non mi arrenderò mai: sappilo!-


 
   
 
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