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Autore: JEH1929    21/05/2017    1 recensioni
E così era stato deciso: avremmo abitato insieme.
Io mi ero gettata a capofitto nella novità senza pensare veramente cosa essa potesse veramente comportare, come mi succedeva sempre. Come al solito avevo riflettuto assai poco e così avevamo iniziato a visitare un appartamento dietro l’altro, quanto più vicini possibile all’università.
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“Sarò la tua sabbia, la tua erba, il tuo cielo, la tua felicità. Ti amo. Tua per sempre, Sana”
E mentre stringo fra le mani il libretto e non riesco a trattenere una piccola lacrima, che mi brucia gli occhi, penso a quanto la sorte possa essere ironica e a quanto sia facile che tutto ciò che pensavi avresti posseduto per sempre possa essere perduto in un millisecondo.
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Fanfiction su Sana e Akito e su quello che potrebbe essere loro successo dopo la fine del manga.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finalmente Fuka e Takaishi se ne sono andati, Gomi è andato al locale e con mia immensa gioia Hisae ha deciso di accompagnarlo. Adesso in casa siamo soltanto io, Akito, Aya e Tsuyoshi. Il primo si è ritirato in camera sua, mentre i secondi sono in cucina a rimettere in ordine. Io sono seduta sul divano e sto fissando il vuoto da circa mezz’ora.
- Sana-chan?
Una mano sulla spalla e il tono dolce mi annunciano la vicinanza di Aya. Mi volto nella sua direzione, lei sta sorridendo, nel suo sorriso dolce e quasi materno.
- Sto bene. – le dico di riflesso, prima che possa chiedermelo.
- Non era questo che volevo dirti.
La guardo stupita.
- Senti, io sono assolutamente contenta di quello che è successo fra te e Akito-kun, ma adesso penso che sia arrivato il momento che parliate e che parliate sul serio, questa volta.
Annuisco. Ha ragione. Dobbiamo proprio.
- Io so che vi amate ed è proprio per questo che dovete risolvere la situazione adesso e chiarire tutto quello che non avete chiarito in questo anno.
Annuisco di nuovo, ma rimango immobile.
- Allora vai, Sana-chan!
Mi alzo dal divano come un automa, mentre Aya e Takaishi entrano in camera loro per evitare di disturbarci. Con un sospiro e il cuore che mi batte leggermente troppo veloce mi avvicino alla porta della camera di Akito. Busso alla porta e esito. Ho paura del confronto? Ne avrà anche lui? Lui mi dice di entrare e la sua voce mi sembra a sua volta esitante.
Entro, lo sguardo abbassato. Lui è seduto sul letto, appoggiato alla testiera. Lo sguardo puntato verso la parete ai piedi del letto
- Ciao. – dico.
- Ciao. – risponde.
Poi cala il silenzio.
Ricordo come siamo scoppiati a ridere durante la cena, il suo raro sorriso, gli occhi ambrati illuminati. Sembra che abbia avuto lo stesso pensiero, perché un sorriso gli sale alle labbra. Non so perché ma il suo sorriso appena accennato mi rilassa. Mi avvicino al letto e mi siedo al suo fianco, la spalla destra a contatto con la sua e distendo le gambe.
- Dobbiamo parlare.
- Va bene. – risponde.
Ovviamente non fa niente per aiutarmi, come al solito.
- Dannazione, Hayama, tu non rendi mai le cose semplici! – sbotto, ma lui vede che non sono veramente arrabbiata.
- No, lo sai che è una mia prerogativa.
La mia intenzione sarebbe tirargli un pugno sul naso, ma mi trattengo e mi limito a cercare di colpirlo più lievemente sulla spalla. Lui mi blocca il polso prima che possa raggiungere il mio intento.
- Anche essere più forte di te è una mia prerogativa.
- Non è giusto! – mi lamento.
Adesso il suo viso è a pochi centimetri dal mio, riesco a sentire il suo alito caldo raggiungermi e i suoi occhi ambrati incatenano i miei. Inghiotto la saliva, cercando di ricominciare a respirare, senza troppo successo. Akito se ne accorge.
- E anche questa è sempre stata una mia prerogativa. – sussurra, avvicinandosi ancora di più.
Un altro millimetro e non risponderò più delle mie azioni. Non so come riesco a recuperare un minimo del mio raziocinio.
- Akito?
- Mmmh?
- Dobbiamo parlare.
- Dobbiamo proprio?
Le sue labbra si muovono lentamente, ipnotizzandomi, e tutto quello che vorrei sarebbe sporgermi ed unire le mie alle sue. Inghiotto di nuovo, mentre un mezzo sorriso gli increspa il lato sinistro delle labbra, rendendolo ancora più irresistibile. Per rispondere, faccio uno sforzo sovrumano.
- Sì.
- D’accordo.
Così dicendo si allontana, tornando ad appoggiarsi alla testiera del letto. Rimango senza fiato, come se qualcuno mi avesse dato un pugno nello stomaco.
- Questo non è proprio giusto. – sospiro e l’angolo della sua bocca torna a sollevarsi.
Sto ancora cercando di riprendermi, mentre lui sembra gustarsi con tutto sé stesso l’effetto che sta avendo su di me.
 
Allontanarmi da Sana e dal suo profumo ha richiesto tutto l’autocontrollo in mio possesso e non so veramente come ho fatto, tuttavia notare l’effetto che la mia vicinanza ancora le causa mi dà un tale senso di pace e di tranquillità, nonostante il discorso che stiamo per affrontare non sia affatto semplice.
- Vorrei sapere cosa è successo il giorno in cui Sakura è stata qui. – inizia.
Sospiro, il sorriso svanisce dal mio volto e vorrei con tutta me stesso non avesse aperto bocca. Ma poi capisco che è l’unica cosa giusta.
- All’ora di pranzo sono venuto per farti una sorpresa. Ti ho trovata con Hiroto e ho assistito alla scena, quando alla fine lo hai baciato, me ne sono andato…
Sana si volta bruscamente nella mia direzione. Il ricordo di quello che ho visto mi causa ancora una stretta tale che fatico a controllarmi e rimanere tranquillo. Alla fine fa l’ultima cosa che mi sarei aspettato in questo momento: scoppia a ridere. La guardo sconvolto e mi acciglio, mentre lei continua a ridere.
- Quando hai finito… - le dico, irritato.
Lei cerca di riprendere un contegno, continuando a sghignazzare.
- Akito, sei un idiota… - balbetta, tra le risate.
- Ah, sarei io l’idiota?
Alla fine riesce a calmarsi.
- Tu non puoi aver visto me che baciavo Hiroto…
- No, effettivamente me ne sono andato prima…
- Lasciami finire! Tu non puoi aver visto me cha baciavo Hiroto perché io non ho mai baciato Hiroto.
Sgrano gli occhi, stupito. Cosa?
- Quel giorno lui mi ha chiesto di uscire con lui…
Mi acciglio di nuovo.
- E io gli ho detto di no.
Ah. Adesso mi sento un idiota. Totale e completo.
- Gli ho detto di no perché ero ancora innamorata del mio ex, come mi sono resa conto in quel momento.
Ci metto un po’ a registrare il significato delle sue parole, poi riesco a sussurrare soltanto un misero:
- Eri?
Ma lei mi ignora.
- Gli ho solo dato un bacio su una guancia.
Perfetto. Ed è per questo che ho rovinato tutto? Per un bacio su una guancia, dopo che aveva rifiutato di uscire con lui?
- E la foto con Kamura? – contrattacco.
A quel punto Sana arrossisce e abbassa gli occhi. Mi sento come se un pugnale avesse nuovamente trafitto il mio cuore appena rinato. Allora non era vero che non avrebbe mai potuto amare Kamura… e perché mi ha baciato, in tal caso? Sana alza gli occhi su di me e legge esattamente tutto quello che mi sta passando per la testa.
- Prima che tutti gli scenari possibili ti passino per la mente, non sono affatto innamorata di Nao e pensavo che l’avessi capito, quando ti ho detto quanto mi sentivo in colpa per come mi ero comportata con lui.
Una speranza ricomincia a nascere nel mio cuore frantumato.
- Pensavo di averlo capito, ma poi quella foto… non stavi fingendo.
- No, non stavo fingendo. – dice.
E mi sento precipitare di nuovo.
- Ma quello che avevo davanti in quel momento non era Naozumi, io stavo guardando te in quel modo.
Dicendo questo, si volta nella mia direzione e sorride. Nei suoi occhi color cioccolata capisco che è sincera. Spontaneamente ogni mio muscolo si rilassa, come se soltanto adesso avessi avuto la certezza che lei ama me e soltanto me. Ed è esattamente quello che leggo nei suoi occhi e che probabilmente lei sta leggendo nei miei.
- Sai, quando ci siamo lasciati ero davvero convinta che tu non mi amassi più. Non hai aperto bocca, non hai fatto nulla per fermarmi. Ho pensato di non essere abbastanza per te.
Alzo gli occhi al cielo.
- I primi mesi sono stati orribili. Sono quasi ricaduta nella malattia, ma sono riuscita in qualche modo ad andare avanti. Poi c’è stato l’incidente…
- Perché… - la interrompo, - perché non mi hai detto niente, perché non mi hai chiamato? Sono quasi impazzito quando sei scomparsa dalla televisione, poi gli altri si rifiutavano di dirmi qualunque cosa.
- Sono stata io a chiederglielo.
- Perché?
- Non volevo vedere l’indifferenza nei tuoi occhi quando fossi venuto a trovarmi…
Cosa? Indifferenza?
- Come hai potuto pensare che sarei stato indifferente. Ti ho amata per così tanto tempo. Come hai potuto anche solo pensare che non mi importasse più nulla di te? Io continuavo ad amarti e sono quasi morto di paura quando ho scoperto cosa ti era successo… Io pensavo che tu non mi amassi più. Non mi hai più cercato. – ho alzato leggermente il tono.
- Neanche tu l’hai fatto, se è per questo! – alza la voce anche lei.
- No, ma dopo la mia stupida reazione con quel tizio non mi è neanche passato per il cervello che tu potessi pensare che non mi importava più niente di te. Io pensavo che tu non mi amassi più! – ripeto.
- Non hai detto niente! Avrei voluto una qualsiasi reazione, mi andava bene anche che mi urlassi contro e che mi dicessi che ero una stronza a trascurarti in quel modo. Qualsiasi cosa… ma almeno questo mi avrebbe mostrato che ti importava di quello che facevo. Invece non hai aperto bocca, limitandoti a sbuffare irritato e nient’altro.
Delle minuscole lacrime le compaiono agli angoli dei suoi grandi occhi da bambina e il labbro inferiore inizia a tremarle leggermente. E un fortissimo impulso di stringerla a me e consolarla mi cattura. Prima che abbia il tempo di dire qualsiasi altra cosa, la stringo in un abbraccio strettissimo, infilando il viso nei suoi capelli. Lei infila il suo nell’incavo del mio collo e sento qualche lacrima scendere dai suoi occhi e depositarsi sulla mia clavicola.
- Siamo stati due idioti… - sussurra, scossa da un leggero singhiozzo.
- Sana, non piangere. – inizio a sussurrare, - adesso non permetterò che succeda nessun’altra cosa brutta. Te lo prometto. Adesso basta lottare, adesso basta. Non permetterò che commettiamo lo stesso errore un’altra volta. Perché io non voglio nessun’altra a parte te.
Faccio una pausa, mentre la sento trattenere il respiro.
- Non ho mai voluto nessun’altra. Tu, con tutti i tuoi difetti, con la tua cocciutaggine, il tuo parlare infinito, i tuoi disastri in cucina, la tua insicurezza. Ti voglio così come sei. Perché tu sei l’unica in grado di capirmi davvero, in grado di farmi sentire a casa, felice. E accetti me, con la mia testardaggine, il mio stupido orgoglio, i miei silenzi, la mia irritabilità. Tutto. Tu mi hai salvato la vita una volta e continui a farlo ogni giorno. Per questo ho bisogno di te e non permetterò che niente mai più si metta in mezzo a noi due.
Mi interrompo, quando sento che anche i miei occhi si stanno bagnando, e lei non dice niente per qualche istante, poi si allontana leggermente da me e mi guarda.
- Hai appena sottolineato quando sia testarda, logorroica, imbranata e insicura. Non dovrei prendermela? – il suo tono è irritato, ma sorride, nonostante gli occhi ancora umidi.
- No, perché mi sono a mia volta definito testardo, orgoglioso, muto e irritabile. – rispondo.
- Siamo proprio un disastro…
- Già.
- Siamo komorebi… - sussurra.
- Eh?
Fa una risatina.
- Questa storia te la spiegherò un giorno. – risponde.
 
E non so come ci ritroviamo a baciarmi, mentre penso che non sono stata l’unica a piangere e che questa è la seconda volta in cui vedo Hayama farlo.
Mentre mi bacia riesco ad avvertire il tremore del suo corpo, come probabilmente lui sente il tremore del mio. Poi le sue labbra si fanno ardenti di desiderio, fino a diventare quasi violente. Il suo è un bacio, ma sembra quasi un morso, allora rispondo al bacio con altrettanta intensità, tanto che mi sembra di sentirlo sobbalzare. Le sue mani si fanno febbrili e scorrono lungo la schiena, su e giù, meccanicamente, fino a quando arrivano al limite della maglia e la sollevano, sfiorando la pelle nuda. Un fremito mi attraversa il corpo e, quando lo avverte, lo sento sorridere sulle mie labbra e allora mi sfila la camicetta. Poi scende giù e inizia a baciarmi il collo, fino alle clavicole, piccoli baci fugaci e veloci, quasi sfiorandomi e facendomi fremere ad ogni tocco. Le mie mani si infilano nei suoi capelli dorati, fino a quando gli sfilo la maglia e finalmente posso toccarlo davvero e sentire i suoi muscoli, la sua pelle bollente. Le sue mani adesso sono fra i miei capelli, mentre la sua bocca torna a baciare la mia.
Poi mi prende per i fianchi e mi fa stendere sul letto, con lui che mi sovrasta. Mi sfila i pantaloni lentamente, mentre percorre ogni centimetro del mio corpo con lo sguardo. Per un attimo mi chiedo che tipo di biancheria io stia indossando, ma è il pensiero di un secondo, perché lui non sembra farci minimamente caso, mentre mi sfila velocemente il reggiseno. Io trattengo il respiro per qualche secondo, ma i suoi occhi sono così ardenti che non resisto e mi sollevo per baciarlo di nuovo.
- Come ho fatto a stare lontano da te per tutto questo tempo? – ansima contro la mia bocca.
Scuoto la testa e lo bacio di nuovo.
Mi lascia una scia di baci roventi partendo dalla base del collo, fino alla clavicola e poi sui seni, leggermente, con la lingua e con le mani. Poi le sue mani passano alle mie cosce e si soffermano sulla cicatrice rimasta dall’incidente. Sussulta quando la sente e si ferma per un attimo, incerto, allora io allungo la mano fino alla cicatrice sul suo braccio destro, ancora leggermente visibile dopo tutti questi anni.
- Adesso siamo uguali. – sussurro.
E lui ricomincia a baciarmi il collo e i seni. Trattengo nuovamente il respiro, mentre con le mani mi faccio largo fino ai suoi jeans, con l’intenzione di toglierglieli, ma le mie mani sono così tremanti, che alla fine lui scansa le mie mani e si affretta a toglierli da solo. Adesso ci sono soltanto due lembi di stoffa a separarci, che presto scompaiono, lasciandoci l’uno di fronte all’altro, mentre ci mangiamo a vicenda con gli occhi, con le mani, con la bocca. Ed è quando ci uniamo che capiamo che non poteva essere altrimenti e che mai potrà esserlo. Perché sì, siamo stati lontani, ma l’amore è stato sufficiente. L’amore è più che sufficiente. E adesso che ce ne siamo resi conto niente potrà dividerci.
 
Siamo sdraiati nudi l’uno accanto all’altro sul mio letto. Sana respira piano e penso si sia addormentata. Stringo il suo corpo morbido e fresco a me e la bacio su una spalla. Lei mugola leggermente. Sono rilassato, felice, completo. Il nodo all’altezza del mio cuore di è finalmente sciolto, del tutto. Adesso che siamo uniti di nuovo non permetterò che qualcosa ci separi, mai più. E neanche lei lo permetterà, ne sono altrettanto certo. Penso di non aver mai amato qualcuno su questa terra tanto quanto amo questa donna al mio fianco da così tanti anni.
- Ti amo. – le sussurro fra i capelli.
Non credo che mi abbia sentito e mi sento leggermente a disagio nel dirlo ad alta voce, anche se dentro di me l’ho ammesso anni fa, per questo mi stupisco quando Sana sussurra lentamente, scandendo bene ogni parola:
- Io sarò la tua sabbia, la tua erba, il tuo cielo, la tua felicità. Sarò tutto ciò che tu vorrai che io sia. Per sempre. Io sarò sempre con te.

**
Ciao a tutti! Ecco il penultimo capitolo prima dell'epilogo. Spero vi piaccia!
   
 
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