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Autore: acchiappanuvole    22/05/2017    0 recensioni
C'è odore di alcol. Forse proviene da lei o forse è impregnato nelle pareti spoglie della stanza. Si era aspettata tutto un altro luogo, un luogo misurato sull'ego dell'uomo che lo abita. Ma forse è più adatto così. Con i fogli di giornali sparsi in giro e reliquie di mozziconi di sigaretta un tempo poggiate su labbra oneste.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Roy Mustang, Winry Rockbell
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Fall


E' sdraiata sull'erba del cortile di casa e guarda in alto. Il cielo sopra Resembool è di un blu artificiale, un blu svuotato di qualsiasi emozione, anche solo di una traccia di semplice conforto. Benché sia da poco passato il mezzogiorno di una calda giornata d'ottobre, a Winry non sembra impossibile che quel cielo possa cominciare a produrre piccole e gelide stelle. Sheska, seduta su di un maglione consunto per non sporcarsi i pantaloni di tela chiara, elenca i suoi impegni pomeridiani con insolito distacco professionale. Il sole e i movimenti della natura lampeggiano nelle sue piccole lenti rotonde.
“ Potrei tenermi libera per domani” dice d'un tratto “dopotutto è una giornata speciale.”
“ Lo è!?” Winry raccoglie una foglia caduta e la strappa a metà.
“E' un traguardo importante. Non vorrai dirmi che cominci a temere il trascorrere del tempo?”
“Sì lo temo, ma non nel senso che credi” una cascata di capelli biondi ha intrappolato qualche filo d'erba ed alcune formiche, confuse nel tentativo di trovare una via d'uscita. Sheska allunga una mano verso l'amica ma la ritira un istante dopo come in una placida sconfitta. L''infinità di libri letti durante tutta la sua vita la lasciano comunque muta di parole adeguate. Ci deve essere qualcosa che è giusto dire o fare, ma il tentativo risulta sempre mediocre e poco efficace. In verità Winry l'apprezza proprio per la sua totale incapacità di rendersi una consolante consolatrice.
“Apprezzo che tu voglia festeggiarmi Sheska, ma sono oberata di lavoro. Sto mettendo appunto un nuovo tipo di automail, una fibra d'acciaio incredibilmente leggera quanto resistente. Voglio presentarlo alla prossima fiera di Rush Valley . Per ora è un prototipo ma ho buone speranze in proposito.”
“Tua zia sarebbe di certo orgogliosa.”
Winry piega la bocca in una smorfia, “troverebbe sicuramente qualcosa sulla quale mettere mano. Ma la sua pignoleria è sempre stata il maggiore stimolo per migliorarmi. Da quando non c'è più forse sto peccando di inerzia.”
“A me pare esattamente il contrario. Non starai lavorando troppo invece?”
“Certo che sentirsi porre una domanda del genere proprio da te è piuttosto strano.”
Sheska sospira quasi fosse riuscita a rilassarsi solo in quel momento, “ lo sai che strano è il mio sinonimo.”
Winry sorride, il cortile fluttua intorno a lei, le foglie scintillano nell'aria. “Forse dovrei tagliarli” mormora attorcigliando una ciocca bionda intorno all'indice in un'improvvisata fede nuziale.
“Forse no” si fa seria Sheska “ insomma a me spiacerebbe molto se tu li tagliassi. Non è necessario. Non ancora, no?”
Già, forse non è ancora il momento.
 
Dopo aver salutato Sheska, Winry ritorna ai suoi riti quotidiani. La casa, l'officina, il cimitero. Quello è il periodo delle rose; si è riscoperta in grado di poter far crescere qualcosa dietro il muro di casa, e così i risultati finiscono adagiati sotto i nomi di Sara e Unry Rockbell. Per Trisha invece ci sono anemoni bianchi. Li dispone sulla terra nuda, corolle piccole e delicate. Non ricorda se la signora Elric amasse i fiori. O quantomeno quel genere di fiori. Forse avrebbe preferito altro. Qualcosa che solo i suoi figli avrebbero potuto portare a quella tomba privata di ogni legame.
“Immagino anche lei si senta abbandonata” dice Winry, predisponendo in modo meccanico i fiori “ sembra un destino tutto femminile. Certo prima il marito e poi i figli. Avrebbe dovuto essere più severa. O più attenta.” E scopre che l'ironia della propria voce è un rimprovero reale fatto ad una donna per la quale non aveva mai realmente nutrito simpatia. Si vergogna di quel non sentimento. Giudicare le scelte altrui è semplice in fin dei conti. Trovarsi nei loro panni tutto un altro paio di maniche. Ma quel senso di irritazione non accenna a smorzarsi.
La tomba di Pinako è l'ultima, vicino ad un ippocastano dalle foglie ingiallite. Per lei non ci sono fiori, le davano l'allergia. Così Winry poggia sul marmo bianco una chiave inglese, quella con la quale ha lavorato in quest'ultimo mese al suo progetto.
“Al diavolo! Dovresti davvero essere fiera!” sbotta asciugandosi velocemente gli occhi. E' quasi tutta radunata lì la sua piccola corte di fantasmi. Una volta, in un'altra vita, Edward le aveva detto che crescendo si collezionano un buon numero di conoscenze. Winry è invece giunta alla conclusione che crescendo si colleziona un discreto numero di morti e pesanti assenze.

 

Quando il whisky scende lungo la gola Winry reprime a stento la necessità di tossire. E' una donna ormai. Una donna sola seduta accanto ad un uomo solo. Vorrebbe dare una pacca di consolazione sulla spalla dell'assassino dei suoi genitori e dirgli che infondo ad essere patetici non c'è niente di male. Invece sta zitta. Zitta a fissare il bicchiere, a lasciare che la gola le bruci e le tempie martellino sotto il peso di contrasti interiori. Passati e presenti.
“Io e Hughes venivamo qui spesso”  Mustag lascia che l'occhio buono proietti fotogrammi passati sul muro opaco del locale. La consapevolezza di non poterne modificare nemmeno uno. E Winry vorrebbe chiedere che cosa vede. Hughes, il più grande dei suoi fantasmi, certo. Ma forse anche i suoi genitori. Due buone anime con il difetto di non volersi schierare. E poi forse anche gli Elric. Soprattutto Edward. Winry su questo non ha dubbi. A Mustang di Alphonse non deve essere mai fregato molto. Ma di Edward...
“Mi odi ancora vero?”
Suona quasi ridicolo sentirselo chiedere. Perché sì, Winry lo odia e si trova nella scomoda posizione di non poterselo permettere.
“Sono diventata troppo cinica anche per l'odio, colonnello Mustang.”
“Non sei cinica. Solo ferita.”
“Lei se ne intende.”
“Sì” e l'occhio la fissa, senza schermi “non vorrei tu diventassi come me.”
“Un assassino!?”
E Roy Mustang accetta il colpo, lo aspettava da anni, lo ha sentito arrivare con meno forza di quanto si era prefigurato.
“Un involucro vuoto” butta giù altro whisky tutto d'un fiato per marinare meglio la malinconia nell'alcol.
“Negli involucri vuoti si può buttar dentro tanta roba”  ribatte Winry “ma poi alla fine nessuno di noi ha la fortuna di poter essere davvero un involucro vuoto. La verità è che nascondiamo tutto sotto il tappeto fin quando, in un momento di distrazione, salterà fuori a sporcare tutto di nuovo.”
Mustang le versa dell'altro whisky “se ti sentissero parlare così a stento riuscirebbero a riconoscerti” e non serve specificare a chi allude perché Winry possa capire. Scrolla le spalle e accenna un sorriso “non si dovrebbe badare molto a quel che dico, credo sia dovuto ad un eccesso di acidità femminile ed al fatto che tra qualche ora sarò più vecchia di un anno.”
“ Potrei elogiare la tua bellezza e dirti che pari sempre una ragazzina.”
“Grazie, ma i complimenti da seduttore consumato non hanno grande effetto su di me.”
“Era una constatazione più che un complimento.” Mustang ha un sorriso sincero e questo a Winry può bastare. Rigira il bicchiere tra le mani prima di bere un altro sorso di liquido ambrato. Vagamente gli ricorda il colore degli occhi di Edward.
“Come sta il tenente Hawkaye? E' parecchio tempo che non la vedo” beve e un rivolo di liquido le sporca le labbra.
“Ti interessa davvero?” Mustang osserva quella goccia ferma sulle labbra di Winry, si ritrova indeciso sul da farsi prima che la sua testa gli gridi che è un idiota.
“Non domanderei qualcosa che non mi interessa.”
“Sta bene a quanto ne so.”
Winry passa un dito sulle labbra, cattura la piccola goccia di whisky in un gesto privo d'ogni malizia.
“Lavorate ancora insieme, no?”
Mustang annuisce, “sì, più o meno. Diciamo che siamo entrambi molto impegnati.”
“Capisco,”  Winry non aggiunge altro. Le piacerebbe chiedergli se ha mai pensato di sposare il tenente Hawkaye, se tra loro si è mai concretizzato qualcosa o se Mustang è rimasto un donnaiolo di nomea e di fatto. Poi d'un tratto si rende conto che in realtà la cosa non la interessa. Le era sembrato. Ma ora la curiosità ha perso ogni attrattiva.
“Dovresti lasciare Resemboll, vivere a Central City ti darebbe maggiori opportunità di lavoro. Un meccanico d'automail del tuo livello sarebbe una vera manna per l'esercito.”
Gli occhi di Winry si posano sul suo interlocutore. A Mustang pare che le iridi azzurre della ragazza si siano scurite, la sua contrarietà è evidente e lui è ben conscio di aver proposto qualcosa di poco delicato ed è certo di averlo fatto apposta.
“Non lavorerei mai per l'esercito. Io costruisco automail perché le persone possano avere una vita il più vicina possibile alla normalità. E poi non potrei andarmene da Resemboll. E' la mia casa.”
“Ci speri ancora?”
“Forse ci spera più lei di me colonnello!” così dicendo Winry lascia i soldi al bancone. La testa le gira, non è abituata all'alcol, ma questo non le impedisce di infilarsi con disinvoltura la giacca, congedarsi cortesemente e uscire.
Fuori il cielo le rovescia addosso la pioggia, l'aria è più fredda. Per la strada tutti corrono in cerca di un riparo dall'acqua battente; per Winry la pioggia e la desolazione sono una manna e un nascondiglio, impediscono al resto del mondo di cogliere il suo stato d'animo e la possibilità di poterlo invadere. Alcune auto non rallentano, sollevando spruzzi di fango che le sporcano le gambe e contribuiscono a rendere ancora più fradice le scarpe. Un tempo avrebbe sbraitato dietro la maleducazione umana, ma ora la coglie solo il pensiero di dover avere un aspetto davvero misero.
Prima di svoltare l'angolo in direzione della stazione, una mano forte l'afferra prontamente per un braccio. Winry barcolla in un malo equilibrio costretta a voltarsi verso quell'irruenza. Mustang ha il fiato corto, deve averla rincorsa, forse anche chiamata senza che lei potesse sentire nulla, il mondo ovattato dalla pioggia.
L'uomo la guarda dall'alto in basso, il viso di Winry è troppo bagnato per comprendere se quelle che scorrono lungo le sue guance siano lacrime o semplice acqua piovana. I suoi occhi però sono arrossati e Mustang non vi legge angoscia ma rabbia.
“Mi dispiace” dice lui
E lei annuisce e si concede un risolino, “non fanno che dire tutti la stessa cosa. Mi dispiace Winry. Povera stupida Winry.”
Mustang la sente tremare, il corpo scosso dal freddo e da qualcos’altro.
“ Ti ammalerai se resti così. A che ora passa il treno?”
“Non lo so”borbotta infastidita “forse è già passato.”
“Allora dobbiamo trovarti un albergo. Ce né uno qui vicino.”
“A casa sua” la voce di Winry è un suono tagliente che sferza la pioggia.
“Come?”
E forse non ha mai visto il viso di quell'uomo tanto sorpreso.
“A casa sua. Ce l'avrà una casa colonnello Mustang.”
E Mustang torna serio mentre Winry trema più forte “ credo sia meglio che ti accompagni in un albergo.”
“E' poco ospitale. A me non piacciono gli alberghi. Sono impersonali, con le stanze tutte uguali.”
Winry vorrebbe bere ancora. Lo stomaco è caldo e quello che sale verso la testa è terribile ma la fa sentire stranamente forte, fuori da ogni contesto di coscienza. Perché quell'uomo si rifiuta d'ospitarla?
-“Se fosse Edward a chiederglielo sono sicura che non insisterebbe tanto con la storia dell'albergo.”
“Winry hai bevuto troppo.”
“Ad essere onesta non me ne frega niente. Se vuole può lasciarmi qui. Aspetterò quel treno a qualunque ora esso sia.”

 

 


 
 
  
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