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Autore: Scarlett Morgenstern    22/05/2017    4 recensioni
"Io non voglio il mondo, io voglio te".
Da questa frase di Alec ho preso l'ispirazione per scrivere una raccolta di storie sulla vita quotidiana di questa bellissima coppia. Ho visto che molti lettori della saga li notano maggiormente per la loro tragicità, io voglio mostrarli invece nella loro normalità.
Genere: Comico, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Magnus aprì gli occhi e notò la luce fioca che attraversava gli spiragli lasciati dalle tende. La confusione che lo prendeva appena sveglio durava sempre qualche minuto, quindi rimase a fissare il soffitto con sguardo assente. Istintivamente poggiò una mano sul cuscino che stava sull’altro lato del letto, dove dormiva Alec. La mano ricadde a vuoto sulla federa e lo stregone iniziò a tastare convulsivamente le lenzuola in cerca del suo ragazzo. Non trovò, come di consueto, il corpo duro e muscoloso di Alec, né i suoi capelli corvini sempre arruffati, soprattutto di prima mattina (dettaglio che Magnus tra l’altro adorava di lui, gli toglieva l’aria sempre perfetta e composta tipica degli shadowhunters). Ancora stordito si girò e le sue dita indugiarono su un foglietto stropicciato lasciato sul materasso: si tirò su ancora confuso e disorientato, perché era raro che Alec riuscisse a sgattaiolare fuori dal letto senza che Magnus se ne accorgesse: il ragazzo era davvero agile e silenzioso, quando si trattava di uccidere demoni, ma quando si doveva alzare dal letto la mattina, il rumore che emetteva era paragonabile a quello di una mandria impazzita di bufali. Magnus si guardò intorno nella stanza e notò che anche la divisa, insieme agli anfibi di Alec, erano spariti. Cercò di concentrarsi e aprì il biglietto trovato sul letto: la scrittura era inconfondibilmente quella di Alec e Magnus tirò un sospiro di sollievo, perché se Alec aveva trovato il tempo di scrivere un biglietto, non era certamente in pericolo di vita. Il messaggio era stato scritto di fretta, ma tra i vari scarabocchi si riusciva a leggere:

 

Emergenza con un demone mutaforma, torno più tardi. Ti amo, Alec.

 

Magnus aprì il cassetto del comodino e vi mise dentro il biglietto: Alec gli chiedeva sempre perché conservava in quel cassetto tutte le piccole cose che riguardavano loro due, ad esempio scontrini di ristoranti o biglietti del cinema, e Magnus si era sempre nascosto dietro l’ironia e un sorriso sfacciato come risposta.

Lo stregone si alzò con molta calma, reduce di una notte complicata, ancora intorpidito e confuso. Aveva passato quasi tutta la notte a pensare, perché quel giorno non era un giorno qualunque, era il compleanno di Alec. Il primo compleanno di Alec che i due ragazzi avevano passato insieme era stato un po’ complicato, perché non si frequentavano da molto  e come se non bastasse Alec non aveva ancora rivelato la sua relazione con lo stregone né agli amici, che comunque già lo avevano intuito, né tantomeno ai genitori. Magnus sapeva che per Alec la famiglia era tutto e il rapporto di Magnus con gli shadowhunters, ma in particolare coi Lightwood, non era mai stato particolarmente idilliaco nel tempo. Nella sua lunga vita non si era mai sentito così agitato per un compleanno, ma era desideroso di creare per Alec una giornata speciale, che includesse tutta la sua famiglia e i suoi amici, quindi attraversò la stanza con lunghi passi e si diresse verso l’armadio: optò per un look sobrio e tirò fuori dei pantaloni grigi e una maglia porpora con gli strass che ricadevano seguendo linee verticali, il tutto completato da un favoloso foulard lilla che faceva una perfetta accoppiata con la maglia. Prese i vestiti e si infilò in bagno, fece una doccia veloce, si sistemò i capelli con una buona dose di gel e magia, si vestì e si recò in cucina. La cucina di Magnus era molto spaziosa, perché era in quel luogo che preparava anche la maggior parte delle sue pozioni. La stanza era su un gradino che la separava dal salotto, dove troneggiava un grande divano in stile vittoriano e due poltrone una di fronte all’altra con le imbottiture rosse.  La parete dietro al divano, che dava sul centro di New York, era completamente vetrata e di conseguenza nel salotto veniva sprigionata luce praticamente per tutta la giornata. Magnus adorava l’arredamento ottocentesco, ma sapeva che Alec avrebbe preferito qualcosa di più semplice, quindi aveva deciso di cambiare tutto nei giorni successivi. Sedutosi sulla poltrona, Magnus prese il cellulare e scrisse un messaggio a Jace, il parabatai di Alec, con cui il suo ragazzo si trovava sicuramente in quel momento. Sullo schermo del telefono apparve il messaggio scritto da Magnus;

 

Allora lo tieni impegnato fino a stasera? Devo prendere qualche decorazione.

 

Mentre aspettava la risposta, Magnus si alzò e si occupò del piccolo Presidente Miao, che già fremeva per ottenere cibo e attenzione dal suo padrone, facendo fusa e miagolando disperatamente. Il messaggio di Jace non si fece attendere, perché dopo qualche minuto il telefono di Magnus squillò, quindi lo stregone lo prese in mano e lesse;

 

Va bene, ma mi raccomando, Magnus: sii sobrio”

 

Magnus sbuffò spazientito e alzò gli occhi al cielo: perché tutti pensavano che non fosse in grado di regolarsi? D’accordo, negli anni aveva combinato qualche guaio, ma da quando stava con Alec era migliorato e in ottocento anni di vita si può concedere qualche sregolatezza. Decise, però, di non pensarci ed accontentare la banalità altrui, quindi si mise le scarpe, semplici mocassini neri, e uscì.

Tornò qualche ora più tardi con due buste piene fino all’orlo di festoni, palloncini e coriandoli, opportunamente modificati con un pizzico di magia perché cambiassero colore all’occasione.

“Forse mi sono lasciato un po’ trasportare” riflettè Magnus, ma il secondo dopo decise che non gli importava; voleva rendere quell’appartamento il più gioioso possibile.

Sicuramente arredare la casa per la festa era molto più semplice per uno stregone, perché con un solo schiocco di dita le decorazioni scivolarono fuori dalle buste e si disposero ordinatamente sui muri, sulle poltrone e sulle mensole della casa, regalando un divertente contrasto tra lo stile antico dell’arredamento e i colori festaioli. Un festone andò a posarsi ignominiosamente sul tiragraffi del Presidente Miao e il gatto, molto contrariato dalla cosa, decise di scacciare l’intruso a suon di zampate. Magnus sentiva che mancava qualcosa, ma non riusciva ad inquadrare cosa: con uno svolazzo della mano dotò tutte le decorazioni di un’apparenza scintillante grazie ad una buona dose di glitter e lo stregone si ritenne soddisfatto del lavoro compiuto.

<< Molto meglio non trovi? >> disse Magnus, rivolto al gattino, che per tutta risposta si accasciò a terra con la pancia in su, in attesa di coccole.

<< Ruffiano! >> rispose Magnus.

Un’occhiata all’orologio: le quattro.

Aveva ancora qualche ora prima dell’arrivo di Clary, di Simon, di Isabelle e dei genitori di Alec, che più di tutti intimorivano lo stregone. Si sentiva ancora molto a disagio coi Lightwood; i loro trascorsi non erano dei più piacevoli, perché quando si incontrarono la prima volta i due, ancora ragazzi, facevano parte del circolo di Valentine che diede il via alla rivolta. Nonostante ciò, Magnus iniziava ad abituarsi alla loro presenza, provava a spogliarli delle vesti di shadowhunters vanagloriosi e pieni di sé e provava a vederli solo come i genitori di Alec. Tuttavia, da quando i signori Lightwood si erano separati, la loro boria era diminuita notevolmente, ed inoltre da quando il piccolo Max era stato assassinato erano diventati decisamente più protettivi: da un lato era comprensibile e lo sopportava con garbo per amore di Alec, dall’altro la fraternizzazione con gli shadowhunters non era proprio il suo forte, se poi ci si aggiunge che erano i suoi- quasi- suoceri, la faccenda diventava a dir poco imbarazzante.

Magnus era davvero molto assorto nei suoi pensieri e un tonfo lo ridestò: il Presidente Miao aveva fatto cadere il tiragraffi, nella speranza di acchiappare la sua preda, ma era rimasto schiacciato nell’impatto e ora miagolava disperato.

Chinatosi per risistemare il disastro causato dal gatto, Magnus sentì la chiave rigirarsi nella toppa della porta d’ingresso.

<< Non può essere Alec, è ancora troppo presto >> pensò Magnus terrorizzato ed iniziò a sperare che fosse Clary con la sua irritante abitudine di arrivare prima. Purtroppo lo stregone riconobbe perfettamente il passo del suo fidanzato e corse verso l’ingresso, cercando di pararsi di fronte a lui prima che potesse entrare.

<< Che ci fai qui così presto? >> chiese Magnus in modo tutt’altro che disinvolto.

<< Abbiamo staccato prima- rispose Alec- i demoni mutaforma non sono dei geni, lo sai. Qualche colpo e crollano. Jace voleva andare ad allenarsi all’Istituto, è stato parecchio insistente, ma ho preferito tornare a casa >>.

Magnus doveva pensare a qualche stratagemma, in fretta e senza insospettire Alec, che aveva la pessima caratteristica dei Lightwood di essere terribilmente sospettosi. Se lo shadowhunter avesse attraversato il corridoio e fosse entrato in salotto, avrebbe notato subito i festoni e fare un incantesimo d’invisibilità così su due piedi era escluso. Quindi che fare?

Alec doveva aver letto qualcosa negli occhi di Magnus, perché disse sogghignando << Non dirmi che hai un appuntamento segreto e ti ho rovinato i piani >>

<< Beccato!- rispose Magnus con un sorriso e un cenno della mano- sai com’è, sono molto richiesto, tesoro, ho il fascino dell’età. >>

Alec rise di gusto allo stuzzicamento del fidanzato e fece per dirigersi verso il salotto.

<< Dove vai? >> disse Magnus, parandosi davanti ad Alec come un fulmine.

<< In cucina, amore, ho fame. Perché sei così strano oggi? I demoni mutaforma non saranno dei geni, ma sanno essere piuttosto fastidiosi e mi hanno fatto venire un certo appetito >>

<< Ma oggi è il tuo compleanno, lascia che mi occupi io di te, d’accordo? >> propose Magnus, avvicinandosi con fare suadente e baciando Alec.

<< Se me lo proponi così, non posso certo rifiutare. Ti aspetto in camera allora >>. Alec molto probabilmente aveva notato che Magnus nascondeva qualcosa, ma decise di non farci caso e diede la colpa al comportamento sempre un po’ strampalato di Magnus, che era una delle cose che Alec adorava di lui.

Magnus ringraziò la sua buona stella che la loro camera fosse nella direzione opposta rispetto al salotto, così Alec non avrebbe visto le decorazioni fino all’ultimo.

Guardò il fidanzato allontanarsi e quando la porta della camera si richiuse, Magnus si avviò in cucina, aprì il frigo e cercò l’occorrente per fare un sandwich. Si ricordò tuttavia di non essere uno chef esperto, quindi, approfittando della temporanea assenza di Alec, che lo avrebbe altrimenti sgridato, fece un gesto con la mano, dalla quale sprizzarono scintille blu, e fece apparire un panino dal chiosco di fronte al palazzo. Quel chiosco era uno dei posti preferiti di Alec, ci andava spesso col suo parabatai dopo una missione per riprendere le energie.

Un miao di disapprovazione arrivò dal Presidente Miao, che era stato addestrato da Alec perché rimproverasse il padrone al posto suo, ma Magnus lo ignorò e si avviò verso la camera da letto.

Trovò Alec sdraiato e mezzo svestito sul letto a baldacchino rosso che troneggiava in mezzo alla stanza, adornata come il salotto in perfetto stile vittoriano: le tende di broccato cadevano pesanti e l’armadio di legno accompagnava una splendida toeletta, che veniva usata prevalentemente dallo stregone.

<< L’hai preparato davvero tu o l’hai fatto apparire con la magia? >> chiese Alec, ovviamente sospettoso.

<< Non ti fidi di me?- rispose Magnus con tono vagamente offeso- tipico di voi Lightwood! Dovresti avere più fiducia nel genere umano… o sovrumano in questo caso: la mia bellezza non è un dono comune. >>

<< In questo caso la mia fiducia è pari a zero >> disse Alec con un grande sorriso. Prese il piatto e addentò il panino voracemente. Dopo qualche minuto aveva già terminato il pasto, quindi guardò Magnus e disse:

<< Mi sei mancato oggi, sai? Dovresti venire in missione con noi ogni tanto. Che hai fatto tutto il giorno? >>

<< Oh, sai solite cose. Il sommo stregone di Brooklin sa tenersi molto impegnato, se vuole >> rispose l’altro, dando un buffetto sulla guancia di Alec.

<< Davvero? Allora perché non tieni impegnato me ora? >> lo incalzò Alec ed iniziò a baciarlo.

Un bacio inizialmente dolce e subito dopo appassionato, come se Alec stesse morendo di sete e Magnus fosse l’ultimo bicchiere d’acqua. Non si staccarono nemmeno per respirare e a Magnus tornò alla mente il primo periodo della loro relazione, quando tutti quei baci e quelle tenerezze dovevano essere nascosti, perché il mondo non ne fosse a conoscenza. Si ricordò di tutti quegli sguardi lanciati da lontano, sempre preoccupati che qualcuno vedesse e capisse ciò che c’era tra loro.

Da quando Alec aveva accettato ciò che era e aveva capito quanto valeva, era diventato una persona completamente nuova e diversa: più forte, più sicura, più felice.

Magnus rispose al bacio di Alec e se ne lasciò trasportare prima lentamente, poi con desiderio cieco e inarrestabile, come le onde del mare che si infrangono sugli scogli durante una tempesta. Trascinò Alec sul letto e lo fece sdraiare posandosi sopra di lui, sbottonando i pantaloni, l’unica cosa che lo shadowhunter aveva ancora addosso, e abbracciandolo forte; sentì i muscoli tesi di Alec e la sua bocca fremente, capì in quel momento che tutto ciò che gli serviva per essere felice era davanti ai suoi occhi e ricambiava il suo sguardo d’amore.

Magnus pensò che aveva involontariamente trovato un modo per distrarre Alec ancora un po’, prima dell’arrivo degli invitati, pensiero che lo fece sorridere per quanto era fuori luogo. Alec si accorse di quel mezzo sorriso, ma lo interpretò in tutt’altro modo, quindi spense la luce e si lasciarono entrambi abbandonare da quella sensazione meravigliosa.

 

 

Magnus aprì gli occhi, si mise a sedere sul bordo del gigantesco letto a baldacchino rosso e diede uno sguardo alla sveglia che stava sul comodino a fianco al letto: era passata circa un’ora da quando era entrato in camera.

Questa volta, giratosi, lo stregone trovò il suo ragazzo sdraiato accanto a lui, completamente assorto nei suoi sogni e con quei capelli arruffati sul cuscino che Magnus amava tanto. Il piano per distrarre Alec era riuscito alla perfezione, forse anche troppo, dato che perfino Magnus per un momento aveva dimenticato cosa sarebbe accaduto di lì a pochi minuti. Lo stregone venne ridestato da questi pensieri, quando Alec gli poggiò una mano sulla spalla e con il desiderio negli occhi sussurrò all’orecchio del fidanzato:

<< Dove credi di andare? >>

<< Non ne hai avuto abbastanza? >> rispose Magnus, cercando di non mostrare l’apprensione che aveva iniziato a coglierlo all’improvviso.

Per tutta risposta Alec ricominciò a baciarlo in maniera brusca e bramosa, ma in maniera altrettanto brusca si fermò.

<< C’è qualcuno in casa >> disse con voce bassa, ma ferma e afferrò una spada che teneva sempre a portata di mano.

<< Vado a controllare, forse sono gli amichetti del demone di stamattina >>

Magnus pensò “sicuramente sono gli altri, avranno trovato la chiave sotto lo zerbino”, ma disse:

<< E pensi di accoglierli così? Almeno indossa i pantaloni! >>

<< Giusto. >> Alec prese i pantaloni che giacevano ormai sotto al letto e si avviò fuori dalla camera con passo silenzioso.

 Magnus dimenticava sempre che la runa sull’avambraccio di Alec gli dava la possibilità di sentire ogni minimo rumore, ma già si pregustava il momento in cui si sarebbe trovato davanti, al posto di un nemico o di un demone, Clary, Jace, Izzy, Simon … e i suoi genitori! Magnus capì perfettamente che vedere il proprio figlio mezzo nudo uscire da una camera da letto poteva risultare assai imbarazzante per tutti, quindi cercò di fermare Alec.

Lo shadowhunter era troppo veloce e prima che Magnus potesse raggiungerlo si sentì un SORPRESA dalla stanza in fondo al corridoio: le risate che seguirono rivelarono a Magnus il successo dell’impresa, quindi si rivestì con calma e raggiunse gli altri in salotto.

Quando entrò , sentì la voce squillante di Izzy dire:

<< Addirittura la spada, fratellone? Non credi di esagerare? In fondo ti ho solo salvato la vita oggi !>>

Alec non rispose, l’abbracciò e la baciò sulla fronte, un gesto che i due fratelli Lightwood adoravano e che facevano spesso.

Nell’euforia generale Magnus prese con calma i suoi vestiti, se li infilò, ascoltando divertito il fidanzato che balbettava per la sorpresa nella stanza accanto, ed uscì dalla camera anche lui, raggiungendo gli ospiti in salotto. Fece molta attenzione a non farsi vedere uscire da quella stanza, poiché i genitori di Alec ancora non si sentivano a proprio agio con la sessualità del figlio- cosa che Magnus trovava ridicolmente assurda, ma che sopportava per amore di lui. Non riusciva a comprendere perché fosse tanto difficile per i Nephilim accettare che un uomo amasse un altro uomo: Magnus aveva avuto nella sua lunga esistenza delle relazioni con degli shadowhunters, ma erano sempre state clandestine e il più delle volte erano finite con un “è stato solo per provare”, una frase che lo stregone aveva sempre inteso come “non ho il coraggio di confessare chi sono”. Certo, le cose dopo la battaglia oscura erano cambiate, non solo per i Lightwood, che avevano già perso un figlio e non intendevano perderne un altro, ma per tutto il Mondo Invisibile. Tuttavia era sempre meglio sottacere certe implicazioni, se non altro per non creare inutile imbarazzo.

Appena entrato, vide che tutti gli invitati erano già ai loro posti (dannati Nephilim e la loro puntualità): Isabelle e Simon, che ormai facevano coppia fissa, Clary e Jace, ovviamente, e Maryse e Robert, appositamente venuti da Idris per il compleanno del figlio. Nonostante vivessero ormai vite separate da tempo, i due avevano deciso di rimanere in buoni rapporti per amore dei figli, e, Magnus sospettava, anche per salvare un minimo le apparenze. La solita sensazione di disagio invase lo stregone per qualche istante, non si trovava bene con se stesso a stare attento a cosa diceva, era più forte di lui. Ricacciò immediatamente quella sensazione dentro di lui e assunse un’espressione allegra in viso: quel giorno era solo per Alec.

Magnus venne risvegliato dai suoi pensieri dalla voce di Jace che, con un braccio attorno alle spalle di Alec diceva al suo parabatai:

<< Non te lo aspettavi, vero? >>

<< No, davvero. >> rispose l’altro, tra l’imbarazzato e il felice.

<< Pensavi ci saremmo dimenticati del tuo compleanno? >> intervenne Robert, fingendo di essere offeso << Quanta fiducia, figliolo! >>

<< Beh, i Nephilim non sono noti per essere molto festaioli >> rispose Alec, ridendo dal nervosismo, poi si rivolse al suo fidanzato e disse:

 << Tu c’entri qualcosa, immagino. Per questo non volevi farmi entrare in cucina >>

<< Forse, e sia chiaro che in caso di processo negherò ogni coinvolgimento, potrei averci messo lo zampino, anche se devo ammettere che l’operazione “Distrarre Alec” potrebbe essermi leggermente sfuggita di mano … >>

Magnus si rese conto solo dopo del sottinteso che quella frase poteva avere e si maledisse per la sua linguaccia, perché aveva completamente dimenticato chi stava ascoltando quella conversazione.

Con Alec era sempre così semplice: la stanza poteva essere enorme e contenere tutti gli abitanti di Idris, dell’intero Mondo Invisibile e di New York messi assieme e Magnus avrebbe visto solo lui. In un altro momento tutto ciò sarebbe stato molto romantico, ma lo stregone si rese conto che doveva smorzare quel momento glaciale che aveva paralizzato il discorso- dote che lui aveva affinato negli anni e di cui era diventato un maestro- quindi aggiunse, un po’ maldestramente:
<< … niente di sconveniente in ogni caso … >>.

Il silenzio si non si placò, ma venne interrotto da una sonora risata di Jace, alla quale seguirono tutte le altre. E in quel momento Magnus ringraziò silenziosamente il parabatai di Alec per aver risolto la situazione.

Magnus andò in cucina per tirare fuori la torta dal frigo, o almeno così disse lui: si appoggiò al lavandino e tirò un profondo respiro. Sperava in cuor suo che Alec si stesse divertendo, ma fare il fidanzato serio davanti ai suoceri non era una cosa che gli riusciva bene.

Era talmente concentrato nei suoi pensieri che non si accorse dell’arrivo di Simon, che gli mise una mano sulla spalla e lo fece sobbalzare per lo spavento.

<< Ehi, hai i nervi a fior di pelle!- tipico di Simon cominciare con una battuta del genere- tutto bene? >>

Magnus rispose con un mezzo sorriso, tentando di non fingere imbarazzo per la situazione, ma con poco successo, infatti Simon se ne rese immediatamente conto.

<< Se può consolarti, non sei l’unico che deve fare bella figura coi suoceri. E pra che la mia mente è un colabrodo è anche più difficile del previsto. Per loro non sarò mai all’altezza di Izzy e forse non hanno tutti i torti. Insomma, guardala: lei è una bellissima e incredibile guerriera, mentre io sono un nerd di Brooklin che non ricorda le cose! >>

Simon aveva perso i ricordi del periodo precedente poco dopo la morte di Sebastian durante la guerra oscura: nel regno di Edom in cambio della sua memoria, Asmodeo, il terribile padre di Magnus, li aveva fatti ritornare sulla Terra, ma questo aveva comportato molta sofferenza per tutti, soprattutto per Izzy e Clary, che volevano in ogni modo riportare Simon com’era prima. Grazie ad alcune sedute magiche con Magnus, il ragazzo stava pian piano recuperando i ricordi, ma era un processo lento e nel frattempo lui cercava di rielaborare il tutto.

<< Hai ragione, però tu sei etero almeno >> rispose Magnus, senza pensare.

<< Vuoi fare una gara? Ok, a quanto pare io sono stato prima un mondano, per qualche minuto un topo, ancora dovete spiegarmi questa storia, poi SONO MORTO e mi sono trasformato in un vampiro. Come se non bastasse ho perso la memoria e ora forse diventerò uno shadowhunter. Ah, ho qualche vago ricordo di un certo Lord Montgomery, ma mi racconterete anche questo prima o poi. Pensi che io possa competere? >> dopo aver snocciolato questo discorso folle, Magnus e Simon si fecero una risata e il primo disse:
<< Che spirito competitivo! Va bene, hai vinto tu, contento? >>

<< Un po’ in effetti >> rispose Simon con un sorriso soddisfatto.

<< Forse sei l’unico qui dentro che può davvero capire come mi sento >> rispose Magnus raddrizzandosi.

I due si scambiarono un cenno e ritornarono in salotto con la torta.

Gli shadowhunters non avevano l’abitudine di cantare “tanti auguri a te” al festeggiato- ovviamente- perché era considerata una frivola tradizione mondana. Tuttavia non disdegnavano la consegna dei regali e il bottino di Alec fu piuttosto ricco: un arco nuovo e laccato d’oro da Isabelle, una giacca di pelle, rigorosamente nera, da parte di Clary e di Simon e una faretra da Maryse e da Robert.

Poi tutti si girarono verso Jace, aspettandosi da lui qualcosa di sorprendente, visto il suo legame con Alec. Negli anni i due si erano fatti regali sempre molto affettuosi e carichi di simbolismi, anche se non amavano mostrare ogni secondo il bene che si volevano.

<< Questo è da parte mia >> disse Jace, che tirò fuori dalla tasca un piccolo pacchetto incartato con una rustica carta marrone e avvolto da uno spago.

<< Non sarà un anello, vero? >> scherzò Alec, come faceva sempre quando si trovava in imbarazzo, ovvero molto spesso, << per l’Angelo, amico, lo sai, ora sono impegnato ed è una relazione piuttosto seria. Pensavo avessimo già chiarito la questione >>

Era alquanto divertente e liberatorio per Alec poter scherzare sull’infantile cotta che aveva preso per Jace tempo addietro. La cosa era scemata pian piano dopo l’incontro con Magnus, ma Alec non era riuscito subito a riderci sopra, mentre ora questo Alec non aveva alcun problema.

<< AH AH AH, aprilo e basta >> rispose Jace, tirandogli una gomitata.

Il festeggiato scartò il regalo e si ritrovò in mano una scatola bianca, la aprì e vide una catenina di adamas con un ciondolo appeso: quel ciondolo raffigurava un simbolo allungato con sporgenze ai lati, quello che per gli shadowhunters rappresentava il legame parabatai.

<< L’ha fatto per me una sorella di ferro- disse Jace- sai, mi doveva un favore >>

Alec inizialmente non capì il significato di quel gesto: i due avevano già inciso sulla pelle la runa parabatai ed era già un grosso legame, quindi perché il ciondolo?

<< Non hai capito, vero- disse Jace, sorridendo- mi piace fare cose balorde! >>

<< Dai, spiegami e non fare il saputello >> rispose Alec

Jace allungò leggermente lo scollo della maglia e tirò fuori una catenina identica che portava già al collo.

<< Io ne ho una uguale- e la mostrò. Il ciondolo scintillava alla luce delle lampade, che davano all’oggetto una colorazione argentata, tipica dell’adamas- se sarò in pericolo, il che prevedo accadrà molto spesso conoscendomi- e non saremo insieme, il ciondolo si illuminerà: ti basterà stringerlo e ti trasporterà immediatamente da me. La stessa cosa vale per quello che indosso io >>

Lo sguardo fra i due si fece più intenso.

<< Considerata la quantità di guai in cui vai ad infilarti, in effetti mi sarà più che utile >> rispose Alec tra il serio e il commosso.

<< Esatto- scherzò Jace- so che abbiamo già la runa, ma volevo essere sicuro di poterti proteggere in ogni momento e questa mi è sembrata una buona soluzione >>

I due sorrisero e si abbracciarono: gli shadowhunters potevano essere forti singolarmente, ma due parabatai insieme erano quasi invincibili.

Essere parabatai significava più che essere compagni in combattimento: i due guerrieri legavano parte della propria anima a quella dell’altro, erano come gemelli, e se uno dei due soffriva, l’altro lo poteva sentire.

La runa che avevano sulla pelle era già simbolo del loro legame, ma era imposto dalla cerimonia cui si erano sottoposti anni prima, quando avevano fatto il giuramento davanti ai Fratelli Silenti e alla famiglia: questo ciondolo, nella testa di Jace, avrebbe rappresentato un rafforzamento della loro unione.

<< Va bene, piccioncini, ora tocca a me! >> proruppe Magnus, facendo il finto geloso e strizzando l’occhio ad Alec. Ritenne di essere stato in disparte fin troppo a lungo e aveva riflettuto molto sul regalo da fare al fidanzato. Ovviamente doveva essere qualcosa d’effetto, ma anche significativo.

Magnus si guardò intorno, attese un momento per aumentare la suspense e iniziò a gesticolare con le dita, dalle quali sprizzarono scintille blu. I suoi occhi da gatto si illuminarono diventando ancora più gialli, la pupilla era diventata solo una sottile fessura nera e i suoi capelli corvini coperti di glitter vennero scossi da una folata di venticello leggero. Gli astanti iniziarono a fissarsi a vicenda con aria interrogativa, il Presidente Miao, invece, si nascose sotto il divano osservando curiosamente il padrone da sotto i cuscini. Improvvisamente Clary notò che i suoi piedi, prima saldamente attaccati al pavimento, non avevano più un punto d’appoggio. Come lei anche le altre persone nella stanza si sollevarono leggermente, mentre Magnus borbottava qualche parola in una lingua apparentemente sconosciuta. Le scintille si fecero più intense e avvolsero i mobili della stanza che pian piano svanirono: erano tutti a bocca aperta tranne Alec.

In seguito Magnus girò i palmi delle mani all’insù e dalle dita si formarono due sfere blu che lo stregone, ad occhi sbarrati, lanciò in aria. In quel momento la stanza svanì del tutto, avvolta in un bagliore pallido; quando la vista tornò, il loft di Magnus aveva lasciato spazio ad un’ampia radura, prima si vedevano solo i contorni di alberi e colline, poi anche le forme e infine qualche colore più nitido.

I Lightwood furono i primi a capire dove si trovassero e si sorrisero vicendevolmente con affetto; Alec invece guardò stupefatto Magnus e con un sospiro e gli occhi sbarrati disse:

<< Magnus … no, non ci credo >>

<< Credici amore >> rispose il fidanzato con aria fiera e un sorrisetto scaltro stampato sul viso.

 

 

Alec non potè dire nulla per qualche momento, rimase solo ammutolito fissando il vuoto, poi corse incontro a Magnus e lo abbracciò forte, mettendogli le braccia attorno al collo.

Clary invece era frastornata, non capiva quale luogo fosse e non riusciva a ricordare di averlo mai visto, quindi si rivolse a Izzy che si trovava accanto a lei e chiede:

<< Dove siamo? >>

La sorella di Alec era ancora in preda allo shock e con la voce flebile rispose:

<< è il luogo preferito di Alec, Clary >>.

Davanti a loro si estendeva un prato verde che sembrava infinito, quasi non si riusciva a scorgere l’orizzonte oltre le grandi colline che sembravano essere un tutt’uno con il cielo; quest’ultimo era blu cristallino- “il colore dei suoi occhi” pensò Magnus- che era ancora nella stretta di Alec. Gli alberi sembravano lunghi chilometri e si rispecchiavano in maniera perfetta nella grande pozza d’acqua che stava al centro della radura. Campi di fiori appena sbocciati inondavano le colline e coloravano il paesaggio di rosso, di giallo e di viola, rendendo il tutto, agli occhi da artista di Clary, bello quanto un dipinto.

L’aria era fredda- pensò Magnus-, ma un freddo piacevole, quel tipo di freddo che ti fa sentire leggero ad ogni respiro, quel freddo che penetra nei vestiti e nelle ossa senza essere gelido o rigido.

In fondo alla collina, proprio sotto un enorme albero il cui tronco si piegava curvando, c’era una casetta, coperta dall’ombra delle fronde: una casa semplice e modesta, con un tetto di tegole rosse, le pareti di pietra e le finestre ovali- sembrava il classico disegno di una casetta di un bambino piccolo.

 Era circondata da un piccolo giardino delimitato da una staccionata di legno e un ramo dell’albero accanto scendeva tanto in basso, che era stata costruita sopra un’altalena col sedile giallo legata con delle spesse cordicelle di fili di paglia intrecciati.

Clary, che stava studiando molto attentamente gli accostamenti cromatici e i contorni degli elementi di quella campagna, chiese a nessuno in particolare:

<< Come si chiama questo posto? >>

<< Valis >> rispose Magnus, guardandosi intorno con aria serena e soddisfatta.

Valis era una cittadina poco fuori Alicante, sulla pianura di Brocelind, dove ancora i Nascosti potevano andare senza particolari problemi o restrizioni del Conclave. Oltre la pianura, strizzando un po’ gli occhi, si poteva intravedere l’inizio di una foresta magica fitta di alberi alti e possenti; un esperto della geografia di Idris sapeva che oltre quella foresta si trovava il grande e cristallino Lago Lyn.

I Lightwood erano soliti passare le estati in questo luogo, quando gli impegni politici dei genitori e quelli scolastici dei figli diventavano troppo gravosi: Magnus aveva sentito decine di racconti di Alec riguardo questo posto, la maggior parte dei suoi ricordi più felici avevano come sfondo la casa di Valis. Per esempio, la prima volta che Alec aveva teso un arco da solo era stato in quel giardino e aveva lanciato la freccia proprio contro il tronco dell’enorme albero che stava accanto alla casetta; tanti ricordi con Jace provenivano da quel luogo, era lì che i due ragazzi avevano condiviso i loro segreti e le loro paure più importanti, convinti che invece nell’Istituto i muri avessero le orecchie; e poi tutti i pomeriggi passati a rincorrersi e a giocare ad uccidere i demoni, e la piccola altalena con il seggiolino giallo era stata costruita proprio da Alec per i suoi fratellini più piccoli, anche se ora giaceva inutilizzata ed immobile da molto, forse troppo, tempo.

Magnus osservò il suo ragazzo correre verso la casetta assieme al suo parabatai e, per qualche momento, rivide in lui il bambino di dieci anni spensierato, anche se confuso, che non aveva ancora acquisito la sicurezza di quell’uomo che ora gli stava di fronte.

Anche Maryse e Robert si erano fatti prendere dal momento, con grande stupore dello stregone: sperava che avrebbero messo da parte i loro contrasti almeno per quel giorno, ma soprattutto sperava di non scatenare ricordi dolorosi portando tutti in quel luogo.

La comitiva si mosse verso la casa con passo tranquillo, tranne Izzy, Alec e Jace che erano corsi subito verso quel luogo per loro così carico di ricordi d’infanzia; quando arrivarono tutti, la grossa porta di legno era già spalancata e nella casa si sentivano risuonare i passi frettolosi dei tre ragazzi che ripercorrevano quelle stanze con febbrile eccitazione.

<< è tutto come prima? >> chiede Alec col fiatone

<< Certo che sì! Ho voluto mantenere esattamente la descrizione che mi avevi fatto: ho cambiato solo il colore delle tende, che francamente era davvero sciatto >> rispose Magnus, dimentico del fatto che quelle tende erano state scelte da Maryse che in quel momento aveva sentito ogni parola. Fortunatamente la suocera, come tutti gli altri, era troppo impegnata a godersi il momento per far caso a certi dettagli, era già sparita in salotto per rivedere le vecchie foto di famiglia, posta sopra alla mensola del caminetto, quando ancora sembrava che ci fosse una grande armonia tra loro. Magnus scorse un velo di tristezza nel viso di Maryse, quando la vide passare di fronte ad una foto che raffigurava Alec sull’altalena con in braccio Izzy, poco più piccola di lui, e un minuscolo fagotto, che doveva essere Max appena nato. Magnus le si avvicinò per la prima volta senza rancore e senza imbarazzo e le mise una maso sulla spalla: lei si girò e lo fissò negli occhi, nonostante le lacrime fossero vicine. Lei gli rivolse un sorriso, tenendo ancora la foto in mano, e con un sussurro quasi impercettibile disse:

<< … Grazie >>

<< è stato un piacere >> rispose lo stregone, senza un velo di sarcasmo e vedendo Maryse non come la shadowhunter del Circolo che aveva più volte tentato di ucciderlo, per quello che era: una madre che aveva perso uno dei suoi figli.

Nel frattempo Izzy si stava dondolando sull’altalena spinta da Simon e ridevano come due bambini; Jace invece aveva portato Clary a fare un tour della casa, raccontando aneddoti divertenti per ogni stanza in cui entrava; Robert aveva raggiunto Maryse e Magnus in salotto e, quando anche lui iniziò a rimirare i ricordi gelosamente custoditi nelle foto, Magnus decise di togliere il disturbo ed avviarsi in giardino.

Lo stregone venne bloccato all’ingresso da Alec, che gli prese il braccio da dietro e lo tirò con fare insistente, dicendo:
<< Vieni, devo farti vedere una cosa >>

Magnus non se lo fece ripetere due volte e si fece trascinare su per la scalinata che portava al piano di sopra, dove stavano le camere da letto: era un piano leggermente meno luminoso di quello di sotto, ma altrettanto rustico e profumava di fiori e di sapone. Alec si fermò di fronte ad un muro e tirò fuori lo stilo che teneva in tasca; quando lo trovò, si avvicinò alla parete e vi impresse dei segni sopra, che sembravano quasi prendere fuoco a contatto con il muro. Dopo aver finito lo shadowhunter si allontanò leggermente e senza dire una parola spinse Magnus a fare lo stesso: la parete si trasformò, creando tante piccole pieghe, che si ingrandirono sempre di più e divennero poi chiaramente dei gradini.

<< Nessuno sa di questo posto >>  disse Alec, voltandosi verso il fidanzato << nemmeno Jace >>.

<< Davvero? Come mai? >> chiese Magnus curioso

<< Adesso lo vedrai >>

I due salirono i ripidi gradini tenendosi per mano fino ad arrivare in una piccola soffitta: la luce entrava appena dagli spiragli delle tegole del tetto e la stanza era polverosa e disordinata: i mobili erano tutti ricoperti da uno strato leggero di polvere, ma si riconoscevano un piccolo divano antico, un set di scaffali attaccati alle pareti, sui quali, presumeva Magnus, si potevano appoggiare delle armi, una libreria piccola ma funzionale e proprio lì accanto un grosso e pesante baule chiuso da un lucchetto di ferro.

Magnus si guardò intorno e decise che l’ambiente aveva bisogno di una rinfrescata, quindi schioccò le dita e una folata di vento portò via la polvere che ricopriva tutto e risistemò i libri e gli oggetti sparsi sul pavimento.

<< Meglio così, non trovi?- chiese lo stregone- almeno non rischiamo di inciampare nei nostri stessi piedi >>

Alec sorrise e disse:
<< Beh, non sono mai stato particolarmente ordinato, da piccolo poi anche meno >>

Magnus immaginava un piccolo Alexander coi vestiti sempre bucati, la camera in perenne disordine e i giochi sparsi per tutta la casa. Provava un’immensa tenerezza quando pensava ad Alec da bambino, forse perché vedeva in lui quella innocenza e quella fragilità che a Magnus erano mancate.

Magnus si ridestò dai suoi pensieri e chiese:

<< Come mai mi hai portato qui? >>

<< Questa soffitta era il mio rifugio: l’ho costruita nel tempo, di nascosto, e ci venivo quando i miei genitori mi sgridavano o quando volevo semplicemente essere me stesso … e non quello che gli altri volevano che fossi >>

<< Un ottimo guerriero, un bravo fratello maggiore e ora scopro che sei anche un eccellente architetto: non smetti mai di stupirmi, Alexander. Anche se sull’arredamento avrei da questionare, ma posso perdonarti perché eri piccolo >> scherzò Magnus, dando un colpetto sulla spalla di Alec. Cercava di alleggerire la tensione, aveva capito che per Alec era difficile spiegare il motivo di quella visita alla soffitta e di solito con una battuta si scioglieva sempre un po’.

Alec rise di rimando, poi prese la mano di Magnus e lo portò di fronte al baule che lo stregone aveva adocchiato per prima cosa appena entrato: lo shadowhunter si chinò, tracciò una runa di apertura sul metallo del lucchetto e aprì il coperchio che sbattè sul pavimento con un grande tonfo.

All’interno del baule c’erano tanti fogli, alcune erano lettere, altri disegni: Alec ne prese una in particolare, la dispiegò e la guardò con occhi tristi e profondi.

<< Questa la scrissi in un momento molto particolare: volevo confessare alla mia famiglia chi ero, anche se ero consapevole che non mi avrebbero mai accettato. Non volevo più nascondermi, ma non potevo rivelare la verità. Perciò decisi di scappare >>

<< Scappare? E dove? >> chiese Magnus, sorpreso di quello che stava sentendo

<< Non lo sapevo. Ovunque. L’unica cosa a cui penavo, l’unica che volevo davvero era non nascondermi più. All’Istituto mi sentivo perso e solo: sapevo di essere sbagliato e che non avrei mai potuto avere ciò che desideravo davvero. Sentivo che se avessi detto la verità su di me, su quello che provavo, nessuno mi avrebbe più amato o guardato come prima. “Perché tu sei un Lightwood” mi ripetevo “e sei il maggiore. Hai una responsabilità nei confronti della famiglia. È una questione di onore”. Non potevo sbagliare, dovevo mantenere alto il nome della famiglia e occuparmi dei miei fratelli. Ma avevo capito che non c’era onore nel vivere una menzogna, anche se mi vergognavo della verità >>

<< ”Pesante è la testa di chi porta la corona”- sussurrò Magnus- posso? >> e Alec gli porse la lettera.

La calligrafia del piccolo Alec era grande e precisa, rientrava perfettamente nei quadrati del foglio ed era dritta e regolare. Magnus iniziò a leggere:

 

“Madre, padre, sono Alec. Non posso più nascondere quello che sono e vivere serenamente. So che sto disonorando la famiglia, non vorrei mai deludervi e speravo infatti di poter seppellire questo terrificante sentimento dentro di me. Ho cercato di farlo. Non voglio crearvi ulteriore vergogna, perciò ho deciso di scappare.

Mi dispiace,

Alec”

 

<< Dovevi soffrire molto, è un grosso peso per le spalle di un ragazzo >> disse Magnus e ripiegò la lettera con le lacrime agli occhi, pensando ad un piccolo Alec così confuso e triste.

<< Già. È stato difficile >> rispose Alec, fissando il vuoto e giocherellando con le proprie mani.

<< Cosa … o chi … ti ha fatto cambiare idea? >> chiese Magnus, a quel punto curioso di sapere la fine della storia.

<< Inizialmente Jace.- rispose Alec con un mezzo sorriso- ero già pronto per partire, avevo rubato qualche provvista e l’avevo messa nel mio zainetto, avevo preso l’arco e le frecce e mi stavo preparando ad andare. Poi lui venne da me, quasi come se avesse sentito in qualche modo che avevo intenzione di lasciarlo. Mi guardò e mi chiese cosa stavo facendo. Gli dissi che volevo andarmene. Lui non me ne chiese il motivo, mi rispose solamente che non aveva mai avuto un fratello, o un amico, prima di incontrare me. Che era grazie a me se sentiva di avere una famiglia e di essere amato da qualcuno. Questo mi fece in parte capire che forse ci sarebbe stata almeno una persona che mi avrebbe voluto bene comunque >>

<< Capisco. Eravate destinati a diventare parabatai- rispose Magnus- hai detto “inizialmente Jace”. E poi chi altro? >>

<< E poi Izzy. E Max. erano piccoli, correvano nel prato e ad un certo punto si scontrarono. Caddero entrambi all’indietro: Izzy si sbucciò un ginocchio e Max si mise a piangere. Arrivarono i miei per curarli, ma … >>

<< … Ma? >> lo incalzò Magnus, sempre più curioso.

<< Ma loro volevano solo me. Mi chiamavano e non volevano nessun’altro. Avevano bisogno di me >>

<< Sei stato bravo con loro >> lo rassicurò Magnus

<< Sentivo che loro due più di tutti avevano bisogno che io li proteggessi, non potevo abbandonarli. Non potevo per due ginocchia sbucciate, tantomeno per cose più gravi. Non avrei potuto vivere in pace con me stesso, sapendo di averli abbandonati- rispose Alec con un mezzo sorriso e continuò- ti ho fatto vedere questa soffitta perché volevo darti un’altra parte di me, una parte insicura e che è rimasta sepolta in questo baule per anni insieme a tutta quella polvere. Quella parte che solo tu sei riuscito a sbloccare. Tu per la prima volta mi hai dato la sicurezza e il coraggio di fare qualcosa per me stesso e per la mia vita e non potrò mai ringraziarti abbastanza per questo. Mi hai salvato la vita, Magnus >> confessò Alec tutto d’un fiato.

Magnus era commosso oltre l’esprimibile e disse solo:

<< Ne sono onorato, tesoro >> poi prese tra le mani il viso di Alec, lo guardò fisso negli occhi e avvicinò la propria bocca alla sua. Fu un bacio dolce e tenero e in quel momento Magnus sentì Alec più vicino che mai.

Staccatosi da lui, Alec disse:

<< Pensi che potremmo tornare qui qualche volta? Magari solo noi due >>

<< Ogni volta che vorrai >>  rispose Magnus

<< Grazie. Allora adesso torniamo giù dagli altri. Avremo molto tempo per stare da soli la prossima volta >> rispose Alec, tentando di sembrare suadente, ma invano. Magnus rise sotto i baffi e iniziò a scendere con lui.

 

 

 

Uscendo dalla scala nascosta, Alec si girò e tracciò altri segni sul muro con lo stilo: la parete si contorse su se stessa e rientrò esattamente come era prima dell’arrivo dei due ragazzi.

Improvvisamente dietro di loro si sentirono dei passi e apparve Jace che teneva per mano Clary; il ragazzo, insospettito, chiese:

<< Ehi, dove eravate finiti, voi due? >>

Non si erano minimamente accorti di Jace e non pensavano di trovarlo lì, quindi non avevano una scusa pronta e plausibile per trovarsi in quel punto, apparentemente a fissare il muro.

Sembrava non aver visto nulla di ciò che era avvenuto, ma per sicurezza Magnus tentò di svicolare con una battuta:

<< Un vero gentiluomo non fa queste domande, Jace. E poi una casa così piccola e così tanta gente … sai … poca privacy >>

E con fare disinteressato, abbracciò Alec da dietro, appoggiando il mento sulla sua spalla, come se no avesse niente da nascondere.

Jace inizialmente non sembrava convinto, ma poi disse:

<< Va bene, ho capito- con un sorriso eloquente- quando avete finito, raggiungeteci al piano di sotto, ok? >>

<< Sarà fatto >> promise Magnus e Alec annuì

Jace e Clary quindi corsero giù per la scale ridacchiando e quando non li sentirono più, lo sguardo si Alec si fece più rilassato.

<< Meno male che esisti >> disse Alec con sollievo

<< Non sei l’unico a pensarlo effettivamente >> rispose Magnus, lanciandosi indietro il foulard che aveva al collo.

Scesero lentamente le scale e videro che la festa si era spostata in giardino: il sole iniziava a calare e il cielo si era colorato di un intenso arancio, che faceva un bellissimo contrasto col verde dell’erba.

Magnus schioccò le dita e dalle solite scintille blu comparvero un tavolo di legno e delle sedie che si posarono sul prato, poi una tovaglia a quadri bianchi e rossi si adagiò delicatamente sul tavolo e improvvisamente si materializzò un banchetto vero e proprio: carne, paste e dolci e qualche bottiglia di vino.

Magnus fece materializzare in mano ad ogni ospite un bicchiere, poi afferrò una delle bottiglie, la stappò e fece il giro, versando il contenuto nei calici. Poi si fermò, alzò il suo bicchiere e disse:

<< Al mio Alec. Al nostro Alec >> con un sorriso e tutti gli fecero eco alzando a loro volta i calici in onore del festeggiato.

Il resto del pomeriggio e della sera andò avanti a cibo e chiacchiere e Magnus sperò dentro di sé che per Alec fosse un altro bel ricordo da aggiungere alla lista di Valis. Ad un certo punto disse:

<< Credo sia ora di tornare a New York >>

Tutti furono d’accordo: Maryse e Robert salutarono tutti e si incamminarono verso Idris, che non distava molto da lì, mentre gli altri si prepararono ad essere trasportati a casa da Magnus.

La magia fece effetto velocemente, la pianura di Valis svanì in un bagliore bianco e i ragazzi si ritrovarono di nuovo nel loft di Magnus, mezzi accecati dal lampo magico che lo stregone aveva fatto scaturire.

Appena arrivati, il Presidente Miao, che nel frattempo era andato in cucina, andò incontro al suo padrone e ad Alec, facendo le fusa e miagolando in maniera eccitata.

Alec salutò e ringraziò gli amici: prima Izzy e Simon, poi Jace e Clary.

Si incamminarono tutti, tranne Jace che, quando si trovò sulla soglia fece dietro front, andò da Alec e gli sussurrò all’orecchio:

<< Hai bisogno di una runa della resistenza per stanotte? >> facendo l’occhiolino al suo parabatai.

<< … Penso di sì >> rispose Alec, arrossendo leggermente, e scoprì il braccio per farsi fare velocemente la runa dal suo amico. Finito il lavoro, Jace gli diede una pacca sulla spalla e raggiunse gli altri.

Quando in casa rimasero solo Magnus e Alec, lo shadowhunter propose di riordinare domani e andare direttamente a dormire. Lo stregone non fece obiezioni e gli prese la mano, portandolo in camera da letto.

<< Ti sei divertito oggi? >> chiese, mentre si sedeva alla scrivania per togliere i numerosi anelli.

<< Moltissimo- rispose Alec- nessuno aveva mai fatto una cosa simile per me >>

<< Alexander, quando capirai che non sei una persona qualunque per me?- rispose Magnus alzandosi dalla sedia e avvicinandosi al fidanzato- prima di te ho amato, ma mai ho sentito la complicità che abbiamo noi due. Non ho mai pensato … di poter costruire una vita con qualcuno. C’era sempre un grande ostacolo che mi frenava >>

<< … perché saresti rimasto solo, alla fine, giusto? >>

<< Già. Con te, però, questo ostacolo non conta. Non conta, Alec, perché tu sei il mio Alec e niente, nemmeno la morte, potrà mai portarmi via questo >> rispose Magnus, fissando Alec nei suoi bellissimi occhi blu, profondi e dolci.

<< E tu sei il mio Magnus. Non pensavo che sarei mai stato felice come oggi. Ti amo. Davvero >>

Lo sguardo tra i due rimase così, sospeso, per qualche momento. Il resto del mondo era sparito, l’unica cosa che contava erano loro due in quel momento. E mentre fuori il caos e i rumori della notturna New York preannunciavano una vita di lotte e sfide continue, i due ragazzi sapevano che tutto ciò non li avrebbe spaventati, se avessero affrontato tutto insieme.

 

   
 
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