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Autore: Sassenach_Fraser_    23/05/2017    0 recensioni
Cosa sarebbe successo se America fosse realmente tornata a casa dopo aver combinato quel pasticcio al Rapporto?
Un seguito alternativo a the Elite dove America, una volta tornata a casa, cerca di tornare alla normalità della sua vita da cinque, impegnandosi a superare quei dolorosi sentimenti che la legano a Maxon. E quando sembra quasi essere tornata alla realtà ecco che quei sentimenti riaffiorano in tutta la loro potenza aggiungendosi al terrore e alla preoccupazione. Nell'ultimo Rapporto infatti Gavril ha annunciato tra la disperazione delle ragazze rimaste e della famiglia reale l'improvvisa scomparsa del principe Maxon...
HO APPORTATO DELLE LEGGERE MODIFICHE AI CAPITOLI CHE AVEVO PRECEDENTEMENTE PUBBLICATO NELL'ACCOUNT NEPHELE_CLEIDE. SPERO VI PIACCIA COMUNQUE. UN ABBRACCIO
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: America Singer, Aspen Leger, Maxon Schreave, Nuovo personaggio, Nuovo personaggio
Note: Traduzione | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Buongiorno!!!! Sono Sassenach_Fraser_ (ex Nephele_Cleide), mi scuso se questi primi capitoli di storia saranno ripetitivi ma purtroppo sono una discendente di Fata Smemorina e dunque ho perso le credenziali per il mio vecchio account e sono stata costretta a ripubblicare la mia storia. Avevo scritto tra le recensioni della mia ff nell'altro account che sarei tornata al più presto (anche se poi sono passati mesi e di questo mi scuso di nuovo) e dunque eccomi qui. spero che riusciate ad apprezzare di nuovo questa mia piccola storia e che tutti coloro che mi avevano mostrato il loro affetto ritrovino la storia. beh che altro posso dirvi?! buona (RI)lettura e, come sempre, se passate di qui battette un colpo e lasciate un commento (va bene anche se è negativo :-P)
Un bacione, Sassenach_Fraser_


  CAPITOLO 1

Scesi dall’aereo asciugandomi le lacrime con il dorso delle mani. Al contrario di quanto era successo il giorno della mia partenza per la Selezione, non c’era nessuno ad aspettarmi, neanche i miei genitori. D’altronde nessuno sapeva della mia improvvisa eliminazione.
Tirai su il cappuccio della felpa che avevo messo sopra il meraviglioso abito che le mie cameriere mi avevano cucito per farmi andare via in grande stile. Sorrisi con tristezza al ricordo di Lucy, Anne e Mary. A parte Marlee, erano state le mie migliori amiche nonostante dovessero servirmi. Non volevo e non dovevo piangere ancora, almeno non per strada. Scrollando le spalle presi la piccola borsa che mi stava passando una giovane hostess e mi diressi verso casa a piedi. - spero che non mi riconosca nessuno- pensai mentre mi nascondevo sempre di più la faccia nella felpa. L’aria fredda della Carolina mi sferzava il viso ancora umido per le mille lacrime versate durante il mio viaggio. Dopo un’ora raggiunsi finalmente casa mia. In teoria sarei dovuta essere una Tre adesso ma non volevo vivere in una realtà cosi lontana dalla mia. Bussai sommessamente alla porta aspettando che qualcuno venisse ad aprirmi.
“Chi è?” Una voce maschile che non riconobbi si stava avvicinando alla porta
“America.” Dissi semplicemente. La porta si aprì con quel vecchio cigolio tanto famigliare: “Lady America! Cosa ci fa qui?” non ricordavo il nome di quella guardia ma non avrei mai dimenticato come l’avevo conosciuta,
“Lei... Lei è la guardia che mi fece uscire in giardino la prima sera a Palazzo.” Dissi con le lacrime agli occhi. Maxon, era stato lui ad ordinargli di lasciarmi uscire ed era rimasto con me mentre piangevo e lo insultavo. Sospirai. Quel giovane ragazzo mi sorrise e annuì.
"Si signorina, sono proprio io. La prego entri, non è sicuro rimanere fuori.”
“Suppongo che non vi sia ancora arrivato l’ordine di rientrare a palazzo.” Lui scosse la testa.
“Perché dovrebbe?”
“Perché sono stata cacciata dalla Selezione. Non credo che ormai sia utile per i ribelli farmi del male.”
Sorrisi triste “Può andare. Non c’è più bisogno che lei rimanga qui.”
“Non posso lasciare il posto senza un ordine ufficiale.” Sospirai.
“Capisco.” Senza aggiungere altro e senza aspettare che mi rispondesse mi diressi in cucina.
“Chi era alla porta?” chiese mia madre.
“Mamma…” mia madre lasciò cadere il piatto che stava lavando che si frantumò a terra e si girò lentamente. Quando i suoi occhi incrociarono i miei non ressi più e crollai a terra in lacrime. “Mamma perdonami! Non avrei mai dovuto fare una cosa del genere davanti a tutto il Paese! Ora è tutto finito! Ho perso tutto mamma!” I singhiozzi mi scuotevano le spalle e mi toglievano il fiato. La mamma corse accanto a me e mi prese tra le braccia come faceva quando da bambina cadevo e mi sbucciavo le gionocchia. “bambina mia non piangere!” rimanemmo in silenzio per un tempo che mi sembrò infinito: io tra le braccia della mamma che mi cullava e mi baciava la testa per calmare il mio pianto.
“America amore… non piangere. Vieni, sediamoci sul divano.” Mi aiutò ad alzarmi e mi scortò verso il piccolo e logoro divano nel salone. La guardia era ancora accanto alla porta. Quando mi vide arrossì e abbassò gli occhi. “Signora Singer, vado a fare un giro di ronda. Se ha bisogno mi chiami.” La mamma si limitò ad annuire mentre mi stringeva al petto. Posai la testa sul suo cuore ascoltando i battiti regolari cercando di tranquillizzarmi. Dopo un po’ i singhiozzi si erano placati ma le lacrime continuavano a scendere lungo le mie guance inzuppandomi la felpa.
“Mamma… mi dispiace cosi tanto.” Non sapevo cos’altro dire.
“Oh America! Non devi dispiacerti per me o per tuo padre… noi siamo felici se tu sei felice. Non vogliamo vederti così”
“Ma in questo modo vi ho fatto perdere anche i soldi!” i sensi di colpa si aggiungevano al dolore per aver perduto Maxon e questo era straziante. Lei scosse la testa.
“Amore mio. Non importa. Ce la siamo sempre cavata in tutti questi anni. Tu piuttosto, stai bene?” decisi di essere onesta “no.” Chiusi gli occhi per ricacciare indietro altre lacrime.
“tuo padre, May e Gerard torneranno tra poco. Se vuoi andare a riposare un po’ ti sveglio quando tornano” Annuii e mi alzai in silenzio dirigendomi verso la camera da letto. Aprii la porta e mi sedetti sul bordo del letto. Gli occhi mi andarono istintivamente alla casetta sull’albero dove io e Aspen ci incontravamo in segreto. Aspettai una qualche reazione del mio cuore a quei ricordi e invece non arrivò nulla, mi stesi sopra le finissime coperte e chiusi gli occhi; due occhi marroni mi guardavano, il suo odore mi colpiva le narici e vedevo ancora i suoi denti bianchissimi disegnare uno di quei sorrisi che mi toglievano il fiato: Maxon – mi dispiace cosi tanto – pensai. Sperai che quel pensiero potesse raggiungerlo in qualche modo e prima che le lacrime spingessero di nuovo per uscire mi addormentai. “America…” quella semplice parola mi destò dal sonno. May era china sopra di me con le lacrime agli occhi e un sorriso triste sulle labbra. Senza dire nulla mi gettò le braccia al collo e io feci lo stesso. Avevo un disperato bisogno di mia sorella ora.
Tirai su con il naso “Non proprio regale direi.” Risi di quel mio commento e sentii May fare lo stesso. “In effetti no.” Mi disse sorridendo.
“Non sarei mai potuta diventare una principessa.” Lei mi guardò in silenzio e mi cinse le spalle con un braccio. “è ora di cena… se vuoi posso portarti il piatto qui.” May, la mia dolce sorellina che si preoccupava per me. Le sorrisi leggermente sollevata.” “No vengo giù.” Mi alzai dal letto ancora vestita come Mary, Anne e Lucy mi avevano vestita per la partenza. Quando arrivai in sala mi sedetti, senza dire nulla, al mio solito posto e incrociai per una frazione di secondo gli occhi della mia famiglia. Abbassai lo sguardo immediatamente, sapevo che erano molto preoccupati e dispiaciuti di vedermi così quindi tenni gli occhi fissi sul misero piatto della cena e mi limitai a sbocconcellare qualcosa. Stranamente nessuno parlò per tutto il pasto. Dopo pochi bocconi mi resi conto di non riuscire ad ingerire più nemmeno una briciola così chiesi il permesso di alzarmi e scappai in bagno. Piegata sul water, ascoltai mio padre parlare alla mamma in cucina mentre vomitavo quel poco che avevo mangiato
“Sono preoccupato. È veramente sconvolta…” sentii la sua preoccupazione spezzargli la voce.
“lo so caro. Non l’ho mai vista così. L’unica cosa che possiamo fare ora è lasciarle un po’ di tempo. Se non dovesse sentirsi meglio cercheremo una soluzione.” Non sentii la risposta di mio padre. Le lacrime riaffiorarono agli occhi e mi appoggiai al water piangendo. “micetta, posso entrare?” mio padre stava bussando sommessamente alla porta del bagno. Io non riuscii a rispondergli ma lui entrò lo stesso.” “oh tesoro!” mi corse incontro e mi prese tra le braccia;
“micia, non piangere. Andrà tutto bene.” Io scossi la testa. “eri così presa da quel ragazzo?” non ci avevo riflettuto molto ma la prima cosa che mi venne in mente era che tutto avrei voluto tranne che lasciarlo andare.
“non lo so papà. So solo che preferirei morire piuttosto che stare lontana da lui.” Mi strinse a se e lo sentii piangere.
“non dire così. Se davvero ne sei innamorata così tanto dovresti pensare anche a lui. So per certo che era sinceramente interessato a te, lui non vorrebbe che ti facessi del male per lui. Vorrebbe che fossi al sicuro, che fossi felice.”
“anche io voglio che lui sia felice…” dissi convinta.
“lo so micia… lo so.” Mi prese in braccio e mi portò in camera mia; Gerard mi guardava spaventato, la mamma piangeva e May ci seguì in silenzio. Papà mi depositò nel letto delicatamente e io mi rannicchiai sotto le coperte piangendo. “May, tesoro… tua sorella ha bisogno di compagnia.” May annuì e si infilò nel letto insieme a me. Mi strinsi al suo petto e lei mi baciò sulla testa; “andrà tutto bene Ames” le lacrime non volevano smettere di scorrere sulle guance e il respiro mi si spezzava sempre più velocemente. Quella posizione mi ricordava la sera in cui io e Maxon avevamo guardato le stelle: le sue braccia forti mi stringevano, il suo odore mi invadeva le narici e il battito del suo cuore mi cullava. In quel momento non mi ero ancora resa conto di quanto fosse importante per me ed ora lo avevo perso per sempre. L’unica piccolissima consolazione era che aveva ancora una ragazza come Kriss da poter scegliere; ero certa che lei lo avrebbe sempre amato e che lo avrebbe reso felice, e questo era l’importante. Non sapevo quanto tempo era passato da quando mio padre mi aveva messa a letto ma sapevo che May si era addormentata profondamente così ne approfittai per scendere velocemente dal letto e dirigermi in sala con una penna e un foglio di carta. “Signorina, cosa ci fa sveglia a quest’ora?” mi chiese preoccupato l’ufficiale Marion “Salve ufficiale Marion… non riesco a dormire. Ne vorrei approfittare per scrivere una lettera.” Lui annuì semplicemente
“Le posso chiedere un favore, ufficiale?” lui mi guardò negli occhi con compassione “Certamente Lady America.” Sorrisi senza convinzione “Potrebbe consegnare la mia lettera a Lady Kriss quando tornerà a palazzo?” lui fece un segno di assenso con la testa.
“Con piacere Lady America.”
“Oh la prego.. non sono mai stata una Lady nemmeno durante la mia permanenza a palazzo.” Abbassai gli occhi triste e tornai a fissare la carta bianca che avevo poggiato sul piccolo tavolo in sala. Sospirai.

Carissima Kriss, sono appena rientrata a casa e già mi manchi. Non so perché ti sto scrivendo questa lettera ma non riesco a dormire e colgo l’occasione per esprimere i miei sentimenti. Conoscere te, il principe Maxon e molte altre ragazze è stato un grande privilegio per me. Non posso negare di essere molto triste all’idea di non poter più cercare di conquistare il cuore di Maxon e di non averti potuto salutare meglio. L’unica consolazione è che lui ha qualcuno che lo ama veramente vicino… tu. Ti prego, fai di tutto per essere tu la sua scelta, rendilo felice, proteggilo da se stesso e da chiunque voglia mai ferirlo, amalo più di te stessa, più di quanto chiunque possa essere amato. Lui merita tutto questo. Se vuoi porgigli i miei saluti e i miei più sentiti ringraziamenti. Ringrazio anche te. Ti prego, non farlo mai soffrire. un abbraccio
                                                                                                                                                America Singer
P.S. ho detto alle mie vecchie cameriere di aiutarti in qualsiasi cosa e di prendersi cura di te. Ti prego di trattarle bene e di dire loro che sono sempre nel mio cuore e che mi mancheranno tantissimo.


Piegai il foglio e lo porsi all’ufficiale Marion con un sorriso. Mi asciugai le lacrime con una mano e mi sedetti sul divano con un libro in mano. Cercai di leggere qualcosa ma i miei pensieri non facevano che riportarmi alle serate che io e Maxon avevamo passato insieme. Decisi quindi di lasciar perdere e mi sdraiai sul divano con un braccio a coprirmi gli occhi.
“Signorina… sta bene?” Scossi la testa. “C’è qualcosa che posso fare per lei?”
“Se sa come tornare indietro nel tempo si.”
“Mi spiace deluderla allora” mi disse scherzosamente. Riuscì a strapparmi un lieve sorriso
“Sono contento di averla fatta sorridere.” Mi disse sinceramente
“Grazie ufficiale Marion”
“Mi chiami pure John.”
“John.”
“Vuole parlare di qualche cosa?”
“Apprezzo i suoi tentativi ma non credo sia opportuno parlare del principe Maxon con una delle sue guardie.”
“Capisco…” disse triste “mi dispiace averla ferita John.” Dissi guardandolo fugacemente negli occhi. Lui mi sorrise timidamente
“Non si preoccupi signorina. Capisco che in questo momento non ha voglia di parlare con nessuno.” Annuii. Lui non parlò più e cosi, nel giro di pochi minuti mi addormentai. La mattina seguente mi svegliai con un bussare insistente alla porta. Mi alzai e andai ad aprire alla porta. “Lady America! Ci spiace disturbarla ma il re ci ha ordinato di avvertire l’ufficiale Marion che lei e la sua famiglia non avete più bisogno dei suoi servizi." Non risposi mi limitai a lasciare la porta aperta e a sedermi di nuovo sul divano.
“John! È arrivato l’ordine di cui ti dicevo ieri…” dissi con voce roca per il sonno e per le lacrime che avevo versato il giorno prima. L’ufficiale Marion uscì dal bagno velocemente e si avvicinò a me. Mi prese la mano e la portò alle sue labbra. “Si faccia forza signorina. Vuole che porti i suoi saluti a qualcuno?”
“Per favore saluti da parte mia le mie vecchie cameriere.”
“Nessun’altro?” scossi la testa.
“Ne è sicura?”
“Si ufficiale, sono sicura. Le chiedo solo di ricordarsi di consegnare la mia lettera a Lady Kriss.” Lui fece un lieve inchino e uscì dalla porta seguito dalle altre guardie. Sul tavolo della cucina trovai un bigliettino.

Tesoro, siamo a lavoro. Gerard è con tua sorella Kenna, May è con noi. Non preoccuparti per loro. Torneremo tardi questa sera. Se hai bisogno di qualcosa chiama al numero che ho scritto dietro. Ti vogliamo tutti tanto bene. Siamo orgogliosi di te. Mamma e papà.

Perfetto. Avrei avuto una giornata intera per stare un po’ sola con me stessa senza preoccuparmi di far soffrire la mia famiglia. Ecco una piccola consolazione. Sorrisi sollevata e mi accoccolai sul divano rifiutandomi di piangere ancora.
   
 
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