E' facile capire come nel mondo
esista sempre qualcuno che attende qualcun'altro,che ci si trovi in un deserto
o in una grande città. E quando questi due esseri s'incontrano e il loro
sguardi s'incrociano,tutto il passato e tutto il futuro non hanno alcuna
importanza.
Imprinting
Emily ci
aveva invitati a casa sua con una telefonata frettolosa, accompagnata da risate
di sottofondo e urla, che mi avevano lasciato un punto interrogativo nella
testa.
Mi venne da
sorridere, mentre immaginavo dei meravigliosi muffin al cioccolato su di un
piatto di porcellana, che ancora fumavano e emanavano un profumo da acquolina
in bocca, come motivo di quella richiesta improvvisa.
Mi sistemai
meglio sul sedile, mentre Jacob di fronte a me parlava (ancora) di Bella Swan e
del suo succhia sangue.
Roteai gli
occhi leggermente scocciato, incrociando la faccia intrisa di disgusto di Paul.
Sorrisi divertito, ascoltando con disinteresse gli incessanti sproloqui che
andavano avanti da più di un’ora.
Fu quando
nominò ancora Edward Cullen che sorrisi sadicamente, sporgendomi verso il mio
migliore amico, appoggiando il mento sul sedile di pelle nera, un passo dal
volto suo volto.
«Ehi, fratello, non è che hai una cotta
per lui, vero? Inizio ad essere geloso», feci sarcastico, arricciando le labbra
in una smorfia di falso pianto e dolore, strappando una risata a Paul, seduto accanto
a me.
Mi risedetti composto e soddisfatto, osservando
la carnagione solitamente scura di Jacob impallidire impercettibilmente, in un
modo che, probabilmente, un normale essere umano non nemmeno notato; mi fulminò
con lo sguardo, minacciandomi solamente con l’espressione del viso di morte
immediata se non mi fossi mangiato istantaneamente ogni singola parola
pronunciata.
Gli sorrisi nuovamente con innocenza canzonatoria,
prima di farlo esplodere.
Notai i peli delle sue braccia rizzarsi,
contemporaneamente la sua tempia pulsare. Un calore improvviso si espanse per
l’automobile, e Paul cacciò un ringhio infastidito, muovendosi agitato sul sedile,
come se qualcosa stesse pizzicando il suo sedere.
Inarcai un sopracciglio nero, osservando
Jacob dritto negli occhi: per noi non era necessario essere trasformati in lupi
per leggersi dentro.
Bastò infatti quello sguardo per fargli
ritrovare la calma, tanto che poi si sciolse in un sorriso di crudeltà.
«Tappati la bocca, idiota. Quello che
cambia mire ogni tre per due sei tu, perché non potresti cambiare anche sesso?»,
mi domandò retorico e scocciato, ancora una nota di imbarazzante rossore sul
volto, nonostante l’ire fosse ormai del tutto scomparsa.
Jared lo fissò fiero che non avesse perso
il controllo, svoltando a destra, imboccando una sterrata stradina di montagna
sconosciuta ai turisti.
Con un sorriso di spavalderia, mostrai la
mia fila di denti bianchi, un netto contrasto con la carnagione scura,
battendogli una pacca sulla schiena, fissando Jacob con sicurezza.
«Non è colpa mia se tutte le donne del
mondo mi desiderano, fratello.»
Jared inarcò un sopracciglio con
scetticismo, facendo scoppiare me e Paul in una risata sguaiata. Anche Jacob si
lasciò sfuggire una risatina, prima di accomodarsi comodamente al sedile,
iniziando a scrutare il paesaggio al di là del finestrino.
La pancia ancora mi stava dolendo per il
riso e brontolando per la fame, quando Jake si voltò
a guardarmi, l’ombra di un sorriso di vittoria sul viso.
«Non vedo l’ora che avvenga il tuo
imprinting, Quil. Potrò sfotterti fino alla fine dei tuoi giorni, visto che ti
vanti tanto del fatto che tutte le donne ti desiderano. Quando non potrai più
concederti sarà una pacchia!», la sua voce eccitata fece sbuffare Paul, il cui
stomaco brontolava vivacemente, in un chiaro segno di protesta sulla strada
decisamente troppo lunga per la casa di Emily, facendomi capire che non ero
l’unico a soffrire la fame.
Gli scoccai un’occhiata eloquente, prima
di adocchiare la nostra meta oltre un paio di pini, facendolo azzittire.
«Quando succederà, Black, il mondo
finirà. Quil Ateara non può concedersi ad una donna soltanto, bello.
Impossibile che una donna faccia perdere la testa al sottoscritto.»
Lo sentii ridere e lo accompagnai,
saltando al volo giù dall’automobile quando Jared si fermò, di fronte al piccolo ed accogliente nido d’amore di casa Uley – o così lo chiamavano Jared e Jake.
Ignorando le minacce di Paul («Se finisci
da mangiare ti affetto!»), mi precipitai in casa di Emily di corsa, spalancando
la porta e buttando a terra un paio di quadri attaccati alle pareti, che
ritraevano lei e Sam, in una qualche gita romantica.
«Ops»
Ben attento che non ci fosse nessuno, mi
chinai a raccoglierli.
Uno dei vetri si era spezzato nella
caduta e, quando lo raccolsi, mi graffiai il dito. Il sangue cominciò a
sgorgare e storsi il naso stizzito, imprecando sottovoce.
Quando sollevai gli occhi, mi trovai di
fronte a due pozzi blu.
Sbattendo le palpebre, notai una bambina.
Una bambina con un vestito azzurro ed una bambola stretta tra le mani, che
osservava il mio graffio quasi del tutto rimarginato, grazie al mio essere diverso.
Sentii un groppo in gola, nell’osservare
i suoi boccoli biondi, che sembravano splendere alla luce del sole – luce che,
come notai solamente in seguito, non vi era, visto che le nuvole coprivano il
cielo.
Si chinò verso di me, ed il cuore iniziò
a battere quasi appartenesse ad un cavallo imbizzarrito e dimenticai la fame e
i vetri per terra quando sentii il suo profumo invadermi le narici.
Il respiro mi si fece irregolare ed uno
strato di sudore iniziò a ricoprire la mia pelle.
«Bua?», domandò con un visino preoccupato
la piccola.
Notai il modo grazioso in cui aveva
arricciato le labbra, e provai l’assurdo desiderio di sentire ancora la sua
voce, che era sembrata quasi una splendida melodia al mio udito sviluppato.
Ancorai il mio sguardo nel suo, rimanendo
folgorato dalla piacevolezza di quel viso da bambina.
Il naso piccolo all’insù era arricciato
in un gesto di stizza, e le guance paffute erano probabilmente pizzicate dai
denti all’interno dalla sua bocca.
Mi persi a contare le efelidi che le
tempestavano il viso, beandomi di lei.
Fu in quel momento che si chinò sul mio
dito, poggiandovi un leggerissimo bacio e trasportando il mio cuore all’interno
di esso.
Si tirò indietro sconvolta probabilmente
dal mio calore, toccandosi le labbra con il dorso della mano, la faccia intrisa
di stupore infantile.
La scottature che lei aveva provato,
però, non era niente in confronto al mio dito in fiamme. Sembrava quasi che le
sue labbra, piccole, rosse ed a forma di cuore, fossero fatte di fuoco, nella
loro morbidezza.
«Guarito.», disse poi con un sorriso
indicando il mio dito; un sorriso che mi procurò una fitta dolorosa al cuore,
come una spada che si conficca nel petto.
Annuii senza ben sapere cosa dire, mentre
notai che tutti i rumori, i respiri e gli scricchiolii in quella casa erano
scomparsi.
Osservavo solamente i capelli mossi dal
vento di quella bambina, rimanendone incantato e lasciando che il suo profumo
di shampoo mi inebriasse i sensi.
Solamente quando lei sollevò lo sguardo
dietro di me capii di non essere più solo.
«Tutto bene, fratello?»
«Il giovincello si è fatto male»,
tuttavia, sentii solo vagamente la voce incuriosita di Jared e quella
canzonatoria di Paul, da qualche parte dietro di me.
Sollevai una mano, andando a sfiorare la
sua guancia paffuta e rossa, e ancora il mondo si annullò in un istante,
portandoci in una dimensione nuova ed unica, in cui i borbottii di Jacob, il
gridolino di stupore di Emily e lo stomaco brontolante di Paul erano solo un
ricordo.
Dimenticai il mio essere, mentre la
prendevo tra le mie braccia e mi facevo accarezzare dalle sue dita, così
piccole e sottili.
Tracciò i segni del mio viso, sentendo il
mio calore sotto i polpastrelli, ridendo di quella stranezza.
La sua risata cristallina ed aperta mi
riempì le orecchie, e fu il suono più meraviglioso che avessi mai udito in
tutta la mia vita.
«Come ti chiami?», le domandai con voce
roca, sbattendo le palpebre.
Lei fece lo stesso, inclinando il capo e
lasciando che una ciocca le ricadesse di fronte agli occhi.
«Claire, e tu, signore?»
«Quil, sono Quil», mi complimentai con me
stesso per non essermi dimenticato il mio nome, lasciando che Claire scrutasse
con interesse i miei capelli corti.
In quel momento pensai che Claire fosse
il nome più bello del mondo, mentre la presenza di Emily ci raggiungeva.
L’osservai stupito, chiedendomi da quanto
fosse in quel corridoio, con noi.
«Ci sono i muffin, di là», borbottò
incerta, inarcando la sopracciglia del lato sano del viso e alternando lo
sguardo da me a Claire, come se stessa guardando un incontro di tennis.
«Ti raggiungeremo. Ti va di giocare,
Claire?»
Claire mi sorrise, annuendo con enfasi e
lasciando un bacione umido sulla mia guancia, mentre si dimenava per poter
scendere.
Quando la sua figura minuta scomparve in
cucina sentii improvvisamente un vuoto, e le sarei probabilmente corso dietro
se Sam non mi avesse fermato per il braccio.
«Che diavolo succede?», domandò furioso,
mentre Emily deglutiva e Jared boccheggiava.
Feci saettare lo sguardo sulla porta in
cui era scomparsa Claire, prima di liberarmi dalla sua stretta.
«Non lo so, ok?»
«Lo so io che c’è, Quil. Finalmente potrò
sfotterti a vita! Una donna non potrà niente, con te, ma Claire..»
Tutti voltammo lo sguardo verso Jacob,
ripresosi dallo shock, che sorrideva da un orecchio all’altro ed aveva l’aria
più soddisfatta del mondo.
Persi del tutto interesse per la sua
battuta lasciata in sospesa quando Claire riapparve, nelle mani una barbie ed
un Ken.
«Quil! Quil! Tu fai il papà e io la
mamma, sì?»
Mi chinai su di lei, non concentrandomi
sul reale significato di quelle parole che, in seguito, sarebbero state il mio
più grande e segreto (per lei) desiderio.
«Ogni cosa che vuoi, Claire.»
Quelle parole furono pronunciate con
tutta la sincerità che possedevo, mentre le scostavo una ciocca dal viso.
N/a
Ringrazio amimy
per il giudizio positivissimo e mi complimento che le
altre podiste!
Sono più che soddisfatta del risultato e
devo dire che la Fic non mi dispiace.
Amo Quil e Claire. In questo momento è
l’unica coppia che riesco a shippare di Twilight.
Mì.