Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: Merione    23/05/2017    4 recensioni
È così che va il mondo, il potere fa gola a tutti, e va oltre le nostre capacità il saperlo gestire.
Il Regno di Huran è appena uscito da un brutto periodo. Una devastante rivolta ha messo a soqquadro l'intero Regno. Il Grande Padre, tuttavia, è riuscito a sedarla e a catturare l'ispiratore e capo della rivolta. La legge vuole che venga processato, ma la sua sorte è già decisa.
- - Questa storia fa parte della serie Spiragli di Huran. Tutte queste storie sono contrassegnate dalla sigla SH. Consiglio di leggerle in ordine di pubblicazione, ma chi preferisse l'ordine cronologico interno, può leggere seguendo la numerazione nel titolo. - -
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Spiragli di Huran'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
IL PROCESSO

Nell’aula regnava un sottile mormorio di curiosità e attesa. Mai prima d’ora il Grande Padre aveva deciso di celebrare in pubblico una processo contro un criminale accusato di alto tradimento. Quella mattina, attorno al Palazzo, si era radunata una enorme folla composta in parte dalle vittime, dirette o indirette, della rivolta e in parte da curiosi venuti da ogni parte del Regno per assistere a quello che si preannunciava come il più importante spartiacque della storia recente. Per accogliere una tale moltitudine era stato necessario allestire il tribunale nella sala più grande del Palazzo, solitamente usata per balli e feste, ma in cui da mesi, dati gli eventi tumultuosi appena conclusi, non risuonava ormai neanche più una nota.

Il brusio cessò istantaneamente non appena la porta principale si aprì e, al suono di una campanella, entrò il Grande Padre, con indosso il suo abito più solenne, seguito da quattro giudici, anch’essi in alta uniforme. Gli occhi di tutti i presenti li seguivano mentre percorrevano il corridoio tra la folla e raggiungevano il banco posto in fondo alla sala, dove si sistemarono. Non appena furono tutti pronti, il silenzio fu rotto dalla possente voce del Grande Padre.

- Si dia inizio al processo. Fate entrare l’imputato.

A quelle parole, dalla stessa porta principale da cui erano venuti i giudici entrarono due guardie reali che scortavano, al centro, un personaggio dalla corporatura massiccia e dalla pelle olivastra. Teneva il volto rivolto verso il pavimento, ma non appena fu davanti al banco dei giudici alzò lo sguardo, puntando i suoi occhi neri come la pece verso quelli chiarissimi del Grande Padre. I due colossi si fissarono intensamente per qualche secondo, rendendo palpabili tutta la tensione del momento e l’odio che provavano l’uno per l’altro. Un sorriso beffardo comparve per un attimo sul volto dell’imputato. Il Grande Padre cominciò a parlare.

- Non credo ci sia bisogno di introdurre l’imputato. Tutti i presenti lo conoscono fin troppo bene. Giudice Kalib, la prego di leggere l’atto d’accusa.

- L’imputato è accusato di alto tradimento contro la persona del Grande Padre e di attentato alla pubblica sicurezza di tutti gli abitanti del Regno di Huran. I fatti contestati sono l’istigazione alla rivolta appena conclusasi e la guida della stessa. La pena prevista dal Codice delle Leggi è … la Ruota.

Alla parola Ruota, la folla fu percorsa da un fremito di sorpresa e orrore. Si trattava della massima pena prevista dall’ordinamento e mai era stata applicata fino a quel momento: nessuno ne aveva esperienza né sapeva in cosa consistesse. Si sapeva solo che portava all’annullamento dell’individuo e questo bastava perché tutti si guardassero bene dallo sfidare la Legge fino a tal punto.

- Bene. L’accusa è chiara. Tutti voi – disse il Grande Padre, rivolto al pubblico – avete vissuto mesi di paura e terrore a causa di costui. Le nostre vite sono state sconvolte da un evento terribile, di una portata che mai il Regno di Huran aveva conosciuto prima. I Templi della Vita di tutto il Regno traboccano di feriti e gli incantatori stanno lavorando giorno e notte per ristabilire la loro salute. Molte persone a voi care sono tra quei feriti, e solo dopo lunghe ed estenuanti cure potranno tornare a casa, se ne avete ancora una. Molte famiglie sono rimaste senza possedimenti. Molte città, inclusa la nostra Capitale, sono state devastate, se non addirittura rase al suolo. Case, campi coltivati, allevamenti, botteghe, poco è rimasto. E tutto questo perché? Perché uno solo riteneva che le regole sotto le quali viviamo in pace da secoli, dai tempi della nascita del primo della nostra razza, dovessero essere cambiate. Costui ha tradito non soltanto me, il vostro Padre e Protettore, ma tutti voi. Tutti voi siete stati danneggiati dalle sue azioni scellerate. Ha portato dalla sua parte giovani di buona famiglia, beneducati, e li ha resi dei violenti rivoltosi. Ha raccolto attorno a sé la parte più viva della nostra società, coloro in cui riponevamo le nostre migliori speranze per un futuro splendido, e li ha resi alla stregua della feccia che popola le nostre strade. E oggi questi giovani, belli e sfortunati, sono rinchiusi nelle prigioni di tutto il Regno, dove attendono inermi di scontare la loro condanna. Resteranno rinchiusi in cella per anni, e verranno sottoposti all’Incanto della Purificazione – un nuovo sussulto percorse la folla – per estirpare dalle loro menti i germi malvagi inculcatigli da questo sobillatore. Oggi, in quest’aula, ho espressamente chiesto che vi fossero aperte le porte, perché tutti vedeste e ricordaste negli anni a venire colui che ha rischiato di sovvertire l’ordine che regola la nostra vita da sempre, prima che venga sottoposto alla peggiore delle nostre pene, la più terribile, la pena che mai era stato necessario applicare prima d’ora.

Il Grande Padre s’interruppe, si voltò verso una porta laterale e fece segno alla guardia che la presidiava di aprirla. Trasportato su un carrello con ruote di diamante, venne fatto entrare uno strano oggetto di forma circolare, che mai nessuno aveva visto prima. Aveva un diametro di almeno due metri e mezzo e sembrava fatto di un materiale simile al ferro più duro e pesante che si potesse estrarre dal suolo. Lungo la circonferenza erano incise parole e formule antichissime, in una lingua che ormai nessuno parlava più, mentre al centro una grande cavità permetteva l’ingresso anche alla più grande tra le persone.

- Questa – riprese il Grande Padre – è la Ruota. Fino ad oggi è stata conservata nei sotterranei del Palazzo, nella speranza di non doverla mai usare. Il primo Grande Padre, oltre un milione di anni fa, la fece costruire con l’aiuto di un potente incantatore per imprigionare chi mai avesse osato mettere in pericolo la sicurezza del Regno, e la formula di attivazione si tramanda di Padre in Padre da allora. Sono desolato di dover essere il primo a pronunciarla, ma le azioni di questo traditore mi vedono costretto. Prima di esprimere la condanna definitiva, tuttavia, voglio dare la possibilità al traditore di proferire le sue ultime parole e formulare la sua difesa, se ne ha desiderio.

Tutti si voltarono verso il condannato, ansiosi di ascoltare cosa avrebbe avuto il coraggio di dire di fronte a quel discorso e a quelle accuse tanto stringenti. Per qualche attimo, ci fu il silenzio. Poi cominciò.

- Non parlerò molto. Non voglio rubarti altro tempo, Padre – pronunciò quest’ultima parola con un tono che lasciava palesemente trapelare una malcelata ironia – Mi rendo conto che il tuo tempo è prezioso. Come hai detto, il Regno è in condizioni disastrate: feriti, case distrutte, poderi da ricostituire, giovani plagiati da far rinsavire. Avrai molto lavoro da fare per far tornare tutto come prima. Tutto secondo i tuoi desideri. Ma d’altronde, questo Regno è tuo, no? Puoi farne ciò che desideri. Sei il nostro Grande Padre, e in quanto tale, noi tutti siamo i tuoi piccoli figli, piccoli esseri che non godono della tua fortunata discendenza, che non hanno l’autorità per decidere delle proprie vite, né la competenza per fare delle scelte oculate. Solo tu sai cos’è meglio per noi, e ti prodighi tanto per il nostro bene. Oh, che grande fortuna per tutti noi averti qui!

- Taci! – interruppe il Grande Padre - La tua indole è ben nota! Sei malvagio, impulsivo, irragionevole. Se la tua patetica rivolta fosse andata a buon fine avresti condannato il Regno alla dittatura e alla sofferenza. Sappiamo che ti piacciono il lusso, le belle donne, il buon cibo. Sei rozzo e poco acculturato. Hai sempre rifiutato i servigi che il Regno mette a disposizione di tutti per la crescita personale. Il Regno governato da te si sarebbe sgretolato nel giro di qualche anno, mentre la mia dinastia lo governa saggiamente da millenni!

- La tua dinastia, forse. Ma non tu. Metà delle accuse che mi rivolgi potrebbero essere riferite anche a te. Le nascondi sotto quelle belle vesti e fai finta che non esistano. La verità è che tu sei come me. Assetato di potere. Certo, sarai acculturato, avrai alle spalle la tradizione della nobile dinastia dei Grandi Padri, userai metodi diversi da quelli che ho provato a usare io, meno violenti, più subdoli, ma non esiste altra differenza tra me e te. Guarda, questo doveva essere un processo, ma la condanna è già decisa. Verrà eseguita tra pochi istanti, davanti agli occhi di mezzo popolo. Questa sarebbe la tua bontà? Questa sarebbe la tua giustizia? Il mio unico errore è stato quello di non andare fino in fondo. Ho fatto un passo falso, e hai prevalso. Devo accettarne le conseguenze: sapevo fin dall’inizio a cosa andavo incontro. È vero, io avrei regnato in maniera dispotica. Avrei dato sfogo ai miei vizi, alle mie passioni. Avrei violentato donne e rubato beni e ricchezze. Il popolo avrebbe vissuto nel terrore. Ma non è forse ciò che fai già anche tu? Magari non in maniera palese, certo, ma tutti sanno ciò che accade, e il popolo vive comunque nel terrore. È così che va il mondo, il potere fa gola a tutti, e va oltre le nostre capacità il saperlo gestire. È la nostra natura. Io non sarei stato un governante migliore di te, ma questo non vuol dire che tu faccia di meglio. Mi hai chiesto di pronunciare le mie ultime parole. Ebbene, dirò ciò che tu non vuoi che nessuno possa mai né dire né pensare, dirò ciò che se qualcun altro dicesse gli farebbe guadagnare la stessa pena che sto per subire io. Eccole le mie ultime parole: io non ti temo.

- Basta! Finiamola qui! Queste parole sono insensate! Portate la Ruota!

Un gruppo di guardie, con visibile sforzo, spinsero il pesante carrello fino al cospetto del Grande Padre. Una volta in posizione, il condannato venne fatto entrare nella cavità centrale e venne immobilizzato, per evitare che tentasse la fuga, sebbene fosse chiaro dalla sua espressione fiera che non ci avrebbe provato comunque. Una volta in posizione, il Grande Padre si avvicinò e, accompagnandola con un ampio movimento di braccia, sussurrò la formula segreta che attivava la Ruota, che solo lui conosceva.

Dalla cornice esterna del manufatto comparvero dei raggi di luce che, sotto gli occhi increduli dei presenti, formarono come una gabbia attorno all’apertura dove il condannato aspettava il suo destino. Gradualmente, la gabbia di luce si strinse sempre più, fino ad aderire al corpo del condannato che, ancora col suo sorriso beffardo sulle labbra, si smaterializzò, lasciando vuota la Ruota. Il silenzio avvolse l’aula, finché non fu rotto nuovamente dalla possente voce del Grande Padre.

- La condanna è stata eseguita.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Merione