Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Penny83    25/05/2017    11 recensioni
«Non ho scelto di diventare Re. Non ho scelto di proteggere la mia gente dal più grande esercito che sia mai esistito, fatto di uomini che non si possono uccidere perché sono già morti. Lo devo fare e basta. Però ho scelto te. Tu sei la mia scelta. Ho scelto di combattere perché tu potessi tornare a casa, ho giurato di tenerti lontana dall’oscurità il più a lungo possibile, ma a volte lo rendi dannatamente difficile».
Sei il motivo per cui vivo, combatto e respiro. Sei tutto quello che ho.
Per sempre.
Non le aveva mai parlato così. Mai con quella intensità. Sansa lo sapeva, lo percepiva ma fino allora era rimasto taciuto sotto la superficie sottile della loro nuova vita condivisa.
Come poteva dirgli che per lei era lo stesso? Che lui l’aveva strappata da un diverso tipo di oscurità? Che aveva ricominciato a ricostruire se stessa partendo da lui? Una casa, una vita, un futuro. Sansa voleva vivere di nuovo e voleva farlo con Jon.
Con Jon e nessun altro che Jon.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Sansa, amore, svegliati.
Ci aspettano nella Sala Grande.
Vogliono risposte. Vogliono che prendiamo delle decisioni.
Il nostro letto resterà qui ad attenderci.
Per un’altra notte.
Sono solo nostre le notti. Lo sai che sono solo nostre?
Jon si riveste. Lentamente. Un indumento alla volta.
La tunica, il farsetto. I pantaloni. Si domanda dove sia finito il mantello. Lo indossava la sera prima? Non ricorda.
Forse dovrei chiamare Podrick.
Ma Sansa dorme ancora. La spalla candida spunta da sotto le pellicce.
Non vuole condividere con nessuno quello spettacolo. Può vestirsi da solo, l’ha sempre fatto.
E poi deve svegliare la sua bella moglie. È tardi.
Muore dalla voglia di svegliarla. Si siede sul letto e si china su di lei. Le scosta i capelli per baciarla dietro l’orecchio.
«Jon».
Ride.
Sansa che ride di primo mattino.
Inspira a fondo e ringrazia gli dei. Sa di avere davanti una giornata difficile ma si consolerà con il pensiero di questo istante durante le ore che lo terranno separato da lei.
«Devo andare, amore. Grande Inverno si sta svegliando, a momenti Davos verrà a bussare alla mia porta con i dispacci del mattino».
Sansa si rigira sotto le pellicce, gli mette le braccia intorno al collo e lo tira a sé.
«Manderò qualcuno a dire che il Re questa mattina non si sente bene. Forse riceverà nel pomeriggio… forse domani… forse tra sette giorni… o tra mille… »
Gli bacia il mento, gli zigomi, le labbra. Cerca di non pensare che tra lui e la pelle di sua moglie c’è solo la pelliccia sotto cui si sono scaldati durante la notte, altrimenti non sarà più capace di andarsene.
«Quanto egoismo Vostra Grazia. La Regina ama il marito forse più del suo Regno?»
Perché il Re ama la moglie più di ogni cosa.
«Assolutamente sì».
Sansa dischiude le labbra e lo cerca per un bacio più profondo. Il desiderio di lei è ancora disarmante per Jon. Stenta a credere che Sansa lo voglia, lo accolga, risponda alle sue carezze con altrettanto amore e passione. Lui vorrebbe non dover smettere mai.
In fin dei conti Ser Davos può attendere qualche minuto.
La solleva, districandola dal groviglio di pellicce e lenzuola. Le sue dita scivolano fino in fondo alla schiena nuda.
Ha sentito parlare di questo – di passioni che tolgono il sonno e la ragione – ma non vi ha mai creduto fino in fondo. Di nuovo si ritrova a pensare ai suoi genitori, cominciando a intuire cosa gli abbia spinti a tradire la famiglia, il dovere, la propria gente. Per questo.
A breve gli ultimi pensieri rimasti si scioglieranno come neve al sole…
Un colpo secco. La porta della camera si spalanca e l’aria gelida del corridoio lo investe, insieme alla paura. Si volta, nascondendo Sansa dietro di sé e cercando disperatamente di ricordare dove ha lasciato Lungo Artiglio.
«Per fortuna sei vestito… »
«Per gli dei Arya, ti sembra il modo di entrare!»
Sente il sangue arrossargli le guance per il sollievo e l’imbarazzo. Spettro salta sul letto in cerca delle attenzioni di Sansa che si lascia sfuggire un profondo sospiro appoggiando la fronte alla sua spalla. Sente il suo corpo rilassarsi contro di lui.
Dopo la loro notte potrebbe tracciarne i contorni ad occhi bendati.
Segnare il punto esatto dei nei e delle cicatrici.
Tutto di lei è perfetto e suo in un modo che non sa spiegare – non è possesso ma appartenenza – perché lei ha deciso di fargliene dono.
Il mondo fuori dalla loro stanza li aspetta. Arya è solo venuta a ricordarglielo e non la può biasimare.
«Avresti preferito che lo facesse Gendry?»
«Avrei preferito che bussassi».
Sua sorella – lo è davvero, non smetterà mai di esserlo ed è un pensiero che lo rassicura e solleva tanto quanto pensare che Sansa sia sua moglie – sbuffa impaziente e Jon nota che non indossa i soliti abiti ma ha solo gettato il mantello sopra la camicia da notte. Arya non è attenta alle regole dell’etichetta come Sansa ma il freddo all’interno del palazzo è pungente e solo la fretta può averla indotta a girare per i corridoi senza il farsetto, la tunica di lana e a gambe scoperte.
«Cosa sta succedendo?»
«Hai visite».
«E hanno buttato giù dal letto la sorella del Re e della Regina per farsi annunciare?»
Daenerys Targaryen lo aveva preceduto ed era giunta a Grande Inverno?
Jamie Lannister era venuto a reclamare la testa di Sansa e a costringerlo a inginocchiarsi di fronte alla Regina Folle?
«Per l’esattezza è stato il tuo metalupo a farlo».
«Arya vuoi deciderti a dirci cosa sta succedendo?»
Sansa ha raccattato da terra la camicia da notte. La spensieratezza del risveglio è svanita e con le dita districa nervosamente i capelli per farne una treccia. Appena poserà il piede sul pavimento sarà di nuovo la Regina del Nord.
Per una manciata di ore – per una notte – è stata solo Sansa e lui solo Jon.
Insieme.
Ciò che di più vero e reale esiste al mondo– quello che sono, quello che sei – ora gli sembra solo un sogno.
«Sono arrivati all’alba, Gendry e Brienne si stanno prendendo cura di loro. Se non fosse stato per Spettro sarebbero morti di freddo davanti al portone del palazzo. La tempesta di neve infuriava e le sentinelle hanno cercato riparo dentro ai torrioni, nessuno li ha visti arrivare e onestamente non so come siano riusciti a sopravvivere al viaggio che li ha condotti fin qui».
Sovrappensiero Arya si posa una mano sul ventre. Qualcosa sembra averla turbata e lo sguardo di Sansa si è fatto più attento. Da quando la sorella è incinta il loro rapporto è cambiato. Non in superficie – i bisticci, le diversità, sono rimasti immutati – ma Sansa è più vigile, più protettiva e Arya più incline all’ascolto e meno restia a chiedere aiuto.
«Lui ha chiesto espressamente di te».
Allora non si tratta di cavalieri Dothraki né di cappe dorate.
«Lui chi?»
«Giuro sugli dei che in tutta la mia vita non ho mai visto una coppia più bizzarra e vi assicuro che di cose strane ne ho viste».
«Arya, lui chi? Chi c’è con lui?»
«Una ragazza e un bambino. Hai mai visto un Maestro della Cittadella con un figlio e una moglie?»
No ma ho chiesto a un Guardiano della Notte di partire per Vecchia Citta con un bambino che non era suo figlio e una ragazza che non era sua moglie ma era come se lo fossero.
Sente le dita di Sansa stringersi intorno al suo braccio. Reclamare la sua attenzione.
«Jon?»
Si gira verso di lei e le prende il viso tra le mani. Mai avrebbe pensato di vedere questo giorno.
«Vestiti, vestiti in fretta. Manda qualcuno a preparare una stanza e a prendere coperte, pellicce, abiti puliti. Arya sveglia Bran e raggiungeteci con i nostri ospiti nel solarium. Più tardi avviseremo il Concilio ristretto».
Sansa annuisce, gli prende la mano, ne bacia il dorso. C’è qualcosa nel suo sguardo che non ha mai visto prima.
Una scintilla.
«Come desidera il Re del Nord».
Si prende un po’ gioco di lui perché l’entusiasmo che prova – la speranza – è arrivata fino a lei e ne ha alleggerito i pensieri.
«Sam è tornato».
E non vedo l’ora di presentargli la mia adoratissima moglie.
Nel solarium – oltre a Sam, Gilly e suo figlio – erano presenti solo gli Stark e Meera. Gli ospiti erano visibilmente provati dal viaggio. Per giorni avevano patito il freddo che taglia la pelle e ghiaccia le ossa, forse la fame. Il piccolo aveva corso il rischio di non arrivare vivo a Grande Inverno ma le prime cure ricevute sembravano aver dato un po’ di conforto.
Gilly la osservava con occhi colmi di curiosità facendola sentire come un raro animale delle terre dell’Est. Al suo ingresso la giovane bruta aveva piegato la testa in un minuscolo inchino e Sansa aveva apprezzato la cortesia. Sapeva quanto il Popolo libero disprezzasse quel genere di cerimonie ma la curiosità aveva prevalso sulla naturale diffidenza nei confronti della “gente del Sud” e sospettava che in realtà Gilly morisse dalla voglia di toccare il velluto del suo abito per saggiarne la consistenza o testare la morbidezza della pelliccia che le avvolgeva il collo. Era graziosa e aveva perso molti degli atteggiamenti rudi del Popolo libero. Il periodo trascorso a Vecchia Città doveva aver raffinato i suoi modi e il linguaggio.
«Non avevo mai visto una Regina».
«Beata te».
Tutti risero e Gilly si guardò attorno smarrita temendo di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato. Sansa si sentì in dovere di rassicurarla; per quanto più avvezza della maggior parte dei bruti ai loro costumi, molte cose dovevano sembrarle piuttosto difficili da comprendere.
«Non fare caso a mia sorella, le piace scherzare».
Gilly annuì e rivolse la sua attenzione alla più giovane delle Stark. Indugiò qualche secondo prima di avvicinarsi e chiedere il permesso di toccarle il ventre.
«Mancano poche lune».
«È difficile stabilirlo. I giorni sono tutti uguali e dannatamente freddi, se ne perde facilmente il conto».
Se i calcoli di Sansa erano esatti mancavano ancora tre dei suoi cicli di luna ma Arya aveva ragione: era difficile prevederlo con certezza. La vecchia Nan diceva che i bambini nati durante l’Inverno spesso nascevano più tardi dei figli dell’Estate, come se sapessero già che la vita sarebbe stata dura e volessero affrontarla il più tardi possibile.
«Il mio bambino è nato oltre la Barriera, là è sempre inverno».
Se fosse toccato in sorte a Sansa probabilmente sarebbe morta.
Come zia Lyanna.
Partorire era pericoloso e farlo in condizioni critiche non certo auspicabile sebbene fosse la normalità per molte donne, soprattutto al Nord. Catelyn Stark aveva messo al mondo cinque figli, tre dei quali nati dopo di lei, e ricordava ancora con sgomento l’angoscia di Lord Eddard che attendeva fuori dalle stanze della moglie, gli ordini secchi e rapidi di septa Mordane alle serve, la voce rassicurante di Maestro Luwin che incoraggiava sua madre. Non le era mai stato permesso di assistere, Catelyn non lo riteneva uno spettacolo adatto a una ragazzina, e adesso che era una donna e sua sorella era incinta, non sapere cosa avrebbe dovuto fare la riempiva di terrore. Se solo Sam e Gilly fossero rimasti a Grande Inverno, si sarebbe sentita più tranquilla, soprattutto nel caso in cui Jon fosse stato lontano. Non avevano ancora discusso in merito a come avrebbero agito ora che si erano sposati. Jon sarebbe andato comunque dalla Regina d’Argento? Avrebbe rivelato il nome di suo padre? Non prima di aver recuperato il documento da Lord Reed, sempre che lui accettasse di cederglielo. Sarebbe dovuta partire Meera con lui e per Bran sarebbe stato doloroso separarsi da lei.
Aveva sposato Jon perché lo amava, perché non riusciva a immaginare una vita senza di lui. Non si era fermata a pensare a cosa avrebbe significato il loro matrimonio fuori dalle mura di Grande Inverno e quali sarebbero state le conseguenze per il Nord. Presto le avrebbe conosciute sebbene in fin dei conti non le importasse. Era pronta a morire con Jon e per Jon e Samuel Tarly sembrava disposto a fare altrettanto. Aveva esaudito la richiesta di Jon di lasciare le mura sicure della Cittadella per fare ritorno al Nord, trascinando la donna che amava e suo figlio in un viaggio lungo e pericoloso.
È una follia.
«Le tue lettere, Maestro Tarly mi sono state di grande conforto mentre il Re era lontano e sono felice di poterti ringraziare di persona. Considera Grande Inverno come casa tua, anzi vostra».
Il bambino di Gilly sembrava essersi ripreso dal viaggio e sgambettava tra le gambe della madre. Avrebbe voluto potergli dare qualcosa di buono e dolce ma certi lussi cominciavano a scarseggiare anche a palazzo.
«Di qualsiasi cosa tu e il tuo piccolo abbiate bisogno non esitare a chiederla».
«Vostra Grazia è molto gentile».
Cercò con lo sguardo l’approvazione del compagno che annuì.
«Gentile quanto bella. È un onore per noi incontrare te e Lady Arya. Ho sentito tanto parlare di voi. Lord Stark, Lady Reed, è una gioia vedervi da questa parte della Barriera».
«Sam… quanta formalità».
Il giovane maestro aggrottò la fronte ma non disse nulla e Sansa percepì una certa tensione in lui che a Jon, troppo felice di averlo lì, sfuggiva.
«Jon vi considera parte della famiglia e noi siamo la famiglia di Jon. Non potremmo comportarci diversamente senza venire meno alle antiche leggi di ospitalità del Nord e ai vincoli sacri che legano la gente di queste terre».
«Vostra Grazia ha parlato con saggezza».
Di nuovo quella leggera esitazione.
Quella nota di dolore sul fondo.
«Non esiste in tutti i Sette Regni Regina più saggia, gentile e bella».
Jon le aveva preso la mano e l’aveva portata alle labbra. Sansa arrossì mentre i ricordi della notte trascorsa sbocciavano nella sua mente come fiori di campo.
Era un gesto sfacciato, inequivocabile e audace. Una sfida e una dichiarazione.
Sansa la ricambiò posando un bacio leggero sulle nocche del marito che la guardò da sotto le palpebre abbassate. Lo sguardo scuro che agganciava il suo.
E bruciante come il fuoco.
Il tempo si fermò. Intrappolato tra la tensione e il silenzio. Quando avrebbe avuto il coraggio di guardare in faccia Sam e Gilly vi avrebbe letto negli occhi l’incredulità, il disgusto, l’accusa.
La delusione.
Per Jon sarebbe stato terribile e Sansa avrebbe voluto risparmiargli quel momento d’angoscia, gridare ai loro sconcertati ospiti la verità ma non riusciva a muoversi né a parlare.
Fu Jon a rompere l’incantesimo. Le sorrise rassicurante e si voltò verso l’amico.
«Sam… »
Sansa trovò il coraggio e lo guardò ma non vi trovò nulla di ciò che aveva immaginato.
Stupore. Sollievo. Speranza.
«Quindi lo sapete… Da quanto? Come? Sono partito appena l’ho scoperto… Negli archivi della Cittadella ho trovato il tuo atto di nascita. La firma di tuo padre e tua madre. Mi dispiace Jon, so quanto desiderassi conoscerla ma ho letto molto di lei e Lord Reed l’ha conosciuta, potrà parlartene se lo vorrai… Quando il tuo corvo mi ha raggiunto eravamo già in viaggio… Non potevo aspettare, non potevo scriverti, troppo pericoloso. … Dovevo… Tu e Sansa… Sarebbe stato il mio consiglio, temevo mi avresti odiato trovando l’idea repellente ma non c’è altro modo per tenere unito il Nord, lo capisci? Dovete sposarvi e incontrare la Regina d’Argento da pari a pari. Stark e Targaryen insieme, è l’unica possibilità che abbiamo. Non c’è più tempo… »
Un atto di nascita.
La firma di tuo padre e tua madre.
Nessuno avrebbe più potuto gridare all’incesto, dichiararli bugiardi, non riconoscere la loro unione.
Nessuno avrebbe potuto più separarli.
Jon era ufficialmente l’erede dei Sette Regni.
L’erede di tutto.
Il Re del Nord batté le palpebre e dischiuse le labbra, stordito dal fiume di parole, speranza, progetti che lo stava travolgendo. Forse non sapeva da che parte cominciare. Pensava di dover dare una notizia sconvolgente all’amico invece da lui ne riceveva la conferma, siglata e suggellata.
Inoppugnabile.
Gilly abbassò lo sguardo sulle loro dita intrecciate e sorrise. Si avvicinò al compagno e gli prese il viso tra le mani. Riuscì nell’intento, Sam smise di parlare e si limitò a fissarla, riprendendo lentamente fiato.
«Perché non lasci parlare il tuo Re? Penso abbia qualcosa da dirti».
Jon sorrise e fece un passo verso di lui tendendogli la mano, quando Sam l’afferrò lo tirò a sé per un abbraccio.
«Sam, amico mio, ti ringrazio per aver rischiato la tua vita e quella della tua famiglia e per aver custodito un segreto che è costato molto, a tanti».
Non c’era più rabbia nel tono della sua voce, solo una patina sottile di dolore che Sansa avrebbe riconosciuto anche dentro una risata cristallina, perché il dolore di Jon le arrivava fin nelle ossa. Eppure sembrava aver accettato il suo sangue, le bugie, i sacrifici.
Ne soffriva e ne avrebbe sofferto sempre. La perdita di Lyanna, non averla conosciuta, sarebbe stato un nodo difficile da sciogliere, così come lo era stato per suo padre.
Non poterla nemmeno ricordare.
Sansa avrebbe provato a ricucire la ferita. Avrebbe setacciato in lungo in largo i Sette Regni a caccia di un dettaglio, un disegno, una storia. Li avrebbe cuciti insieme e avrebbe raccontato a Jon di sua madre.
Sarebbe stato il suo dono di nozze.
Dopo la guerra.
«Prima di essere il mio Re, sei mio amico e fratello».
La voce commossa del maestro la riportò alla realtà. Sam fece per inchinarsi ma Jon glielo impedì. Quello che avevano condiviso andava di al di là dell’etichetta e degli obblighi formali. Per anni erano stati pronti a sacrificare la propria vita l’uno per l’altro e le cose non erano cambiate. Jon si fidava di Sam e Sam vedeva in Jon una guida, l’unica possibile. Probabilmente avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui e non c’era niente che Sansa comprendesse così bene.
«Adesso basta cerimonie, abbiamo molto di cui parlare e dovete riposarvi, mangiare e indossare vestiti puliti. Ho bisogno di te per dare al mio Consiglio ristretto una notizia importante. Vuoi aiutarmi?»
«Non hai che da chiedere. Di cosa si tratta?»
Jon si voltò verso di lei e tese la mano per invitarla ad avvicinarsi. Senza pensarci l’afferrò e quando gli fu vicino le cinse la vita con il braccio e le baciò la fronte.
«Annunciare a tutti che la più saggia, gentile e bella delle Regine è mia moglie».
   
 
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