Una goccia
cade nel mare.
Potrebbe annegare,
fra vane parole.
Ma può scegliere
di nuotare,
anziché annaspare
fra rose purpuree.
 
Un’ombra può farti impazzire,
se cambia colore
in un vortice oscuro.
Ma basta che accendi una luce,
e qualsiasi colore
svanisce sicuro.
 
È difficile comunicare,
fra cime arroccate
tra le loro nubi.
Ma in sottilissimi tubi
serpeggia un silenzio
che sa già parlare:
si può imparare
a suonare
il silenzio più denso,
in un attimo intenso.
Profuma  d’incenso,
l’altare nascosto
dei nostri sguardi:
neri petardi.
 
Non sono riuscita a dirti
come vorrei scoprirti,
scoprire i miei veli.
L’affetto nei piccoli gesti
val più di una rosa,
di un uovo di Pasqua.
Forse, in fondo, hai ragione,
e non ha mai avuto nome,
il nostro romanzo.
Ma l’ultima pagina,
sai,
non è scritta d’inchiostro,
ma grigia grafite.
 
E non importa
se non dormirò stanotte,
ci son mille notti
sopite nel cielo.
Forse non riuscirò
ad amarmi,
ma proverò a cercarmi,
sul fondo dell’otre
in cui a lungo ho dormito.
 
Questo, almeno, te lo prometto,
e non biasimarmi
se lo scrivo in rima.
La musica abbraccia
le nude parole,
e scrivere al sole
dona calore.
Non biasimare
le mie metafore,
che son scoperte
come ferite:
sono metafore
sincere,
perché sincera
dev’esser la vita.
 
So di poter recuperare,
in quel vasto mare,
un frammento d’amore.
Perché l’amore
è un multiforme Odisseo,
che viaggia per leghe
cercando il suo nome.
Un piccolo pezzo,
lo sai,
l’ho trovato nel porto
salato
del tuo sorriso.
Coltiverò
ciò che non è morto
nel primo sbocciare
del piccolo seme.
 
Ti vedo, ti vedo
nella quiete
lontana da me,
ma una barca è in attesa.
Forse ci salirò prima o poi.
Per ora la guardo,
sospesa.