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Autore: The3rdLaw    27/05/2017    2 recensioni
Quando ci si affeziona troppo ai propri personaggi, si rischia di renderli così tridimensionali da farli diventare molto più di qualcosa di immaginario... (1444 parole)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dietro un epilogo

 
E quella fu la fine di Lady Jolly, e il suo caso ci fa pensare che fosse davvero lei la migliore investigatrice di Vanbury, perché nessun altro riuscì a risolvere il mistero dietro la sua scomparsa.
 
L’autrice aveva scritto chissà quanti punti in vita sua, ma non era mai stato così difficile. Stava facendo la cosa giusta, chiudendo definitivamente quella serie che non solo durava da anni, ma era anche stato ciò che aveva lanciato la sua carriera?
Si riscosse e si disse che sì, era la cosa giusta da fare: non aveva più avventure in serbo per la sua Lady Jolly e, togliendo lei di mezzo, avrebbe avuto tutto il tempo per dedicarsi ai nuovi progetti che aveva in mente. Sapeva che i suoi lettori non l’avrebbero presa affatto bene, ma pazienza, prima o poi l’avrebbero accettato anche loro.
L’autrice si riscosse, mise quel maledetto punto e scrisse la parola Fine in bella grafia in basso a destra alla pagina. La ricalcò, la sottolineò, ci aggiunse alcuni ghirigori, tanto per convincersi che aveva davvero finito di scrivere i casi di Lady Jolly, e che questa volta non avrebbe cambiato idea.
 
Decise di andare a farsi una doccia: lo faceva sempre quando concludeva qualcosa, perché così si lavava via definitivamente ciò che aveva finito e diventava pronta per iniziare qualcos’altro. Era per lei una sorta di rituale di cui non riusciva a fare a meno, a maggior ragione dopo aver compiuto la missione di mettere la parola “fine” su quella che fino ad allora era stata la sua serie più grande: certo, ancora doveva far vedere il manoscritto al suo editore, e di sicuro avrebbe dovuto lavorarci su ancora per molto, ma ormai quello che per lei era il passo più grande era finalmente stato fatto.
Entrò nel bagno e diede una rapida occhiata allo specchio, ma si sorprese nel vedere che al di là del vetro non c’era il suo riflesso; invece c’era una donna alta ed esile, dal pallido volto dai profondi occhi azzurri incorniciato da boccoli neri, vestita con una camicia lilla sotto una giacca e una cravatta entrambe nere, un paio di eleganti pantaloni a gamba larga dello stesso colore e stivaletti di pelle bordò. L’autrice la riconobbe subito: era Lady Jolly!
«Che diamine ci fai a casa mia? Mi sono appena liberata di te, vattene!», le urlò contro.
Lady Jolly fece il suo solito sorrisino sarcastico e scosse la testa.
«Pensavi davvero che ti sarebbe bastato scrivere una conclusione affrettata e ricalcare la parola “fine”? No, dolcezza, ci vuole ben altro».
«Ma sei solo un personaggio di un libro, un frammento della mia immaginazione!».
«Forse lo ero, prima. Eppure pensavo che già lo sapessi: quando l’autore mette così tanto pensiero e amore nel suo personaggio, questo diventa così tridimensionale e reale da essere molto più di un personaggio…».
«Lo so, ma questo succede solo metaforicamente. So come funziona il mio cervello, e so che tu sei solo l’incarnazione di tutti i miei dubbi e le mie nostalgie, e ti dico addio». Detto questo, l’autrice non si curò più del riflesso e di ciò che stava cercando di dire, si fece la doccia in tutta tranquillità e, una volta uscita, vide che nello specchio c’era di nuovo la sua immagine.
 
Passarono un paio di giorni, quando l’autrice decise che era ora di revisionare l’ultimo capitolo dell’ultima avventura di Lady Jolly e di copiarlo al computer dove era archiviato il resto del manoscritto.
Non si curò della critica che il suo personaggio aveva mosso sul finale, dichiarandolo affrettato: a lei sembrava perfetto. A ripensarci, perfetto era forse un parolone, ma andava comunque bene.
Finita la rapida revisione, accese il computer, pronta a copiare il capitolo.
Tutto era tranquillo, e ormai l’autrice aveva smesso di preoccuparsi dello strano incontro con il suo personaggio.
A un tratto, però, lo schermo divenne nero. Non era possibile che fosse stato perché era scarico: il caricatore era collegato e funzionante. L’autrice provò a premere di nuovo il pulsante d’accensione. Funzionò, ma sullo schermo non c’era più la sua pagina. Invece si vedeva uno studio tappezzato di librerie stracolme, ripreso da una telecamera poggiata su un tavolo, al centro del quale sedeva sempre lei, Lady Jolly.
«Ancora tu? Basta, mi sono stancata di questa storia, e sto facendo gli ultimi preparativi per liberarmi finalmente di te. Non vedi che il tuo tempo è finito?».
«Solo perché tu l’hai fatto finire».
«Non aveva più senso continuare. Gli ultimi romanzi che ho scritto su di te sono terribili e non ho più idee originali per te».
«Ma gli ultimi sono piaciuti a tutti tanto quanto quelli vecchi. Stai solo iniziando a essere troppo critica nei tuoi stessi confronti».
«Non è vero, e non m’importa se “sono piaciuti a tutti”. C’eri tu, era ovvio che sarebbero piaciuti!».
«Non hai capito ciò che ti voglio dire, cioè che non hai finito con me».
«Invece sì. Ormai sei solo diventata una macchina fabbrica-successo: molto utile, non lo negherò, ma non è ciò che voglio».
«Ah, ora sono solo questo per te? Una macchina fabbrica-successo? Dov’è finito il tuo entusiasmo? Il tuo amore per il mistero, la suspense e l’umorismo di dubbio gusto?».
L’autrice ammutolì e Lady Jolly sorrise vittoriosa, pensando di aver finalmente convinto la sua creatrice.
«Non è troppo tardi: non hai date di scadenza, puoi cambiare il finale; oppure puoi lasciarlo aperto a un gran ritorno! Lo so che una parte di te non vuole lasciarmi andare».
L’autrice emise un sospiro sconcertato.
«Senti, sono davvero grata per tutto il tempo che ho passato a dar vita a te e alle tue avventure, e non dimenticherò mai il tuo contributo a rendermi ciò che sono ora. Ma adesso è tempo di andare avanti su altri progetti, non c’è più posto per te». Detto questo, l’autrice resettò lo schermo e riapparve la pagina.
“Ma prima devo perfezionare il tuo epilogo”, disse tra sé e sé mentre riprendeva il lavoro.
 
Passarono mesi e Lady Jolly non si era ancora arresa.
Non cercava più di parlare alla sua autrice, ma la seguiva ovunque ella si muovesse: appariva sporadicamente negli specchi in cui si rifletteva, negli schermi che guardava, nelle folle in mezzo alle quali camminava. L’autrice la vedeva sempre, ma in un battito di palpebre lei già spariva, tanto che a un certo punto smise di prestarci troppa attenzione.
Intanto l’ultima avventura di Lady Jolly stava per apparire sugli scaffali delle librerie.
 
Il giorno del debutto del libro stava per giungere al termine, e l’autrice poteva finalmente tornare a casa.
Al di là della porta d’ingresso l’aspettava Lady Jolly, che stava finendo un sigaro il cui fumo però non emanava nessun odore: dopotutto né il sigaro né colei che lo stava tenendo in mano erano reali.
L’autrice avrebbe mentito se avesse detto che non se l’aspettava.
«Sai, se avessi saputo che sarebbe andata a finire così, ti avrei scritta molto meno testarda».
Lady Jolly tirò una boccata.
«No, stavolta non ho intenzione di restare per molto. Penso che te ne sia accorta, ma ultimamente ti ho tenuta d’occhio. Ti ho vista tentata di riportarmi indietro, tormentata dal terrore della reazione dei tuoi lettori, incerta sui tuoi progetti futuri. Ma ora voglio una risposta definitiva: vuoi riportarmi in vita? Vuoi che Lady Jolly torni a risolvere i casi di Vanbury?».
L’autrice non rispose, non subito. Era vero, in quell’ultimo periodo era stata continuamente sovrappensiero, e l’imminenza della pubblicazione dell’ultimo capitolo del suo personaggio più amato dai lettori riusciva a tenerla sveglia per notti intere. Aveva scritto e riscritto finali alternativi su finali alternativi anche quando il libro era già in fase di stampa; aveva immaginato una miriade di modi per far tornare Lady Jolly in vita, ma non era mai nulla di concreto: nonostante ci pensasse in continuazione, non aveva più considerato seriamente un ritorno della sua bizzarra investigatrice.
Ora che la domanda le si presentava così diretta, invece, le sorse di nuovo il dubbio: stava davvero facendo la scelta migliore? O doveva dare a quella serie che ormai credeva stesse cadendo in rovina un’altra possibilità? Voleva che Lady Jolly tornasse a risolvere i casi di Vanbury?
«No, non lo voglio. Addio per sempre, Lady Jolly». Aveva preso la sua decisione, e non aveva più intenzione di tornare indietro: non poteva restare ancorata al passato, se avesse voluto migliorare sia come scrittrice che come persona. Fu duro, molto duro per lei pronunciare quelle parole, ma sapeva che era ciò che andava fatto.
«Addio per sempre, e buona fortuna». Mentre diceva queste parole, il personaggio lentamente svanì, lasciando l’autrice di nuovo da sola e liberandole la strada verso l’interno di casa sua e verso il futuro.

 
Note dell'autrice: Se devo essere sincera, non ho molto da dire su questa oneshot: l'ho scritta di getto e non ci ho messo molto impegno. L'idea era semplicemente prendere il modo di dire che si usa quando un personaggio è scritto così bene da "sembrare reale" e portarlo a un estremo logico. Comunque per me è stato piacevole lavorarci su, e sono curiosa di sapere cosa ne pensiate.
Come sempre, un grazie infinito a chiunque abbia letto fin qui e soprattutto a chi sarà così gentile da lasciarmi un commento!
   
 
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