Bene e male.
Fin da
bambini ci insegnano a distinguere l’uno
dall’altro. Ci insegnano che noi
dobbiamo seguire la via del bene e stare il più lontano
possibili da quella del
male. Ci insegnano che sono due poli completamente opposti, come il
bianco ed
il nero. Ci insegnano che non esistono punti di congiunzione, che dal
bene non
può nascere il male e viceversa. Beh... dopo tutti questi
mesi, posso affermare
con certezza che questa non è la verità.
Se il bianco
ed il
nero possono unirsi per formare il grigio, allora anche il bene ed il
male
possono farlo per creare un qualcosa che, ancora adesso, sfugge in
parte alla
mia comprensione. Questi due mondi completamente opposti, in
realtà sono molto
più simili di quanto non si possa credere. Chi siamo noi per
giudicare qualcosa,
definendolo "giusto" o "sbagliato"?
Perché
ci comportiamo
bene? Per le persone che amiamo. Per proteggerle, per aiutarle, per far
sì che
rimangano vicine a noi.
Perché
ci comportiamo
male? Per le stesse ragioni.
Felicità,
amicizia,
amore. Sono ciò che noi tutti agogniamo, giorno dopo giorno,
mese dopo mese. La
ricerca di essi è la ragione principale per cui noi viviamo,
per cui noi
troviamo la forza di alzarci dal letto ogni mattina, anche qui, in
questo mondo
distrutto, dilaniato dall’odio e dalla violenza in cui siamo
stati catapultati
senza preavviso. Sono i valori che ci spingono a non arrenderci mai e,
soprattutto, quelli che ci rendono ciò che siamo: esseri
umani. E l’essere
umano non è perfetto. Tutti possiamo sbagliare, ma
ciò non ci rende
automaticamente cattive persone.
Con il bene
possiamo
fare il male, e con il male possiamo fare il bene. È tutta
una questione di
punti di vista. Le azioni che noi definiamo "sbagliate" di una
persona in realtà possono celare dietro di loro uno scopo
molto più nobile di
quello che possiamo credere, e lo stesso discorso si può
fare a parti
invertite.
Ormai il
confine tra
bene e male si sta assottigliando sempre di più, e sta
diventando davvero
difficile riuscire a distinguere l’uno dall’altro.
Non esistono più il bianco
ed il nero, ma solo una grande scala di grigi e tocca a noi riuscire a
capire
se questi sono più spostati verso il primo colore oppure il
secondo. È questa è
una cosa che io per prima ho sperimentato sulla mia stessa pelle. Io
stessa
sono sempre stata un’incognita per me stessa. Una bomba
sempre più pronta ad
esplodere man mano che il tempo passava e tutte le mie speranze
iniziavano
lentamente ed inesorabilmente a morire. Mostro, Demone, Conduit, questi
sono
gli appellativi che mi hanno dato in questo lungo periodo. Mi hanno
accusato di
essere un pericolo, una minaccia per coloro che stavano accanto a me e
anche
per il mondo intero.
I poteri che
ottenuto
il giorno in cui la mia vecchia vita è stata trasformata in
un lontano ricordo
sono sempre stati un tabù, per me. Avevo paura di loro, ero
terrorizzata, e per
quanto potessero essere nobili le mie intenzioni, c’era
sempre quel velo di
preoccupazione che aleggiava su di me. Il terrore che loro potessero
ribellarsi
all’improvviso, che mi costringessero a compiere azioni di
cui mi sarei pentita
amaramente, il terrore che le persone che io amavo rischiassero la loro
stessa
vita per colpa mia.
Ed
è ciò che successo.
Tante persone sono rimaste coinvolte e per un momento anche le poche
certezze
che mi erano rimaste avevano vacillato. Ho affrontato incredibili
difficoltà
per colpa di essi, ho attirato molti pericoli sul mio percorso e il mio
cammino
è stato intralciato molte, troppe volte.
L’unica
cosa che ho
sempre desiderato era vivere una vita normale, circondata dalle persone
che amo:
la mia famiglia, i miei amici. E dopo il giorno
dell’esplosione, credevo che
non avrei mai più avuto modo di poterla riavere. Ma mi sono
ricreduta. Certo,
la mia vita non potrà mai più essere normale, ma
la cosa non mi spaventa. Ora
ho di nuovo amici leali, sinceri. In essi ho trovato un rifugio sicuro
in cui
andare a nascondermi quando tutto sembra perduto, una casa accogliente,
calda,
sempre pronta a rischiarare i momenti di vita più tenebrosi.
Grazie a loro ho
imparato di nuovo ad amare e ad avere speranza.
Lucas, Tara,
Amalia e
anche Ryan. Loro mi hanno aiutata a crescere e ad imparare che, a
volte, le
cose migliori della vita non richiedono grandi sforzi per essere
trovate. Che a
volte basta solo trovare il coraggio per dire ciò che si
prova realmente per
potersi sentire davvero felici, basta solo riuscire ad appianare le
proprie
divergenze con qualcuno per potersi sentire meglio ed in pace con
sé stessi e
basta solamente essere lì, al momento giusto, ascoltare e
apprendere per poter
realizzare quanto le apparenze possano ingannare.
Ho capito
che il male,
che anche quello più nero e profondo in realtà
può ancora celare sprazzi di
bianco dentro di esso. Ciò giustifica coloro che hanno
compiuto azioni
orribili? No. Non lo fa, ma se non altro ci permette di capire che
giudicare un
libro dalla copertina è sbagliato e che, per ognuna di
queste persone, esisterà
sempre, sempre, una speranza di
redenzione.
Chi agisce
per il bene
comune o chi lo fa semplicemente perché ama una persona e
vuole solamente
riaverla indietro, non è davvero malvagio. Chi invece lo fa
perché è accecato
dall’odio, chi non accetta la verità nemmeno
quando questa è davanti ai suoi
occhi è colui che davvero deve essere condannato. E questa
è una filosofia che
adotterò sicuramente nel mio imminente futuro.
Un’epidemia
si è
abbattuta su di noi e minaccia di porre fine alla vita di chiunque non
sia un
conduit; non ho idea di come io possa fermarla, ma di una cosa sono
certa:
proteggerò i miei amici, costi quel che costi. Nessuno
dovrà più morire, non
fino a quando io potrò fare qualcosa per impedirlo. Ryan
è stato già
abbastanza, per me.
Ora un
viaggio ci
attende. E le premesse lo fanno sembrare tutt’altro che
semplice.
Mi chiamo
Rachel Roth,
sono una ragazza adolescente che è stata costretta a
crescere prima del
previsto.
Sono una
conduit e i
miei poteri sono il male assoluto.
E con essi,
faccio del
bene.
Il mio sogno
è sempre
stato quello di vivere una vita normale, e in parte lo è
anche adesso. Ma soprattutto,
voglio che tutto questo finisca. Odio, rancore, violenza, sofferenza,
opprimono
il nostro mondo da fin troppo tempo ormai. È ora di
fermarli. È ora che le
persone imparino di nuovo ad amare.
Siamo tutti
esseri
umani: è ora di dimostrarlo.
Capitolo 1: PACE,
FINALMENTE
Rachel sospirò. Erano minuti interi ormai che la gelida brezza notturna le scompigliava i corti capelli neri, pizzicandole il volto con quei suoi spifferi di ghiaccio. Incrociò le braccia e si appoggiò con la schiena contro al muro. Di fronte a lei, Sub City era un lontano mucchio di pallini gialli e luminosi, scrutata attentamente dall’alto da quei giudici imparziali che erano la luna e le stelle.
Quella città corrotta, oscura, marcia sino al midollo... ora era distante, un ricordo pronto a sbiadirsi con il tempo. Ciò che invece avrebbe faticato di più a sbiadirsi erano gli orribili fatti accaduti a lei ed ai suoi amici, proprio tra quei quartieri apparentemente calmi e pacifici. Cicatrici ormai indelebili che mai sarebbero andate via, marchi impressi a fuoco nella sua mente ed in quella dei suoi compagni; la morte di centinaia di persone innocenti, tra cui Ryan, i terribili scontri a cui aveva preso parte, le altrettanto tremende verità di cui era venuta a conoscenza... avrebbe faticato a superare tutto ciò. Soprattutto perché con molte di queste realtà era, e lo sarebbe stata anche in futuro, costretta a conviverci.
L’unica magra consolazione che aveva era il fatto di essere riuscita a ritrovare Amalia. Si era sempre ritenuta in parte responsabile della sua fuga, ma fortunatamente ogni divergenza sembrava essere stata chiarita, e comunque il tutto si era relativamente risolto senza troppi danni, a parte la piccola ferita della mora a cui lei non aveva esitato a porre rimedio.
La corvina sollevò la propria mano, per poi osservare il bagliore nero opaco che le avvolse il palmo. Erano suoi, ora. I suoi poteri e lei erano diventati finalmente un tutt’uno e adesso aveva una consapevolezza di loro e di sé stessa completamente nuova. Ma sarebbe bastato? Sarebbe riuscita a raggiungere il suo scopo in quello stato? Le parole di Dominick sul Soggetto Zero ancora rimbombavano nella sua mente. Un essere così potente da essere definito il Diavolo in persona, il primo conduit in assoluto, colui che aveva dato inizio a tutta quella follia. Il responsabile dell’apocalisse, letteralmente. Se questo individuo fosse mai davvero riapparso... che cosa sarebbe successo? Sarebbe stata davvero la fine?
C’erano ancora così tante cose da fare... trovare Amalia non era stato altro che il primo punto sulla sua lista. Doveva per prima cosa assicurarsi che sia lei che i suoi amici non corressero più alcun pericolo, dopodiché doveva mettersi a cercare una cura per l’epidemia, sempre prestando attenzione a tutti quei conduit impazziti che, sicuramente, ancora girovagavano a piede libero per il paese. E, per finire, come se non bastasse doveva anche preoccuparsi non solo di un conduit, ma del conduit.
Rachel gettò il capo all’indietro ed espirò, per poi passarsi la mano, tornata normale, tra i capelli. Anche quando pensava di aver finito, dopo aver sconfitto Deathstroke, Jeff e per finire Dominick, in realtà scopriva di essere solamente all’inizio, e anche se ormai conosceva la risposta a molti dei suoi quesiti, altri rimanevano ancora avvolti nelle tenebre. Per il momento, l’unica cosa sensata da fare le sembrava quella di raggiungere la California, per scoprire se questa comunità di sopravvissuti di cui Jade le aveva parlato esistesse davvero. Ne dubitava, ma tanto che cos’aveva da perdere?
A parte il tempo. O i suoi amici. O la sua stessa vita.
Si strofinò le braccia,
quando la brezza cominciò a
diventare più fastidiosa. Incassando la testa tra le spalle
e accantonando quei
lugubri pensieri decise di entrare nella stazione. Superò
la stanza sul retro in cui Amalia
e Tara avrebbero alloggiato, in cui la bionda era già andata
a riposare da un
po’, e si diresse sulla parte frontale della stazione, dove
un tempo si
trovavano tutti gli scaffali di quel piccolo negozietto, ormai tutti
saccheggiati, rotti o portati via. Le mura erano grigie, sporche e
scrostate,
ma la vetrata d’ingresso era ancora integra, perlomeno,
così l’aria non sarebbe
entrata e almeno lì sarebbero stati protetti dal freddo.
Il rumore di passi proveniente dalle sue spalle la fece voltare. Vide Lucas, con le mani in tasca, entrare nella stanza. Non appena i suoi occhi incontrarono il suo volto, la ragazza sentì le proprie guancie in fiamme. Forse... forse il ritorno di Amalia non era la sua unica consolazione. Corvina abbassò lo sguardo quando Rosso si fece più vicino. Sperò che la notte occultasse il colore troppo vivace delle sue goti altrimenti pallide.
«A-Allora...»
disse subito, prima che il silenzio si facesse imbarazzante.
«... le... le hai parlato?» domandò,
trovando la forza di sollevare di nuovo lo
sguardo. D’altronde, quello era comunque un argomento serio.
Non era il momento
di perdere tempo in stupidaggini.
Lo
sguardo di Rosso fu molto più chiaro di qualsiasi risposta,
ma il
ragazzo parlò ugualmente: «No. Non... non me la
sono sentita. È appena tornata
ed ha appena perso suo fratello... non è il caso di gettare
altra benzina sul
fuoco. Glielo diremo quando sarà il momento.»
Rachel
annuì. «Sì, hai ragione... ma
è meglio comunque non aspettare
troppo tempo. Altrimenti sarà ancora più
difficile, per lei e per noi.»
«Lo
so» tagliò corto il ragazzo. La corvina colse
diverse vene di
irritazione nella sua voce. Ma queste svanirono quasi subito, quando
lui
sospirò, al che anche lei sentì alcuni nervi
sciogliersi. «È solo che... non è
facile.»
«Ti
capisco, credimi» rispose la conduit, con tono morbido,
appoggiando una mano sulla sua guancia. «Ma vedrai che
troveremo una soluzione.
Te lo prometto.»
«Non
fare promesse se non sai se puoi mantenerle...» Il moro mise
una
mano sopra quella di Rachel, dopodiché la afferrò
e la allontanò con un gesto
lento, ma deciso.
«Lucas...»
mormorò Rachel, ma lui aveva già distolto lo
sguardo, per
poi darle le spalle ed andare a sedersi per terra, appoggiando la
schiena al
muro dietro di lui con un verso esausto.
Corvina
tenne i propri occhi incollati su di lui, fino a quando questo
non chiuse i suoi, probabilmente perdendosi nei propri pensieri. A quel
punto,
la conduit chinò il capo e si strinse nelle spalle. Non
sapeva proprio come
comportarsi, con Rosso. Certo, quando erano ancora nel cantiere ed
entrambi
avevano dichiarato – più o meno – i
propri sentimenti, tutto sembrava quasi
perfetto... tranne che per quella dannata storia
dell’epidemia che continuava
ad alleggiare nelle menti di entrambi. Finché avrebbero
parlato di altro, le
cose sarebbero andate bene, ma il discorso epidemia, quello era un vero
e
proprio tabù. E il fatto che Lucas avesse cercato di parlare
di ciò proprio con
Amalia, giusto un attimo prima, sicuramente non rendeva le cose
più semplici.
Le
sarebbe piaciuto riuscire a rassicurare Rosso, in qualche modo, ma
non sapeva come fare, non senza andare a sfiorare con la leggerezza di
un
elefante quell’argomento così delicato.
Sospirò nuovamente, poi tornò ad
osservare il ragazzo. Ripensò a tutte le volte in cui lui
era stato presente
per lei, in cui lui l’aveva aiutata nel momento del bisogno,
talvolta con le
parole, altre volte, invece, con semplici gesti. Ora la situazione era
invertita.
Un
sorriso appena percepibile nacque sul volto della corvina,
dopodiché si avvicinò lentamente al partner. Se
le parole non potevano
funzionare, allora anche lei avrebbe optato per i gesti. Gli si sedette
accanto, in silenzio, per poi chinare il capo ed appoggiarlo sulla sua
spalla.
«Mh?»
Rosso abbassò lo sguardo ed incrociò quello di
lei. La ragazza
teneva gli occhi puntati su di lui dal basso, sempre con
l’ombra di quel
sorriso stampato sulle labbra. Si osservarono per un breve istante, in
cui
Rachel sentì il proprio cuore iniziare a battere
all’impazzata, dopodiché la
conduit percepì il braccio del ragazzo scivolarle dietro la
schiena, per poi
fare il giro e cingerla su un fianco.
«Rachel...»
cominciò Lucas, mentre anche sul suo volto cominciava
lentamente a formarsi un sorriso.
«Voglio
solo che tu sappia...» lo interruppe lei, mentre sentiva un
lieve pizzicore alle goti. «... che sono felice di averti qui
accanto a me, in
questo momento. E che non passa istante in cui io non ringrazi il
giorno in cui
ti ho conosciuto. In te ho trovato un alleato, poi una speranza, poi un
amico e
poi...» Afferrò la sua mano e la strinse con
forza. «... qualunque cosa ci sia
dopo.»
«Ed
io non potrei chiedere persona migliore di te, accanto a me»
ammise Rosso, chinando il capo e poggiando la propria fronte tra i
capelli di
Rachel. Un lungo brivido percorse la spina dorsale della conduit a quel
contatto, ma lei non lo avrebbe terminato per nulla al mondo.
«Scusami per aver
reagito male, poco fa. Non te lo meritavi. Nessuno di voi dovrebbe
meritarlo.»
«Non
preoccuparti. So che non l’hai fatto con
l’intenzione di ferirmi.»
«Non
potrei mai farti una cosa del genere.»
«Sì,
lo so...» La stretta tra le loro mani aumentò
nuovamente. Corvina
sentiva il proprio cuore in procinto di esploderle nel petto. Quella
sensazione... quella sensazione che solamente in compagnia di Richard
era stata
in grado di provare, in passato... quanto le era mancata.
«... è per questo...
che sono qui. Per te.»
Rosso
drizzò il capo, per poi allargare quel sorriso dolce,
così
insolito sul suo volto, eppure così gradevole da guardare.
Dopodiché, com’era
accaduto nel cantiere a Sub City, entrambi socchiusero gli occhi ed
iniziarono
ad avvicinarsi con i volti, solo che, questa volta, nessuno avrebbe
potuto
interromperli. Rachel non sapeva nemmeno cosa stesse facendo con
esattezza,
sapeva solo che quello era
ciò di cui
sia Lucas, che lei, avevano disperato bisogno. Infine, le loro labbra
si
sfiorarono.
Una
sensazione del tutto nuova avvolse il colpo di Rachel. Una specie
di forte calore nel proprio petto, che cresceva e cresceva a dismisura,
avvolgendole tutto il corpo, un piacevole tepore che mai prima di
allora aveva
mai provato. Nemmeno quando aveva utilizzato i suoi poteri, a pieno
controllo,
contro Dominick si era sentita così... così bene.
Così protetta, al sicuro,
lontana dai pericoli di quel mondo devastato in cui erano costretti a
vivere.
Si
ritrovò come all’interno di una bolla, estraniata
da tutto e tutti,
fuorché lui, Lucas, colui che era stato l’unico in
quel lasso di tempo in cui
erano rimasti insieme a riuscire ad infonderle sempre il coraggio di
cui aveva
bisogno. Poi, qualcosa bussò contro ai denti della corvina,
facendola ridestare
bruscamente da quello stato di semi coscienza in cui era piombata. Si
ritrovò
di nuovo nel bel mezzo di quella stanza avvolta nella penombra, stretta
tra le
braccia di Rosso, con ancora la bocca premuta contro la sua. Solamente
in quel
momento si rese conto che la cosa umida e calda che le aveva sfiorato i
denti,
altro non era che la lingua del ragazzo.
Per un
istante rimase pietrificata, completamente ignara sul cosa fare
esattamente. Un piccolo dettaglio che aveva omesso di specificare, era
che
quello era il suo primo bacio, in assoluto. Una cosa di cui si era
effettivamente vergognata in piccola parte, quella di non avere mai
avuto un
ragazzo, o tantomeno averne baciato uno, ma dopo tutta la faccenda di
Richard,
e in seguito l’esplosione, non aveva avuto esattamente il
tempo, o la voglia,
di dedicarsi a certe cose.
Fino a
quel momento si era semplicemente lasciata guidare
dall’istinto, era stato il suo corpo ad agire in automatico,
facendole baciare Lucas,
la mente, invece, era rimasta in disparte. Ma ora che si era resa conto
di cosa
stava accadendo, il suo cervello si era rimesso in moto e, beh, aveva
appena
cominciato a mandarla in panico.
Che cosa
doveva fare? La lingua di Rosso era ancora lì, in attesa, e
lei era immobile come una stupida. Il terrore che lui potesse scoprire
di avere
a che fare con una alla sua prima esperienza cominciò ad
assalirla. Temette che
potesse spaventarsi e tirarsi indietro, ma questa era una cosa che non
voleva,
non poteva, permettere. Perciò strizzò le
palpebre e tentò di lasciarsi di
nuovo guidare dall’istinto. L’unica cosa che le
venne in mente, fu quella di
schiudere la barriera dei denti e lasciare che Lucas potesse superarla.
E
quando ciò accadde, la giovane si rese effettivamente conto
che la sensazione
di benessere provata poco prima non era nulla in confronto a
ciò che venne
dopo.
Le
braccia di Lucas cominciarono a muoversi con più voga,
accarezzandole la schiena, i fianchi ed i capelli, il tutto mentre le
loro
labbra erano ancora incollate tra loro e le loro lingue si muovevano
freneticamente all’unisono, in quella danza di pura lussuria.
Rachel sentì ben
presto la sua presa sul corpo di Rosso venire meno e percepì
la propria schiena
scivolare lentamente via dal muro, fino a quando non si
trovò sdraiata sul
suolo, con il moro ancora, perennemente, chino su di lei. Lo
sentiva muoversi,
sentiva il suo respiro caldo contro al suo volto, percepiva le sue
mani, le sue
dita, scorrere dietro di lei, lungo la figura del suo corpo, carezzando
ogni
lembo di pelle a cui riuscivano ad arrivare.
Brividi
uno più gelato dell’altro attraversavano la
giovane conduit,
la quale sentiva ormai il proprio fiato mancarle, un po’ per
l’emozione, un po’
perché davvero non riusciva quasi più a
respirare, mentre le sue guancie erano
sempre più in fiamme. Se si fosse guardata ad uno specchio
in quel momento,
probabilmente avrebbe visto un pomodoro al posto della sua faccia. Ma
nonostante questo, per nulla al mondo Corvina avrebbe interrotto quel
momento,
quel contatto così caldo, così piacevole,
così... umano.
In quel
momento era viva, era protetta, era al sicuro, accettata,
amata. Ed era stupendo.
Passarono
ancora diversi istanti prima Rosso si separasse da lei. I
due si guardarono negli occhi, entrambi con il fiatone e perle di
sudore che
scivolavano lungo la fronte, con una lieve punta di imbarazzo nello
sguardo,
ma, allo stesso tempo, un’emozione che entrambi avevano quasi
scordato:
felicità.
Si
scambiarono due tenui sorrisi. Era quasi come se le cose stessero
finalmente girando per il verso giusto, per entrambi. Come se, fino a
quando
sarebbero rimasti insieme, nulla avrebbe potuto preoccuparli,
perché potevano
sempre contare l’uno sull’altra. Loro erano
l’uno la speranza dell’altra.
E Rachel si sarebbe tenuta stretta quella
speranza, a costo di dover combattere ancora ed ancora contro nemici
sempre più
potenti e temibili.
Nessuno
dei due disse una parola, quello sguardo fu più che
sufficiente. Poi, senza alcun preavviso, il ragazzo scese nuovamente su
di lei,
cercando ancora una volta le sue labbra, la sua lingua ed i suoi
fianchi.
Questa volta, tuttavia, si spostò anche prima sulle sue
guancie, poi sul suo
collo, dove si avventò con così tanta decisione
da parere quasi un vampiro alla
ricerca del suo sangue prezioso.
«Oh!»
Questa volta, la corvina si lasciò scappare un gemito, prima
di
sorpresa, poi, poco dopo, di piacere. Non si rese nemmeno conto di aver
avvolto
le sue gambe attorno alla vita di Lucas, mentre lui si concentrava
sulla
pallida carne sotto al mento della conduit, baciando, succhiando e
leccando.
Corvina gli passò una mano fra i capelli, continuando a
gemere e ad ansimare.
«L-Lucas...»
mormorò, strofinando le dita sul suo capo.
«Shh»
la zittì lui, avventandosi di nuovo sulle sue labbra,
costringendola a spalancare le palpebre e a chinare il capo
all’indietro. Ciò
che era iniziato con un semplice bacio si stava lentamente trasformando
in un
qualcosa di molto più profondo e lussurioso. E Rachel non
sapeva se sentirsi
spaventata oppure eccitata da ciò.
Passarono
i secondi, poi i minuti. Corvina non seppe con certezza per
quanto a lungo proseguirono in quel modo, sapeva solo che se avesse
potuto
fermare il tempo proprio in quel momento, lo avrebbe fatto. Infine, il
contatto
tra le loro labbra si sciolse, per permettere ad entrambi di
recuperare,
nuovamente, il respiro. Si scambiarono un altro sguardo, identico al
primo,
solamente che questa volta la conduit si sentì molto
più confidente, con lui e
anche con sé stessa.
Ci fu un
istante in cui entrambi parvero pensare ad un terzo round, ma
lo sguardo di Rosso mutò all’improvviso, passando
dal sereno all’allarmato. Si
drizzò sulle ginocchia ed indicò la ragazza.
«Le tue mani!»
«C-Che
cosa?» domandò lei mettendosi a sedere, ancora
parzialmente
intontita da tutto l’accaduto, per poi spostare gli occhi sui
propri palmi. A
quel punto, notandoli entrambi avvolti nel loro classico bagliore nero,
strabuzzò le palpebre a sua volta. Agitò le mani,
concentrandosi, e il potere
svanì quasi immediatamente. A quel punto, di nuovo in
imbarazzo, si voltò verso
Lucas. «Credo... credo di essermi lasciata trascinare un
po’ troppo
dall’emozione...» Arrossì subito dopo
aver detto quella frase. Cominciò a
temere una reazione negativa da parte del moro, ma questo la sorprese
abbozzando un sorrisetto.
«Non
preoccuparti. Succede anche ai migliori.»
Rachel
distolse lo sguardo da lui, doppiamente imbarazzata. Forse una
reazione negativa non sarebbe stata poi così male...
«Ehi.»
Corvina sentì la mano di Rosso poggiarsi sul suo ginocchio.
Si
voltò nuovamente verso di lui, per poi notare sul suo volto
un’espressione
molto più seria, ma comunque rilassata.
«Grazie» le disse semplicemente, con un
sorriso più sincero.
Alla
conduit venne da sorridere a sua volta, poi compì un gesto
di cui
probabilmente entrambi si sorpresero. Si avvicinò a lui e
gli diede un altro
rapido bacio sulle labbra. Anche se le sfiorò appena,
tuttavia, percepì
ugualmente un altro lungo brivido percorrerle il corpo. Non appena si
separò
tornò a guardarlo. «Di nulla.»
I due
ragazzi riacquistarono i loro tenui sorrisi, poi, senza dire
altro, si sdraiarono a terra l’uno accanto
all’altra per poi rimanere lì, a
godersi la reciproca compagnia ed il calore emanato dai loro corpi.
Rachel cercò
la sua mano e lui la afferrò immediatamente, tenendola
stretta. La giovane
poggiò poi il capo contro alla spalla di Lucas, per poi
sospirare e chiudere
gli occhi.
Nonostante
tra i due fosse sicuramente lei quella più forte, Rosso
riusciva ad infonderle un senso di protezione che fino ad allora mai
aveva
provato, con nessuno.
Non seppe con esattezza quando si addormentarono, ma fu certa che quella sera difficilmente l’avrebbe scordata.
Sì gente, sono tornato.
Ah, questa è la theme principale della storia. Perché ho scelto proprio questa canzone? Beh, semplice: perché bisogna ribellarsi al prepotente, bisogna reagire, bisogna combattere, non si deve avere il timore di dire la verità, non ci si deve mai arrendere e sopratutto bisogna sempre, sempre dare il massimo. E questo è ciò che i nostri eroi sanno fare meglio!