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Autore: JEANPAGET    27/05/2017    3 recensioni
Lian Yu: l’inizio, la fine. Il nuovo inizio. Il purgatorio e’ finito. Il futuro e’ come lo costruiamo noi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Poteva mancare lo sclero sull’episodio di fine stagione?

Il titolo viene dalla recensione del’episodio 5x23 da parte grandissima jbuffyangel.

 

Osservava muto l’isola bruciare dalla barca. Suo figlio nelle braccia, sano e salvo. Chase, morto alle sue spalle. La battaglia era finita. Ma ora? Le fiamme bruciavano alte, il fumo nero oltre l’orizzonte.

Il suo cuore gridava. Gridava i nomi di tutti quelli che amava e che gli erano cari rimasti sull’isola.

Uno su tutti. Quello di una piccola donna indomita che prima di andare in battaglia gli aveva dato uno struggente bacio dicendogli che non voleva piu’ avere rimpianti nella loro storia. Quella piccola donna a cui lui aveva detto che avrebbero parlato meglio dopo che fossero usciti dall’isola. Lui che non aveva mai potuto prometterle di tornare da lei anni prima ora le aveva tacitamente promesso che ce l’avrebbero fatta. Aveva promesso qualcosa che non poteva mantenere?

“Mamma!” la voce disperata di William lo riscosse

Doveva muoversi, agire.

Prese il volto del figlio tra le mani

“William, stai tranquillo. A mamma non e’ successo niente. Adesso andiamo a vedere.”

Si mise ai comandi della barca, scansando il cadavere di Chase. Gli dispiaceva per il bambino, era troppo piccolo per affrontare tanta morte e tanta distruzione. E lui, suo padre, avrebbe dovuto impedirlo, non esserne la causa. Ma basta rimpianti. Lui era un padre, aveva salvato suo figlio. Non avrebbe permesso che soffrisse ancora,  almeno fin quanto fosse stato in suo potere.

La barca si riavvicino’ velocemente all’isola, dalla parte dove le fiamme erano meno alte. La parte dove avrebbe dovuto esserci la barca Argus che li avrebbe dovuto portare in salvo.

Distruzione ovunque. Il fumo acre e nero che faceva tossire. La spiaggia era devastata. Oliver salto’ giu’, seguito dal bambino.

“Stai vicino a me, non ti allontanare, ok?”

William annui’ solamente. Quel bambino parlava poco. Troppo poco. Teneva tutto dentro. Come lui. Ma non era quello il momento.

Si misero alla ricerca. Non si vedeva quasi niente, il fumo faceva lacrimare gli occhi, l’odore dell’esplosivo era quasi irrespirabile.

Trovarono quasi subito Curtis, era conciato male ma vivo. Non sapeva pero’ dove fossero gli altri. Ricordava solo che Felicity si era allontanata un secondo con Samantha dopo aver parlato con lui all’auricolare.

Il cuore di Oliver ebbe un tuffo. Felicity… Felicity dove sei?

Poi fu la volta di John. Di Thea, che abbraccio’ con forza. La sua amata sorellina. Lance e Dinah. Rene’.

Ma loro due dov’erano? William comincio’ a piangere.

“Mamma… dov’e’ la mamma?”

Povero bambino. Oliver capiva perfettamente. Un lampo gli attraverso’ la mente, sua madre.  La madre che lo aveva accolto al suo ritorno dall’isola. Quella conversazione al telefono. Una donna che nonostante le sue riprovevoli azioni aveva salvato i suoi figli a costo della vita

Entrambi i miei figli vivranno. Le sue ultime parole. Slade.. lui chissa’ che fine aveva fatto.

Fino a che. . un corpo femminile in lontananza, a terra, vicino all’inizio della boscaglia. Era.. Samantha.

“Mamma, mamma!” Il bambino corse da lei, seguito da Oliver

Era viva. Malconcia, ma viva. La prese in braccio e la porto’ dagli altri, che si erano riuniti in uno sparuto gruppetto sulla spiaggia.

Ma lei. Lei. Lei non c’era. Dove era? Oliver abbandono’ il gruppo lanciandosi in una disperata ricerca, nonostante Diggle volesse accompagnarlo. Ma Oliver gli chiese di vegliare sul bambino e sugli altri.

Perlustro’ tutta la zona, ma senza successo. Si addentro’ nella boscaglia. Non poteva essersi allontanata molto.

Il cuore gli batteva furiosamente. Felicity dove sei? Dove sei andata? Tesoro, dove sei? Se ti e’ successo qualcosa… non potrei sopravvivere. Pensava in quel momento.

La sua affannosa ricerca fini’ in una piccola radura. Gli alberi facevano da cornice al cielo. Il piccolo, esile corpo di lei abbandonato per terra, bocconi, a faccia in giu’. Il soprabito chiaro sporco, coperto di fuliggine.

FELICITY!   Corse da lei, la prese tra le braccia.

“Felicity! Felicity! Guardami, parlami!”  Ma lei non apriva gli occhi. Lei non parlava. Lei non si muoveva. Non poteva piu’ farlo.

“Felcity.. no… amore mio… no... non mi abbandonare… ti prego…”  le tasto’ il polso. Niente. Il suo bel volto sporco, rigato di sangue. Gli occhi chiusi. Sembrava dormisse.

No.. no.. Proprio ora che aveva realizzato chi era davvero, che si sentiva degno di poter cominciare finalmente una vita vera accanto a lei, che il suo sogno che poteva diventare realta’.. ed era svanito tutto in un instante.

Stringeva spasmodicamente il corpo senza vita di lei nelle braccia… Perche’ perche’ perche’ !

“No no no…. NOOOOOOOOOO!!” L’urlo disperato di Oliver lacero’ l’aria. Altissimo. Straziante. Lei non era.. non c’era piu’.

Si sveglio’ di colpo. Il cuore a mille. Era nel suo letto, a Star City. Fisso’ il familiare soffitto della camera da letto al loft. Un incubo. Era tanto che non ne aveva. Allungo’ la mano verso destra. La parte del letto accanto a lui era vuota, fredda. Lei non c’era.

Si alzo’ a sedere, stropicciandosi gli occhi. Tutto era silenzioso. Le luci di Star City s’intravvedevano dalle vetrate. Un’occhiata alla sveglia: segnava le 4.47

Usci cauto dalla stanza.  Un’occhiata alla camera accanto. Tutto bene. Dormiva tranquillo. William. Suo figlio. Un lieve sorriso gli curvo’ le labbra nel vedere la action figure di Green Arrow sulla mensola sopra al letto assieme a vari libri. Un eroe. Un padre e un eroe.

 

 

La balconata. Si, la balconata.

Lei era la’. Lui lo sapeva. Lo sentiva nel cuore. Quel posto tutto loro. E infatti. Nella incerta luce dell’aurora si stagliava la sua piccola figura. Appoggiata alla balaustra, che guardava davanti a se’. Una semplice maglietta bianca e i suoi soliti assurdi pantaloni del pigiama con gli animaletti. Lei. Bella. I suoi occhiali, i biondi capelli sciolti arruffati. Bella. Sua. La sua Felicity. Sua moglie.

Ancora non si era abituato. Ed erano gia’ sposati da due anni. Dopo il ritorno dall’isola non avevano aspettato molto. Si erano rifidanzati. E poco dopo sposati. A Bali. Non volevano piu’ perdere tempo. Non volevano piu’ avere rimpianti. Per quanto la vita fosse stata difficile visto la loro missione e i loro alter ego notturni non volevano piu’ stare divisi. Il loro amore era forte. Ed entrambi avevano capito quanto potesse essere fragile e irripetibile un momento di felicita’. Avevano capito che non potevano stare un minuto di piu’ senza l’altro. E che insieme erano piu’ forti di tutto. E da due anni condividevano la vita per intero, a casa e nella lotta contro al crimine. Lui ancora sindaco, rieletto al secondo mandato a furor di popolo. Lei che aveva ripreso in mano l’idea di produrre il chip su larga scala per aiutare le persone con problemi, e guidava la sua piccola azienda. Piccola, per ora.

Oliver si avvicino’ silenzioso e l’abbraccio’ da dietro, racchiudendola nelle forti braccia e baciandole i capelli.

Lei strinse le mani sulle braccia di lui, sorridendo, e appoggiandosi al suo largo torace.

“Che ci fai in piedi a quest’ora?” Chiese lui

“Non riuscivo a dormire. Tu?”

“Un incubo. Ora e’ passato” La strinse ancora di piu’ a se’

“L’isola?” chiese lei Come sempre lei sapeva, sentiva. Lo conosceva come nessun altro.

Lui rabbrividi’ “Si. Ti avevo perso.”

Lei si giro’ nelle sue braccia e gli poso’ la testa sul petto, abbracciandolo. “Non mi perderai mai, Oliver. Mai.”

Come sempre lui prego’ silenziosamente che fosse vero. Non sarebbe andato avanti senza di lei.

Lei si scosto’ dal suo petto, sciogliendosi dall’abbraccio, e lo guardo’

“Oliver ti devo dire una cosa.”

“Uhm?” Fece lui interrogativo. Lei aveva un’aria solenne e seria insieme.

Era un po’ preoccupato. Era da un po’ che non stava molto bene, era pallida e stanca e le nottate al covo cominciavano a diventate pesanti per lei. Le aveva parlato ma lei aveva detto che non era niente, solo un po’ di stanchezza.

Ma lei non parlava. Lo guardava soltanto. Quegli amati occhi. 

“Felicity, cosa c’e’? Mi stai facendo preoccupare.”

“Sono andata dal medico stamattina.”

“Ah, bene. Era ora. Cosa ti ha detto?”

Lei non rispose. Gli prese le mani. Quelle grandi forti mani. Mani che avevano saputo distruggere. Mani che sapevano difendere. Mani calde e protettive. Mani che sapevano accarezzare e portare all’estasi. Le sue mani.

Se le mise sul ventre, sotto alla maglietta, tirando giu’ leggermente i pantaloni del pigiama.

Lui senti’ la pelle fresca, morbida e vellutata di lei sotto al suo palmo. Quel corpo minuto che conosceva in ogni sua squisita curva e che vibrava nelle sue braccia quando facevano l’amore.

Lui la guardo’. Lei annui’, sorridendo timidamente.

“Felicity..”

“Aspetto un bambino.”

Un bambino! Un figlio. Suo e di Felicity. Un bambino loro! Mille emozioni riempirono il cuore di Oliver.

La strinse di colpo’ in un abbraccio fortissimo, sollevandola da terra e affondando il volto nel suo collo, sorridendo. Ma non pote’ impedire a una silenziosa lacrima di scendergli sulla guancia.

“Felicity… Felicity…” mormorava incessantemente

Poi la bacio’: sui capelli, sulla fronte, sul naso, dribblando gli occhiali sghembi, sulle guance. E sulle labbra. Un dolcissimo lunghissimo riconoscente bacio.

“Grazie..” sussurro’ lui, staccando le labbra da quelle dolci e rosate di lei.

Lei gli accarezzo’ la guancia, asciugandogli le lacrime con le dita. Era commossa anche lei. Quella nuova vita era una promessa per il futuro. E l’avrebbero affrontato insieme. Come sempre.

“Mettimi giu’ adesso. Una futura mamma deve evitare di volare. E io detesto volare a prescindere, lo sai.” Scherzo’ lei, per nascondere la commozione.

“Sei tu che mi fai volare!” La mise giu’ “Vieni, torniamo a letto. Devi riposare” Disse lui.

La prese per mano. Quella piccola capace fortissima mano. Insieme si avviarono per tornare in camera.

Passarono davanti alla camera dove dormiva William.  Era il fine settimana che passava con suo padre. Samantha era venuta ad abitare a Star City e lui poteva vedere il bambino e stare insieme a lui tutte le volte che voleva. Sembrava che il trauma dell’isola fosse passato. Non era stato semplice all’inizio. Il loro rapporto era stato un po’ particolare, delicato. Scoprire che lui era suo padre. E che era Green Arrow. E perche’ lo aveva allontanato.  Ma poi le cose erano molto migliorate. Felicity era stata come sempre parte attiva della cosa. William aveva subito legato con lei, le si era affezionato. E passavano parecchio tempo insieme, padre e figlio.

Lo guardarono. Il figlio di Oliver. Un altro figlio in arrivo. Una famiglia. Oliver strinse a se’ Felicity baciandole la fronte.

“Grazie amore mio.” Disse di nuovo.  “Grazie.”

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Per voi mie lettrici.

Perche’ ovviamente Felicity non e’ morta sull’isola. E secondo me neanche Samantha. Non c’e’ bisogno che lei muoia perche’ Oliver faccia davvero il padre con William. E farla morire potrebbe innescare del risentimento nel bambino, che lo potrebbe ritenere colpevole per la morte di sua madre, con conseguenze difficili per Oliver.  Sarebbe meglio evitare ancora sensi di colpa per Oliver, ma siamo nelle mani degli autori.

E poi Oliver deve diventare padre di un bimbo Olicity, anche se ci fossero difficolta’ visto l’impianto che ha Felicity nella schiena. Vorrei tanto rivedere l’espressione che aveva quando aveva rimirato Felicity con Lyla che aveva appena avuto la piccola Sarah.

Il suo sogno: una famiglia sua. Baci!

   
 
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