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Autore: shiningreeneyes    27/05/2017    1 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che conosceva e in cui credeva viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
Note traduttrice: La storia non è mia, questa è solo una traduzione.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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​​CAPITOLO 1

Sembra che tu sia incinto.

 

Era un lunedì della metà di settembre il giorno in cui la mia vita sarebbe cambiata per sempre. È stato un cambiamento che non mi sarei mai aspettato, che non avrei mai sognato, che non avrei mai pensato. Ma è successo, ed il viaggio che è iniziato quel giorno ha cancellato tutto quello che avrei voluto fare in questo mondo. 

 

Lunedì, 13 Settembre

La musica era forte, troppo forte per chiunque. Non che un adolescente sano di mente si preoccupi del suo udito, comunque. Il mio cuore batteva allo stesso ritmo del basso che faceva vibrare il pavimento sotto i miei piedi. Le persone intorno a me erano ubriache - tanto ubriache - e occupate a fare tutto ciò che non si dovrebbe fare in una casa piena con più o meno quasi tutti gli studenti della propria scuola. Stavano facendo passi di danza volgari, lanciando camicie, versando birra sopra le loro teste, facendosi ditalini e masturbandosi davanti ad una folla che applaudiva.

 

Sospirai, chiedendomi perché mi fossi preoccupato di andare a quella festa. Non ero amico di nessuno lì, nessuno mi prestava attenzione e in tutta onestà, mi stavo annoiando. Eppure eccomi lì, con un bicchiere di Vodka e Sprite in mano, che sorseggiavo occasionalmente, mentre guardavo i miei compagni di classe fare gli idioti. 

 

La scuola era iniziata da due giorni e la festa a cui ero stato era un "Party di Fine Estate" che uno degli atleti della scuola organizzava ogni anno. Quello era un altro mistero per me: Perché ero stato invitato ad un party organizzato da un atleta di cui non conoscevo nemmeno il nome? Non ero sicuramente un giocatore di calcio, nemmeno ne conoscevo. Non ero altro che Nessuno che stava vivendo una vita noiosa; Andavo a scuola, tornavo a casa, facevo i miei compiti e andavo a  dormire, non socializzavo con nessuno, Eleanor era l'unica amica che avevo mai avuto, nonché vicina di casa. Non che fossi vittima di bullismo, la mia scuola era ok; nessuno era mai stato vittima di bullismo, le persone si facevano gli affari loro e vivevano la loro vita, non preoccupandosi di sprecare tempo ed energie a torturare qualcun altro. 

 

No, non sono mai stato vittima di bullismo. Solo non ho mai avuto nessun amico. 

 

Era difficile dire perché, però. Non ero né timido, né stupido, né brutto, né meschino, né secchione, né particolarmente fastidioso o socialmente ritardato. Okay, forse ero un po' socialmente ritardato, ma comunque. La gente semplicemente non mi prestava molta attenzione a meno che non fossi in mezzo ad una piccola quantità di persone che sapeva il mio nome, forse sei o sette persone dei quasi mille studenti della mia scuola. Non doveva necessariamente piacermi come stavano andando le cose. Diventai piuttosto solitario dopo un po' ed iniziai a sedermi da solo in mensa, tutti i giorni, dato che Eleanor si era trasferita in una scuola dall'altra parte della città, lavoravo sempre da solo nei progetti di gruppo a meno che non fosse l'insegnante a deciderli, non avevo nessuno con cui uscire quando tornavo a casa. No, non mi piaceva, ma le cose erano andate in quella maniera e ormai in cinque anni di liceo su sei, mi ero abituato. Mancava solo un anno per finire, sarebbe stato inutile fare amicizia adesso. 

 

Guardai il mio bicchiere, che era ancora mezzo pieno, e sospirai di nuovo. L'alcool non era mai stato il mio migliore amico. Ogni volta che bevevo (che non era molto spesso considerando che non avevo nessuno con cui farlo, a parte Eleanor) finivo per fare qualcosa che poi avrei rimpianto, e mi svegliavo con una sbornia colossale il giorno dopo. Tuttavia svuotai il resto del bicchiere in tre grossi sorsi. Il liquido mi bruciava in gola e feci una smorfia, chiedendomi se nel bicchiere avessi messo più Vodka di quanta avevo inizialmente previsto. 

 

"Hey," disse una voce dietro di me. Stavo per girarmi, ma poi mi resi conto che chiunque fosse non stava parlando con me, così avevo roteato gli occhi per il pensiero stupido e avevo continuato a guardare la massa di persone sulla pista da ballo. 

 

"Ciao? Non potresti almeno girarti?" disse la voce, ora più persistente.

 

Corrugai la fronte e girai la testa un po' di lato per vedere chi fosse. 

 

Un'atleta, conclusi dopo una veloce occhiata ai capelli ricci del ragazzo e alla sua bella faccia. Non riuscivo a ricordare il suo nome, ma lo avevo visto in giro a scuola mentre indossava una divisa.

 

"Mi stai ascoltando?" Disse il ragazzo con tono confuso, "Ciao? Sto parlando a te con la maglietta bianca e i pantaloni blu."

 

Guardai i miei vestiti e realizzai che effettivamente stavo indossando una maglietta bianca e un paio di pantaloni blu. Ancora un po' esitante, mi voltai e affrontai il ragazzo. Si stava allontanando un bicchiere dalle labbra, apparentemente solo dopo aver preso un sorso dal contenuto, e sorrise. 

 

"Stavo iniziando a pensare che fossi sordo o qualcosa del genere," disse.

 

Sorrisi con esitazione. "Mi dispiace, non ero sicuro se stessi parlando con me", dissi. 

 

"Bhe, si. Ti ho visto in giro per la scuola, come ti chiami?"

 

"Louis."

 

Il suo sorriso si allargò un po'. "Giusto, Louis," disse con un piccolo cenno. 

 

Non sembrava volesse dire niente di più, guardai il pavimento per un secondo. "E tu non mi dici il tuo nome?" chiesi poi.

 

Il ragazzo alzò le sopracciglia, guardandomi come per capire se fossi serio o no. "Harry," disse dopo un paio di secondi.

 

Sorrisi di nuovo. "Oh. Va bene. È un piacere conoscerti, Harry."

 

Lui sogghignò. Mi chiesi brevemente se fosse qui a parlare con me solo perché era ubriaco e non nel pieno controllo delle sue azioni. "Allora, Louis, ti sta piacendo il Party?" chiese, prima che iniziassi a pensare troppo alla questione. 

 

Scrollai le spalle. " Non è proprio il mio genere, se devo essere sincero. Non so sinceramente perché sono venuto."

 

"Perché è l'ultima occasione di ubriacarsi prima dell'inizio della scuola, credo", disse Harry e alzò il bicchiere in segno di saluto prima di prendere un altro sorso. 

 

"Si, non è comunque il mio genere, non conosco nessuno qui."

"Bene, ora mi conosci. Posso offrirti un drink?"

 

Stavo per rifiutare l'offerta, pensando che ne avessi avuto abbastanza per quella notte, ma poi pensai che fosse la prima volta nella mia vita che qualcuno della scuola era venuto da me ed aveva iniziato una conversazione di sua spontanea volontà, e non volevo rovinare tutto.

 

"Si, grazie," dissi, e il sorriso di Harry si allargò.

 

"Grande! Cosa bevi?" chiese.

 

"Vodka Sprite," risposi.

 

La mia risposta sembrò piacergli, perché sorrise. "Torno subito" disse prima di voltarsi e dirigersi verso la cucina. 

 

Sorrisi debolmente mentre guardavo la sua schiena scomparire dietro l'angolo, congratulandomi per aver trovato qualcuno con cui parlare. Beh, lui mi aveva trovato, ma comunque; ero molto felice di parlare con qualcuno che volesse la mia compagnia.

 

Harry tornò dopo qualche minuto, con un bicchiere in entrambe le mani, uno dei quali diede a me, e una bottiglia piena di un liquido trasparente. 

 

"Stai pianificando di farmi ubriacare?" chiesi scherzando con un cenno verso la bottiglia.

 

"Forse," disse, "Ti va di uscire fuori? È un po' rumoroso qui."

 

Non potevo discutere su questo.  Era un miracolo che non dovessimo urlare per poterci sentire a vicenda. Annuii e mi lasciai guidare fuori attraverso una porta di vetro, nel cortile, dove Harry si sedette con la schiena appoggiata al muro della casa. 

 

"Vieni, siediti," mi invitò quando notò che non avevo alcuna intenzione di muovermi. Velocemente mi lascia cadere accanto a lui, rovesciando un po' del contenuto del bicchiere sui miei pantaloni.

 

Dopo le cose accaddero molto rapidamente. Eravamo rimasti seduti in silenzio per un po', terminando le nostre bevande e poi procedendo a turno per bere direttamente dalla bottiglia. La mia mente era diventata sempre più appannata, sempre più stordita dall'alcool, e prima di capire altro, mi trovai seduto in braccio ad Harry, ridacchiando per qualcosa che aveva detto e che probabilmente non era nemmeno divertente.

 

"Andiamo, facciamo una passeggiata" disse Harry fermamente, mi spinse via da lui prima di alzarsi in piedi e mi guardò. 

 

"Ma perché?" mi lamentai.

 

"Perché non voglio più stare seduto qui, duh."

 

"Oh. Va bene."

 

In qualche modo la passeggiata si era conclusa con le mie mani e le mie ginocchia sul prato, lontano dagli occhi curiosi delle persone, i miei pantaloni e i boxer calati intorno alle mie ginocchia mentre Harry spingeva violentemente dentro di me. Faceva male, terribilmente, come se mi stessero squarciando, e le lacrime colarono rapidamente dai miei occhi. Non volevo pensare a quanto avrebbe fatto male se non fossi stato così ubriaco. Ma allo stesso tempo era incredibile, in un modo piuttosto contorto, masochistico. Il mix di piacere e dolore mi causava piccoli gemiti rotti e sentivo il respiro irregolare di Harry sul dorso del collo. Teneva la presa salda sui miei fianchi e sapevo che proprio lì ci sarebbero stati lividi il giorno successivo. Non ci misi più di cinque minuti per raggiungere l'orgasmo e crollai sull'erba sotto di me, chiudendo gli occhi, respirando pesantemente, il mio corpo dolorante e le fitte di dolore al culo. Avevo sentito Harry sdraiarsi accanto a me e avevo aperto gli occhi trovando il suo volto coperto da un ghigno.

 

"Non sei stato male," disse.

 

"Grazie," sospirai, "Nemmeno tu."

 

E quella fu l'ultima cosa che ricordai prima di svenire. 

 

Martedì, 14 Settembre

 

Quando mi svegliai, la mattina dopo, ci erano voluti pochi secondi per rendermi conto che fossi nascosto al sicuro sotto le lenzuola del mio letto. Battei le palpebre un paio di volte, cercando di ricordare la notte prima. 

 

Party... vodka... Harry... cortile... più vodka... bottiglia... prato... cazzo. 

 

Gemetti quando quella parte del serata mi venne in mente. 

 

Mi ero lasciato scopare da un ragazzo che non conoscevo mentre ero ubriaco, messo a quattro zampe su un prato. Quale tipo di persona lo farebbe? Soprattutto quando è la sua prima volta. Beh, la prima volta con un ragazzo. Eleanor e io facevamo sesso almeno una volta alla settimana - tipo come amici con benefici -, fino ad un anno e mezzo fa. Ma Eleanor era una ragazza. Era stato molto diverso essere il ricevente e lo realizzai quando mi spostai un po' dal letto e un dolore lancinante colpí la mia spina dorsale. 

 

"Oh mio Dio," sibilai prima di chiudere gli occhi.

 

Avevo fatto sesso con Harry. No, ero stato scopato da Harry. Non poteva nemmeno essere qualificato come sesso poiché non c'era stato praticamente alcun tocco di pelle che non fosse la parte anteriore delle sue cosce che faceva contatto con il mio culo. Sospirai, dandomi dello stupido. Non che avessi voluto candele e petali di rosa per la mia prima volta, ma sarebbe stato bello conoscere almeno il ragazzo che mi avrebbe sverginato. 

 

Un po' troppo tardi per quello, ora come ora.

 

Non ebbi più tempo per pensare all'accaduto perché proprio in quel momento la porta della mia camera si aprì e Owen, mio fratello di quindici anni, entrò.

 

"Mamma vuole parlare con te," disse casualmente.

 

"Ottimo," mormorai, "Riguardo cosa?"

 

"Non lo so."

 

Sospirai prima di alzarmi dal letto, sussultando per il dolore, uscii dalla porta con Owen subito dietro di me e mi diressi giù per le scale verso la cucina. Mia mamma era seduta al tavolo con il naso sepolto in un giornale e una tazza di caffè davanti a lei, quando entrammo.

 

"Volevi parlare con me?" chiesi, appoggiandomi allo stipite della porta, cercando di trovare una posizione che diminuisse il dolore nella parte inferiore.

 

Mia madre alzò lo sguardo fermando i suoi occhi severi su di me. "Si," disse, "puoi spiegarmi perché ho ricevuto una chiamata da una donna che afferma di essere la madre di Liam, alle tre di notte, dicendomi che dovevo andare a prendere mio figlio perché era svenuto sul prato senza pantaloni e biancheria intima e con una bottiglietta di liquore accanto a lui?"

 

"No, non posso davvero spiegare questo," dissi.

 

Strinse gli occhi. "Allora puoi almeno dirmi perché non indossavi i pantaloni e la biancheria intima?" chiese.

 

"Secondo te?" rigirai la domanda.

 

Sentii Owen ridacchiare dietro di me e mi girai di scatto guardandolo con aria feroce. "Su un prato? Di classe, Lou. Davvero."

 

"Fatti gli affari tuoi, Owen," sbottai.

 

"Louis, lascia in pace tuo fratello," disse mia madre con calma, e mi voltai di nuovo per guardarla.

 

"Bene, allora dimmi che cazzo vuoi da me," dissi acidamente.

 

"Prima di tutto voglio che tu smetta di usare questi termini," mi rimproverò, "e voglio sapere perché eri ubriaco."

 

"È ovvio, no?"

 

Sospirò. "Chi era lei allora? Hai una fidanzata?"

 

"Mamma, non pensi che se avessi una fidanzata avrei mostrato un po' più di rispetto invece che fare sesso con lei su un prato mentre ero ubriaco?"

 

"Sono felice che almeno un po' capisci, ma hai fatto sesso con una ragazza e, anche se lei non è la tua ragazza, non meritava di essere trattata così."

 

Mi chiesi se avrebbe detto la stessa cosa se le avessi detto di essere gay e che la persona con cui in realtà avevo fatto sesso era in realtà un ragazzo. Probabilmente no. Se lo avesse saputo, sicuramente sarei stato chiuso nella mia stanza per tre settimane mentre cercava di capire cosa fare con me. Non che fosse omofoba,  ma era un po' "vecchio stile" ed era importante per lei mantenere una perfetta facciata per la nostra famiglia, soprattutto dopo che mio padre ci aveva lasciati, sei anni prima. 

 

"Si, lo so, e non succederà più" dissi. La mia testa aveva già iniziato a pulsare e avevo una strana sensazione di disagio nello stomaco per iniziare un litigio poco allettante.

 

"Beh, bene. Ora, se tu - Louis, che hai?"

 

Si interruppe a metà frase quando improvvisamente mi misi una mano davanti alla bocca e corsi in bagno. Caddi in ginocchio davanti al water e il contenuto del mio stomaco fuoriuscì con un colore quasi giallo. Le lacrime di dolore e di disgusto rotolarono sulle mie guance e chiusi gli occhi ermeticamente. 

 

"Sei malato?" chiese mia mamma dietro di me. Voltai la testa e la vidi in piedi che mi guardava preoccupata. 

 

"No, ho solo bevuto troppo la notte scorsa," mormorai prima di pulirmi la bocca con la manica del maglione di qualcuno - probabilmente di mia madre - che mi aveva messo durante la notte prima di addormentarmi. 

 

Scosse la testa con esasperazione, ma poi mi offrì un sorriso. "Devi smettere di bere; finisce sempre così, Lou."

 

"Si, lo so, mi fermerò," dissi, roteando gli occhi mentalmente.

 

Mercoledì, 15 Settembre

 

Il giorno dopo mi ritrovai a camminare lungo i familiari corridoi dell'edificio scolastico che avevo imparato a conoscere bene negli ultimi anni. Prima di uscire di casa quella mattina, mi ero un po' preoccupato che avessi potuto incontrare Harry visto che non avevo idea di come comportarmi con un'avventura di una notte, ma quando a pranzo non avevo visto una singola ciocca di capelli castani e ricci, rilassai le spalle tese e smisi di guardare oltre di esse ogni decimo di secondo. 

 

Questo si rivelò un errore. 

 

Quando mi alzai dal tavolo della caffetteria dopo aver mangiato il mio pranzo,  mi diressi verso il cestino che era posto accanto all'ingresso e lasciai cadere la scatola vuota di succo di frutto. Proprio mentre mi voltai per uscire dalla sala da pranzo affollata, un gruppo di persone entrò e mi scontrai con uno di loro. 

 

"Scusami," disse il ragazzo, rivolgendomi un veloce sorriso che mostrava i suoi denti storti.

 

Stavo per dire un "nessun problema" quando i miei occhi caddero sul ragazzo dietro a quello con cui mi ero scontrato, i miei occhi si allargarono leggermente. Harry era lì, ma tutto ciò che fece fu rivolgermi un rapido sguardo, nessun segno di riconoscimento in faccia. Prima di avere la possibilità di dire qualcosa, il gruppo aveva continuato a camminare e Harry insieme a loro.

 

La mia fronte si corrugò in confusione mentre stavo lì. Non si ricordava di me? Forse no. Era abbastanza fuori di se. Questo un po' colpì il mio ego, ma probabilmente era meglio così. In questo modo non avremmo  dovuto pensare a come comportarci se ci fossimo imbattuti l'uno all'altro, avrei potuto semplicemente ignorarlo e lui avrebbe fatto lo stesso con me. 

 

*

 

Le cinque settimane successive passarono in pace e tranquillità. Ero andato a scuola, tutti mi avevano ignorato, avevo fatto i compiti, ero uscito con Eleanor ogni volta che avevo avuto tempo, mia mamma aveva smesso di farmi domande riguardo il mio incidente da ubriaco circa una settimana dopo che era avvenuto e Harry rimase ignaro del fatto che era stato il primo a scopare Louis Tomlinson da dietro. In altre parole, le cose erano normali.

 

Questo fino a quando si stava avvicinando Novembre, il momento in cui la mia vita sarebbe cambiata improvvisamente.

 

Giovedì, 21 Ottobre

 

Quando mi sveglia un Venerdì di fine ottobre, la prima cosa che notai era che mi sentivo male. Tipo, davvero malato. Mi alzai dal letto tenendomi la mano davanti alla bocca. Mentre ero a qualche metro di distanza dal bagno, sentii la nausea prendere il controllo su di me e alcuni conati di vomito mi finirono in mano prima di riuscire a mettermi di fronte al water. Mi sentivo come se le mie parti interne si contorcessero e come se  avessi vomitato tutto ciò che c'era di liquido e solido nel mio corpo. Respirai con forza e strinsi una mano sulla mia pancia, desiderando che il mio corpo la smettesse di torturarmi. Mentre me ne stavo lì, sentii dei passi dietro di me, ma non mi preoccupai di voltarmi. 

 

"Sei malato?" chiese la voce di Owen. "Hai bevuto di nuovo? La mamma ti ucciderà."

 

"Non ho bevuto," mormorai mentre asciugavo una paio di lacrime scivolate sulle mie guance. "Sono solo malato. Puoi chiamare la mamma, per favore?" Non appena le parole uscirono dalla mia bocca, un altro conato lacerò il mio corpo e mi piegai sul gabinetto.

 

"Cavolo, va bene, chiamo la mamma" disse Owen. 

 

Un paio di minuti dopo, sentii una mano morbida e calda strofinare la mia schiena con calma. 

 

"Non ho bevuto questa volta, lo giuro," gracchiai. 

 

"So che non lo hai fatto," disse mia madre, "torna a letto, ti porto un secchio e un po' d'acqua, okay?"

 

Annuii, ma non mi sentivo ancora pronto a muovermi.

 

"Spero non sia qualcosa di brutto," disse lei preoccupata mentre continuava a strofinarmi la schiena.

 

"Probabilmente solo un virus," mormorai stancamente, "passerà in un giorno o due."

 

*

 

L'unico problema era che non passò in un giorno o due. Mi svegliavo ogni mattina e mi lanciavo di corsa verso il bagno dove svuotavo il mio intestino fino a quando non diventava doloroso. Durò settimana dopo settimana e divenne abbastanza fastidioso. La cosa strana era che capitava solo la mattina; durante il giorno e la sera mi sentivo bene, a parte le tre volte che avevo sentito improvvisamente l'impulso di svuotare il mio stomaco nel bel mezzo della giornata. La mamma non mi permetteva di andare a scuola, cosa che fece si che rimanessi indietro con il programma scolastico, e anche se avevo protestato, sapevo che dato il modo in cui mi sentivo la mattina non avrei nemmeno fatto in tempo a raggiungere l'autobus. 

 

Quando quattro settimane dopo non era passato niente, sia mamma che Owen stavano iniziando a preoccuparsi seriamente. Avevo cercato di convincerli - e anche di convincere me stesso - che andava tutto bene, ma mentre passavano i giorni e ogni mattina mi ritrovavo a correre verso il bagno, diventava sempre più difficile. Oltre a vomitare, stavo anche cominciano a sentire una strana sensazione nello stomaco, non un malessere e neanche un dolore, solo... strano. 

 

Lunedì, 22 Novembre

 

Ancora una volta ero stravaccato sul pavimento del bagno, piegato sul gabinetto e con gli occhi chiusi, mentre continuavo a vomitare la bile. Mia madre era seduta vicino a me, guardandomi con spavento. Non più preoccupazione, ma spavento.

 

"Louis, dobbiamo portarti dal medico, questo non è normale," disse. 

 

"So che non è normale, ma non voglio andare dal medico, ok? Non voglio," dissi, e nonostante mi sentissi esausto, mantenni un tono ostinato, "Passerà presto, ne sono sicuro."

 

"È passato più di un mese da quando è iniziato, non passerà in questo modo."

 

"Mamma, non voglio-"

 

"Lou, no," mi interruppe lei, "mi dispiace, so che sei quasi un adulto, ma finché vivi sotto il mio tetto, farai come dico io e io dico che andremo dal medico. In questo momento."

 

"In questo momento? Mamma, non pensi che sia un po'-"

 

"No, Louis, questa storia va avanti da troppo a lungo."

 

"Mamma, non andrò dal medico, non importa. È il mio corpo e deciderò io cosa farci o cosa no. Non andrò dal medico e questo è tutto."

 

E così, un ora più tardi, ero seduto nella sala d'attesa presso l'ufficio del medico con mia madre accanto a me. Mi rifiutai di guardarla, arrabbiata con lei per avermi portato lì. I medici mi spaventavano. Avevano aghi e siringhe e ogni altro elemento necessario per la lobotomia. 

 

"Louis Tomlinson," disse una voce, alzai lo sguardo. Un uomo anziano e sorridente si trovava proprio dietro una porta aperta a pochi metri sulla mia sinistra, sospirai e mi alzai. Anche mia madre si alzò, ma scossi la testa. 

 

"Assolutamente no," dissi con fermezza mentre la fissavo, "Mi hai trascinato qui ed ora ci vado, ma ho diciassette anni, mamma, e non ti voglio nella mia stessa stanza quando mi faranno domande potenzialmente dettagliate sul mio corpo. Se c'è qualcosa che sta andando storto, te lo dirò."

 

Mi guardò sospettosa per alcuni secondi, ma poi sospirò e si sedette nuovamente sulla sedia. "Va bene, ma mi dirai se c'è qualcosa che sta andando storto, è chiaro?"

 

Annuii prima di dirigermi verso l'uomo. Tese una mano, che accettai, e si presentò come il Dottor Martin Wright. Almeno sembrava un brav'uomo, quasi dolce, il sessantenne vicino di casa con lo stomaco rotondo che hai sempre desiderato di avere. 

 

"Allora, Signor Tomlinson, cosa ti porta qui?" chiese quando entrambi eravamo seduti - lui nella sua scrivania e io in una sedia confortevole affianco a lui. 

 

"Mi chiami Louis, e mia madre mi ha costretto a venire qui in realtà," dissi.

 

Ridacchiò. "Sono sicuro che abbia avuto un buon motivo per farlo."

 

"Suppongo di sì," dissi, grattandomi la nuca, "credo di essere stato un po'... ho vomitato molto ultimamente. Tipo, ogni mattina nelle ultime quattro settimane e qualche volta anche durante la giornata."

 

"Beh, non suona bene. Fai molta attività fisica?"

 

Scossi la testa. "No, non sono proprio quel tipo di ragazzo."

 

"Hai qualche disturbo alimentare?"

 

"Non sono quel tipo di persona, direi di no."

 

"Sei sotto pressione per qualcosa? Amici, famiglia, scuola, niente?"

 

"No"

 

"Qualcuno dei tuoi parenti stretti soffre di tumore al cervello?"

 

I miei occhi si spalancarono. "Tumore al cervello?" mordendomi il labbro. "No, non che io sappia. È possibile che abbia un tumore?"

 

"È possibile, si, ma dovremo eseguire alcuni test per esserne certi."

 

Inghiottii nervosamente, perché, va bene, un tumore? Merda. La gente muore di tumore. 

 

"Ci sono altri sintomi che hai avuto?" continuò.

 

"Tipo cosa?"

 

"Come stanchezza, depressione, perdita della vista o dell'udito."

 

"No, solo... ho avuto una strana sensazione nel mio stomaco," dissi esitante, sapendo quanto suonasse stupido.

 

Corrugò la fronte. "Strana come? Dolore o nausea?"

 

"No," dissi lentamente, non sicuro di saperlo descrivere, "Solo... strano o.. strano, credo, non so davvero come spiegarlo."

 

Le rughe sulla sua fronte divennero più profonde. "Dobbiamo eseguire alcuni test per capire. Non voglio farti aspettare perché c'è la possibilità di un tumore, quindi se aspetti qualche minuto, farò alcune chiamate," disse mentre prendeva il telefono dalla scrivania ed iniziava a comporre un numero.

 

Mi sdraiai sulla sedia e chiusi gli occhi. Un tumore. Cosa sarebbe successo se avessi avuto un tumore? Non che la mia vita fosse così tanto eccitante, ma non volevo morire. Ovviamente mi piaceva stare in vita; potrebbe essere stata una vita noiosa, e a volte depressa, ma era la mia vita e mi era piaciuta molto. E mia mamma... cosa avrebbe detto? Sapevo che Owen fosse suo figlio preferito, ma lei mi amava ancora e probabilmente non avrebbe voluto che morissi.

 

"Louis?" la voce del medico mi trascinò fuori dal mio treno di pensieri e aprii gli occhi. "Se vieni con me, prenderemo alcuni campioni di sangue per vedere se c'è qualcosa che non va," disse alzandosi in piedi.

 

Impallidii. "Campioni di sangue?"

 

Lui sorrise. "Presumo che tu non sia fan degli aghi. Mi dispiace, ma deve essere fatto se vogliamo scoprire cosa c'è che non va."

 

"Quindi c'è sicuramente qualcosa che non va," dissi, sospirando.

 

"Vomitare ogni giorno per quattro settimane non è normale," disse con calma, "penso che tua madre abbia fatto bene a portarti qui."

 

Sospirai, mi alzi dalla sedia e gli feci segno di guidarmi. 

 

U'ora e un sacco di lamentele dopo, tornammo nell'ufficio di Martin.

 

"Avremmo i risultati del testa tra una settimana," disse mentre guardava una pila di carte, "ma fino a quel momento, mi piacerebbe avere un'ecografia del tuo stomaco."

 

Sollevai le sopracciglia. "Un'ecografia? Perché?"

 

"Solo per controllare tutte le basi, vogliamo assicurarci che non ci sia qualcosa che non va con i tuoi reni o l'intestino."

 

"Va bene, certo," dissi con esitazione, "Devo tipo... togliere la camicia, o cosa?"

 

Ridacchiò. "Prima basta che ti sdrai su quel lettino laggiù," disse e fece un cenno verso un lettino degli esami, dall'altro capo della stanza, "e poi puoi tirare su la camicia mentre preparo l'attrezzatura."

 

Feci come mi aveva detto, sentendomi stupido a farlo, mentre lo guardavo portare una grande macchina vicino al tavolo insieme ad un sacco di fili e una bottiglia con su scritto "Gel". Dopo aver tirato la camicia su, diedi una rapida occhiata alla mia pancia esposta, e un gemito sfuggì dalle mie labbra. 

 

"Qualcosa non va?" chiese il medico.

 

"No, credo solo di... aver messo su un po' di peso," brontolai, colpendo il mio stomaco tetramente.

 

"Beh, guarda il lato positivo," disse, "tu non sei nemmeno un terzo della mia taglia."

 

"Si, credo," dissi, anche se mi sentivo ancora un po' triste, "okay."

 

Premette alcuni pulsanti sulla macchina, accendendola, mise i guanti sulle sue mani e spruzzò un po' di gel sulla mia pancia.

 

"Cazzo, è freddo," ansimai.

 

"Si riscalderà presto," mi rassicurò mentre cominciava a spostare qualcosa che pensavo fosse un rasoio elettrico sul ventre.

 

Il piccolo schermo non mostrava altro che una sfumatura di bianco e nero e per un po' gli unici suoni che si sentivano li trovavo piuttosto disgustosi. "Scusi, ma adesso stiamo guardando e ascoltando le parti interne del mio stomaco?" chiesi dopo un minuto.

 

"Praticamente, si, e tutto sembra a posto - no, un attimo."

 

"Cosa? Qualcosa non va?" chiesi rapidamente, con gli occhi incollati sullo schermo, che ancora non mostrava niente che avesse un senso per me.

 

"C'è qualcosa qui, ma non sono..." si allontanò e quando guardai la sua faccia, le sue sopracciglia erano corrucciate e il suo sguardo completamente confuso. Questa non poteva essere una buona cosa. I medici non dovrebbero essere confusi.

 

"Dottore, sono piuttosto terrorizzato qui," dissi con una risata inquieta, "cosa c'è che non va?"

 

"Io... non ne sono certo," disse lentamente, aggrottando la fronte verso lo schermo, "mi dispiace chiedertelo, ma sei un maschio, vero?"

 

Sollevai le sopracciglia con indignazione. "Se sono-..? Senta, so di non essere esattamente Chuck Norris, ma non c'è bisogno di offendermi."

 

"No, no, non è come pensi, è..." si ritrasse di nuovo, ancora con gli occhi incollati sullo schermo che mostrava sempre la sfumatura di bianco e nero. Una sfumatura di bianco e nero e qualcos'altro. 

 

"Dottore, che cos'è quella... cosa?" chiesi, anche se non ero certo di voler sapere la risposta.

 

Distolse lo sguardo dallo schermo e mi guardò con occhi confusi per un attimo, prima di rispondere. "Senti quel rumore?" disse poi.

 

Sbattei le palpebre, ascoltando con attenzione. C'era un rumore, anche se non ero abbastanza sicuro di saperlo definire. Non era forte, a malapena udibile, e tipo.. un suono martellante? Come un battito cardiaco, ma estremamente debole. "Si, posso sentirlo. Che cos'è?" chiesi.

 

"Non ne sono abbastanza sicuro," disse, "se tu fossi femmina, non ci sarebbe stato alcun dubbio, ma... beh, non lo sei."

 

"Scusi, ma che cosa a che fare questo con il mio sesso?"

 

"Se tu guardi qui," disse, non rispondendo alla mia domanda, indicano un punto proprio al centro dello schermo, "vedi quel piccolo punto che sembra un po' fuori luogo, si?"

 

Annuii.

 

"Bene, io... non so davvero come dirlo, perché è una novità per me."

 

Strinsi la mascella. "Che cosa- io... sto morendo o qualcosa del genere?" chiesi.

 

"No, no, non stai per morire," mi rassicurò velocemente.

 

"E allora cos'è? Può solo dirmelo? Perché sto fottutamente uscendo fuori di testa ora."

 

"Okay, voglio dirtelo subito," sospirò. 

 

Annuii e mi morsi il labbro così forte che sentii la pelle rompersi. 

 

"Beh, Signor Tomlinson, sembra che tu sia incinto."

 

Lo fissai, poi la mia bocca si aprii e balbettai: "Scusi, ​che cosa?"

   
 
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