Libri > I Miserabili
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Autore: destiel87    29/05/2017    3 recensioni
A Javert sembrò di trovarsi di nuovo in un sogno, dove niente di quello che accadeva aveva un senso o una logica chiara, dove ciò che era sbagliato stava diventando giusto, e dove la ragione aveva lasciato il posto all' emozione.
C' era un silenzio ovattato nella stanza, il vapore dell' acqua annebbiava tutto, e l' unica luce proveniva dalle stelle nel cielo e dai lampioni sulle strade sotto di loro.
Valjean lo baciava con passione, alternando momenti di dolcezza che lo sconvolgevano ancora di più. Non gli aveva mai provati Javert, questo genere di sentimenti.
Nemmeno gli erano mai importati, in realtà.
Non aveva mai sentito il bisogno d' amare qualcuno, o di concedersi anche solo per una notte ai suoi piaceri.
Ma ora, tutto il suo corpo sembrava chiedergli disperatamente di più. Voleva provare, Javert, a capire cosa ci fosse dall' altra parte del muro.
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Javert, Jean Valjean
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The other side of the barricade



"To love another person is to see the face of God."


Part 1

 

Sorgevano le prime luci dell' alba, sulla barricata a rue de la Chanvrerie.
il cielo plumpeo era coperto da pesanti nubi di fumo, che ricoprivano tutta Parigi.
C' era un silenzio gelido, interrotto da qualche sparo in lontanza, e dalle urla di coloro che cadevano sotto di essi.
Un uomo era in ginocchio, legato al collo, alle mani e ai piedi.
Nonostante le ferite, il suo portamento era fiero, rigido nella sua implacabile sicurezza.
Gli occhi grigio azzurri, sfidavano l' uomo di fronte a lui, ardenti come il fuoco che li consumava.
Il coltello nella mano dell' uomo, gli dava il potere di decidere della sua vita, rovesciando i ruoli che li avevano legati in quei lunghi anni.
Era Javert in ginocchio adesso. Era lui ad avere il corpo che pulsava di vivido dolore, le mani legate come un criminale.
Ed era l' uomo a cui aveva  dato la caccia per tutta la vita, ad avere il pugnale.
Avrebbe potuto fare di lui quello che voleva, ma se era questo il destino che Dio gli aveva affidato, era pronto ad affrontarne ogni passo, fino alla fine.
Lo vide avvicinarsi al suo viso, così vicino da poterlo quasi toccare. Fece un profondo respiro, senza smettere di guardarlo negli occhi.
Se doveva morire, lo avrebbe fatto da uomo.
Sentì la lama sfiorare il suo collo, fino a posarsi sulla corda che lo legava.
C' era qualcosa negli occhi di Valjean in quel momento, che Javert non riuscì a capire.
Qualcosa di impercettibile, eppure parte di un destino molto più grande di lui.
Quando la corda cadde a terra, Valjean gli liberò anche le mani, chinandosi infine a spezzare quella ai suoi piedi.
"Siete libero adesso."
Javert restò immobile, sconvolto da quell' atto di misericordia.
Un sentimento che non credeva che una persona come Valjean potesse nutrire.
Per un momento, un brivido gli percorse la spina dorsale.
Per un momento, non seppe cosa fare.
Ma le persone come lui non cambiano, pensò.
"Se ti aspetti di fare un patto con me, in cambio della tua libertà, uccidimi adesso."
"Non mi aspetto niente da voi Javert... Solo che farete il vostro dovere, come sempre."
"Non riesco a capire..." Rispose, quasi in un sussurro.
"Lo so. Ma non ha importanza, Andate."
"Ha importanza per me. Voglio sapere perchè mi stai lasciando andare!" Il suo tono di voce aveva riaquistato la solita autorevolezza.
Valjean lo guardò per qualche istante, pensieroso.
"Serve un motivo per salvare una vita?"
"Si, se da questa vita dipende la tua libertà."
L' uomo si guardò un po' intorno, a disagio.
"Anche se ci fosse, temo che non ne comprendereste la natura."
"Ti stupirebbe, sapere quante cose comprendo 24601." Rispose lui, rialzandosi in piedi.
"Non tutto segue una logica Javert, non tutto può essere spiegato. Adesso andate, prima che sia troppo tardi."
"Non senza una risposta!"
"Oh, sei sempre il solito testardo!" Esclamò Valjean irritato.
Javert lo guardò torvo e si avvicinò a lui, "Voglio solo la verità." Gli disse, afferrandolo per un braccio.
"Sicuro di volerla? Cambierà le cose, in un modo o nell' altro."
"Le cose cambiano comunque, in un modo o nell' altro. La verità no. E date le circostanze in cui ci troviamo, potrei non avere altra occasione per sentirla."
"Se è davvero questo che desideri, ti accontenterò. Ma poi non dire che non ti avevo avvisato Javert!"
"Sono pronto!" Gli rispose quello, riaquistando la postura militare e avvicinandosi ancora.
In quel momento gli occhi di Valjean assunsero un' intensità che poche volte gli aveva visto, al punto che sembrarono quasi cambiare colore, mostrando quelle sfumature nascoste, verdi e dorate, che si riflettevano sotto la luce dei lampioni.
C' era sicurezza in essi, determinazione, coraggio; forti dei sentimenti così a lungo repressi, che finalmente trovavano la libertà, come un fiume che trabocca nel mare.
Javert si perse qualche istante a guardarne i riflessi, mentre si avvicinavano ai suoi fino a divenirne lo specchio.
Sentì le sue labbra appoggiarsi sulle proprie, piano, quasi timorose, eppure, con la forza del fiume.
Le sentì avvolgere la sue, accarezzarle con dolcezza.
Non era uno che perdeva il controllo, Javert.
Non era il tipo di persona che si lasciava travolgere, o che non sapeva come agire in una determinata situazione.
Sapeva sempre come agire, cosa era giusto e cosa sbagliato. Sapeva mantenere il controllo anche nelle situazioni più difficili, ed aveva imparato a sue spese a non farsi coinvolgere dalle altre persone.
Era nato dentro una prigione, e sebbene avesse lasciato quelle mura molti anni or sono, parte di lui era rimasta li. Aveva fatto di lui l' uomo che era adesso.
Eppure, in quel momento, tutte le sue certezze crollarono, ed il pesante muro che aveva costruito in quegli anni, crollò con esse.
Si sentì indifeso, per la prima volta in vita sua.
Completamente in balia di un' altra persona.
Ma al contrario di ciò che aveva sempre pensato, era una sensazione piacevole, liberatoria.
Le mani di Valjean gli stringevano forte il viso, quasi a volerlo proteggere, donandogli un calore che non aveva mai conosciuto.
La sua bocca cercava la sua, la sua lingua danzava con la propria.
Si lasciò completamente andare, per la prima volta.
Si spinse più vicino a lui, fino a quando i loro corpi si intrecciarono in un' unico, disperato abbraccio.
Si ritrovò ad aggrapparsi alla schiena di Valjean, stringendolo con tutta la forza che aveva, quasi dovesse crollare ai suoi piedi da un' momento all' altro.
Era preparato a molte cose, Javert. Alla sofferenza, alle privazioni, al dolore.
Ma non era preparato al piacere, non lo aveva mai considerato una possibiltà.
Ed ora eccolo che si presenta in tutta la sua irruenza, provocandogli reazioni incontrollabili, che neppure lui pensava di poter provare.
Gli pareva quasi di essere in un sogno, uno di quei sogni che si fanno nelle profondità della notte, quando tutto è confuso, sbiadito, fatto di sensazioni primordiali.
Eppure, sono fragili i sogni, e basta poco per spezzarli.
A Javert bastò uno sparo, esploso in lontananza, per spezzare il suo.
Fu come se in un momento la realtà tornasse ad imposessarsi di lui, scuotendolo con violenza e ricordandogli la sua vergogna.
Si sentì debole, corrotto, nudo, sporco.
L' istinto prese il sopravvento, e immediatamente sentì il bisogno di staccarsi da quell' uomo, di colpirlo come poteva.
Lo spinse via, sferrandogli con un pugno repentino.
L' altro colto alla sprovvista cadde a terra, confuso e ansimante.
Rimasero qualche istante in silenzio, studiandosi a vicenda, ancora increduli.  
"Beh, questa una reazione prevedibile, dopotutto." Disse mestamente Valjean dopo un po', mentre si massaggiava la guancia.
"Se avessi con me la mia spada, non sarebbe stata così prevedibile!" Esclamò l' altro, scuro in viso.
Valjean rise, sotto le occhiate minacciose di Javert, che cercava in qualche modo di riaquistare la sua dignità.
"Immagino di dovervi delle scuse Javert, forse ho osato troppo!" Ammise infine.
"Forse?! Sento ancora il tuo sapore nella mia bo-..." Si bloccò improvisamente, troppo in imbarazzo per continuare.
"Vi chiedo perdono, ma in mia difesa credevo che vi piacesse e così..."
Un lampo di rabbia sembrò invadere Javert, che si guardò confusamente intorno alla ricerca di un' arma improvvisata.
Capendo subito di aver toccato un tasto dolente, Valjean decise di cambiare strategia.
"Non credo di poter uscire di qui. Però, se per caso ne uscissi, io abito, sotto nome Fauchelevent, in via dell' homme-Armè, numero sette."
"Ci verrò di certo!" - Rispose lui, furente -  "Ma temo che sarai morto prima che io possa vendicarmi!"
"Non preoccupatevi Javert, dovreste saperlo che non è così facile uccidermi!" Esclamò Valjean con un sorriso.
Javert borbottò qualcosa e poi si girò irritato, percorrendo a passi pensanti i ciotoli di pietra, fino a sparire nelle tenebre.
Solo quando Valjean si voltò per tornare alla barricata, Javert si concesse di dargli un ultimo sguardo.
Non lo sapeva nemmeno lui perchè, ma ne aveva avvertito il bisogno.
Trascorsero ore tumultuose, ore di lotta e di morte, tra gli spari dei fucili e quelli dei cannoni, le urla strazianti di dolore e di paura dei giovani che morivano da entrambi i lati della barricata.
Si camminava sul sangue, ci si riparava dietro i tavoli da pranzo, ci si fasciava le ferite con le sottane delle prostitute, e la vita o la morte, erano divise solo dalla scia dei proiettili nell' aria.
Da entrambi i lati della barricata, gli uomini davano la vita per ciò in cui credevano, convinti della loro giusta causa, sia essa la libertà, o la giustizia.
Ma oltre i volti stanchi e sofferenti, oltre le fila di giovani cadaveri e le torri di mobili fatti a pezzi, due uomini si cercavano l' un l' altro, spinti da una forza più devastante dell' odio, e più forte della speranza. L' amore.


 
Part 2

 

Javert non sapeva più se fossero trascorse ore o giorni, il tempo aveva perso importanza ormai...
Il cielo sopra di lui era sempre scuro, e gli impediva la vista ed il conforto delle stelle notturne.
Sotto di lui, il sangue ricopriva le strade, e ovunque posasse i suoi piedi, lo calpestava, trascinandolo con se nel suo cammino incerto.
Giovani volti spaventati lo fissavano dal basso, quasi a volergli ricordare da dove veniva, e dove sarebbe finito, un giorno.
Nonostante gli anni di servizio alle spalle, era faticoso per lui, quasi doloroso, continuare a camminare intorno ai cadaveri di quei ragazzi, nei cui volti affiorvano ancora la speranza ed il coraggio; anche nella morte la bellezza e la fragilità restavano scolpiti su di essi.
C' erano stati momenti, in cui aveva creduto di vedere anche il volto di Jean Valjean tra quelli degli sconosciuti. Salvo poi scoprire, che i suoi occhi lo avevano ingannato.
Fece dei profondi respiri, muovendosi oltre i resti delle barricate, circondato dai soldati intenti a catturare gli ultimi ribelli rimasti.
Eppure, l' unico fuggitivo che gli interesseva trovare, era sparito nel nulla, inghiottito dalla città.
Tuttavia, se c' era una cosa che l' ispettore Javert sapeva fare bene, era seguire le tracce della sua preda. Inseguirla fino agli angoli più remoti della terra, metterla alle strette, fino a trovarla e catturarla.
Ma il problema di Javert non era mai stato quello di trovarla, bensì di catturarla.
Per qualche inspiegabile motivo, continuava a scivolargli via dalle mani, salvo poi ricompargli davanti con un sorriso, come uno spettro.
Questa volta però Javert era determinato a trovarlo, e in un modo o nell' altro, a concludere quella storia.
Seguì le sue tracce oltre le barricate, giù nel ventre profondo della città, perso in quel labirinto di oscuri corridoi.
Poi, d' improvviso si ritrovò di fronte un uomo, che trascinava il corpo di un' altro, fuori dalle fetide viscere della pietra.
Ricoperto di fango, sangue e letame, curvo dalla fatica e con le braccia a reggere il ragazzo sotto di sè, la testa china che lentamente si alzava verso di lui.
Javert sentì un brivido, percorrergli il corpo.
"Chi siete?" Domandò con la maggior calma possibile.
"Io." Rispose l' uomo, quasi senza fiato.
"Chi, voi?"
"Jean Valjean."
Posò sulle spalle di Valjean le sue mani possenti, adattandovele come in due morse, l' esaminò e lo riconobbe. I loro visi quasi si toccavano; lo sguardo di Javert era terribile.
Valjean rimase inerte sotto la stretta di Javert, come un leone che acconsentisse ad esser ghermito dall' artiglio d' una lince.
In quel momento, tutta la stanchezza ed il dolore presero il sopravvento, finchè un pianto somesso lo costrinse ad abbassare la testa.
Il corpo scosso dai singhiozzi soffocati, sorretto solo dalle mani di Javert.
Finchè, esse risalirono fino al suo viso, sfregando via con delicatezza e pazienza, la sporcizia che lo ricopriva.
Valjean lo lasciò fare, assopito per un momento dal suo tocco.
"Grazie, Javert..." Disse alla fine, con un soffio di fiato.
Preso alla sprovvista dal suo stesso gesto, Javert non seppe rispondere altro che: "Dovere."
Valjean rise appena, Javert arretrò un poco.
"Sono vostro prigioniero, lo sono da questa mattina. Forse da sempre. Ma prima di partire con voi, ho un ultimo favore da chiedervi. Non per me, ma per il ragazzo che con tanta fatica ho strappato dalle braccia della morte."
"Riconosco quest' uomo, sulla barricata lo chiamavano Mario... L' hai dunque trascinato fin qui? - Chiese Javert, ancora scosso - Ed ora mi chiedi di aiutarti a salvarlo... Perchè?"
"Ho già risposto a questa domanda, Javert. Serve un motivo per salvare una vita?"
Questa volta Javert non disse nulla, guardò il viso del giovane ragazzo, poco più che un bambino ai suoi occhi.
"Devo essere impazzito..." Brontolò esasperato, poi si chinò su di lui, prendendolo per un braccio e aiutando Valjean ad alzarlo.
"Grazie, Javert."
"Non lo faccio per te! - Rispose spazientito - Sono solo stanco di vedere ai miei piedi vite spezzate, ancor prima di essere iniziate."
Valjean annuì gravemente, poi dopo aver scoperto l' indirizzo del ragazzo dal foglio da lui scritto, chiamarono una vettura e lo caricano dentro, sistemandolo sul sedile di fronte a loro.
Mentre percorrevano le strade sconfitte di Parigi, Javert riflettè su quanto lui e Valjean fossero vicini in quel momento, a distanza di un respiro.
Valjean era steso accanto a lui, gli occhi chiusi e il respiro leggero.
A stento riconosceva l' uomo che aveva imparato a conoscere, in quegli anni trascorsi a dargli la caccia.
Sembrava così stanco in quel momento, così pacifico, innocente come solo un bambino poteva essere.
Javert appoggiò la testa vicino alla sua, pur mantendendo una distanza a suo parere decorosa, e rimase per un po' a guardarlo, assorto nei suoi pensieri.
Quando fu il momento di portare Mario a casa di suo nonno, i due si aiutarono a vicenda per trasportare il ragazzo e dare indicazioni alla famiglia.
Una volta lasciatolo al sicuro, sotto le cure di mani amorevoli, entrambi poterono tornare alla vettura, un poco più leggeri rispetto a quando l' avevano lasciata.
"So di avervi già chiesto molto, Javert, ma c'è un ultimo favore che dovreste farmi."
"Lo immaginavo!" Sbottò spazientito l' altro.
"Voglio solo poter salutare una persona cara... Concedetemelo, e sarò vostro."
A quelle parole, Javert avvertì una strana sensazione.
"Cosette?"
Valjean annuì. "Un padre ha bisogno di dire addio alla figlia... Di darle un' ultimo bacio."
Javert stette un momento a riflettere, poi rivolgendosi al vetturino, disse:
"Via de l' Homme-Armé, numero 7."
"Grazie... Javert." Gli disse Valjean, con un sorriso stanco.
"Stà zitto!" Gli rispose l' altro, sempre più confuso di se stesso.
Rimasero in silenzio per molto tempo, mentre la carozza gli portava lontano, fino a quando Javert se ne uscì con una strana domanda.
"Pensi di dirle addio conciato in quel modo...?"
Valjean, colto di sorpresa, balbettò che non aveva molta altra scelta, purtroppo.
Javert lo guardò qualche momento, quasi lo stesse studiando.
"Vetturino! - Urlò all' improvviso - C'è un cambio di indirizzo."
Arrivarono dopo quasi un' ora di viaggio, davanti ad vecchio palazzo con le imposte verdi e un grande arco che segnava l' ingresso.
Javert pagò il dovuto all' uomo, poi intimò a Valjean di seguirlo.
Una volta entrati dentro e aver fatto un paio di piani di scale, arrivarono di fronte ad una porta di legno scuro, che Javert aprì, facendo segno a Valjean di entrare.
Un po' confuso, ma piacevolmente sopreso, questi entrò.
Si trovò in un salotto modesto e dai toni austeri, ma pulito e accogliente.
C' era un grande scrittoio pieno di carte, una libreria, due poltronicine ed un tavolino.
In fondo alla stanza c' era un piccolo corridoio, da cui si giungeva a tre porte.
Da quella a sinistra si scorgeva una cucina bianca, quella a destra era socchiusa, e poi alla fine c' era una porta chiusa, che Valjean immaginò essere la camera da letto, cosa che gli lasciò una certa curiosità.
"Aspettami qui. Vado a preparare dell' acqua, poi ti porterò dei vestiti." Disse in tono serio, evitando di guardarlo negli occhi.
Valjean non poteva essere più confuso di così, ma decise di non fare troppe domande per non indispettirlo.
"Ti ringrazio davvero, Javert." Gli disse chinando il capo.
"Smettila di ringraziarmi. Sono stanco di non sapere cosa rispondere." Rispose Javert, visibilmente a disagio. Poi si allontanò verso la porta a destra, borbottando qualcosa.
Valjean, ancora incredulo, si guardava intorno, cercando di riconoscere qualcosa dell' uomo che per così tanto aveva deciso della sua vita.
C' erano libri che conosceva e altri che gli erano estranei, lettere, fogli e mappe, qualche onorificenza militare e un paio di quadri marinareschi alle pareti.
Tutto rispecchiava l' ispettore, ma Valjean voleva conoscere l' uomo.
Con un po' di timore, diede un occhiata alla scrivania, alle lettere della polizia e ai pochi oggetti sparsi su di essa.
Dal primo cassetto tuttavia, uno strano scintillio attirò la sua attenzione.
Aprendolo appena, intravide una vecchia spilla, riposta con cura.
Era antica, di poco valore economico, rapprensentava una donna con una rosa tra i capelli, su di una pietra rosata.
Valjean la prese tra le mani, immaginando la donna che poteva portarla.
Un' amante forse? No, l' istinto gli diceva che era qualcos' altro.
"Proprio tipico di un ladro - Esclamò d' improvviso Javert - Rovistare tra le cose altrui."
Valjean colto alla sprovvista fece cadere la spilla, mentre cercava le parole adatte.
"Sono mortificato Javert... Non avrei dovuto. Vi chiedo perdono..." Disse confusamente, chinandosi a raccogliere la spilla.
"Basta con le scuse, non sento altro da anni ormai!" Rispose Javert seccato, con lo sguardo severo.
Si avvicinò a lui, allungando la mano, in attesa che l' altro gliela consegnasse.
Valjean la ripose delicatamente nelle sue mani, gli occhi ancora pieni di vergogna.
Javert l' accarezzò con la punta delle dita, prima di riporla nel taschino della finanziera.
"E' molto bella..." Disse Jean, a bassa voce.
"Apparteneva a mia madre."
Quella rivelazione lasciò Valjean con ancora più sensi di colpa di quelli che aveva, eppure una parte di lui era felice, di aver scoperto un piccolo ricordo dell' uomo, una parte di lui che non conosceva.
Prima che potesse dire qualcosa, Javert gli lanciò bruscamente i vestiti che teneva sotto il braccio.
"La porta a destra. - Borbottò - C'è dell' acqua per lavarti."
"E non toccare niente!" Aggiunse, guardandolo con sospetto crescente.
"Non toccherò niente. E dato che non posso nè ringraziarvi nè scusarmi ancora, me ne andrò in silenzio."
"Questa si che sarebbe una novità!" Esclamò l' altro, con un ghigno semi divertito.
Quando Valjean sparì dietro la porta, finalmente Javert riuscì a rilassarsi un poco.
Si sedette stancamente sulla poltrona e si versò da bere.
Non era un uomo che beveva, Javert, ma in quel momento ne sentiva il bisogno.
Stette li a riflettere su quanto assurda fosse quella situazione, lui che stava lì a bere, mentre Valjean si lavava nella stanza accanto.
Bevve un altro sorso e imprecò, altra cosa che raramente faceva.
Passò parecchio tempo, prima che si chiedesse che fine avesse fatto Valjean.
Per un attimò pensò che potesse essere fuggito dalla finestra, ma l' idea gli risultava improbabile.
Spinto dalla curiosità e da una certa preoccupazione, si avvicinò alla porta, restando in attesa di sentire perlomeno qualche rumore che confermasse la sua presenza.
Niente, neanche un sussurro.
Indispettito e confuso, aprì bruscamente la porta e con la sua solita irruenza si precipitò dentro.
Trovò Valjean completamente nudo, immerso nell' acqua, gli occhi chiusi.
Pensando ad una sorta di malore, lo tirò immediatamente fuori, prendendolo per le braccia.
Con suo stupore, l' altro sembrò svegliarsi da un sonno, inconsapevole di quello che stava succedendo.
"J-Javert! - Disse cercando i suoi occhi nella confusione - Che sta succedendo?"
Questi, ancora più confuso di lui, balbettò che sembrava morto.
"Credo di essermi addormentato... Sono così stanco che non me ne sono reso conto!" Gli disse Valjean, mettendosi a sedere nella vasca. "Vi chiedo scusa, anche se non dovrei, visto che non volete..."
Javert era in ginocchio accanto a lui, i pantaloni e la camicia bagnati d' acqua, il viso esterrefatto.
Valjean si aspettava un pugno da un momento all' altro, o se non altro una delle sue sfuriate.
Mai avrebbe immaginato la reazione che ebbe l' uomo: Scoppiò a ridere.
Rise di gusto, senza riuscire a trattenersi, forse per l' esasperazione, forse per l' improbabile situazione in cui si trovava.
Valjean, che non lo aveva visto ridere neanche una volta in vita sua, iniziò a preoccuparsi.
"State bene...?" Gli chiese sporgendosi verso di lui.
Javert lo guardò e scoppiò di nuovo a ridere.
"Lo trovate così divertente?"
"Cosa, il fatto che stai facendo il bagno nella mia vasca invece che essere in prigione, o il fatto che io abbia appena cercato di salvarti dall' annegare?"
Valjean non sapeva cosa rispondere, gli venne da ridere anche a lui.
Stettero un po' a guardarsi, senza sapere esattamente cosa dire o cosa fare.
Nessuno dei due era preparato per una situazione simile.
Fu Valjean ad interrompere il silenzio, con una frase che lui stesso fu sorpreso nel sentire uscire dalla sua bocca.
"Potreste restare qui a sorvegliarmi, così non rischio di affogare di nuovo. L' acqua è calda e c'è posto per entrambi."
Era fatta, pensò Valjean, non poteva più tornare indietro. O Javert lo ammazzava in quel istante o con un po' di fortuna, si sarebbe unito a lui.
Javert gli tirò un destro sullo zigomo, facendogli roteare la testa.
"La prossima volta che mi chiedi una cosa simile ti affogo io stesso!" Tuonò.
Valjean non disse niente, rimase qualche momento ad osservare fuori dalla finestra oltre la vasca, da dove oltre le imposte si scorgevano le strade di Parigi, ed in lontananza, un cielo stellato.
Lentamente, anche Javert rivolse lo sguardo alle stelle, che come ogni volta avevano l' effetto di calmarlo, di rassicurarlo.
"Per una volta, Javert, perchè non provi a dimenticare tutto quello che credi di sapere? Perchè non provi a lasciare il mondo alle tue spalle, a smettere di pensare al tuo dovere, a ciò che è giusto o sbagliato, e ad ascoltare il tuo cuore?"
"Io non ho un cuore..." Rispose solamente. Gli occhi fissi sulle sentinelle che brillavano sopra di lui, quasi ne cercasse la guida.
Valjean gli prese la mano, stringendola appena. "Ti sbagli... Tutti noi ne abbiamo uno, perfino tu. Sei così abituato ad ascoltare la voce della ragione, che ti dimentichi di ascoltare quella più profonda, radicata dentro te stesso."
"Tu mi chiedi l' impossibile..."
"impossibile era uscire vivo da quelle barricate, dal labirinto di fogne e dai colpi dei cannoni, eppure sono qui davanti a te. Ciò che ti chiedo è senza dubbio difficile, ma non impossibile."
Javert non sapeva più cosa controbattere. Tutto quello che gli era stato insegnato, era in contraddizione con ciò che gli si chiedeva di fare.
"Abbiamo vissute molte vite, noi due, portando le maschere che ci sono state imposte, e nascondendo dietro ad esse i nostri veri sentimenti. Ma oggi, oggi questa città è ricoperta di sangue, e non esiste pioggia che lo possa lavare via. Quanti amici abbiamo perso, quanti figli, e padri, e mogli... Sono stanco della morte Javert. Stanco di nascondermi, di non essere mai al sicuro. Stanco di sentire la tua ombra dietro di me, che mi rincorre ad ogni passo. Se qualcosa deve cambiare, se qualcosa può nascere, o se è destinata a morire, deve essere oggi."
Era calmo Valjean, calmo come non lo era mai stato.  Risoluto nel voler cercare una fine, a tutto quel rincorrersi del destino.
"Sono stanco anch' io..." Disse Javert in un sussurro. "Ma questa è la mia vita. Questo è ciò che sono, e non lo posso cambiare. Se adesso perdo la via... Cosa mi resterà?" Le parole pesavano come macigni, sulla sua voce.
Valjean lo capiva. Strinse la sua mano. "Ti rimarrò io." Disse infine. "Forse da due uomini spezzati e soli, ne può nascere uno completo, che possa assaporare un po' di felicità in questa vita fatta di dolore..."
"Tu parli di sogni, fatti di ombre incerte che svaniscono al sorgere del sole..."
"Parlo di speranza, Javert. Qualcosa che non credevo esistesse, prima di conoscere Cosette. Lei ha donato alla mia vita una gioia che non pensavo di meritare, una pace che ha riscaldato il mio cuore, e lo ha liberato dall' odio che lo consumava. E' questo che voglio per te, per entrambi... Pace... Una sorta di tregua dalle sofferenze del mondo."
"Il male non concede tregue. Non credo che potrei mai trovare quella pace di cui parli... Non so nemmeno se esiste."
Valjean avvicinò la mano alla sua guancia, sfiorandola appena con la punta delle dita.
"Lascia che te la mostri." Disse, chiudendo le sue labbra in un bacio.
C' era un silenzio ovattato nella stanza, il vapore dell' acqua annebbiava tutto, e l' unica luce proveniva dalle stelle nel cielo e dai lampioni sulle strade sotto di loro.
A Javert sembrò di trovarsi di nuovo in un sogno, dove niente di quello che accadeva aveva un senso o una logica chiara, dove ciò che era sbagliato stava diventando giusto, e dove la ragione aveva lasciato il posto all' emozione.
Valjean lo baciava con passione, alternando momenti di dolcezza che lo sconvolgevano ancora di più. Non gli aveva mai provati Javert, questo genere di sentimenti.
Nemmeno gli erano mai importati, in realtà.
Non aveva mai sentito il bisogno d' amare qualcuno, o di concedersi anche solo per una notte ai suoi piaceri.
Ma ora, tutto il suo corpo sembrava chiedergli disperatamente di più. Voleva provare, Javert, a capire cosa ci fosse dall' altra parte del muro.
Cosa fossero quei piaceri che invadevano prepotentemente il suo corpo, e che lo risvegliavano da un lungo sonno.
Lasciò che Jean gli sfilasse la finanziera,  slacciasse i bottoni della sua camicia, fino a togliergliela del tutto.
Ormai completamente immerso in quel sogno ad occhi aperti, spogliato dal senso del dovere e dalla morale, si lasciò togliere anche i pantaloni, fino a quando si immerse nella vasca con Valjean.
Si sistemò di schiena contro il suo petto, mentre lui lo circondava con le sue forti braccia e lo stringeva a se.
Era la sensazione più intensa che avesse mai provato. Essere così stretto al corpo di un' altro uomo, quasi fossero uno solo.
Valjean baciava il suo collo, le sue spalle, massagiandogli le braccia con tenerezza.
Javert chiuse gli occhi, abbandonandosi completamente a lui.
Iniziò a ricambiare i suoi gesti con carezze impacciate e goffe, ma che per Valjean erano miele sulle ferite.
Si voltò per baciarlo, scoprendo in se stesso un coraggio inaspettato, ed una passione che non conosceva.
Era come se la fredda statua che era sempre stato, si stesse sciogliendo sotto i raggi del sole, imparando a muoversi, ad ascoltare il battito accelerato del suo cuore, a riconoscere quello dell' uomo accanto a se.
I loro corpi si muovevano in simbiosi, scivolando nell' acqua calda, intrecciandosi l' un l' altro, riscoprendosi insieme, curando vecchie ferite con la dolcezza di nuovi gesti.
A Javert parve davvero di aver lasciato il mondo al di fuori di quella stanza, e senza il peso di esso sulle spalle, si sentì ancor più libero.
Le carezze di Valjean risvegliavano la sua parte più selvaggia, nascosta nell' ombra come una tigre che attende il momento dell' agguato.
I loro movimenti divennero più frenetici, i loro gesti più ricercati, mentre si scoprivano l' uno nel corpo dell' altro.
Quando Valjean entrò dentro di lui, afferrandolo per la vita mentre ansimava sulla sua bocca, Javert seppe con certezza che non sarebbe più potuto tornare indietro.
Erano un corpo solo adesso, fatto sia di luce che di tenebre, di peccati e di ragione, di bontà e di odio, imperfetto, ma in qualche modo, completo.
Fù l' esperienza più intensa ed appagante della sua esistenza, e per un momento, pensò che una tale estasi, non poteva essere uno sbaglio... Vi era grazia in essa, non vergogna.
Fecero l' amore a lungo, godendosi ogni istante di quel sogno.
Javert lo baciava, mordeva le sue labbra, graffiava la sua schiena, Valjean si muoveva su di lui con forza ma anche con un' istinto di protezione che lo portava a misurare i suoi gesti, per timore di fargli del male.
Javert si accorse di queste premure, e le ricambiava con piccole attenzioni nei suoi confronti.
Quando raggiunsero il culmine del piacere, stremati e tremanti, erano avvinghiati uno sopra l' altro, e lì rimasero, cullati dalle onde dell' acqua e dal riflesso della luce che vi si specchiava.
"Se è questa la pace di cui tanto parli, credo... Credo di potermici abituare, dopotutto."
Esclamò dopo molto tempo Javert, intento ad accarezzare i capelli di Valjean,  che riposava appoggiato al suo petto.
"Mi riempie il cuore di gioia, sentirlo." Rispose, alzando la testa fino a guardarlo negli occhi.
Sembravano diversi in quel momento... Quasi che la pace ne avesse cambiato la profondità ed i riflessi, donandogli una luce nuova.
Javert si limitò a sorridere, poi gli diede un bacio.
Un bacio, che sarebbe durato una vita.


 
"...And rain will make the flowers grow..."

 
 
Nota dell' autrice:
Salve a tutti, mes amis :-)
Mi chiamo Vanessa, e questa è la prima ff Valvert che scrivo, oltre ad essere la prima ambientata in francia durante la rivoluzione...
Ha davvero significato molto per me scriverla, sia per l' importanza che hanno Javert e Valjean, sia per la rivoluzione stessa.
Mi sono immaginata insieme a loro sulla barricata, a combattere per la libertà...!
Detto questo, volevo fare un paio di precisazioni sulla storia:
1 Ho iniziato ad appassionarmi guardando il musical, dopodichè ho letto il libro. Ho cercato di essere il più fedele possibile al romanzo, per quanto riguarda la cronologia della storia, le strade, i giorni, e in generale i personaggi.
Fisicamente gli ho immaginati come Russell e Hugh, da qui il colore degli occhi di entrambi.
2 Come avrete notato ci sono un paio di frasi trascritte direttamente dal libro, questo perchè essendo che la mia storia si basa su due scene esistenti, ho voluto renderle il più realistiche possibili, per questo motivo ho inserito alcune frasi (Come quando Valjean dà il suo indirizzo a Javert) tratte nell' originale, visto che poi comunque si sarebbero sviluppate in modo diverso rispetto alla trama di Victor. La più importante è quando Javert riconosce Valjean dal tocco delle spalle, che è senza dubbio la mia parte preferita della loro storia, ragion per cui ho deciso di lasciarla così.
3 Nel libro Javert si rivolge a Valjean con il tu, Valjean invece con il voi. (Parlando di queste ultime scene) Sempre cercando di rispettare il libro, ho deciso di lasciare che si rivolgano così l' un l' altro, e mi scuso se può essere risultato complicato. Avrete notato che nell' ultima parte anche Valjean fà uso del tu, questo non per una svista ma perchè il grado di intimità a mio parere lo richiedeva.
Bene, detto questo, spero che la storia vi sia piaciuta e che vi abbia trasmesso qualcosa, spero che siate riusciti ad immaginarvi bene i personaggi e il finale vi abbia donato un po' di gioia.
Se ci sono errori di qualsiasi tipo, non esitate a dirmelo, li correggerò immediatamente.
Libertè, Fraternitè, Valvertè!
 

 
  
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