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Autore: MaDeSt    30/05/2017    4 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
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Il colore del titolo del capitolo corrisponde al colore della regione in cui la storia al momento si svolge, tenete d'occhio la mappa per sapere dove ci troviamo!

AN UNUSUAL LESSON

Nella loro terza settimana da Ammessi le cose cambiarono lievemente per quanto riguardava Elementi, Evocazione e Manipolazione: le tre materie difatti, andando di pari passo le une con le altre, cambiarono l’elemento soggetto delle lezioni. Dall’Aria passarono alla Terra.
Risultava più difficile dell’Aria da controllare nonostante Allia e Wolgret provvedettero a procurargli dei campioni da cui partire. La donna gli mostrò quello che manipolando l’elemento avrebbero potuto fare facendo crescere e sbocciare un fiore nel vaso, che poi sparì, e la terra invece s’increspò creando delle dune che crebbero in altezza fino a diventare minuscole montagne.
Usando la Terra, disse alla classe, si potevano innalzare picchi di roccia verso il cielo, provocare terremoti, prendere il controllo delle piante per farle sbocciare o appassire, o ancora modificarne la forma e far fuoriuscire le loro radici da terra per usarle come fruste, modificare i minerali o crearne artificialmente di nuovi. Se diversi maghi particolarmente potenti ed esperti nella manipolazione di quell’elemento univano le forze, avrebbero potuto addirittura cambiare la conformazione di una catena montuosa.
Ma sembrava appunto un elemento molto difficile da manipolare o controllare, più restio al cambiamento rispetto all’Aria che invece essendo in costante movimento e alterazione non offriva alcuna resistenza.
Le lezioni pratiche di Elementi ed Evocazione non andarono bene a nessuno, Kir diede loro altri libri da leggere incentrati sull’elemento Terra, mentre bene o male le lezioni delle altre materie rimasero invariate per le successive due settimane. Gli toccò leggere parecchio, tanto che si ritrovarono a stare svegli riuniti in gruppo anche di notte per poter studiare e riuscire meglio nella pratica.
Cedric festeggiò il suo quindicesimo compleanno per metà della giornata leggendo agli altri un libro che dispensava consigli su come controllare la Terra e per l’altra metà cercando di tenere Layla fuori dalla propria mente durante la lezione di Telepatia. Lui sapeva bene che giorno fosse, ma non si preoccupò di dire agli altri che il ventesimo giorno del mese di Maerah era il giorno in cui era nato; tecnicamente Mike e Layla avrebbero dovuto saperlo, ma nessuno dei due accennò a fargli gli auguri. Dunque semplicemente lasciò perdere.
La lezione di Storia della quarta settimana invece fu decisamente interessante: finalmente si parlò della guerra d’indipendenza scatenata da Vonemmen ai danni di Eunev e appoggiata dalle città dell’est.
Jennifer guardò di sfuggita Vill temendo che la lezione avrebbe potuto turbarlo, ma il giovane si limitò semplicemente a posare la penna; di certo lui che l’aveva vissuta in prima persona non aveva bisogno di prendere appunti.
Dopo diversi decenni di pace che aveva seguito la lotta alla nomina di capitale del Regno umano di Dargovas infatti, Vonemmen - della quale i successivi reggenti non avevano mai completamente appoggiato la sottomissione a Eunev, essendo essa una città altrettanto ricca e importante - si era apertamente dichiarata contro Eunev e il suo impero che aveva notevolmente impoverito le città a est del fiume Berst in favore di quelle dell’ovest.
L’est era già di per sé un luogo più difficile in cui vivere, perché ampiamente occupato da un deserto arido, tre vulcani, paludi di catrame e vicino a Shiraleddar. Ma Vonemmen e le città minori che a essa si erano sottomesse avevano smesso di commerciare con l’ovest sperando di causare instabilità a Eunev e al suo impero, basando invece la propria sopravvivenza sul commercio con gli Spettri, talvolta minacciato dall’ostilità tra le due razze, ma i non-morti potevano fornire agli umani metalli e cristallo estratti direttamente dalla catena montuosa sulla quale avevano edificato la loro unica città.
Fino al momento presente non c’erano ancora mai stati scontri tra i due eserciti, anche se la tensione tra est e ovest era lampante e i cittadini delle relative regioni potevano avere non pochi problemi a spostarsi. La scuola di magia era una delle poche eccezioni che consentiva ai cittadini dell’est di camminare liberamente nelle terre dell’ovest, ma nello stesso tempo le regioni dell’est scoraggiavano i propri cittadini a intraprendere il lungo viaggio solo per poi finanziare Eunev.
Elestrea - una ragazza dai capelli rossi piuttosto simile a Jennifer, se non fosse per il fisico più slanciato e sviluppato - pose la domanda che i ragazzini di Darvil non avevano avuto il coraggio di chiedere: domandò a Erbil se fosse possibile sapere qualcosa sugli Spettri e la guerra interna scoppiata nella stessa Vonemmen a causa dei non-morti.
Solo a quel punto Vill e Gaule diedero segni di disagio, essendo fuggiti da quella situazione sperando di non doverne più sentir parlare per almeno qualche mese. Ma l’attenzione suscitata dalla richiesta della ragazza mise in difficoltà l’insegnante.
L’uomo si umettò le labbra e cominciò lentamente a rispondere partendo con la premessa che, nonostante gli Spettri fossero arrivati a Dargovas ormai decenni addietro, ancora non si sapeva molto di loro, né come esattamente fossero approdati sul continente.
Girava voce, disse loro, che fossero nati tutti o in larga parte da un solo uomo, o spettro, che ora veniva chiamato Ashinesh - che significava ‘falso padre’ nella loro nuova lingua. Il procedimento che mutava un umano in spettro agli Umani era sconosciuto, ma si diceva che fosse un’evoluzione estremamente dolorosa e terribile alla quale assistere, perché era come veder morire qualcuno; con la differenza che poi quel qualcuno si rialzava da terra e si ritrovava a dover affrontare i cambiamenti del suo corpo che lentamente moriva ma non smetteva di funzionare, grazie a qualche magia. Molti umani tramutati in spettri perdevano la memoria, completamente o solo in parte, mentre altri non dimenticavano nulla e anzi si portavano dietro il peso di quei ricordi della trasformazione e la consapevolezza di non poter più tornare umani, e per questo spesso perdevano del tutto la ragione. Ma anche lì, il perché il processo non fosse reversibile era un mistero, e tutti, nessuno escluso, per qualche motivo dimenticavano qualsiasi lingua avessero appreso durante gli anni per parlare unicamente la lingua degli Spettri, detta anche della Magia Nera - ovvero quell’oscura magia che consentiva loro di continuare a vivere in un corpo sostanzialmente morto.
Di questo Ashinesh non si sapeva nulla, se non che fosse stato il primo spettro conosciuto e che fosse per qualche motivo innaturalmente potente rispetto agli altri; si diceva anche che un singolo spetto potesse sopraffare dieci uomini in un combattimento corpo a corpo e uscirne ancora in forze. Per non parlare della loro predisposizione alla magia: questi due motivi - disse Erbil - avevano scatenato la guerra civile tutt’ora in corso all’interno della città, perché gli spettri avevano inavvertitamente o volontariamente ferito, ucciso, stuprato, menomato uomini e donne, giovani e vecchi.
Una delle poche cose certe che gli Umani avevano in mano riguardo quella misteriosa razza era che si trattava di creature estremamente instabili e suscettibili, che quando perdevano il controllo causavano ingenti danni a persone, animali, edifici o ambiente. Erano apparentemente inarrestabili, le guardie della città faticavano a contenerli quando ciò succedeva; più lo spettro era potente, più persone potevano morire prima che rimanesse a secco di energie. Ma a quanto pareva erano anche molto sensibili alla luce e ai cambiamenti a cui era soggetta la magia, e gli Umani col tempo avevano imparato a difendersi sfruttando quelle loro limitate debolezze; senza magia nel proprio corpo uno spettro cessava di esistere, perché non era vivo, e la magia gli procurava le energie di cui aveva bisogno.
C’era chi, da entrambe le parti, si sforzava al massimo delle proprie forze per convivere in pace, perché la gran parte di quegli spettri non era diventata tale per propria scelta. Anzi erano pochi quelli che coscientemente si rivolgevano a uno spettro per chiedere di essere mutati; solo un altro spettro poteva farlo, e questo era un altro dei numerosi misteri che quella nuova razza si portava dietro.
La gran parte degli abitanti di Vonemmen invece, unica città di Dargovas dove spettri e umani convivevano, non ne poteva più di queste creature che da un giorno con l’altro potevano far saltare in aria una via per motivi apparentemente inspiegabili. Ed ecco spiegato il perché della guerra civile che poi aveva coinvolto anche il resto di Dargovas, o la parte umana. Gli Umani sostenevano che la guerra fosse scoppiata a causa degli Spettri, ai quali dovevano porre una fine sterminandoli tutti, in modo che non potessero tramutare altri esseri viventi in non-morti. E così era nata una confraternita che si era stabilita nell’unica regione di Dargovas ancora libera da qualsiasi controllo, chiusa al centro del continente da tre fiumi, dal clima desertico o paludoso. Quella era diventata la sede di ciò che negli anni si era trasformato in un vero e proprio esercito al quale si erano uniti uomini sia dall’est che dall’ovest per combattere la minaccia dei non-morti.
Ma Erbil non si mostrò altrettanto convinto da questa teoria, per quanto la convivenza con gli spettri fosse difficile non credeva che fosse un buon motivo per voler commettere gli errori del passato e provare a cancellare l’esistenza di un’intera razza dal continente.
A quell’affermazione Vill storse il naso in una smorfia e sussurrò aspramente: «Questo perché non sai di cosa stai parlando.» ma nessuno eccetto i compagni di banco a lui più vicini lo sentì.
Elestrea invece, evidentemente non ancora soddisfatta della lezione, pose un’altra domanda: «Ma se non è possibile tornare umani, come mai a Ochasta ho sentito parlare di mezzi spettri? Cosa sono se non, come dice il nome, spettri per metà?»
«I mezzi spettri sono esattamente quello.» rispose l’insegnante «Ma non sono spettri che sono riusciti in parte a tornare umani; bensì umani che non sono stati completamente mutati in spettri, e che quindi presentano le caratteristiche di entrambe le razze.»
«Ma sono ancora vivi o sono non-morti anche loro?» domandò Ivniraz.
«Sono ancora vivi e possono morire esattamente come può un umano, ma hanno una parte di quella magia che gli dà parte delle caratteristiche degli Spettri.»
«Ma ancora non capisco...» riprese Elestrea con la fronte corrucciata «Non si sa proprio nulla di questo processo? Insomma, cosa succede? Come si muore? Bisogna essere morti per diventare spettri o il processo in sé uccide?»
«Non sono informazioni conosciute dagli Umani, e penso che chiederlo direttamente a uno spettro sarebbe una pessima idea.» rispose Erbil.
«Ma chiederlo a un mezzo spettro no!» obiettò lei «Perché nessuno l’ha fatto? E se l’hanno fatto, perché non si è sparsa la conoscenza? Ci sono libri che parlano di questa razza?»
L’insegnante scosse la testa: «Solo alcuni manoscritti e per lo più custoditi nei palazzi, nelle caserme o nelle cattedrali, è estremamente difficile trovarne alla portata di tutti in una biblioteca. E la scuola di magia non fa eccezione, voi siete qui per studiare magia, non gli spettri.»
«Ma gli Spettri ormai fanno parte della storia di Dargovas, non sarebbe sbagliato farne materia di studio come si fa degli Elfi o degli Orchi.» obiettò Seam con sguardo tetro.
«Di Elfi e Orchi insegniamo ciò che si sa, ma a meno che non vogliate specializzarvi nella materia non studierete quel poco che si conosce della loro cultura, e lo stesso vale per gli Spettri. Ho risposto alla domanda posta dalla ragazza perché tutti sembravate molto interessati e perché è giusto che voi mi chiediate di parlare di argomenti di vostro interesse ogni tanto. Ma al contrario di Elfi e Orchi, come detto poco fa, non abbiamo documenti scritti che riportino le caratteristiche di questi Spettri...»
«Ma sono passati più di cento anni dalla loro comparsa! Perché non si sa nulla?» lo interruppe con enfasi.
L’insegnante rispose all’interruzione con un pesante sospiro: «Perché tutto ciò che li riguarda è inspiegabile, contro natura. Sono cose di cui nessuno sa nulla perché certe cose le si può comprendere solo quando le si vive sulla propria pelle, e per ovvie ragioni nessun umano può. Forse se poni queste domande a uno spettro sarai abbastanza fortunato da ottenere una risposta... o forse non vi capireste e non la otterresti mai, o ancora potresti ottenerla, ma il tuo interlocutore potrebbe non provare piacere a parlarne e trattandosi di esseri imprevedibili potresti anche essere ucciso prima o dopo aver ottenuto ciò che cercavi. Hanno già provato a instaurare contatti con gli Spettri solo per chiedergli come il loro corpo funzioni, e non molti sono sopravvissuti. Quello che si sa lo dobbiamo a quell’esiguo numero che ha ottenuto una risposta e in più era in grado di capirla.» richiuse il libro che aveva usato per la prima parte della lezione e riprese con un tono più rilassato: «Ma ora è meglio che andiate, l’orario della lezione è terminato diversi minuti fa.»
«Esseri morti ma vivi.» commentò Jennifer incredula mentre scendevano le scale a spirale «Sembra quasi un insulto alla vita, non vi pare?»
«Esseri umani morti ma vivi.» la corresse Cedric «Secondo quanto Erbil ha detto sarebbe più corretto considerarli degli umani particolarmente sfortunati.»
«Non sono più umani, che l’abbiano voluto o no.» ribatté la ragazzina «Non è scorretto definirli per quello che sono.»
«No, certo. Intendevo solo dire che probabilmente a loro non piacerebbe venir definiti ‘Esseri’ e basta.»
Jennifer girò gli occhi e si costrinse a sorridere per poi dargli ragione e non andare avanti a discutere di simili sottigliezze all’infinito; probabilmente non avrebbero mai incontrato uno spettro comunque, quindi non aveva la minima importanza di come li definissero.
Decisero di condividere con gli altri tre le nuove informazioni quando ancora erano fresche nella loro memoria, quindi discussero degli Spettri fino a notte, quando Susan disse che sarebbe stato meglio per loro dormire un po’ dato che la mattina seguente avevano una lezione che si prospettava impegnativa.
E così fu infatti, ma solo Andrew e Irea riuscirono a dare forma a una piccola creatura di terra partendo dal mucchietto dentro al vaso che avevano sul banco. Andrew si sorprese di quanta fatica gli costasse tenerla in vita rispetto a quella evocata dall’Aria, nonostante questa fosse notevolmente più piccola.
Dopo appena due minuti la creatura svanì, il ragazzino ansimava e sudava per lo sforzo che aveva compiuto cercando di tenerla presente il più a lungo possibile; le sue mani smisero di brillare di una luce rosso sangue screziata da ombre nere e la polvere ricadde nel vaso mentre lui si accasciava sulla sedia senza forze.
Wolgret si avvicinò per assicurarsi che stesse bene e posandogli una mano sulla spalla gli propose di andare a riposarsi in camera o di andare a bere qualcosa, così Andrew annuì e si alzò dal banco per lasciare l’aula. Era ancora presto, dal momento che non era passata la prima ora di lezione, ma l’insegnante non gli aveva chiesto di tornare, perciò immaginò che fosse esonerato per quel giorno.
Non trovando gli altri compagni in alcuna delle camere capì che dovevano essere al loro solito posto nel seminterrato e si avviò di nuovo verso il cortile. Si coprì col mantello e arrancò nella neve sentendosi le gambe ancora molli, e si ritrovò a sperare di non cadere svenuto in mezzo al gelo all’improvviso per mancanza di forze; ancora sudava e quel freddo gli faceva ghiacciare le gocce sulla fronte.
Sospirò sollevato quando entrò nell’ambiente chiuso e riscaldato del seminterrato, e non ci mise molto a trovare gli altri tre che leggevano sempre nel solito scompartimento.
Jennifer appena lo vide sgranò gli occhi e gli chiese: «Cosa ci fai qui? Non avevi lezione?»
Andrew si limitò ad annuire debolmente, ancora tremando e ancora sostando in piedi nello spazio tra le sottili pareti di legno che fungeva da ingresso.
«Stai bene?» gli chiese Cedric preoccupato alzando appena lo sguardo dal libro per guardarlo negli occhi.
Di nuovo Andrew si limitò ad annuire e Layla si affrettò ad alzarsi per prenderlo sottobraccio e condurlo al tavolo per farlo sedere tra lei e Cedric.
«Stai congelando!» esclamò la ragazza più grande, attirando gli sguardi anche degli altri due.
«Che è successo?» incalzò allora Jennifer sporgendosi sul tavolo per poterlo guardare, dal momento che si trovava all’altro lato di Cedric.
«Niente.» sussurrò Andrew con una scrollata di spalle, la voce faticava a uscirgli «Ho evocato.»
«È così faticoso? L’ultima volta ne avevate parlato diversamente...»
«Terra.» si limitò a dire il ragazzino interrompendola.
«Oh, giusto.» sussurrò Jennifer «Hai bisogno di una mano? Possiamo rimetterti in sesto!»
«No... No, è proibito.» balbettò Andrew scuotendo piano la testa.
«È proibito fare del male agli altri, non restituirgli le energie.» ribatté lei.
«Ma...»
«Siamo andati bene a lezione di Guarigione, non avremo problemi.» disse Layla prendendogli una mano pronta a dargli parte delle proprie energie «Dimmi quando ti senti meglio.»
Andrew si trovò costretto ad accettare il loro aiuto e a turno, prima Layla poi Cedric, gli passarono abbastanza energie da fargli almeno tornare il colore in viso e il calore in corpo. A un suo cenno entrambi smisero di usare la magia e gli lasciarono le mani, dopodiché il più piccolo fu finalmente in grado di parlare e spiegò cosa fosse successo, lasciando gli altri sorpresi che soli due minuti di controllo sulla Terra lo avessero ridotto in quello stato.
Dopo che ebbero pranzato e che Mike e Susan si fossero assicurati che Andrew stesse bene, tornarono nel seminterrato per continuare a leggere dei consigli su come controllare la Terra, e lungo la strada Mike e Susan raccontarono di come fosse andato il resto della lezione - in cui nessun altro era riuscito a evocare - quindi Andrew si concesse alcuni minuti per pavoneggiarsi. Deala li raggiunse correndo prima che entrassero, e insieme si sedettero al tavolo.
Mike prese il libro dalla sua borsa e lo mise in mano a Cedric. Solo in quel momento, guardando il più grande negli occhi di sfuggita, gli venne in mente che doveva aver compiuto quindici anni la settimana prima perché erano ormai quasi giunti alla fine del mese.
Si schiarì la gola attirando l’attenzione di tutti e per non fare del tutto una pessima figura decise di porre la sua certezza in forma di domanda: «Il mese di Maerah sta finendo? Che giorno è?»
Deala tirò fuori una specie di calendario e lo consultò, ma non fece in tempo a parlare perché Cedric rispose quasi subito: «Oggi è il ventiquattro, sì. Mancano sei giorni alla fine del mese. Perché?»
«Quindi è tempo della festa di fine inverno al villaggio! Chissà come se la stanno cavando.» prese tempo il ragazzino, ripensando con un sospiro nostalgico alla settimana di festa che il villaggio organizzava secondo la tradizione.
«Festa di fine inverno?» domandò Deala curiosa «Sembra divertente!»
«Lo è!» esclamò Andrew, e si buttò in una dettagliata descrizione della settimana.
Venivano organizzati giochi per i bambini quali staffette, salto della corda, indovinelli, caccia al tesoro, corse coi sacchi, e alcuni strani giochi della tradizione, come cercare di addentare della frutta appesa a uno spago senza usare le mani, rincorrere e cercare di afferrare un pollo nel recinto, indovinare il nome di una pietanza - cibo o bevanda - senza poterla vedere ma solo assaggiandola, un gioco simile agli scacchi ma con regole più semplici apposta per i più giovani, o ancora un gioco in cui si facevano delle domande e in base alle risposte che davi dovevi poggiare mani o piedi su appositi simboli disegnati a terra - giocare in più di uno a quel gioco voleva dire doversi per forza ingarbugliare tra i corpi, le braccia e le gambe degli altri ragazzi. Molti giochi erano a punti. Erano numerosi i giochi in cui veniva proposto di partecipare a coppie, spesso uno dei due era molto più giovane e l’altro quasi adulto, in modo che anche i più piccoli avessero uguali possibilità di vincere un gioco. Alla fine di ogni giorno i punti venivano sommati, e dopo l’eclissi delle lune i vincitori ricevevano un piccolo premio - di solito una statuina intagliata nel legno con scritto l’anno della vittoria.
Veniva preparata una quantità di cibo incalcolabile, chi aveva fame si serviva ai tavoli quando e quanto voleva: c’erano stufati, pasticci di carne, salumi, pollame e cacciagione cotte sugli spiedi, verdure crude o cotte, panini dalle forme più bizzarre, caldarroste, e soprattutto i dolci. Torte ripiene di creme ai frutti di bosco, biscotti, involtini di crema, tartine alla frutta, marmellate da spalmare con pane e burro e infinite altre cose che facevano venire fame solo a guardarle.
E la sera, quando faceva buio e tutti i giovani avevano il fiatone per aver giocato ore di fila, si accendevano i falò nella piazza principale e i cantastorie raccontavano le vicende più belle e conosciute del continente. Il miglior modo per fare andare a letto presto i ragazzini: stremarli di giorno e raccontare loro meravigliose storie la sera mentre cenavano, lasciandogli così una notte ricca di bei sogni.
«E l’ultima notte si guarda l’eclissi di Dela e Yra.» completò Susan con le mani giunte e gli occhi chiusi, figurandosi nella mente la luna più piccola passare davanti a quella più grande, che in quell’occasione tuttavia apparivano quasi delle stesse dimensioni, e sparire inghiottite dal cielo nero «Io spesso aiutavo mio padre e mia madre a preparare i dolci.»
«Anch’io, mia madre partecipava sempre con almeno una torta.» disse Layla sorridendo divertita.
Deala rise, poi si fece più nostalgica: «Mi piacerebbe sapere di più delle vostre tradizioni, alla mia famiglia non è mai piaciuto far parte di queste manifestazioni. Melonas è una città troppo grande, si perde quel senso d’intimità che sicuramente è presente a Darvil.»
Incuriosita, Jennifer le domandò: «Per caso il tuo nome è ispirato a quello della Luna Maggiore?»
Deala sorrise e annuì: «Mia madre è un’amante dell’astronomia, sì. Ha chiamato me in omaggio alla luna Dela e mia sorella più piccola in omaggio alla luna Yra. A entrambe ha dato un ciondolo che portiamo sempre con noi.» e nel dire ciò con aria malinconica estrasse da sotto la veste una catenella d’argento con una luna viola come pendente, striata talvolta di bianco e talvolta di blu proprio come una Dela in miniatura.
«Anche mia madre mi ha lasciato un ciondolo simile prima che partissi.» intervenne Layla sorpresa estraendo la sua collana a sua volta, fino allora tenuta nascosta sotto la veste nera dal collo alto.
Mettendole a confronto risultarono spaventosamente simili, e la Darvilena arrivò a chiedersi come mai e dove le sue ave potessero aver trovato un simile ciondolo.
«Forse è solo una coincidenza.» sussurrò infine Deala pensierosa fissando il proprio ciondolo e poi quello di Layla.
Mike, per smorzare la tensione, si finse d’un tratto sorpreso mettendosi una mano nei capelli e si rivolse al più grande: «Accidenti! Quindi hai già compiuto quindici anni.»
Cedric gli rivolse una smorfia sospettosa e Mike incrociò le dita sotto al tavolo sperando non avesse capito che il suo era stato solo un diversivo.
Layla fece finta di nulla continuando a fissare il proprio ciondolo, mentre Susan esclamò: «Davvero? Quasi un mese prima di me? Auguri!» e contro ogni previsione gli saltò al collo e lo abbracciò forte.
«Auguri in ritardo.» si affrettò a dire Andrew «Non lo sapevo, perché non l’hai detto?»
Il più grande si affrettò a scrollarsi la ragazzina di dosso e rispose stringendosi nelle spalle: «Non mi sembrava importante.»
«Ma certo che lo è!» ribatté Susan, poi si rivolse anche agli altri: «E per la mia festa mi aspetto qualcosa di bello!»
«Tipo cosa?» la rimbeccò Jennifer «Siamo qui per studiare, non possiamo farti regali o prepararti una torta!»
«Inventatevi qualcosa! La mia festa deve essere speciale!» disse lei giungendo le mani con aria sognante.
Deala d’un tratto la guardò con più attenzione dritta negli occhi finché si accorse di starla mettendo a disagio, quindi timidamente domandò: «Scusami, ma tu... tu non avevi gli occhi verdi?»
«Cosa?» ribatté Susan confusa, poi capì a cosa si riferisse e rise: «Oh sì! Sono verdi quando c’è bel tempo, ora sono azzurri perché minaccia neve costantemente!»
«Capisco... è che avrei giurato che fossero verdi quando ci siamo viste la prima volta.» sussurrò la giovane donna dalla pelle scura, poi rivolse un timido sguardo a Cedric e chiese: «Anche tu, vero? Sono quasi certa che avessi gli occhi azzurri quando ci siamo conosciuti, mentre ultimamente li hai grigi.»
Lui scosse le spalle e disse piano: «Anche io, sì.»
«Scusate le mie domande sciocche.» Deala si strinse nelle spalle, ma la sua carnagione impedì agli altri di notare che era arrossita.
«Figurati!» le sorrise Susan tutt’altro che offesa.
«Beh, auguri Cedric.» disse Jennifer con aria rassegnata, decisa ad accantonare l’idea di Susan per il momento, e Deala le fece eco.
«Grazie.» fece lui inespressivo «Ora possiamo continuare con gli studi?»
Layla sospirò profondamente cercando di trattenersi dal rimproverarlo per la sua sgarbatezza, e dal momento che lui aprì il libro e gli altri si sedettero meglio al tavolo riuscì a non parlare, limitandosi a sedere con la schiena rigida per la tensione.

  
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