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Autore: Samy92    31/05/2017    1 recensioni
Il momento più difficile della vita di Chichi. Fare i conti con l'assenza del suo Goku. Pensa al suo "Angelo" custode facendogli una semplice richiesta. Song-fic sulle parole di "Angelo" di Francesco Renga.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chichi, Goku, Goten | Coppie: Chichi/Goku
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Angelo

 
Notte fonda, senza luna,
e un silenzio che mi consuma
Il tempo passa in fretta
e tutto se ne va
preda degli eventi e dell’età...


Era passato quasi un anno da quel maledetto giorno di fine maggio.
Quel giorno che aveva segnato la sua vita per sempre. Non che non si fosse abituata alle assenze. Non che non si fosse abituata ad un marito che preferiva passare anni interi su pianeti sconosciuti per imparare qualche nuova tecnica di combattimento al posto di tornare a casa da lei e dal loro bambino. Aveva già affrontato la morte, quella maledetta bastarda che con il suo tanfo copre di oscurità ogni cosa. Ma questa volta era diverso. Nessun drago, nessun desiderio, nessun ripensamento.
Solo oscurità, come quella notte, in cui neanche la Luna piena risplendeva nel cielo. Quella Luna che, da quando aveva scoperto la natura diversamente umana dell’uomo che aveva sposato, era un po’ diventata come una matrigna che le puntava il dito contro e le ricordava che forse un po’ ci si era condannata con le sue stesse mani a quel silenzio e a quella solitudine che le consumava le viscere. Era quello il prezzo da pagare per essere innamorate dell’uomo più potente della galassia?
Forse si, o forse semplicemente era il prezzo da pagare per essere innamorate di Goku. Altruista in una maniera che diventava quasi irritante, anteponendo il benessere di tutti, persino degli animaletti della foresta, alla sua stessa vita. Irritante e ingiusto. Perché l’aveva lasciata da sola e perché lei era egoista, e probabilmente avrebbe sacrificato la vita degli esseri umani pur di riaverlo al suo fianco. Doveva sentirsi in colpa per questo? Forse sì o forse no. Lei a chi avrebbe dovuto urlare il suo dolore? Era sola. Non fosse per un ragazzino che si era addossato l’eredità della potenza di un padre venuto a mancare troppo presto e che come un flagello, come una punizione, aveva sconfitto Cell, l’essere perfetto, guadagnandosi il privilegio di essere il guerriero più forte dell’Universo. Lui, il suo Gohan, che si divideva il suo cuore con un altro piccolo scricciolo che adesso dormiva al suo fianco nella culla. Un'altra punizione. Anche in quel caso evidentemente la provvidenza aveva voluto punirla, perché quel bambino incosciente della crudeltà della vita che non sapeva ancora vedere al di là della sua ingenuità di neonato, aveva le sue stesse fattezze. Gli stessi buffi capelli a palma, gli stessi occhi, la stessa espressione ingenua e giocosa e anche quella dannata coda che avrebbe dovuto avere il coraggio di strappare via prima o poi. Ma non ce la faceva. Guardandola non riusciva a non ripensare al primo incontro con l’uomo che amava. Quel vispo bambino che se ne andava gironzolando su una nuvoletta gialla che le aveva rubato il cuore sfidandola a lottare con lui. Non avrebbe mai dimenticato la coda che si muoveva elettrizzata alle sue spalle, come se fosse animata di vita propria. Ma purtroppo andava estirpata. Quello stesso pomeriggio aveva chiesto molto timidamente a Bulma, l’unica che ancora andava a farle visita, di domandare a Vegeta come doveva fare per toglierla. La turchina entusiasta l’aveva invitata a passare una giornata con lei così ci avrebbe pensato direttamente il principe dei Saiyan ad aiutarla. Non che si sentisse tranquilla al riguardo, ma da quando era rimasta sola e incinta con un figlio già sulle spalle, il suo rapporto con Bulma si era rafforzato, diventando, oltre a suo padre, l’unica fonte di conforto. Forse perché finalmente la turchina, adesso che viveva quelle sensazioni sulla sua stessa pelle, poteva comprendere l’apprensione di una donna e di una madre che vede uscire il suo uomo e il suo bambino di casa e non sa se mai rientreranno. Forse era stato quello ad avvicinarle, o forse no.
Per il resto, erano tutti spariti. Del resto non era mai stata simpatica a molti dei guerrieri Z. Più e più volte li aveva sentiti prenderla in giro spudoratamente, per il suo carattere irritabile e irascibile. Più volte l’avevano criticata, ma non gliene faceva una colpa. Goku era il perno principale del gruppo. Non doveva stupirsi se dopo le sue morte ognuno di loro era tornato alla propria vita, infischiandosene di chi era rimasto congelato con il cuore a quel giorno di fine maggio.
Era sola. Quella era la realtà.
Accarezzò delicatamente la testolina di Goten, che aveva iniziato ad agitarsi nel sonno per tranquillizzarlo. La sua mamma era con lui.
Non aveva fatto in tempo neanche a dirgli che era incinta. Ma forse lo immaginava già, o forse no…
 
“Possibile tu debba essere sempre così nervosa, Chichi?!” gli disse dopo l’ennesima sbraitata per la sua mancanza di buone maniere. Incriminante questa volta era stato il fango sparpagliato su tutto il pavimento che dalla sala da pranzo arrivava fino al bagno.
“Nervosa dici?! Guarda cosa hai combinato! Razza di imbecille!” gli sbraitò contro lei, incurante di avere di fronte un guerriero leggendario dalla forza unica, seguendolo come una furia nella loro camera mentre continuava a tempestarlo di insulti. Con uno scatto, Goku chiuse la porta alle sue spalle, spingendocela delicatamente contro per non distruggere tutto, posando le labbra delicatamente sulla sua bocca, troppo per uno che aveva combattuto guerrieri cinici e crudeli come Junior, Vegeta e Freezer. Le accarezzò per dei momenti che parvero infiniti, mentre con l’impaccio della sua natura buona e candida, intrufolava la lingua nella sua bocca, cercando la sua lingua incastrandola con la sua:
“Ti ho azzittita, Chichina! Deve essere il mio giorno fortunato!” disse sollevandola tra le braccia come una piuma, portandola sul letto, distendendo il suo corpo sotto il suo possente ed allenato, privandola del kimono e assaggiando ogni centimetro della sua pelle rimasta solo in intimo.
Si rialzò privandosi della tuta e completamente nudo ed eccitato dalla vista afrodisiaca della sua bellissima moglie tornò da lei, accarezzando i lunghissimi capelli neri, annusando sensualmente la sua pelle di alabastro, prima di scendere ad assaggiare il suo nettare proibito, in maniera dolce, senza malizia come solo una persona speciale come lui poteva fare.
Tornando alle sue labbra, facendole assaggiare il suo stesso sapore, piegò delicatamente le sue gambe ed entrò in lei. Amore, desiderio, passione si unirono mentre si spingeva dentro di lei con grazia e devozione, facendo riempire la stanza dei loro gemiti. Non ci misero molto a raggiungere l’apice, mentre lui si riversava in lei con tutto se stesso, poggiando la sua fronte madida di sudore a quella della sua donna, sussurrandole sulle labbra:
“Ti amo, Chichi!” disse solenne prima di continuare “E mi ami anche tu. Anche se ti lascio le impronte di fango per la casa!” riprese meno serio facendo scoppiare a ridere la donna che ancora si stringeva al suo corpo.
“Hai ragione, Goku! Ti amo anche io!” rispose lei cercando di nuovo le sue labbra.
 
Una sola lacrima scavò profonda con il suo rumore il silenzio del vuoto del suo animo. Era quasi certa che da quella volta in cui avevano fatto l’amore era nato Goten. Lo amava, lo amava troppo. Per questo non si sarebbe mai rassegnata alla sua assenza. Per questo provava rabbia e dolore. Perché niente e nessuno sarebbe mai riuscito a colmare quel vuoto, niente e nessuno poteva dare un padre a suo figlio. Sperava solo che lui dall’alto riuscisse a vederlo ed essere orgoglioso di lui e di quanto gli somigliasse:
“Ti somiglia così tanto, angelo mio, ti prego, prenditi cura di lui!”
 
Furono quelle parole, sussurrate come una preghiera, ad arrivare, in un posto diverso, in una dimensione astratta e lontana, ad un uomo con una stramba aureola in testa che si aggiungeva alla sua già bizzarra acconciatura. Quelle stesse parole che venivano sussurrate tutte le sere e che tutte le sere lo riempivano di una malinconia che non gli era mai appartenuta, neanche nei momenti più bui della sua vita. Tuttavia sorrise, come solo lui sapeva fare, con il suo solito sorriso genuino carico di amore:
“Chichi! Amore mio, sarò sempre al vostro fianco!”
 
Angelo
prenditi cura di lei
lei non sa vedere al di là di quello che da
e l’ingenuità è parte di lei
che è parte di me
 

Fine
   
 
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