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Autore: Winterter    03/06/2017    2 recensioni
"Siamo tutti fragili, proprio come delle foglie; eppure cerchiamo di sembrare forti.
Cadiamo dall'albero, eppure cerchiamo di convincerci che tutto andrà meglio, che ritorneremo attaccati a quel ramo.
Ma in realtà, il vento ci sposta. Ci fa cadere sempre più giù, fino a raggiungere il terreno.
[...]
Eppure, continuiamo a pensare che, prima o poi, tutto ritornerà come prima.
Tutto il dolore se ne andrà e noi ritorneremo attaccati a quel ramo.
È davvero strano.
Nessuno riesce a rassegnarsi al proprio destino.
Nessuno vuole morire.
Nessuno capisce."
Genere: Drammatico, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Foglie


Anna aprì gli occhi un po' stordita. Le sue pupille si mossero velocemente in tutte le direzioni, mentre studiava velocemente la stanza che la circondava. Faceva molta fatica a tenere lo sguardo fisso su qualcosa; probabilmente era colpa del grande mal di testa che stava provando in quel momento, senza dimenticarsi poi del fischio immenso che continuava a sentire nelle orecchie. Per non parlare poi dello strano sapore di sangue che continuava a sentire in bocca e che le faceva accapponare la pelle. Fu quando cercò di alzarsi che realizzò una cosa: era legata con una corda ad una sedia. Fu allora che il panico iniziò a farsi sentire sempre di più.
Anna scosse la testa: non voleva credere minimamente al fatto che potesse essere stata rapita da qualcuno. L'idea la terrorizzava così tanto che era arrivata a negare l'evidenza. Cercò di trattenere le lacrime, fece dei respiri profondi e continuò a guardarsi intorno.
Era abbastanza evidente che la stanza in cui si trovava apparteneva a quella di una stamberga; non c'era nessuna luce che illuminasse la camera, le pareti e il pavimento erano sporchi e pieni di muffa. Non c'era nessuna finestra, soltanto una vecchia porta di legno con una maniglia rotta. Accanto ad essa vi era posizionato un piccolo tavolo, anch'esso di legno, ormai sporco di polvere. Non sembrava esserci altro nella stanza; ma soprattutto non sembrava esserci qualcuno con lei nella stanza.
Anna cercò quindi subito di liberarsi dalla corda, ma al suo primo movimento la porta si aprì; non del tutto però. Soltanto quel poco che bastava per far affacciare una persona. E infatti ciò che vide Anna fu un volto: completamente bianco, quasi indescrivibile. Non era un qualcosa da poter definire umano. Sorrideva, o probabilmente cercava di farlo, mentre fissava la ragazza che cercava di liberarsi. E fu allora che Anna realizzò una cosa: non era la prima volta che vedeva quel volto.
Erano mesi che quella faccia la tormentava e la osservava.
Per mesi, mesi e mesi aveva vissuto nell'ansia. Ogni sera quel volto, quando spengeva la luce, appariva alla finestra di camera sua. Le prime volte Anna pensava che fosse solo la sua mente, che probabilmente aveva bevuto troppo e cose così. Ma fu dopo due settimane che realizzò che quella faccia era reale. Non aveva mai avuto il coraggio di chiamare qualcuno e chiedere aiuto, aveva troppa paura, aveva troppa ansia. Non voleva davvero credere che quella faccia potesse essere reale.
Aveva smesso di dormire la notte, ormai si addormentava solo a scuola. E quando sognava vedeva solamente quella faccia orrenda, che desiderava tanto dimenticare.
Anna iniziò a piangere dalla disperazione, mentre la porta iniziò ad aprirsi sempre di più, rivelando l'orrenda creatura.
Dal terrore, Anna chiuse gli occhi, sperando che fosse un altro brutto sogno. Sentì la creatura zoppicare verso di lei, ridendo e sussurrando frasi incomprensibili, fino a quando non le fu vicina.
La creatura avvicinò il suo volto a quello di Anna; emanava un tanfo terribile, puzzava di morto. Con una mano toccò il volto della ragazza, asciugandole le lacrime. Il suo tatto era gelido, inumano; la cosa aumentò i brividi ad Anna.
Restarono così per secondi, minuti o forse ore. Anna aveva perso la concezione del tempo; continuava a tenere gli occhi chiusi, sperando che la creatura se ne andasse. Ma il mostro era sempre lì, con il volto vicino al suo, mentre la osservava e sorrideva, ridendo e sussurrando frasi che la ragazza voleva ignorare.
Ad un certo punto, la creatura si avvicinò all'orecchio della giovane, scansando i capelli che aveva davanti. Anna si ritrovò quindi ad essere costretta ad ascoltare il monologo del mostro.
"Non trovi che sia tutto così... strano?" sussurrò la creatura con una voce rauca "Siamo tutti fragili, proprio come delle foglie; eppure facciamo di tutto per sembrare forti..." il mostro mise poi una mano in mezzo ai capelli di Anna, iniziando così ad accarezzarli dolcemente.

"Cadiamo dall'albero, eppure cerchiamo di convincerci che tutto andrà meglio," continuò l'essere, iniziando a tirare i capelli della giovane "che ritorneremo attaccati a quel ramo".

"Ma in realtà, il vento ci sposta." iniziò quindi a strappare mano a mano ciocche intere di capelli, facendo piangere sempre di più la ragazza "Ci fa cadere sempre più giù, fino a raggiungere il terreno".

"Veniamo calpestati più volte, strappati, distrutti." l'essere decise poi di mollare i capelli di Anna, puntando poi le mani al collo della giovane e iniziando a graffiarla con le sue unghie rotte  "Eppure, continuiamo a pensare che, prima o poi, tutto ritornerà come prima."  continuò poi ad aumentare la forza, iniziando quindi a scavare nella pelle della ragazza "Tutto il dolore se ne andrà e noi ritorneremo attaccati a quel ramo".

Anna iniziò ad urlare dal dolore, ma fu subito bloccata dalla mano della creatura, la quale, continuando il suo monologo, disse: "E' davvero strano: nessuno riesce a rassegnarsi al proprio destino. Nessuno vuole morire. Nessuno capisce".
La creatura liberò poi la bocca di Anna, alzando le mani verso gli occhi della giovane. Con le dita decise di tirarle le palpebre, obbligandola così a guardarla negli occhi.

"Ogni foglia che cade dall'albero è già morta." fu l'ultima frase della creatura.
Fu l'ultima cosa che Anna sentì prima di realizzare che la creatura non respirava.
Fu l'ultima cosa che Anna sentì prima di realizzare che tutto era reale.
Fu l'ultima cosa che Anna sentì.

|||

Greta stava scrivendo sul suo quaderno per gli appunti quando la campanella suonò, avvertendola cosí che ci sarebbe stata la ricreazione. Si guardò intorno, notando che quasi tutti i suoi compagni stavano uscendo fuori; decise quindi di rimanere dentro la classe per continuare a scrivere. Ogni tanto alzava la testa, guardando fuori dalla finestra il boschetto che si trovava vicino alla scuola. Fece così fino a quando due figure si posizionarono davanti a lei, dal lato opposto del banco, e le afferrarono il quaderno.
Le due figure non erano altro che due sue compagne di classe: Anna e Giulia. Greta si alzò subito di scatto e, indicando con il dito, disse: "Quello sarebbe il mio quaderno."
Anna e Giulia si guardarono, scambiandosi una breve risata.
La prima a parlare fu Giulia: "Calmati," disse la ragazza accarezzandosi le punte dei lunghi capelli castani "volevamo soltanto capire cosa stavi scrivendo di così tanto interessante".
"Bastava chiedermelo." rispose Greta con freddezza, mentre cercava di riprendere il suo quaderno.
Anna diede un'occhiata alle pagine, strappandone poi una e lanciando il quaderno per terra; "Che merda." disse guardando in faccia Greta "invece di scrivere queste stronzate, dovresti cambiare e andare a cercarti un ragazzo. Cioè: ma non ti vergogni ad essere così?"
"No." rispose Greta riprendendo il quaderno "Almeno, a differenza tua e del resto della società, non giudico una ragazza a seconda del numero di fidanzati che ha avuto".
"Di cosa cazzo mi staresti accusando, stronza?" le rispose Anna.
"Sto solo facendo notare, in modo totalmente pacifico," continuò Greta fissando Anna "che nella società di oggi tendiamo a giudicare una ragazza a seconda di quanti ragazzi ha avuto: ne ha avuti pochi o proprio zero? Allora la ragazza sarà sicuramente una sfigata, che non capisce nulla della vita. Ma se invece ne ha avuti tanti, sicuramente si tratta di una troia, che se ne frega degli altri e si merita di morire. Trovo tutto questo ragionamento abbastanza incoerente e sessista, dal momento che dovremmo giudicare una persona dal comportamento, non dal fatto se ha avuto un ragazzo o no."

Anna spalancò gli occhi, scambiandosi sguardi di continuo con Giulia.

"Ma chi ti credi di essere?!" urlò Anna attirando così l'attenzione di alcuni compagni che si trovavano nella classe "Sei soltanto una psicopatica! Finirai al manicomio per tutte quelle stronzate che scrivi! Resterai sola per tutta la vita!!"

Fu un attimo e la mano di Greta sfiorò violentemente la guancia di Anna.
Naturalmente, sapeva che così tutto le sarebbe andato contro, ma la pazienza aveva raggiunto il limite. Da anni ormai era tormentata da tutti, immersa in commenti negativi e affogata in un mare di pregiudizi.
La maggior parte dei compagni si erano radunati intorno a Greta, Anna e Giulia.
Non tutti avevano capito come fosse iniziata la discussione, ma una cosa era certa: Greta aveva fatto del male ad Anna. Fu questione di un attimo e Greta si ritrovò coperta di insulti, con davanti Anna che fingeva di piangere dal dolore.
Naturalmente, venne tutto raccontato ai professori e Greta si ritrovò con un bel rapporto.
"E comunque," disse Greta, poco prima di uscire dalla classe, dal momento che doveva andare dal preside per discutere del suo comportamento irregolare, "i manicomi sono chiusi dal 1978."

|||

Due mesi di punizione.
Fu la reazione dei genitori nei confronti di Greta, dopo aver saputo che aveva aggredito in modo orribile una sua povera compagna di classe che cercava solo di aiutarla.
L'unica cosa che Greta poteva fare in camera sua ormai era rimanere a letto e fissare il soffitto.
Sentiva un forte senso di rabbia e nausea, non sopportava più vivere così; stava per addormentarsi dalla stanchezza quando qualcosa la obbligò a restare sveglia: erano delle voci. O meglio: le voci.
Le voci che ormai la tormentavano da anni.
Le sussurravano di continuo frasi, parole inquietanti.
Le parlavano di morte, di atrocità. Le dicevano di venire con loro.
La paragonavano di continuo ad una foglia.
"Ogni foglia è obbligata a cadere." ripetevano spesso "Arriverà anche il tuo momento".
Le parlavano di suicidio. Le suggerivano di buttarsi dalla finestra, per provare a cadere dolcemente come solo una foglia sa fare.

La ragazza nascose la testa sotto il cuscino e cercò di rilassarsi, cercò di ignorare le voci come al solito. Non si sarebbe buttata. Sarebbe sicuramente morta visto che abitava al quarto piano di un condominio.
"E' solo la tua mente, Greta." si disse poco prima di addormentarsi "Finché continuerai ad avere quel quaderno e a scrivere, tutto andrà bene."

|||

La mattina seguente passò in fretta: Greta ignorò i soliti commenti negativi che ormai era abituata a ricevere, aspettando con ansia la fine delle lezioni. Ogni tanto, quando ne aveva l'occasione, scriveva qualcosa nel suo quaderno degli appunti.
Quando la campanella finale suonò, Greta tirò un sospiro di sollievo. Anche quella mattina era sopravvissuta. Dopo aver fatto lo zaino, si avviò vero l'uscita. Di solito affrettava il passo per raggiungere la sua casa ed evitare così i compagni, ma quella volta la ragazza si fermò a fissare il boschetto vicino alla scuola.
Si avvicinò lentamente, sentiva una sorta di legame, come se qualcosa la attirasse.
Di colpo iniziò a risentire le voci. Le urlavano contro, la invitavano a morire lì con loro. Greta iniziò a sbiancare e a tremare, continuando a fissare il boschetto, fino a quando qualcuno da dietro la afferrò, spingendola contro un albero e facendole sbattere la faccia contro la corteccia.
Greta si girò e le sue teorie si confermarono: era proprio Anna, insieme ad un paio di ragazzi che non facevano parte della sua classe.
"Sì," disse Anna guardando i ragazzi e indicando Greta "è lei la psicopatica".

Greta aveva capito fin da subito come stavano le cose: molto probabilmente Anna aveva convinto dei ragazzi ad aggredirla dopo scuola, dicendo voci false su di lei o arrivando addirittura a pagarli.
I ragazzi non si fecero troppe domande, presero Greta per i capelli e sbatterono la sua testa varie volte contro un albero. Uno di loro prese il suo zaino e lo lanciò ad Anna che era intenta a filmare tutto con il suo cellulare. Altri ragazzi della scuola si erano avvicinati, ma nessuno disse o fece qualcosa, si limitarono tutti a guardare in silenzio la scena.
Le voci nel frattempo non facevano finita di tormentare la mente di Greta.
"Ogni foglia è obbligata a cadere." ripetevano "Non pensi sia arrivato anche il tuo momento?".

Ormai Greta era a terra, sporca di polvere e sangue, senza energie e piena di lividi. I ragazzi calpestarono più volte il corpo di Greta, la ricoprirono di insulti e, dopo essersi assicurati che fosse svenuta per il dolore, se ne andarono.
Quando la ragazza aprì gli occhi, il Sole stava tramontando. Un forte mal di testa la obbligò a portarsi le mani al capo. Si alzò piano piano, togliendo dai suoi capelli le foglie che erano rimaste attaccate.
Dopo essersi messa in piedi, individuò subito il suo zaino; vi guardò dentro e notò che molti dei suoi libri erano spariti, il suo cellulare era rotto, il suo diario era stato rovinato.
E poi trovò il suo quaderno degli appunti, quello dove ci scriveva sempre.
Molte pagine, dove aveva scritto cose importanti, erano state strappate, altre scarabocchiate.
Ormai era rimasta solo una pagina libera.
Greta guardò il cielo che ormai stava diventando buio. Doveva tornare subito a casa. Doveva scrivere qualcosa.


Per sua "fortuna" i suoi genitori non erano in casa quella sera. La ragazza corse subito in camera sua e chiuse a chiave la porta.
Tirò fuori il suo quaderno e una penna, lanciando poi lo zaino in un angolo della stanza.
Arrivò all'ultima pagina vuota e incominciò a scrivere, ma si accorse subito di un piccolo dettaglio: la sua mano tremava. Non riusciva a tenere la penna dal dolore, faceva una fatica immensa.
Si sforzò per scrivere qualcosa, mentre le lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi.

"Tutto è così strano.
Siamo tutti fragili, proprio come delle foglie; eppure cerchiamo di sembrare forti.
Cadiamo dall'albero, eppure cerchiamo di convincerci che tutto andrà meglio, che ritorneremo attaccati a quel ramo.
Ma in realtà, il vento ci sposta. Ci fa cadere sempre più giù, fino a raggiungere il terreno.
Veniamo calpestati più volte, strappati, distrutti.
Eppure, continuiamo a pensare che, prima o poi, tutto ritornerà come prima.
Tutto il dolore se ne andrà e noi ritorneremo attaccati a quel ramo.
E' davvero strano.
Nessuno riesce a rassegnarsi al proprio destino.
Nessuno vuole morire.
Nessuno capisce.
"
 
La mano tremava, bruciava dal dolore. La calligrafia era orribile e rovinata per via della sofferenza e delle lacrime.
Con un ultimo sforzo, scrisse in modo gigantesco e leggibile:
"Ogni foglia che cade dall'albero è già morta."

Infine cadde a terra sfinita, mentre la mano continuava a tremare. I suoi occhi si fermarono a fissare la finestra di camera sua. Le voci non erano ancora tornate.
Le voci non le stavano più parlando.
Probabilmente anche loro si erano stancati di lei.
Si alzò in piedi e aprì la finestra, affacciandosi e osservando gli alberi che stavano sotto il condominio. Si soffermò a osservare le foglie che lentamente cadevano.
Era attratta dagli alberi.
Anche lei voleva tornare attaccata ad un ramo.

Prese un bel respiro e per la prima volta diede ascolto alle voci.
E infine cadde a terra dolcemente proprio come una foglia.

|||
 
Secondo l'autopsia, Greta era morta sul colpo.
Avevano raccolto il suo corpo inanimato, coperto di foglie, sull'asfalto.
Era abbastanza ovvio che si trattasse di suicidio, ma la polizia decise comunque di indagare su questo mistero.
Ma qualcosa andò storto e apparve un mistero ben più grande: il cadavere di Greta sparì dall'obitorio.
Al suo posto furono trovate soltanto delle foglie.
Iniziarono a girare molte teorie, molte voci riguardo il mistero di Greta.

C'è chi dice che Greta sia ancora in giro.
C'è chi dice che non sia più umana, che sia un morto vivente o uno spirito che vaga per la città.

C'è chi dice che per mesi tormenta le sue vittime, fissandole dalla finestra di casa, studiando ogni loro comportamento e terrorizzandole in questo modo.
C'è chi dice che Greta, in vita, avesse un potere, un talento: quello di poter comunicare con gli alberi, con le foglie, ma che non se ne fosse mai accorta.
 
 
Ma si sa: sono soltanto delle "voci".


 
   
 
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