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Autore: Iwuvyoubearymuch    04/06/2017    4 recensioni
"Di qualunque cosa le nostre anime siano fatte, la mia e la tua sono fatte della stessa cosa"
Emily Brontë
[Soulmate AU]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Barry Allen, Caitlin Snow
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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let me take your hand i'll make it right 
(i swear to love you all my life)

1

Barry Allen aveva scoperto di avere un'anima gemella quando ancora non aveva la più pallida idea di cosa volesse dire. Come biasimarlo, cinque anni era effettivamente l'età meno indicabile per scoprire che da qualche parte nel mondo esisteva una persona che gli avrebbe sempre voluto bene e che lui, a sua volta, avrebbe provato lo stesso. 
«Ma io ho già te e papà» aveva replicato, mentre Nora Allen gli disinfettava il ginocchio sbucciato che si era procurato cadendo dalla bicicletta quando quella cosa era comparsa: l'interno del polso aveva cominciato a fare così male che Barry non aveva potuto far altro che lasciare andare il manubrio e, sebbene ci avesse provato di tanto in tanto ad andare in bici senza mani, scansare quell'albero all'ultimo istante aveva richiesto uno sforzo incredibile e i riflessi pronti e rapidità... ma alla fine, pur avendo evitato l'albero, non ci era riuscito con il marciapiede. 
Fu mentre cercava di coprirsi il ginocchio con le mani senza andare a finirci sopra perché il disinfettante bruciava troppo che si accorse della scritta sul polso di sua madre; o meglio, l'aveva notata molto prima e più di una volta si era addormentato passandoci il dito sopra, cullato dalle parole dolci di Nora che gli raccontava la storia del Dinosauro, ma non si era mai davvero chiesto cosa fosse, sapeva soltanto che c'era scritto il nome di suo padre e che sul polso di suo padre c'era quello di sua madre. 
«E' così che una persona scopre di avere un'anima gemella» era stata la risposta di Nora alla domanda di Barry. 
Barry annuì, sinceramente ancora confuso, e fissò il proprio polso.
Caitlin, c'era scritto nella stessa scrittura nera che era sul polso sinistro di sua madre. La prima cosa che gli venne in mente fu che era un nome carino, ma a parte quello non sapeva cosa pensare e cosa fare a proposito. Dopo un paio di secondi, la testa si riempì di domande: quando avrebbe incontrato questa bambina? C'era la possibilità che ci fosse un errore e che non l'avrebbe mai incontrata? Era possibile che il nome potesse cambiare a un certo punto? Come faceva a comparire un nome su un polso, così dal nulla, all'improvviso? Ma alla fine optò per quella che al momento gli sembrava quella più importante. 
«Esistono tante Caitlin nel mondo, come farò a sapere che è quella giusta?» 
A quel punto Nora Allen aveva sorriso e il piccolo Barry ebbe l'impressione che dietro quel sorriso si nascondesse molto di più, perché era lo stesso che faceva quando Henry tornava a casa con un mazzo di fiori, o quando Barry la abbracciava e le diceva che le voleva bene prima di correre in classe. «Quando la incontrerai, lo saprai.»

Solo che Barry non aveva idea di come avrebbe dovuto saperlo. Sarebbe comparsa una nuova scritta? No, perché nè la mamma nè il papà ne avevano delle altre. Avrebbe fatto male? Barry sperava vivamente di no perché la caduta dalla bicicletta era stata abbastanza dolorosa e il bruciore successivo anche peggio. La prima Caitlin che avrebbe incontrato sarebbe stata quella giusta? Non aveva molto senso all'inizio, ma più ci pensava più invece era costretto a ricredersi: se un'anima gemella era una persona speciale, allora voleva dire che l'incontro doveva esserlo altrettanto e cosa c'era di tanto speciale nell'incontrare una Caitlin qualsiasi dopo tante altre Caitlin? No, doveva essere per forza la prima Caitlin. 
La prima Caitlin di Barry Allen arrivò quando era al secondo anno di scuola elementare. Era l'inizio dell'anno scolastico e c'era questa bambina nuova accanto alla maestra che stringeva lo zainetto azzurro tra le braccia e non aveva mai alzato lo sguardo dal pavimento per tutto il tempo che veniva presentata alla classe, l'espressione di chi avrebbe voluto essere ovunque tranne che lì. Barry mise da parte per un attimo l'eccitazione per aver finalmente incontrato la sua anima gemella - col passare del tempo aveva scoperto che non vedeva l'ora di conoscerla, se non altro per il modo in cui aveva preso l'abitudine di ricalcare la scritta con le dita ogni sera da quando era comparsa e non a caso era stata la prima parola che aveva imparato a scrivere - e pensò che era davvero un peccato che l'unico banco vuoto non fosse quello accanto al suo, perché così avrebbe potuto parlarle e farla sentire meglio. Barry ricordava con estremo terrore il primissimo giorno di scuola quando aveva dovuto dire a tutti i suoi futuri compagni di classe come si chiamava, che il suo cartone animato era Dragon Ball e il suo giocattolo preferito - e allora nessuno conosceva nessuno, eccetto un paio di loro che erano anche vicini di casa, quindi per Caitlin doveva essere anche peggio, ma per tutto quel primo giorno non ebbero occasione di parlarsi. 
Al suono della campanella, fu il primo a uscire dall'aula, fece di corsa le scale anche se i suoi genitori continuavano a ripetergli che non doveva farlo perché poteva farsi seriamente male e infatti poteva vedere l'espressione di rimprovero sul volto di Nora anche da lontano, ma non gli importava niente. Non le diede modo di farsi riprendere; non appena la raggiunse, le prese una mano e la fece segno di abbassarsi. 
«E' arrivata, mamma. E' arrivata!»
Non perse tempo a puntare un dito in avanti e indicare tra la folla di ragazzini che uscivano dall'edificio, la graziosa bambina che era seduta a due banchi di distanza dietro di lui e che si era appena trasferita da Starling City e doveva essere sicuramente la sua anima gemella perché si chiamava Caitlin proprio come c'era scritto sul suo polso. 
Barry si sentiva così felice all'idea che la sua attesa fosse finalmente finita da accorgersi solo dopo che la sua mamma non aveva ancora parlato. Così distolse lo sguardo da Caitlin che salutava con la mano la compagna di banco alla quale era stata assegnata, e guardò invece sua madre. 
Nora aveva un'espressione strana che Barry non seppe intendere, ma stava anche sorridendo quindi non poteva essere niente di brutto. Solo che dopo lei gli chiese se anche Caitlin aveva il suo nome scritto sul polso. 
«Si, certo! E' la mia anima gemella!» rispose subito Barry, gonfiando le guance. 
Ma la verità era che non lo sapeva. Non era riuscito a  parlare con Caitlin e non era mai stato tanto vicino da controllare il polso, nemmeno durante la ricreazione - non che ci avesse pensato, contento com'era, ma aveva la sensazione che piazzarsi davanti a lei e chiederle se per caso aveva il nome Barry scritto sul polso fosse un tantino scortese e i suoi genitori gli avevano insegnato che l'educazione era importante. 
Così fece ritorno a casa solo un po' più triste di come lo era stato fino a poco prima, ma non disperò perché tra la deviazione al parco, l'hamburger con le patatine da Big Belly Burger per cena - nessuno delle due cose programmate per la giornata - e il pensiero che solo perché non aveva avuto ancora modo di assicurarsi che Caitlin fosse effettivamente la sua anima gemella non voleva dire che non lo fosse, poteva dirsi abbastanza tranquillo.
La settimana successiva riuscì a trattenere le lacrime per tutto il tragitto in macchina, durante il quale la mamma gli fece notare che era stranamente silenzioso, ma quando finalmente entrò in casa non ce la fece più. Pianse perché Caitlin non aveva il nome di Barry sul polso, perché non era la sua anima gemella, perché doveva tornare ad aspettare e forse non l'avrebbe mai nemmeno incontrata. Pianse tutto il pomeriggio e quando Henry tornò a casa da lavoro gli raccontò di come lui stesso aveva dovuto aspettare moltissimo tempo prima di incontrare la sua anima gemella, la sua Nora. 
«Anche se adesso sei triste, figliolo, ti assicuro che quando la incontrerai sarà come se niente di tutto ciò fosse successo» aveva aggiunto alla fine, arruffadogli i capelli. 
E Barry volle crederci perché se tutti e due i suoi genitori glielo avevano detto allora doveva essere vero. E perché bastava guardarli per capire che si volevano molto bene, almeno quanto lui ne voleva a loro. 

Ironicamente una cosa del genere accadde ancora una volta. O meglio, non il fatto che Barry incontrasse un'altra Caitlin, piuttosto che il principio delle anime gemelle lo rendesse molto triste e molto, molto arrabbiato. 
I suoi genitori e Joe West erano amici, e Joe West era il padre di Iris che nel giro di pochi mesi era diventata la sua migliore amica, quindi sembrava quasi che il destino o la casualità o chissà-che-altro li stesse spingendo insieme. 
A sua discolpa, Barry ci aveva onestamente provato, e non solo perché non aveva senso visto che prima o poi avrebbe incontrato finalmente la sua anima gemella - si era categoricamente proibito di pensare che non l'avrebbe mai conosciuta - ma sopratutto perché non gli sembrava giusto nei confronti di Caitlin, ovunque lei si trovasse. Ma come era possibile non farsi piacere Iris West?
Iris era semplicemente la bambina più gentile, dolce e carina che Barry avesse mai avuto il piacere di conoscere. Finora, aggiungeva mentalmente ogni volta che quella specie di senso di colpa gli faceva notare che il nome sul suo polso era Caitlin e non Iris, e seppure Barry non fosse poi così grande ancora, lo era abbastanza da sapere che non si doveva pensare a un'altra persona mentre si era già impegnati - in un certo senso almeno - con qualcun altro. 
Non ne aveva parlato con i suoi genitori (se ne vergognava)  ma più di una volta aveva avuto la sensazione che loro - e Joe - sapessero esattamente cosa gli stesse passando per la testa, il che poteva essere vero perché pure loro dovevano avuto la sua età a un certo punto e, anche se Barry faticava onestamente a immaginarseli, dovevano aver avuto i suoi stessi problemi, visto che lui non era niente di speciale, come Tony Woodward non faceva altro che ricordargli ogni volta che gli pareva. 
Comunque, il punto era che Barry ci aveva provato e aveva fallito miseramente perché la cotta per Iris aveva tutte le caratteristiche di quelle che potevano durare una vita. Aveva smesso da parecchio di tracciare con le dita il nome sul suo polso, ma se avesse avuto ancora quell'abitudine avrebbe fatto di tutto per togliersela perché si sentiva in colpa. Soprattutto quelle volte che sperava di svegliarsi al mattino con un nome completamente diverso alla base della propria mano. Era una persona cattiva per quello? Il proprio istinto gli suggeriva di si, che non era giusto nei confronti di Caitlin e che lui si sentirebbe male al pensiero che la sua anima gemella poteva voler desiderare di avere qualcun altro al suo posto. Ecco perché ci aveva messo mesi per trovare il coraggio di chiedere a Henry se avesse mai sentito parlare di cambi di nome.
«E' possibile» aveva risposto e Barry aveva provato una cosa strana allo stomaco, come se si fosse appena alleggerito e diventato più pesante allo stesso tempo. Nella pausa che seguì ebbe modo di arrivare a pensare che non era il caso di preoccuparsi tanto perché se il nome fosse cambiato voleva dire che lui e Caitlin non era anime gemelle, e allora come faceva Caitlin a rimanerci male se avesse scoperto dei dubbi di Barry se non si fossero mai incontrati o, nel caso fosse successo - e nonostante tutto il pensiero lo rese un po' più contento - ad avercela con lui in qualche modo?
Stava per abbracciare suo padre dalla gioia, quando Henry riprese. «E' possibile, Barry, ma avrai modo di scoprire che non è una cosa piacevole.»
Basta. Non aggiunse nulla più, sebbene Barry lo avesse pregato di spiegargli cosa volesse dire, ma a quanto pareva era ancora troppo piccolo per capire e che se poteva vivere in quell'ignoranza ancora per un po', era un bene che ne appofittasse; Barry impuntò i piedi e si rifiutò di parlargli per il resto della serata. 
Cosa voleva dire? Che era troppo doloroso? Non vedeva il problema visto che aveva fatto un male cane quando era spuntato il nome e a lui si era aggiunto pure il dolore del ginocchio. Avrebbe potuto sopportarlo, forse anche un po' di più se non lo avesse colto alla sprovvista come la prima e ultima volta, ma solo a pensarci sentiva la determinazione affievolirsi man mano. 
Magari, il dolore non c'entrava nulla. Magari, sarebbe stato spiacevole per altri motivi, ma nulla che gli venisse in mente. Alla fine si arrese e non poteva nemmeno chiedere a Iris perché aveva paura che lei potesse intenderne il motivo e lo giudicasse in qualche modo. 
Che poi, parlare con Iris del principio delle anime gemelle era sempre complicato e si trasformava in invettive che Barry aveva ascoltato così tante volte da poterle ripetere parola per parola. Dire che Iris la trovava una cosa stupida era poco perché, a differenza di tutte le altre ragazzine che Barry conosceva, Iris non la trovava per niente romantica: oltre a essere decisamente una cosa troppo ambigua e macabra per il fatto che un nome qualsiasi spuntasse all'improvviso e senza una ragione apparente - e almeno su quello Barry si trovava d'accordo - si rifiutava di accettare che qualcuno o qualcosa («sul serio, chi o cosa decide chi è destinato con chi?!») potesse determinare il proprio futuro in qualsiasi maniera, che venisse marchiata come la poprietà di qualcuno per il resto della sua vita. Barry non sapeva se quella posizione fosse maturata in seguito all'argomento che stavano studiando in classe la prima volta che ne avevano parlato - la storia dell'America e la strada verso l'indipendenza - ma era sicuro al cento percento che c'entrasse il fatto che Francine West, il nome della mamma di Iris e la scritta sul polso di Joe, li avesse abbandonati anni prima per motivi che Iris non aveva nemmeno voluto sapere. 
Mentre da un lato ciò era evidentemente un punto a suo favore perché Iris non avrebbe considerato la cotta di Barry come un risultato del principio delle anime gemelle se non c'era scritto il suo nome sul polso di Barry e perché se Joe e Francine, pur essendo anime gemelle, non stavano insieme allora niente impediva a Barry di poter fare lo stesso, ma allo stesso tempo era vagamente consapevole di come alle volte lo sguardo di Joe si bloccasse sul nome che aveva sul polso e gli si formasse una strana espressione sul volto, come se non potesse crederci che non erano insieme. E allora Barry guardava i suoi genitori e si accorgeva della differenza abissale tra la coppia felice e il padre quasi-felice e finiva col pensare che se due persone erano anime gemelle allora dovevano stare insieme. 

Barry ebbe un assaggio di cosa voleva dire suo padre con le parole avrai modo di capire che non è una cosa piacevole la sera del diciotto marzo del duemila e scoprì che non aveva mai avuto più ragione su una cosa come allora.
Nora Allen morì quella sera, senza che Barry si accorgesse di quello che era successo: il minuto prima era convinto che qualcuno stesse tentando di ucciderlo e quello dopo era a una ventina di isolati da casa sua; quando vi fece ritorno, senza fiato, suo padre era in manette. Non volevano che Barry si avvicinasse a Henry, ma se c'era una cosa che aveva imparato grazie a Tony Woodward era correre e prima ancora che potessero afferrarlo, era accanto al padre e, disperato, tentò inutilmente di togliergli le manette perché c'era un errore, non aveva fatto nulla di quello di cui era accusato - qualsiasi cosa fosse, Barry non aveva ancora capito - era stato l'uomo in giallo, non suo padre. Ma i due agenti che erano lì vicino fecero per acchiapparlo e Barry prese di nuovo a correre, ma stavolta dentro casa e-
Non avrebbe mai dimenticato la vista di sua madre stesa sul pavimento e formò immeditamente la consapevolezza che sarebbe ritornata a tormentare innumerevoli notti di sonno. 
Molto più tardi, quella stessa sera, dietro la palpebre serrate di Barry, la scritta sbiadita sul polso di suo padre - che non pensava nemmeno di aver visto nella foga e nella disperazione, ma doveva averlo fatto evidentemente - sembrò trovare un senso. 
Ecco in che modo un nome poteva cambiare, non la forma o le lettere, diventava solo più chiaro, quasi come se non ci fosse mai stato, ma non era vero perché quella persona era esistita ed era stata la causa della felicità - e non solo, ma Barry preferiva concentrarsi sugli aspetti positivi in quel momento più che mai - di un'altra. 
Aveva senso: quella scritta, quel nome diventava una parte integrante della vita di una persona dal momento in cui appariva dolorosamente sul polso, era incisa sulla propria pelle e ne influenzava la vita in un modo o nell'altro; che quelle due anime gemelle si incontrassero o meno, che decidessero di vivere insieme per il resto delle proprie vite o di continuare separatamente per le loro strade, il marchio delle anime gemelle era legato indissolubilmente alla vita della persona sul cui polso appariva. 
E quella notte Barry si sentiva lo stesso e diverso al contempo. Niente di lui era cambiato, ma aveva la sensazione che da quel punto in poi non avrebbe avuto più motivo di essere veramente felice perché anche quando gli sarebbe capitata una cosa bella in futuro sapeva di non poter correre dalla sua mamma e raccontargliela, non avrebbe potuto più dirle quanto le voleva bene e- 
Suo padre doveva provare esattamente le stesse identiche cose, perché lo sapeva e perché Barry aveva soltanto undici anni e non conosceva niente dell'amore se non quel poco che aveva provato sulla propria pelle e ciò che Nora e Henry gli avevano insegnato a parole e con i gesti, ma era sicuro che il tipo di amore tra i suoi genitori era speciale, era il tipo di amore che lasciava segni e ricordi e sensazioni che niente avrebbe potuto cancellare, nemmeno la morte. Ti lasciava soltanto un po' sbiadito.
Quella notte non riprese a calcare la scritta con le dita, ma la osservò a lungo e senza un pensiero coerente nella testa, piangendo quasi per tutto il tempo e mormorando al buio mamma, mamma, mamma, quasi come a non voler perdere - non ancora, almeno - la possibilità di poterla chiamare.

Le cose tornarono alla normalità - o quasi - lentamente. Crescere senza una madre era stato difficile e senza un padre anche più, se non altro per il fatto che almeno lui non era morto ma Barry poteva ugualmente vederlo di rado e mai per più di una manciata di minuti alla volta o attraverso un vetro e la cornetta di un telefono. 
Joe e Iris erano stati la famiglia affidataria migliore che un ragazzino col cuore spezzato potesse mai desiderare e man mano aveva smesso di considerarli come dei semplici familiari acquisiti - più o meno dopo aver accettato che non avrebbe mai più vissuto col suo vero padre, non in un futuro immediato almeno - ma come una famiglia vera e propria, una con cui iniziare nuove tradizioni e magari non buttare quelle vecchie a cui teneva particolarmente, come vedere musical alla tivù tutti i martedì del mese. 
La laurea in Chimica e in Criminologia gli avevano garantito un lavoro nella sezione scientifica alla Central City Police Department, che era esattamente ciò a cui Barry mirava perché nutriva la speranza di poter finalmente provare l'innocenza di Henry e e che il responsabile della morte di sua madre era l'Uomo in Giallo. 
E nel frattempo, Barry sperava di conoscere finalmente la sua Caitlin. Aveva finito le scuole superiori senza incontrarla e si era laureato in non una, ma ben due aree di studio sempre in attesa del fatidico giorno che sembrava non arrivare mai. Contrariamente a quello che aveva pensato da piccolo, della cotta per Iris erano rimasti accenni che solo raramente tornavano a fargli frullare lo stomaco, ma dal momento in cui erano diventati fratello e sorella aveva messo definitivamente la parola fine a qualsiasi tentativo di assecondare i propri sentimenti semmai avesse trovato il coraggio per affrontare con lei l'argomento.
Solo che era tremedamente invidioso. Quelle poche persone con cui aveva stretto amicizia al college erano già felicimente accopiate con le proprie anime gemelle e quelli che invece, come lui, si era presentati sprovvisti l'avevano comunque trovata per la fine degli studi. Barry era l'unico dei suoi compagni ad avere un marchio sul polso dall'età di cinque anni che non aveva ancora incontrato la sua anima gemella. 
Il problema non era solo che desiderava ardentemente incontrarla, ma si era informato un po' di più sul principio delle anime gemelle e aveva scoperto che più tempo passava più era difficile connettersi. Era preferibile che due destinati facessero la propria conoscenza da piccoli, in modo da avere l'opportunità di crescere insieme, ma non sempre ciò era possibile e Barry non aveva assolutamente idea di come si accelerasse il processo, soltanto che era sconsigliabile perché nella quasi totalità dei casi era fondamentale che due anime gemelle si incontrassero al momento giusto o le conseguenze avrebbero potuto essere catastrofiche. Al punto dov'era, Barry era arrivato alla conclusione che avrebbe aspettato il necessario a patto che l'attesa fosse finita a un certo punto.
Così Barry Allen passava i suoi giorni sperando di poter scagionare suo padre e incontrare la sua anima gemella, arrivando sempre in ritardo al lavoro quando uscire con Joe al mattino gli avrebbe evitato tante di quelle strigliate dal Capitano Singh e analizzando scene del crimine; sebbene avesse espressamente chiarito che non intendeva iniziare alcuna relazione seria con nessuna ragazza mentre aspettava l'arrivo di Caitlin, si era concesso qualche appuntamento di tanto di tanto - crescendo aveva scoperto con un moto di vergogna che essere fedeli a una persona che non aveva mai nemmeno visto o sentito una sola volta nella vita era terribilmente più facile da piccoli e decisamente molto meno da adulti - la sera quando non usciva con Iris, si dedicava alle riviste scientifiche o ai musical se era martedì, talvolta cercando di far appassionare a entrambe le cose la sua migliore amica ma senza particolare risultanti anche in quel campo. Quindi, la sua vita era un enorme, estenuante attesa che sembrava protrarsi all'infinito.  
Poi qualcosa era successo, solo che non era esattamente ciò che Barry aspettava. 
O meglio, aveva agognato la notte in cui Harrison Wells avrebbe finalmente presentato al pubblico il suo acceleratore di particelle, perché sarebbe stato uno dei risultati più imponenti nel mondo della scienza e Barry poteva soltanto immaginare il contributo che avrebbe apportato alla società moderna.
Non sapeva nemmeno spiegarsi come aveva fatto a convincere Iris perché quella ragazza era tremendamente testarda e non sembrava mai troppo entusiasta all'idea di passare una serata che aveva come tema principale qualsiasi cosa legata alla scienza. Eppure ce l'aveva fatta e Barry si era ritrovato nell'ingresso dei Laboratori S.T.A.R. con la sua migliore amica per assistere a quello che sarebbe stato molto probabilmente l'evento più importante del decennio. 
Era tutto perfetto: Barry era nel giusto stato di eccitazione - decisamente esaltato ma non troppo da mettersi a esultare come uno stupido, anche se molta della gente lì presente avrebbe potuto capirlo - Harrison Wells era sul palco e aveva iniziato il suo discorso di apertura con alle spalle alcuni dei suoi collaboratori che sembravano sinceramente orgogliosi del proprio lavoro e con giusta ragione, Iris era al suo fianco e non sembrava intenzionata a lamentarsi una volta tanto e-
Ovviamente qualcosa doveva storto. E poco importava se Barry era forse la persona meno adatta sulla faccia della Terra per partire all'inseguimento di qualcuno perché c'era un motivo se non l'aveva mai avuta vinta con Tony Woodward quando andava a  scuola e non c'era nessuna tessera d'iscrizione alla palestra nel suo portafoglio, ma quel tipo aveva preso la borsa con il computer di Iris e lui doveva fare qualcosa per fermarlo. Così, invece, di assistere alla presentazione dell'acceleratore di particelle di Harrison Wells, aveva corso così tanto - o forse non era così tanto, ma a lui sembrava di aver partecipato alla maratona di New York - che probabilmente non aveva sputato un polmone soltanto perché- be', perché era impossibile. E non era nemmeno stato lui a fermare questo tizio, ma il collega di Joe, che non solo aveva l'aspetto del principe azzurro con i suoi capelli biondi, occhi azzurri e mandibola squadrata, ma lo era anche nelle azioni aiutando la damigella in pericolo - o recuperando il suo computer. 
Se ne era tornato in ufficio con il morale sotto i piedi perché anche se non aveva cercato in nessun modo di impressionare Iris, gli sarebbe piaciuto rivestire il ruolo dell'eroe per una volta, ma lui sembrava destinato a essere il solito, vecchio Barry che non avrebbe concluso nulla di ciò che si era prefissato nella vita. 
La giornalista allo schermo del computer parlò di un problema con l'acceleratore di particelle che in qualsiasi altro momento Barry avrebbe recepito meglio, ma in quel momento tra la propria delusione e il fascio di luce sugli S.T.A.R. Labs che poteva vedere dalla propria finestra, era un tantino distratto.
Barry non aveva assolutamente idea di cosa stesse succedendo, ma era abbastanza sicuro che non poteva essere niente di buono: l'esplosione si irradiò per parecchi metri, ricoprendo quasi per intero Central City e portando via la corrente a tutta la città, i vari composti chimici che usava per effettuare test ed esperimenti si sollevarono a mezz'aria come se la forza di gravità avesse smesso di funzionare solo per essi e poi ci fu un fulmine. 
Solo che nell'attimo subito precedente al fulmine che lo aveva colpito in pieno, Barry aveva sentito qualcosa che non sapeva spiegarsi e che onestamente lo preoccupava anche più ciò che gli stava capitando intorno. Era come fosse tornato a quel giorno in cui era caduto dalla bicicletta perché il dolore al polso era stato troppo forte ed era comparsa la scritta sul suo polso; non pensava di ricordare quanto fosse stato doloroso, era passato troppo tempo, o forse lo ricordava soltanto perché l'aveva provato ancora una volta quella sera ma-
La cosa disturbante non era nemmeno quella. Poteva facilmente - o quasi - sorvolare sul dolore fisico, ma quello che stava accadendo dentro era tutta un'altra storia. Aveva l'impressione di avere un enorme vuoto al centro del petto e si sentiva terrorizzato e confuso e smarrito e non erano sensazioni nuove, ricordava fin troppo bene cosa aveva avvertito quella prima volta, e la seconda e la terza e onestamente ogni volta che ripensava a sua madre e compariva nella testa l'immagine di lei stesa sul pavimento o coperta da un lenzuolo bianco. Sentiva quasi mancargli il respiro per quanto fosse intenso, come se gli stesse accadendo di nuovo, ma non poteva essere.
L'ultimo pensiero prima di essere colpito e scaraventato dall'altro lato della stanza dal fulmine fu che non erano sensazioni sue, non stava accadendo a lui. E allora se non era lui, doveva essere lei.
Caitlin
  
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