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Autore: Benny Bromuro    04/06/2017    0 recensioni
Sono settimane che ormai la piccola cittadina di Varcaturo, nel napoletano, è vessata dalla presenza di giovani killer senza scrupoli, pronti a tutto pur di versare sangue innocente nelle strade.
Tuttavia, nella paura crescente, uomini coraggiosi, speciali, decidono di cercare di uscire dal buio in cui qualcuno li ha immersi. Per salvare il proprio domani e tenere in alto la testa, come gli eroi che sono.
[LA STORIA È SCRITTA CON TRATTI PALESEMENTE PARODISTICI IN RIFERIMENTO AL MONDO FUMETTISTICO E SUPEREROISTICO MARVEL, NON SI VOGLIA QUINDI FRAINTENDERE IL TENTATIVO DI BANALE DIVERTIMENTO CON QUELLO DI BANALE PLAGIO (dato che in tasca non mi entra una ceppa)].
Buona lettura!
Genere: Azione, Fantasy, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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V. NON LA CONOSCIAMO NEPPURE

Chronicles Of A Broken Land - Gli Inconsistenti
 
- Varcaturo, Parco Noce, Terzo Viale –
 
Antonio aprì gli occhi.
Fortunatamente li riaprì anche quel mattino.
Era tutto intirizzito; come sempre aveva dormito nudo e si era scoperto.
Forse per via di quel brutto sogno, che si ripeteva costantemente ogni notte e che lo costringeva a svegliarsi di soprassalto, in apnea, coi polmoni che bruciavano e le lacrime agli occhi.
Sì, naturalmente sognava Roberta.
Sbuffò, gli addominali si contrassero non appena passò da steso a seduto e prese un grosso respiro. L'aria lì dentro era viziata ma non poteva permettersi di levare le assi di legno dalle finestre. Non poteva aprirle, altrimenti gli Inconsistenti sarebbero entrati durante le ore notturne.
Poggiò i piedi sul pavimento congelato, puntellando i gomiti sulle ginocchia e lasciando che la testa cadesse tra le mani.
Era stanco.
Stanco di quell'inferno in cui stava vivendo.
Era un uomo troppo piccolo per avere tutte le risposte che cercava ma doveva combattere costantemente con la sua voglia di lasciarsi andare, di perdere le speranze e gettare tutto al vento.
Era sicuro che, con Roberta al suo fianco, tutto sarebbe stato migliore. Anche quel purgatorio infame e senza via d'uscita, che puntava a sfiancare la ragione e portava i pochi ostinati superstiti a convivere a braccetto con la paura del buio.
Tuttavia voleva trovare la sua donna con così tanta ostinazione che la sua stessa assenza costituiva di fatto la benzina che gli consentiva di andare avanti con tutta la forza che avesse in corpo.
Si sollevò in piedi, facendo mente locale: la notte precedente si era tenuto volutamente lontano dalla chiesa di Varcaturo, vera e propria officina di fabbricazione per quelle bestie robotiche adolescenti; aveva invece cercato i pezzi di ricambio per la propria torcia, qualche cosa di commestibile e dei paragomiti.
Gli ultimi non era riuscito a trovarli.
 
Mosse qualche passo stentato, coi muscoli che gli dolevano; andò direttamente in bagno, aprendo l'acqua della doccia chiaramente fredda e cercando in qualche modo di non morire assiderato.
Alla fine riuscì anche a lavarsi, asciugando i capelli neri e fermandosi davanti allo specchio.
Era rotto, per via dei pugni che aveva tirato sul vetro qualche settimana prima. Tuttavia la sua figura gli si stagliò contro, notevolmente smagrita e pallida.
Aveva fame.
Indossò un'aderentissima maglia di cotone bianca, a maniche lunghe, e i pantaloni della sua tuta da combattimento. Aveva del pane raffermo, lo bagnò con dell'olio e lo mangiò, quindi prese a smontare la torcia da combattimento che solitamente gli faceva compagnia durante le sue ricerche e le sostituì il vetro.
Si chiedeva come avrebbe potuto fare senza la sua fedele amica; l'ultima che gli era rimasta.
 
 
- Varcaturo, Via Ripuaria –
 
"Dovremmo cominciare ad attrezzarci..." diceva Vincenzo, camminando con relativa tranquillità al centro della strada. "È mezzogiorno e ancora non abbiamo un equipaggiamento adeguato... Se non ci sbrighiamo non ce la faremo mai per il tramonto...".
“Tranquillizzati...” faceva quell’altro, rilassato e con passo calmo; guardava il cielo oltre la cupola ricoprirsi di nuvole bianche. “C’è tempo”.
“No, non c’è tempo!” esclamò l’altro, come sempre più elettrico. “Dobbiamo prendere delle armi, delle protezioni, dobbiamo crearci una divisa! Per ora abbiamo solo il supernome!”.
Luca sorrise e cominciò a ragionare. “Di armi io non ne ho bisogno…” fece, passando davanti all’incrocio che, ante cupolam, era sempre bloccato dal traffico.
“Ricordi qui?” domandò Vincenzo, con quel sorriso nostalgico che in quei giorni stava sfoderando in continuazione.
“Un giorno rimasi un paio d’ore bloccato qui” rispose l’altro. “C’era un pullman che non riusciva a passare”.
“Quando passavano…”.
“Sì, quando passavano. E generalmente quando passavano non mi servivano” rise l’altro.
“Ma è chiaro!”.
“Ricordo che un giorno non passarono. Aspettai diverse ore prima di rendermi conto che avevo perso già troppo tempo…”.
“Beh…” rispose infine l’altro, chiudendo quel discorso. “È ormai chiaro che Napoli abbia voluto dimenticarsi di noi… Ora più che mai”.
Triste, come pensiero, ma vero. Per quale motivo la polizia, i carabinieri, l’esercito, non facevano nulla per liberarli da quella prigionia così surreale?
“Beh, tu hai quella tua cosa con la mano, io ho il copricerchi… Le armi ci sono”.
Luca si fermò e guardò con espressione corrucciata il compagno d’avventura, puntandogli addosso gli occhi scuri.
“Davvero vuoi combattere gl’Inconsistenti con il pezzo di una ruota della tua Panda?”.
“Che vorresti dire?! Mi sono allenato giorni interi per lanciare il copriruota con quella precisione; potrei colpire una mela sulla tua testa, usando il mio scudo”.
“Quanto può essere resistente?! È plastica dura!”.
“Plastica dura e ostinazione italiana al servizio della mia famiglia dal lontano millenovecentonovantaquattro. E non ci ha mai lasciati a piedi”.
L.O.O.P. sospirò. “Curioso come tu sia più affezionato alle macchine che al tuo cane”.
“Sono gli esseri viventi in generale che mi stanno sul cazzo, Luca. E cerca di non entrare nella mia lista nera”.
“Ricevuto” sospirò l’altro, voltandosi all’improvviso quando delle urla si levarono al cielo.
Entrambi si avvicinarono al parcheggio del negozio d’abbigliamento accanto al grosso supermercato che avevano accanto e videro un cerchio di persone, tutte dalla pelle scura. Formavano una sorta d’arena, nella quale combattevano a mani nude due individui.
“Stanno facendo a botte!” osservò Luca. “Dobbiamo intervenire!” aveva esclamato, prendendo l'accendino e lo spinello dalla tasca dei pantaloni.
“Fermati, fermati…" rallentò l'altro.
I loro occhi s'incontrarono e lo sguardo di quello col joint tra le labbra pose quella domanda che la sua bocca non ebbe il coraggio di fare.
Vincenzo capì.
"Vedi quanti sono?! Ci ammazzerebbero!”.
“Che diamine di eroe vorresti essere, scusa?!” ribatté quell’altro. “E poi quegli esseri sono notevolmente più forti di questo gruppetto d'extracomunitari...".
L'altro portò le mani ai fianchi e sorrise.
"Vai, allora. Risolvi, eroe".
Luca lo guardò e annuì. L'accendino bruciò la punta della canna e la boccata di relax invase i suoi polmoni, risalendo fin sopra e ristagnando nel cervello per qualche secondo.
Fu un attimo, Luca diventò L.O.O.P. e si avvicinò alla saifa urlante, interrompendoli con un’insana gentilezza.
“Ragazzi, ragazzi... Che sta succedendo qui? Cerchiamo di stare calmi”.
Tutti lo guardarono. Tutti, tranne i due che lottavano; quelli continuavano a darsi pugni d’incredibile potenza.
“Che vuoi?” domandò uno, che parlava un italiano stentato. Non era altissimo ma aveva larghe spalle e forti bicipiti che s’intravedevano sotto il tessuto del maglioncino infeltrito che indossava. La barba a stento faceva contrasto sulla pelle scura. Sulla sua testa, piccoli riccioli s’intrecciavano scomposti.
“Che fate?” domandò il bianco, col sorriso tranquillo sul volto e la canna che gli pendeva dalle dita.
Poi vide il duellante di destra sferrare un cazzotto terribile al volto dello sfidante, mandandolo per terra e fuori combattimento.
“Vediamo chi re! Chi comandare! E io vinto! Suragi re di Varcaturo!” urlò il campione, raccogliendo i denti dell’altro e lanciandoglieli contro.
L.O.O.P. si voltò verso Vincenzo, che rispose sorridendo. Gli fece poi cenno di andare avanti, cercando di capire dove volesse andare a parare.
“Tu sei Suragi?” chiese Luca, più rilassato, mentre i corpi di quelli si ammassavano davanti a lui.
“Io Suragi! Io re di Varcaturo”.
“Io sono L.O.O.P. e difendo questo posto dagli Inconsistenti”.
Lo vide spalancare gli occhi, con la sclera opaca. Focalizzò per qualche secondo il new-era rosso, poggiato sulla testa, e intanto il vociare aumentava.
Inconsistenti? Bambini di ferro?!esclamò Suragi, sistemandosi meglio il cappellino sulla testa.
“Sì, quelli”.
“Noi chiamiamo loro bambini di ferro. Loro uccidono noi di notte. Avere paura”.
Luca abbassò il volto. “Proteggeremo tutti. Proteggeremo anche voi” fece, allungando la canna verso quello, che strinse gli occhi e sorrise a mezza bocca, accettandola.
“Noi fratelli aiutiamo te. Stare tuo fianco quando avrai bisogno”.
Suragi restituì la canna a Luca, che fece un altro tiro. La ripassò e li salutò, tornando da Vincelantes.
Quello guardava stranito.
“Hai davvero fumato con chi porta la droga in queste zone?”.
Luca sorrise e annuì. “Solo amore, se amore sai dare...” fece.
“Molto gay, come frase di chiusura. Avrei preferito qualcosa più d’effetto”.
“Accontentati. La sartoria è lì” sospirò l’altro.
 
E insieme si avvicinarono alla saracinesca. I catenacci erano stati strappati dai fermi, che a loro volta erano stati divelti dallo scalino.
“Sono passati di qui” fece Vincelantes, imbracciando meglio il coppone. Luca lo guardò mordersi le labbra.
“Corriamo il rischio di trovare qualche Inconsistente che dorme” continuò l’altro.
“Beh, ho fumato fino a pochi minuti fa, possiamo farcela”.
Vincenzo si girò e guardò divertito il compare. “Dobbiamo discutere del fatto che devi essere perennemente fatto per fare questo lavoro...”.
“Le cose non sarebbero cambiate lo stesso” sorrise.
“Piano: io alzo la saracinesca e tu lo blocchi coi tuoi poteri, poi io lo decapito. Prendiamo le stoffe e torniamo a casa; dopodiché posiamo tutto e poi passiamo alle protezioni...”.
“Una cosa alla volta. Pronto?” chiese il castano. L’altro sospirò e si fermò.
“Forse sarebbe meglio cominciare dalle protezioni, no? La sicurezza è la cosa più importante del resto...”.
“Siamo qui, non perdiamo tempo” rispose infine Luca, alzando la saracinesca e cominciando a ruotare preventivamente la mano destra.
Quando però si resero conto che all’interno del piccolo negozietto non vi fosse nessuno non poterono fare altro che sorridere.
“C’eravamo preparati al peggio” sorrise L.O.O.P., abbassando la mano e guardando il compare in armi, che portò invece le mani ai fianchi.
“Dobbiamo essere sempre pronti al peggio...”.
“Sì, ma qui non c’è nessuno...”.
L’odore era pungente, lì dentro. Luca guardò le pareti, totalmente ricoperte da tessuti in raso di vari colori, e si concentrò particolarmente su rotoli di nastro che pendevano sulla sinistra.
Il bancone era grande, a U, in legno, e divideva il retrobottega dalla zona in cui venivano serviti i clienti.
S’avvicinò proprio al banco, carezzando la superficie ruvida e graffiata su cui un abito da sposa era stato poggiato, un tempo candido e vergine e ora sporco e sgualcito.
“Credo che le stoffe siano sul retro” osservò Vincelantes, muovendosi rapido verso il bancone e saltandolo agilmente.
“Sborone...” sussurrò Luca, seguendolo, altrettanto agilmente.
Atterrarono nel retrobottega, dove vi era un grosso tavolo avvitato al muro con tre macchine da cucito sopra, evidenti postazioni adibite alla produzione d'abiti.
Dall’altra parte della camera, invece, vi era un banco più scuro, quasi del tutto graffiato, in cui un grosso pezzo di pelle da conciare era stato tagliato in tante piccole striscioline.
“Non vedo nessun tessuto, tranne quel rotolo di pelle lì” disse Luca.
“E non saremo i primi eroi sado di Varcaturo, sappilo”.
Luca inarcò le sopracciglia, quasi divertito. “Beh, lì c’è un abito da sposa”.
"Sono più tipo da frac e panciotto ma devo ammettere che con le spalle che mi ritrovo farei un figurone..." ribatté, avvicinandosi al vestito e facendo per prenderlo tra le mani, quando poi una voce lo bloccò.
“No!” sentirono urlare. Vincenzo vide dei rocchetti di cotone rimbalzargli sul petto, lanciati con poca forza. Li guardò rotolare per terra senza capire bene ciò che stesse succedendo.
“Mi hanno... mi hanno appena attaccato?” chiese. Luca faceva evidente fatica a comprendere la situazione, un po’ per quel buio fin troppo soffuso nel quale il retrobottega era totalmente immerso, un po’ per i suoi sensi appannati dal joint che aveva condiviso qualche minuto prima col re dell’Africa nera; guardò i rocchetti di cotone beige rotolare sul pavimento e poi alzò gli occhi verso Vincenzo.
“Ora che dovrei fare? Cioè, sono diventato superforte?” si chiese quello. “Se fosse stato un Inconsistente a colpirmi ora avrei dovuto avere dei buchi nel petto”.
“Sono rocchetti di cotone, non proiettili di una calibro dodici...”.
“Dovevo stare più attento!” urlò poi l’altro. Luca si voltò curioso, cercando chi avesse teso loro quel futile agguato.
I suoi occhi vagarono per il piccolo retrobottega, quando la luce fu rifratta da un paio d’occhi nascosti tra i piedi delle sedie, sulla sinistra.
S’accovacciò sulle ginocchia, vedendo poi quel paio d’occhi, quel grosso paio d’occhi scuri ma vividi e impauriti.
“Hey, ciao” sorrise Luca, bonariamente. Quella, terrorizzata, ritrasse le gambe al petto, stringendole con le braccia.
“Vai via! Non farmi del male!”.
Luca si voltò e guardò Vincenzo, facendo spallucce.
“Spostati, ti faccio vedere io come si fa” disse quello, muovendo via la sedia che li divideva e fissandola bene negli occhi.
“Noi non vogliamo...”.
“Stai zitto e uscite da qui!” fece l’altra, lanciandogli sul volto altri rocchetti di cotone, ancora imbustati. Vincenzo rimase impassibile, guardò Luca e sospirò.
“Lei è sulla mia lista nera”.
“Levati di qui e lascia parlare me” fece l’altro, inginocchiandosi totalmente. Quella puntò gli occhi nei suoi, fissando poi le labbra sorridenti e il ciuffo di capelli ben dritto sulla testa.
“Piacere, Luca” disse quello. “E non voglio farti del male”.
“E neppure io!” esclamò Vincenzo, irritato. “Mi hai tirato seicento rotoli di cotone addosso!”.
“Chi siete?” domandò quella.
“I buoni! Siamo i fottutissimi buoni che stasera devono difendere gli ingrati come te e tutti gli altri!” ribatté ancora l’altro, irritato.
Luca sospirò. “Fratè, stai scafonando...”.
 “Io?! Questa non è capace neppure di attaccare decentemente un nemico, se gli lancia del cotone contro!”.
“Ha paura, era logico che ti attaccasse... In ogni caso...” si girò verso la ragazza “... stiamo cercando dei materiali per fare dei costumi. Non pensavamo che ci fosse qualcuno e così siamo entrati...”.
“Questa era la sartoria di mia madre...” sospirò quella, uscendo finalmente dal suo nascondiglio. “Almeno prima che... prima che...” e poi pianse nuove e lunghe lacrime nere, che sciolsero ciò che rimaneva del suo mascara, accumulandosi sul mento appuntito.
“Basta così” interruppe Luca. Le tese la mano e l’aiutò ad alzarsi in piedi. Vincenzo vide uno spettro davanti a sé, con gli occhi scavati e il colorito pallido.
Smagrito il volto, i vestiti sembravano essere di qualche misura più grande.
“Io sono Mery” fece, guardando negli occhi L.O.O.P.
“Piacere mio” sorrise quello. Gli piacevano i suoi occhi.
“State…” singhiozzò. “State cercando dei tessuti?”.
Vincenzo annuì. “Anche se avremmo dovuto cercare prima delle protezioni”.
Luca si voltò a fissarlo per un attimo, quindi sospirò e rispose alla ragazza.
“Sì… Staremo provando a crearci delle uniformi. La questione è che non le sappiamo cucire né mettere assieme, a dire il vero… Non siamo veri e propri sarti…”.
“Diciamo che io con le misure me la cavo…” aggiunse l’altro.
“Sta’ zitto... Tu potresti darci una mano?”.
Entrambi sentirono il respiro irregolare della ragazza, che quasi rantolava, poi abbassò la testa.
“In cambio potremmo darti del cibo e dell’acqua. Magari potresti stare da noi…” fece Luca, portando la mano al mento di quella e sollevandolo.
Vincenzo invece spalancò gli occhi.
“Ma che diamine?! Vieni un momento!” esclamò, tirandolo fuori dal negozio per un istante.
La luce del giorno mancava di calore ma investì completamente i loro corpi.
Quello con lo scudo era alterato.
“Ma ti sembra il caso?! Non la conosciamo neppure! Potrebbe essere un’inconsistente!”.
“Non ho mai visto un’Inconsistente donna, Vincenzo. E poi è più grande…”.
“Potrebbe essere che gli esemplari donna siano più grandi”.
“Ma sta morendo di fame!”.
“Non la conosciamo neppure!”.
“Sì ma ci potrebbe aiutare coi costumi e poi…”.
“Non – la – conosciamo – neppure. Stop”.
“Mi piace”.
Vincenzo si zittì immediatamente. Guardò i suoi occhi sfuggire al confronto col suo sguardi e quindi sospirò.
“Beh... Non la conosciamo… neppure…”.
L.O.O.P. si voltò, fissando il vecchio Conad con la saracinesca totalmente distrutta e portò le mani ai fianchi.
“Non… non è semplice…”.
“Ora come ora è più semplice perdersi d’animo e buttarsi su qualcuno… Trovare un po’ di calore nelle persone che non vogliono ucciderti. Ma non sappiamo se lei sia una brava persone e invitarla nella nostra base può essere rischioso. Non la conosciamo neppure” ripeté, per l’ennesima volta.
“Ho visto nei suoi occhi qualcosa di buono, Vincenzo. Qualcosa che non avevo mai visto”.
L’altro si guardò le mani, sporche e ruvide. Si limitò soltanto a sospirare quando subito dopo Luca si voltò verso di lui.
“Ti chiedo di fidarti di questa mia sensazione”.
Poi gli pose la mano, cercando complicità nel suo sguardo.
Complicità che trovò.
Vincelantes strinse la mano di L.O.O.P. e entrambi annuirono.
“Non conoscevi neppure me” ribatté l’altro sorridente. “Ma non ho mai provato a ucciderti”.
L’altro scosse la testa, poco convinto. “Fino a ora…”.
Sorrisero entrambi e rientrarono nel negozio, vedendo la ragazza ammassare diversi tessuti l’uno sull’altro e poggiarli sul bancone.
“Immagino abbia accettato” sorrise Luca al compagno. Quella si voltò e afferrò un metro flessibile gommato.
Li guardò soltanto dopo aver preso una valigetta piena di ago e filo, quindi parlò.
“Prima mangiamo e poi vi faccio i costumi. Saranno pronti il prima possibile” sorrise leggermente, sotto gli occhi addolciti di Luca.

 
   
 
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