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Autore: Rack12345    04/06/2017    3 recensioni
[In Sospeso]
Dal testo:
"Proprio così, il suo desiderio era quello di diventare un pirata. Cosa che non si addice di solito ad una ragazza. Ma lei era diversa. Amava il mare più della sua stessa vita, e quale modo migliore per dimostrarlo se non dedicando la sua vita ad esso?"
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"Le scostò una spalla del vestito madido di sudore che indossava cercando di far sì che non si svegliasse o chissà che avrebbe pensato di lui. Osservò la spalla della giovane con attenzione e vide quel tatuaggio, visto anni prima, che riconobbe e che non poteva dimenticare. Sulla pelle della ragazza era disegnata la rosa dei venti sospesa su delle onde che ora, dopo anni, stavano sbiadendo.
Impossibile scordare una ragazza tanto determinata come lei.
-Williams.- sussurrò Jack."
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Ciao Pirati!
Vi spiego un po' di cose prima di leggere la fanfiction:
-La storia è ambientata dopo i fatti della maledizione della prima luna, ma non avverranno gli avvenimenti (scusate il gioco di parole) dei seguenti film;
-Forse il mio Jack non sarà del tutto fedele al Jack dei film;
-Godetevi la storia e fatemi sapere cosa ne pensate, ne ho bisogno :) Grazie per l'attenzione.
Rack
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Swann, Hector Barbossa, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Will Turner
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erin & Jack's Saga
Erin's Dream
 



Quella sera alla taverna si fece più tardi del solito. Erin era stanchissima e l'unica cosa che voleva era sedersi per cinque minuti su qualcosa di morbido. Tuttavia continuò a servire boccali di rum, vino, birra e zuppe bollenti a tutti gli avventori alla locanda "La Sposa Fedele" dove lavorava dall'età di 18 anni, nell'isola di Tortuga. Ormai ne aveva 27 di anni e a quest'ora Erin si immaginava già con una sua nave ed una sua ciurma, pronta a salpare per ogni genere di avventura, non a servire ai tavoli di una delle più frequentate locande di Tortuga. Era arrivata a Tortuga intrufolandosi su una nave pirata, abbandonando la sua piccola casetta a Morant Bay dove viveva da sola, con lo scopo di fare fortuna sull'isola, farsi costruire una nave completamente sua e raccattare una ciurma. Proprio così, il suo desiderio era quello di diventare un pirata. Cosa che non si addice di solito ad una ragazza. Ma lei era diversa. Amava il mare più della sua stessa vita, e quale modo migliore per dimostrarlo se non dedicando la sua vita ad esso? Purtroppo però la sua ingenuità non aveva fatto i conti con la dura vita quotidiana. La pagavano con pochi spicci e quei pochi spicci le bastavano a malapena per tenere in piedi la sorta di casa in cui viveva. Non era dunque riuscita a racimolare una degna somma per raggiungere il suo obiettivo e oramai si era rassegnata da qualche anno. Ma le mancava il mare, dio se le mancava. L'ultima volta che ricordava di essere stata in mare aperto fu quando arrivò a Tortuga, e da quel giorno non riuscì più neanche a sentire l'odore di salsedine, talmente tante erano le ore che passava nella locanda. L'unico odore che sentiva era quello del vino o del rum e la puzza di sudore della maggior parte dei pirati.
"Giuro che la prossima nave che arriva mi ci infilo dentro e scappo da questo posto" si disse poco prima di essere distratta dai suoi deprimenti pensieri.
Un'altra ragazza che lavorava alla locanda aveva appena rovesciato l'intera bottiglia di rum sulla testa di un uomo che le aveva fatto delle brutali avance. Ormai ci erano abituate a ricevere quel genere di complimenti, dopo tutti quegli anni neanche si spaventavano più. Erin però non sprecava il cibo o da bere, e non dava spettacolo nel difendersi come facevano le altre. Di solito rispondeva con una frase tagliente e il pirata ridendo le dava una pacca sul sedere e a quel punto lei se ne andava. Finiva lì. Non voleva creare impicci a Toby, il proprietario della locanda, che, proprio per questa sua accortezza, stava attento nel dare una paga leggermente più generosa ad Erin.
Erin si avvicinò al tavolo dove l'altra cameriera, Rose, stava raccogliendo i resti del vassoio che l'uomo, di risposta, le avevo rovesciato sotto il naso.
-Rose non puoi fare così per ogni uomo che ti dice una stupidaggine, finiremo senza stoviglie e senza cibo!- disse aiutandola.
-Scusa, cara, se voglio evitare che una persona che non si lava da mesi mi tocchi.-
Buttò fuori i rifiuti e tornò dall'uomo con ciò che aveva ordinato.
Quello la ringraziò e le diede, come previsto, una pacca sul sedere mentre se ne andava.
Per un momento ebbe la stranissima sensazione di essere osservata dall'uomo un po' troppo intensamente ma lasciò perdere e tornò in cucina.


 
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Si erano fatte le quattro di notte ed Erin ancora non era riuscita a tornare a casa per quanto schifo era stata costretta a pulire fino a quel momento. Cibo, rum appiccicato per terra, vomito, sangue proveniente da qualche rissa. Non ce la faceva più, le girava la testa da impazzire. La sera prima non aveva neanche mangiato un boccone alla svelta come invece era solita fare.
Ripose tutti gli stracci che aveva usato per pulire in una bagnarola, si tolse il grembiule appendendolo ad un sedia in cucina e decise di tornare a casa.
Faceva fresco, c'era una leggera pioggerellina accompagnata da una lieve nebbia, ma questo accompagnato alla stanchezza e al forte calore delle cucine, la fece rabbrividire.
Si stava dirigendo il più in fretta possibile verso quella che chiamava la sua "baracca". 
Ad un tratto si arrestò alzando gli occhi al cielo.
-Ehi!- una voce la chiamava e lei aveva già capito chi era. -Dove vai così di fretta, bella cameriera?-
Era il pirata che poco prima aveva bisticciato con Rose.
Sentì i passi dell'uomo raggiungerla. Le si parò davanti dopo averle fatto un giro intorno squadrandola da capo a piedi.
-A casa, bel fusto. Tu che dici, non sarà ora di andare a ninna?- rispose lei cercando di sembrare il più acida possibile, anche se aveva sonno e non riusciva ad essere convincente più di tanto.
Il pirata ghignò continuando a fissarla. Era alto, grosso, pelato con la testa piena di tatuaggi e la faccia piena di cicatrici. La sua pelle era rattrappita a causa del sole che picchiava forte quando si trovava in mare. Doveva avere sui quaranta  anni, ma ne mostrava di più. I suoi occhi erano ingialliti, rovinati. Il suo alito puzzava di rum, così come la sua camicia sbrindellata.
La ragazza tremò al solo pensiero di ciò che passava per la mente di quel pirata così rozzo e sporco.
Le si avvicinò e la prese per un braccio.
-Se vuoi ti posso accompagnare io a casa, hai ragione è proprio ora di andare a dormire.- Erin stava per rispondere ma lui continuò: -Sai, con questo freddo stanotte non posso permettermi di rimanere fuori.-
Erin strattonò il braccio e riuscì a far mollare la presa al pirata.
-No grazie, signore, so benissimo dov'è casa mia e se avete freddo potete benissimo entrare in quel bordello, proprio lì di fronte a noi e soddisfare le vostre voglie e ripararvi dal freddo.- rispose acida mettendosi sulla difensiva.
-Ma nei bordelli si paga, carina.-
- Anche a casa mia si paga, signore. Allora, se avete 15 scellini d'argento siete il benvenuto.-
Erin vide la pazienza del pirata scomparire. Non era più propenso a farsi prendere in giro da lei.
-Va bene, adesso basta!- ringhiò il pirata.
La prese per le spalle e la sbatté contro il muro più vicino che trovò, con talmente tanta forza che la ragazza emise un guaito di dolore per la botta alla testa.
Il pirata prese a leccarle e morderle ogni lembo di pelle che trovava scoperto della ragazza e passava le sue mani su tutto il suo corpo cercando di tirarle su la gonna lunga fino a piedi, mentre lei continuava a divincolarsi.
Erin sentiva di morire. In tutti quegli anni non le era mai capitato di essere così schifata. Non riusciva a scollarselo di dosso, non aveva abbastanza forza, era stanca ed aveva fame. Avrebbe dovuto fare due cose contemporaneamente: tenersi la gonna saldamente attaccata addosso e allungare la mano per prendere la bottigliata vuota dimenticata da qualcuno su una pila di cassette proprio accanto a lei, ma si sentiva troppo debole, riusciva a malapena ad evitare che quello le tirasse su la gonna.
Provo ad urlare -Aiut..!- ma il pirata le tappò la bocca.
-Tu provaci di nuovo e dopo che ho fatto di te ciò che voglio ti ammazzo.- la minacciò.
Rimase in silenzio per qualche secondo, continuando a divincolarsi sotto i tocchi del pirata. Dopo pensò di rischiarsela e gli morse la mano con tutta la forze che aveva e a quel punto il pirata le permise di urlare.
-Aiuto!! C'è qualcuno!?- gridò mentre il pirata si asciugava la mano sanguinante sulla camicia sudicia.
Il pirata si avvicinò di nuovo a lei e continuò con quello che stava facendo prima.
-Dio, che schifo..- disse lei con la voce tremante, quasi rotta dal pianto. -Basta, per favore, basta..-
L'uomo era ormai arrivato a tirarle su la gonna e stava tentando di insinuarle le mani tra le gambe. A quel punto ormai Erin decise di lasciarlo fare. Era troppo stanca per continuare a cercare di scansarlo inutilmente con tutte le sue forze. Scoppiò a piangere, tremando e singhiozzando ed iniziò a pregare tutti gli dei che conosceva in tutte le lingue che conosceva.
E qualcuno di questi sembrò ascoltarla.
Qualcuno si era avvicinato a loro, Erin riusciva a vederne l'ombra proiettata sulla terra dalla luna. Distinse dall'ombra allungata, un uomo con una lunga giacca ed un tricorno sulla testa, sotto il quale spuntava una lunga chioma.
-Ehi, tu!- proferì l'ombra.
Il pirata con lo sguardo famelico si girò verso di lui.
-Non si trattano così le signorine, no, no!-
Nonostante fosse stanchissima, Erin pensò che il suo salvatore si esprimesse in modo buffo. Sorrise, contenta del suo arrivo.
-Non ti riguarda, mozzo!- fece l'altro. Prese Erin e la sbattè a terra per poi estrarre la sua spada dal fodero.
Erin a terra, aveva la vista appannata e la testa ricominciò a girarle vorticosamente. Quell'ultima botta non ci voleva.
"Aiutami" pensò, prima di svenire, cercando di dare uno sguardo al suo salvatore.
L'uomo col tricorno aggrottò le sopracciglia ed alzò un dito contro l'aggressore di Erin sventolandolo in segno di "no".
-No.. no, no, no.. Non ci siamo capiti, cara bestiola.- sorrise. -Qui l'unico mozzo che vedo sei tu. Io, assolutamente, ti garantisco che non sono, per nulla affatto, un mozzo.-
Il pirata sbraitò agitando la spada. -Ma che diavolo vuoi!? Chi sei!? Come ti permetti di venirmi a dire cosa devo fare!-
-Aahaha!- il "soccorritore" estrasse la pistola dalla sua cintura di cuoio marrone e gliela puntò contro. -Caro pirata che non è in grado corteggiare le donne.. Io sono il capitano Jack Sparrow..- disse  tirando indietro il cane della pistola. -..Comprendi?-
Il pirata impaurito face qualche passo indietro fissando la pistola che gli era stata puntata contro.
-Sparisci, feccia.- disse il capitano sparando un colpo in aria.
Quello, ancora più impaurito di prima, corse via calpestando un lembo del vestito della ragazza ancora inerme a terra.
Jack sorrise e rimise a posto la pistola, soddisfatto del suo lavoro, soddisfatto di essere stato convincente.
Si avvicinò alla ragazza che aveva appena salvato e si inginocchiò per controllare che stesse bene, anche se non aveva idea di chi fosse. Era viva, respirava. Ora poteva anche lasciarla lì, ma si fermò ad osservarla. Le ricordava tremendamente qualcuno.
Era carina.
"E d'accordo, di ragazze carine ne hai incontrate parecchie Jackie, questo dettaglio non ci aiuta." pensò.
Aveva dei lunghissimi capelli castani e ricci, arruffati. Delle lentiggini appena percettibili le correvano sul naso. Quel neo sul collo. Le labbra dischiuse, sottili. Se solo avesse potuto vedere i suoi occhi, gli sarebbe stato di aiuto. Le osservò le mani in cerca di qualche dettaglio per ricordare chi fosse.
Un anello. Il suo anello. Ricordava vagamente di aver regalato quell'anello a qualcuno. Ma chi era?
-Un momento, fermi tutti.- si disse.
Le scostò una spalla del vestito madido di sudore che indossava cercando di far sì che non si svegliasse o chissà che avrebbe pensato di lui. Osservò la spalla della giovane con attenzione e vide quel tatuaggio, visto anni prima, che riconobbe e che non poteva dimenticare. Sulla pelle della ragazza era disegnata la rosa dei venti sospesa su delle onde che ora, dopo anni, stavano sbiadendo.
Impossibile scordare una ragazza tanto determinata come lei.
-Williams.- sussurrò Jack.
Il capitano la prese in braccio e la portò sulla sua nave, non poteva lasciarla lì in mezzo alla strada. La avrebbe aiutata a riprendersi.
Intanto Jack ricordò il momento in cui l'aveva conosciuta. Dopo poche ore da quando erano salpati da Morant Bay, l'aveva trovata intrufolata sulla sua Perla. Era giovane, molto. E gli piaceva, abbastanza. Avevano fatto un accordo: lei avrebbe cucinato per la ciurma qualcosa di più decente rispetto a quello che mangiavano di solito, e in cambio loro l'avrebbero accompagnata sull'isola di Tortuga. Ricordò i sogni della ragazza e quanto l'aveva trovata strana.
 
-Ebbene Miss Williams! Siamo giunti al termine della vostra meravigliosa corsa sulla mia meravigliosa nave!-
La ragazza sorrise un po' dispiaciuta che il suo viaggio in mare fosse durato meno di un giorno. Quella nave era davvero la più veloce di tutti i Caraibi.
Allungò la mano verso il capitano e quello la prese per stringerla con forza.
-Vi ringrazio, capitano.- sorrise lei. -Non saprò mai come sdebitarmi!.-
-Basterà che una volta diventata pirata sarete dalla mia parte, cara.- rispose lui facendo il suo sorriso provocatorio, mostrando i denti d'oro.
Erin sorrise e le lacrime le velarono gli occhi. Finalmente vedeva una speranza per la realizzazione dei suoi progetti.
-Ehi, i pirati non sono così emotivi.- disse Jack addolcendosi.
-Beh bisogna vedere di quali pirati si parla, capitano.- la ragazza si voltò un'ultima volta verso la Perla Nera guardandola dal porto, poi tornò a guardare il pirata.
-Addio, signor Sparrow.- si voltò e fece qualche passo.
Dopo qualche secondo si sentì chiamare.
-Ohi! Aspetta, aspetta!- il capitano la raggiunse. -Come sei drastica.-
Il capitano le prese la mano destra e le mise un piccolo oggetto freddo sul palmo.
Era un anello.
Un anello d'oro. Con una piccola pietra nera incastonata sopra.
Erin sgranò gli occhi -Capitano?-
-Questo anello è il simbolo della tua fedeltà al mare.- si fermò. -E' un dono, tienilo.-
-Vi ringrazio.-
Jack sorrise agitandole un dito sotto lo sguardo aventi e indietro.
-Così ti ricorderai sempre chi ti ha aperto la via verso i tuoi sogni e ti ricorderai chi sono i tuoi alleati.-fece una pausa -E non chiamarmi signore, va bene Jack.. o capitano.. e dammi del tu, perché io mi sento a disagio a dare del voi a voi.-
Detto ciò Jack girò i tacchi e tornò sulla Perla.




-Signor Gibbs!- chiamò Jack giunto sotto la nave ormeggiata.
-Signore?-
-Aiutami con questa fanciulla in difficoltà!-
Gibbs lanciò una fune al capitano, il quale se la legò in vita e, tenendo la ragazza stretta a sé, si fece tirare su dai suoi uomini.
-Signor Gibbs, vi ricordate la giovanissima Erin Williams?- fece il capitano portando ancora Erin in spalla.
-Come dimenticare quel viso d'angelo!-
-Bene, prepariamole una cabina al più presto.-
Gibbs aggrottò le sopracciglia ancora non capendo appieno la situazione ma comunque rispose.
-Signore, le cabine sono occupate e quelle libere sono stipate di oro e gioielli. Per il momento non ne abbiamo libere, ma possiamo provvedere a ciò nel corso della mattinata.-
Jack si fermò un attimo a fissare il signor Gibbs. Poi alzò le sopracciglia e con aria di superiorità esclamò -Oh bene! Starà nella mia cabina fino a quel momento!-
Sotto lo sguardo ancora non del tutto chiaro di Gibbs, Jack aprì la porta della sua cabina e vi sparì con la ragazza.
La sdraiò sul suo letto, abbastanza grande per permetterle di stare più che comoda. Le slacciò il mantello blu scuro ancora umido per la pioggerellina e lo posò su una sedia, poi le tolse gli stivaletti neri consumati dal tempo e dalla sabbia. La guardò un'altra volta prima di uscire e lasciarla riposare. Era cresciuta, era evidente. Ma i tratti erano quelli, era sicuramente lei. Le stesse lentiggini, le stesse ciglia lunghe, le stesse mani piccolissime. E poi il tatuaggio e l'anello. Era lei senza dubbio, solo era un po' più alta, i capelli più lunghi e rovinati, i palmi delle mani coperte di calli. E il seno...
"Decisamente più prosperoso" pensò Jack.
Si sollevò dal letto per andarsene.
-Ben tornata, Williams.- sussurrò sorridendo.
 
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Erin si rigirò nel letto dove stava. Quel letto era comodo e morbido. Non come il suo. Le doleva ancora un po' la testa, non le andava di aprire gli occhi.
Iniziò a rivedere vivide le immagini di ciò che le era successo la sera prima. Ricordò il pirata puzzolente, le sue stesse urla e l'arrivo di un altro uomo. L'uomo con la voce buffa. Ma chi era? Ricordò di essere svenuta in mezzo alla polvere del terreno di Tortuga. E allora come ci era arrivata sul letto?
Sgranò gli occhi e si rizzò seduta per poi guardarsi intorno.
Quella non era assolutamente la sua baracca!
"Dove diamine sono finita?"
Scrutò meglio l'ambiente intorno a sé. Era seduta su un letto a dir poco enorme che aveva delle lenzuola non proprio pulite, così come la coperta rossa scarlatta che le copriva. Ma era comodo. Tutt'intorno a lei legno. Travi di legno scure, illuminate dall'unica vetrata alla destra del letto. A sinistra invece una scrivania con le peggio cianfrusaglie buttate sopra alla rinfusa. Carte e mappe ovunque. Una sedia, con sopra il suo mantello blu. Non ricordava di esserselo tolto di dosso! Vide poi ai piedi del letto un grande baule in legno scuro anche questo. Vicino la porta un catasta di libri sorretta da un secchio pieno di acqua.
Ad un tratto si rese conto che la struttura dentro la quale si trovava faceva un leggero qua e là e che le assi di legno ogni tanto scricchiolavano. Si alzò affacciandosi alla vetrata opaca dalla quale capì che di fronte a lei c'era il mare. Le prese un colpo.
-Cosa cazzo ci faccio su una nave!?- esclamò a sé stessa.
Corse verso la porta e la spalancò. Si trovò davanti il tronco di un albero maestro e alcuni uomini che la fissavano. Continuò a non capire dove si trovava. Con gli occhi sgranati cercava di reggersi in piedi barcollando. guardò ogni angolo del ponte di quella nave e aveva la sensazione di averla già vista.
Vele nere.
Quelle vele nere avevano un aspetto maledettamente familiare.
 
Jack si trovava sul cassero di poppa e stava dando ordini alla sua ciurma, pronta per salpare dall'isola di Tortuga.
-Mollate la cima d'ormeggio e spiegate le vele!- urlò.
Poi qualcosa catturò la sua attenzione. La ragazza che aveva recuperato qualche ora prima era appena uscita dalla sua cabina sotto il cassero.
Sentita la sua voce, la ragazza si girò e si diresse verso le scale che portavano al timone, dove si trovava il capitano.
Lui le andò incontro con un sorrisetto sulle labbra pronto ad accoglierla.
-Ma buongiorno, mia cara!- esclamò il pirata.
Erin inarcò un sopracciglio.
-Dove mi trovo? Chi siete voi? Perché mi trovo qui?- chiese tutto d'un fiato.
Jack la invitò a sedersi su uno dei barili.
-Calma, calma, giovane fanciulla. Allora, ti trovi qui perché stanotte... anzi, quasi stamattina... mentre te ne andavi in giro, sei incappata in un briccone di pirata della peggior specie che... voleva.. farti cose spiacevoli, diciamo... comprendi?-
La ragazza annuì ed ebbe un sussulto.
Comprendi?
L'aveva già sentita da qualche parte quella parola detta con quel tono.
-Per quanto riguarda le altre due domande..- continuò il pirata alzandosi come per farsi vedere meglio dalla ragazza. -dovresti essere in grado di risponderti da sola, cara!-
Erin aggrottò di più le sopracciglia, se possibile. Ma chi diamine era?
-Ci conosciamo?- chiese.
-Avanti Williams! Come puoi non riconoscermi?-
-Conosci il mio nome??- esclamò lei.
-Oh Dio, chi me l'ha fatto fare di regalarle quell'anello..- borbottò il pirata.
"Anello?"
Jack incrociò le braccia e si avvicinò a lei che lo scrutava con sempre più attenzione, sempre più incuriosita.
-E va bene, io non volevo arrivare a fare questa cosa umiliante. Evidentemente sono invecchiato..- cominciò il capitano.
-Facciamo così.. Immaginami senza barba circa dieci anni fa che ti saluto sventolando la mano proprio da qui.-
Continuò a fissarlo ancora un po', ma aveva intuito chi fosse.
Per confermarglielo Jack indicò l'anello che portava all'indice della mano destra.
Erin cominciò a sorridere.
-Oh mio Dio..- si alzò in piedi. -Jack!!- esclamò.
-L'unico e il solo, dolcezza!-
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
Ciao!
Ecco il primo capitolo. Io sono contentissima di averlo scritto e non vedo l'ora di scrivere il seguito. Cercherò di farlo il prima possibile, se gli esami di maturità me lo permettono gentilmente!
Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, per favore!
Yo-oh! A presto pirati!
Rack 
  
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