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Autore: Ila_JL    05/06/2017    5 recensioni
Clexa Hogwarts AU
Piccolo esperimento (non so ancora quanti capitoli saranno) in cui Clarke e Lexa, insieme a tutti gli altri, saranno catapultati nel mondo di Harry Potter, precisamente nel 1979, gli ultimi e i peggiori anni del dominio di Voldemort durante la prima guerra magica.
Un periodo in cui bisogna scegliere tra ciò che è giusto e ciò che facile, tra seguire la famiglia o le proprie idee, tra proteggere gli altri o se stessi.
I personaggi di Harry Potter si mischieranno con quelli di The 100, che saranno comunque al centro della scena.
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Dal testo:
“Non lo sto considerando – la vedo chiudere gli occhi per quella che pensa essere l’ennesima batosta – lo so facendo. Avevi ragione, Clarke, avevi ragione su tutto. E finalmente ho capito. È la differenza fra l’essere trascinato nell’arena ad affrontare una battaglia mortale e scendere nell’arena a testa alta. Prima pensavo che non fosse una gran scelta, ma ora lo so, lo so, che c’è tutta la differenza del mondo"
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10

 
[Clarke]

“Ripetimi ancora una volta perché lo sto facendo.” Mi lamento mentre Octavia mi trascina negli spogliatoi di fianco allo stadio.
“Perché hai visto anche tu che senza un Cercatore degno di questo nome abbiamo quasi rischiato di perdere, perché durante i festeggiamenti della vittoria hai ammesso che se non avessimo trovato nessuno in grado di sostituire Dax avresti pensato a un ritorno in squadra, perché vuoi che Grifondoro vinca la Coppa di Quidditch e quella delle Case per l’ottavo anno consecutivo e perché così passerai più tempo con la tua migliore amica.” Dice O alzando un dito per ogni motivazione da lei così brillantemente espressa.
“Aggiungi anche che non sopporto più la mia suddetta migliore amica che nella scorsa settimana non ha fatto altro che darmi il tormento in qualsiasi parte del castello mi trovassi.”
Lei fa spallucce e alza anche il quinto dito della mano.
“Vedi, cinque ottimi motivi direi.” Mi sorride in modo malandrino.
Sospiro mentre arriviamo davanti alla porta che ci separa dal resto della squadra.
Osservo leggermente agitata la divisa che ho indossato poco fa per poi passare a una minuziosa analisi dei ramoscelli del mio manico di scopa.
“Octavia io…” inizio con lo sguardo ancora basso.
Sento la mia amica appoggiarmi una mano sulla spalla.
“Ok Clarke, ascolta – inizia e io risollevo lo sguardo verso di lei – se è davvero una cosa che ti mette a disagio o in difficoltà non entrare in questa stanza. Non insisto per una manciata di punti e una stupida coppa, vincere non è importante.”
Inarco un sopracciglio nella sua direzione e lei sbuffa.
“Ok ok, è importante, ma meno di te e della consapevolezza che stai bene.” Ricomincia e addolcisco il mio sorriso nella sua direzione.
“Quindi – riprende nuovamente – se c’è anche solo una parte di te che mentre guardava la partita desiderava essere su quella scopa, entra e allenati con noi. Può farti bene staccare da tutto per un po’ e concentrarsi solo su una minuscola pallina che vola impazzita. Ma se davvero pensi che sarebbe solo un peso, non ti chiederò mai più di tornare nella squadra.” Conclude guardandomi seriamente.
Maledetta Octavia. Maledetta Octavia che mi conosce così bene. Come se non sapesse che avrei quasi schiantato Dax alla terza apparizione del boccino da lui beatamente ignorata, come se non sapesse che avrei afferrato la sua stessa scopa per fargli vedere come si gioca a Quidditch.
Sbuffo sonoramente mentre afferro la maniglia della porta.
“Octavia Blake, ti odio, e quando non mi reggerò in piedi per colpa di tutte le ronde e gli allenamenti, finirai tu i miei compiti, e non accetto scuse di nessun genere.” Concludo aprendo la porta, ed entriamo nella stanza.
“Coraggio Clarke, non sarà così terribile, sei Cercatrice, giochi praticamente in solitaria, potresti allenarti anche solo una volta alla settimana, tanto non devi provare tutti gli schemi di noi Cercatori.” Afferma sicura.
Solo un allenamento a settimana? Adesso sì che si fa interessante…
“Non ci pensare nemmeno! Gli allenamenti sono tre sere e Clarke verrà a tutti e tre come gli altri!” commenta Bellamy dall’altro lato della stanza.
Come non detto.
“Eddai Bellamy, sono appena riuscita a convincerla, vuoi farla scappare via di nuovo e trovarti da capo senza un Cercatore decente?” gli risponde a tono sua sorella.
Io sbuffo, già pentita di aver preso questa decisione.
“Facciamo così – intervengo prima che i due fratelli inizino a litigare sul serio – verrò a uno o due allenamenti nei giorni in settimana, ma non posso venire a quelli nel week end, ho le ronde da Caposcuola e quella sarà comunque la mia priorità. Se è una condizione che va bene a tutto il resto della squadra, contate su di me, altrimenti amici come prima.” Concludo tranquillamente.
Sorvolo con lo sguardo tutti i ragazzi presenti.
È Nathan il primo a parlare.
“Io ci sto!” esclama felice.
“Va bene tutto, purchè non torni Dax!” commenta Connor, e Riley fa scontrare le loro mazze in segno di approvazione.
“Anche per me va bene.” Aggiunge con un sorriso Harper e la ringrazio ricambiando il suo gesto.
“Vedi fratello? Siamo tutti d’accordo, quindi togli quel broncio. Lo so che vuoi solo passare più tempo con Clarke, ma non è questo il modo! Puoi sempre accompagnarla alla festa di Holloween di Lumacorno, se proprio ci tieni, ma non insistere sugli allenamenti”
Le parole di Octavia mi spiazzano completamente.
È vero che qualche giorno fa Lumacorno ci ha consegnato l’invito ufficiale per una festa del Lumaclub, come ci aveva anticipato qualche settimana fa, ma da lì a chiedere a qualcuno di accompagnarmi…
In realtà saprei perfettamente con chi mi piacerebbe andare… ed è proprio per questo che avevo deciso che ci sarei andata da sola.
Chiederle di andare non è nemmeno lontanamente immaginabile, ma anche lei sarà lì, quindi se fossimo state entrambe senza accompagnatori….
Qualcuno si schiarisce la voce poco distante riportandomi al presente.
Da come mi guarda Bellamy direi che sta aspettando una risposta a una domanda che non ho minimamente sentito.
“Ehm, come scusa?” gli chiedo.
“Ti chiedevo se avevi già intenzione di andarci con qualcuno…” chiede Bellamy titubante.
“Oh.. ecco io… - inizio senza sapere bene cosa dire -  in realtà pensavo di andarci da sola e scappare alla prima occasione, sai che non sopporto tutti quei maghi pieni di sé…” lascio la frase in sospeso sperando che non insista.
“Ah.. capisco…ma-” La voce di sua sorella lo interrompe.
“Ok ok, io scherzavo, ma direi che potete continuare questo discorso da soli, è tempo di allenarsi!” esclama con entusiasmo Octavia.
Tutti sorridono e iniziano a dirigersi verso il campo contenti, mentre io esalo un sospiro di sollievo.
Inizio a dirigermi verso il campo ma Bellamy mi blocca.
“Se dovessi cambiare idea, io ci sono, lo sai questo, Clarke?” chiede con sguardo dolce.
E una piccola parte di me si sente in colpa per la mia titubanza, Bellamy è sempre stato un ottimo amico, non voglio ferirlo.
“Lo so Bell, grazie.” Ricambio il sorriso.
Insieme arriviamo in mezzo al campo e inforchiamo le scope.
“Ok ragazzi, facciamo riambientare Clarke, qualche giro di campo e poi iniziamo con il nostro solito programma, d’accordo?” afferma Bellamy, rientrato in modalità Capitano.
Al suono del fischio mi do una leggera spinta con i piedi e in un attimo sto volando.
La sensazione che mi invade è a dir poco meravigliosa.
Chiudo gli occhi per assaporarla al meglio. Accelero facilmente.
È come se nell’aria il mio corpo avesse perso ogni peso, e con esso tutte le responsabilità che prima sentivo ancorarmi inesorabilmente a terra.
Invece qui sono solo io, con le mani ben strette al manico, i capelli che si muovono spinti dal vento e dal mio movimento.
Io e la mia scopa. E nient’altro.
Così mi lascio andare e non riesco a trattenere un sorriso quando mi lancio in picchiata con le grida di incoraggiamento e di esultanza dei miei compagni di squadra in sottofondo.
 
*.*.*.*

 
[Lexa]

Una bambina che corre in un prato, con un vestitino bianco che si muove leggero nel vento lascia spazio a una ragazza impegnata su un libro dall’aria noiosa. “Dai Clarke, vieni nel parco con noi, hai già studiato abbastanza!” la chiamano i suoi amici poco distanti. La ragazza lancia uno sguardo di desiderio fuori dalla finestra, dove un cielo azzurro la attende. Sospira tornando a guardare il suo libro, ma alla fine un sorriso le sfugge dalle labbra e lo chiude con un tonfo sonoro. “Arrivo!”

“Non ti stai concentrando abbastanza!” dico seriamente a quella stessa ragazza nei ricordi che ora è qui davanti a me con il respiro pesante.
“Lo so, lo so è solo che non ce la faccio.” Dice abbattuta.
“Ce la fai invece, devi solo concentrarti, svuotare la mente senza pensare a nulla. Non perderti nei ricordi, pensa che non vuoi farmene avere accesso.” Le rispondo mantenendo un tono distaccato.
Lei mi guarda un attimo con uno sguardo strano e io mi trattengo dal rassicurarla, dall’avvicinarmi, dallo sfiorarla. Non posso permettermi questi lussi in questo momento.
Siamo qui per imparare e allenarci, abbiamo già perso troppo tempo.
“Riproviamo.” Dico secca dopo essermi però assicurata che il suo respiro sia tornato normale.
Lei annuisce semplicemente e si riporta in posizione davanti a me.
“Svuota la mente, liberala da ogni pensiero.”
Lei mi guarda con quella scintilla da guerriera negli occhi che mi fa tremare il cuore, ma non posso pensarci adesso. Un istante dopo li chiude e osservo i suoi muscoli rilassarci.
Chiudo gli occhi anche io e conto mentalmente fino a cinque.

Legilmens
 
“Papà, papà, mi racconti una storia?” esclama una bambina da sotto le coperte di un letto troppo grande per lei. Un uomo sorride in modo gentile, sedendosi sul lato del materasso e iniziando ad accarezzare i capelli della figlia. “C’era una volta…” inizia, ma è la bambina con gli occhi già chiusi che continua per lui. “Una bellissima principessa dai lunghi capelli biondi.” L’uomo sorride dolcemente e ricomincia a raccontare con voce rassicurante.

Improvvisamente torno a vedere più nitidamente i contorni di questa stanza, come se una forza più potente si opponesse al mio incantesimo e devo raddoppiare i miei sforzi per ritornare ai ricordi di Clarke.
Stringo i denti e proietto tutti i miei sforzi nella mente.
Sembra funzionare.

“Davvero, Clarke? Sei sicura che per i tuoi non sia un problema ospitarmi per le vacanze?” una minuscola Raven chiede incerta, ma speranzosa. “Non c’è problema, puoi stare qui tutto il tempo che vuoi.” Raven lascia andare un sospiro di sollievo e appoggia il piccolo fagotto sul divano di casa Griffin. “Clarke, io dovrei spiegarti co-“ Ma la bionda la interrompe. “Non devi spiegarmi niente, quando te la sentirai, mi racconterai. Per ora godiamoci le vacanze!” E Raven sorride finalmente felice.

Qualcosa si incrina ancora nel passaggio da un ricordo all’altro. È come se le immagini andassero al rallentatore, e i contorni delle figure tremano.
L’ultimo ricordo è talmente breve che potrei essermelo immaginato.

“...Puoi sempre accompagnarla alla festa di Holloween di Lumacorno, se proprio ci tieni, ma non insistere sugli allenamenti” Octavia afferma convinta al centro di una stanza poco illuminata.
Un Bellamy dall’aria impacciata si passa una mano fra i capelli e dopo quello che sembra un breve conflitto interiore chiede: “Hai già intenzione di andarci con qualcuno?” Clarke sembra persa nei suoi pensieri, tanto da non aver sentito neanche la domanda. Quando Bellamy si schiarisce la gola ancor più imbarazzato si riscuote. “Ehm… come scusa?” Il ragazzo apre la bocca per ripetere la domanda…

In questo momento il ricordo si interrompe definitivamente e torno ad osservare la ragazza davanti a me.
Ancora una volta ha il fiato corto, ma ha il completo controllo di sé.
“Questo è un passo avanti.” Commento osservandola mentre si sposta dal centro della stanza per sedersi sul divano.
“Ti sei opposta sin dal principio, non è stato facile per me continuare dopo il primo ricordo” commento in attesa di una sua risposta. Mi siedo accanto a lei, che però continua a non guardarmi.
“Però ci sei riuscita.” Commenta infine.
Sospiro.
“Clarke, quello che stiamo facendo è molto complesso, nessuno si aspetta che da un giorno all’altro diventi una perfetta Occlumante. Sei riuscita a rallentarmi e infine a bloccarmi. Questo è un successo, devi esserne felice.” Cerco di rassicurarla.
Ma qualcosa mi dice che non ha funzionato, perché scuote leggermente la testa tenendo lo sguardo basso.
“Sono riuscita a fermarmi solo perché non volevo che… insomma… credo che il problema sia che non mi interessa se vedi la maggior parte dei miei ricordi, ma alcuni…”
Deglutisco le emozioni che queste sue frasi balbettate mi suscitano. Ci penserò dopo, ma ora è essenziale che lei capisca.
“Si dice che per essere un buon insegnante di Occlumanzia devi farti detestare dal tuo allievo… aumenti la motivazione sai… devi essere una persona con cui l’altro non vuole condividere assolutamente nulla. Quindi direi che noi partiamo svantaggiate.” Dico abbozzando un sorriso, incapace di trattenermi e finalmente, finalmente, le sfioro la guancia con la punta delle dita.
Lei socchiude gli occhi al contatto.
“È per questo che eri così distaccata?” chiede con voce piccola.
Io annuisco e riprendo il mio discorso.
“L’Occlumanzia è una scienza delicata… non solo è complessa, ma è anche debilitante se non svolta nel modo corretto. Dimmi, come ti senti in questo momento?” chiedo.
Lei si prende del tempo per pensare a una risposta.
“Un po’ sottosopra, come sempre… come dopo una forte emicrania, in cui non capisco se è passata del tutto o meno.” Precisa.
Io annuisco.
“Le continue escursioni nei tuoi pensieri, affaticano la tua mente, lasciandola più vulnerabile di prima. È per questo che è fondamentale esercitarsi ogni sera e mettere estrema convinzione e concentrazione durante le lezioni.” La guardo dritta negli occhi.
“Non voglio essere brusca – riprendo – ma non voglio neanche essere causa di una tua debolezza.”
Mi guarda e so che capisce quello che sto dicendo.
Si avvicina maggiormente incatenandomi al suo sguardo.
Sento il suo respiro sul mio viso e devo costringermi a tenere gli occhi aperti per specchiarmi nei suoi, che ora contengono una scintilla di malizia.
“Comunque… puoi sforzarti quanto vuoi, ma non credo riuscirai a farti detestare da me… Il che non ci rende compagne di studio ideali… ma almeno ci permette di fare… questo.”
E mi bacia, e come ogni volta che lo fa io smetto di ragionare… di voler ragionare.
Mi spinge indietro sul divano così da stare più comode entrambe, la mia schiena arriva ad appoggiarsi al bracciolo e lei si posiziona tranquillamente sopra di me, mentre continua a giocare con le mie labbra.
Porto le mie mani sul suo viso e delicatamente lascio che le mie dita le sfiorino delicatamente la fronte, scostandole i capelli, per poi scendere sulle guance, giù per il collo e sulle spalle, come per tracciare il contorno del suo corpo. Lei non interrompe il contatto, approfondendo il bacio e mi ritrovo a dover nuovamente sforzarmi nel controllare la mia mente per non perdere di vista l’obiettivo delle azioni che sto facendo. Anche se in modo totalmente diverso rispetto a poco fa, e mille volte più piacevole.
Lotto con la distrazione mentre conduco le mie mani sulla sua schiena e le sollevo leggermente il maglione per aver accesso alla sua pelle, e da lì riparto con l’esplorazione del suo corpo con la punta delle mie dita.
Un brivido la percorre e la sua pelle si increspa al mio passaggio, mentre la sfioro, vertebra per vertebra, con una delicatezza estrema, ma la sento troppo calda perché possa essere per il freddo.
Così mi ritrovo a sorridere sulle sue labbra, lottando per mantenere il controllo sul bacio.
Mi stupisco anche io quando invece di continuare a sfiorarla, le afferro in modo deciso i fianchi per attirarla maggiormente a me, facendo aderire i nostri corpi.
Si lascia scappare un gemito strozzato e improvvisamente io ho tanto, tanto caldo.
E lei sembra comprendere il mio stato in questo momento perché si stacca dalla mia bocca per scendere lentamente verso il mio collo. E io sempre con gli occhi chiusi mi spingo ancor di più contro il divano per concederle più accesso, lasciandomi scappare un sospiro.
Clarke Griffin sembra essere nata apposta per lasciarmi piccoli morsi e baci sul collo. O forse è il mio collo ad esistere apposta per essere dolcemente torturato da Clarke Griffin.
Quando sento di non poter più sopportare questa situazione sposto una mano dalla sua schiena al suo viso e la costringo a tornare sulle mie labbra, e questa volta lei si lascia baciare dolcemente.
Mi stacco da lei e apro gli occhi, in tempo per vederla mentre si sposta piano da sopra di me, arrivando a sdraiarsi al mio fianco.
Rimaniamo sdraiate una verso l’altra e porto una mano sul suo fianco, continuando a lasciare leggere carezze, mentre lei fa lo stesso sulla mia spalla.
Nessuna delle due ha bisogno di dire che la lezione è finita.
“Hai appena reso dieci volte più complicato svuotare la mente prima di andare a dormire.” Spezzo il silenzio sussurrandole queste parole accompagnate da un sorriso.
“Considerala una piccola vendetta..” risponde lei, ricambiando.
Non rispondo.
Potrei stare così per sempre e mi chiedo per la millesima volta in queste ultime settimane cosa ho fatto per meritarmi tutto questo.
Chiudo gli occhi godendomi tutte queste sensazioni.
“Clarke Griffin, vieni con me alla festa di Lumacorno.” Non è una domanda, perché entrambe sappiamo bene la risposta, ma voglio fare finta che tutto il resto del mondo in questo momento non esista, fare finta di non appartenere formalmente alle fazioni opposte della guerra.
E spero immensamente che lei capisca tutto questo, che non risponda riportandomi alla realtà, ma che continui ad alimentare le mie fantasie.
“Certamente, Lexa Woods.” Risponde lei e credo di non poter mai più smettere di sorridere.
Apro gli occhi e vedo i suoi che mi osservando con dolcezza.
“Bellamy non ci resterà male?” chiedo lasciando ad un tratto che l’insicurezza prenda il sopravvento.
Ma lei continua a sorridere.
“Se ne farà una ragione.” Risponde avvicinandosi per lasciarmi un piccolo bacio sulla fronte.
Sospiro godendomi il contatto.
“Sai, non avevo mai provato tutte queste emozioni in vita mia.” Le dico ad un tratto.
“Quali emozioni?” chiede curiosa, ma con sguardo furbo.
“Tutte queste!” dico toccandomi il cuore e accennando una risata perché so bene di essere vaga.
“Risposta interessante, Woods, ma sarebbe utile se fossi appena un po’ più precisa.” Commenta con un sorriso sardonico.
Prendo un bel respiro prima di cercare di spiegarmi meglio.
“Beh, a volte mi sembra impossibile smettere di guardarti, devo costringermi a non pensare a te nei momenti meno convenienti. Quando ripenso a tutto quello che è successo tra noi non riesco a credere che sia vero, oppure sento il cuore scoppiarmi di gioia.”
Mi fermo a guardarla, ma quando vedo che sta per rispondermi la interrompo perché ormai tanto vale che vada fino in fondo.
“Sento paura, tanta paura. – riprendo seriamente – paura che qualcosa vada storto, paura di essere scoperta, paura che succeda qualcosa alle persone a cui tengo, e paura di deluderti di nuovo.”
Mi interrompo nuovamente per prendere fiato.
“E poi ci sono i momenti in cui non capisco cosa mi prenda, quei momenti in cui penso che tu meriti qualcuno migliore di me e allo stesso tempo non voglio neanche pensarci. Momenti in cui vederti vicino a persone come Niylah o Bellamy mi impediscono di ragionare correttamente e vorrei solo stringerti tra le mie braccia. E poi mi sento in colpa per dover sottostare al tocco di Echo.”
Di nuovo fa per parlare ma la blocco immediatamente.
“E poi ci sono momenti come questi. In cui sto bene al punto da non riuscire a riconoscermi.”
Gli occhi di Clarke sono lucidi.
“Wow” dice quando capisce che ho finito.
E adesso subentra l’imbarazzo per essermi lasciata sfuggire così tanti dettagli della mia vita interiore.
Se Anya lo sapesse mi perseguiterebbe fino alla fine dei miei giorni.
“È bello avere accesso ai tuoi pensieri qualche volta…nei modi tradizionali soprattutto..” aggiunge con un sorrisetto.
Sbuffo fintamente infastidita.
“È un privilegio di pochi, anzi pochissimi, sappilo.” Dico sostenuta.
“Lo so bene.” Mi dice.
“Grazie” sussurra poi salendo ad accarezzarmi il viso.
“Grazie a te.” Le rispondo, stupendomi ancora di quanto sia diventato facile dirle queste parole.
Lei si sporge leggermente per sfiorarmi appena le labbra con le sue.
“C’è una cosa però… - riprende riallontanandosi leggermente – non posso credere che non ci sia stato nessuno che prima di me ha scalfito la tua corazza da Woods.”
Improvvisamente il mio umore cambia, mentre mi perdo inevitabilmente nei ricordi.
Sento le sue dita sfiorare il dorso della mia mano sul suo fianco e in modo automatico intreccio le nostre dita portandole nel piccolo spazio tra noi.
“In realtà – mi fermo per schiarirmi la gola – c’è stato qualcuno di speciale per me in passato. Il suo nome era Costia.” Guardo Clarke che mi guarda con sguardo indecifrabile. Forse ha capito che qualcosa non è andato nel verso giusto, o forse sta solo aspettando che io continui il mio racconto.
“Lei era la vicina di casa di Indra, l’amica di mia madre.” Dico.
“Era?” chiede lei infine con molto tatto, quando la mia pausa si prolunga.
Annuisco.
“Apparteneva a una famiglia di Babbani. L’ho conosciuta quando ero ancora una bambina e spesso io e mia madre passavamo del tempo da Indra, quando mio padre lavorava. Giocavamo insieme in giardino, era la mia unica amica, anche se dovevo tenerle nascosti i miei poteri che cominciavano a prendere il sopravvento su di me. Ci volevamo molto bene, e quando mia madre è morta, Indra l’ha portata al funerale. Da allora ci siamo viste sempre meno, solo quando Indra riusciva a portare me e Aden via dalla casa di mio padre. E poi sono venuta qui ad Hogwarts, e il tempo a nostra disposizione era sempre meno. Nonostante tutte le nostre differenze con lei stavo bene, fingevo che nulla di male stesse succedendo. Ho capito di provare qualcosa di diverso per lei, qualcosa che non provavo per Anya, per esempio.”
“Poi cos’è successo?” chiede lei come se avesse paura di rovinare il momento.
“Nell’estate tra il quinto e il sesto anno, quando sono andata a trovare Indra, le ho confessato i miei sentimenti e lei ha ricambiato… subito prima di dirmi che si sarebbe trasferita con la sua famiglia.”
“Trasferita dove?”
“Non me l’ha detto, lontano comunque. Le uccisioni di famiglie babbane erano ormai all’ordine del giorno, e anche se i suoi genitori non avevano idea di quello che stesse succedendo avevano deciso di andarsene dall’Inghilterra per stare più al sicuro. Da quel giorno non l’ho più vista, né ho più avuto sue notizie.” Termino il mio racconto con una tranquillità che quasi sorprende anche me.
“Oh Lexa, mi dispiace..” Inizia lei con sguardo colmo di comprensione.
“Meglio così – intervengo io però – almeno è lontano da questa guerra, da questa gente folle.”
“E da te.” Commenta però lei, quasi insicura, ed è così strano vederla in questa situazione che non so cosa dire.
Così non dico niente, ma le lascio un dolce bacio, come poco fa lei ha fatto con me.
E lei si lascia stringere a me, mentre un silenzio, che nonostante tutto risulta rassicurante, torna ad invadere l’aria.
“Io sono qui, e non c’è posto migliore per me di questo.” Sussurro dopo quelle che sembrano ore.

 
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Di nuovo sembra che il tempo si prenda gioco di me e dei miei pensieri: mi sembra passato solo un giorno dalla prima lezione di Occlumanzia con Clarke, e invece siamo già all’ultimo giorno di Ottobre.
Il tempo mi è sfuggito tra le dita: i minuti, le ore, i giorni e le settimane sono trascorsi silenziosamente, senza apparentemente lasciare traccia del loro passaggio, tre lezioni scolastiche, corsi, appuntamenti con Aden in biblioteca, con Clarke nella Stanza delle Necessità e in giro per il castello durante le ronde notturne. Persino gli incontri con i futuri Mangiamorte non hanno appesantito le mie settimane. Ed infatti è qui che mi trovo, in un’aula nei sotterranei del castello, probabilmente sconosciuta a qualsiasi persona che non sia qui presente.
Echo è, come al solito, al mio fianco, la mano che mi accarezza distrattamente la coscia con la punta delle dita mentre ascolta il discorso di Ontari.
È assurdo quanto riesca a rimanere indifferente al suo tocco e mi costringo a trattenere un sorriso al pensiero di come è finito il nostro ultimo incontro.
Mentre pensavo disperatamente a come togliermi da una situazione alquanto inopportuna con lei, Anya – la splendida, intelligente, brillante e tempestiva Anya – è piombata tra noi come un falco e liquidando con un gesto della mano la bionda, si è rivolta a me senza accettare alcuna replica.
“Tu – ha esordito puntandomi un dito contro – tu, cosa aspettavi a dirmi che alla festa di Lumacorno ci sarà nientemeno che Gwenog Jones, il più giovane capitano della storia delle Holyhead Harpies! Se Lumacorno non l’avesse accennato oggi a lezione non ti saresti nemmeno degnata di dirmelo! E dovresti essere mia amica! L’unico modo che hai per farti perdonare è portarmi alla festa e fare in modo che riesca a parlare con lei, mi hai capita?”
Anche se Echo aveva aperto la bocca per replicare o per reclamare una posizione che pensa di avere tra noi, Anya ha continuato imperterrita.
Eh no, bel faccino, non mi interessa cos’hai da dire, ci andrai un’altra volta, ma questa volta non mi interessa assolutamente nulla. Ci andrò io e le parlerò.”
E senza più dire una parola, Anya – ho già detto quanto sia speciale quella ragazza? – è uscita come una furia di scena, lasciando una Echo con la bocca ancora aperta per risponderle.
La mia alzata di spalle accompagnata da un sorriso di scuse non è servito a rabbonire la bionda, che, per vendicarsi, ha iniziato ad allontanarsi con fare provocatorio.
Il contatto che mi sta concedendo in questo momento dovrebbe essere una magnanima tregua al suo periodo di risolutezza, e posso accettarlo senza problemi.
Anzi, decido quasi di esagerare cingendole le spalle con un braccio.
Lei alza la testa sorpresa e si lascia scappare un sorriso, prima di tornare ad osservare mia cugina che cammina in mezzo al circolo dei Serpeverde.
Focus, Lexa.
Mi costringo a tornare sul pezzo.
“E quindi è confermato che un altro gruppo di Giganti delle Alpi francesi è passato tra le fila del Signore Oscuro e sono in marcia verso la Gran Bretagna. E a proposito di giganti…” Ontari si ferma un istante in modo teatrale.
Quando è sicura di avere l’attenzione di tutti su di sé, prende un respiro e con un sorriso cattivo riprende.
“Proprio i giganti potrebbero far parte del prossimo piano che il Signore Oscuro ha in mente proprio per i nostri cari compagni di scuola.” Si ferma come per osservare la reazione di noi presenti.
Il battito del mio cuore aumenta leggermente, mentre resisto all’impulso di irrigidire i muscoli del corpo per non destare sospetti, soprattutto visto che Echo è qui attaccata a me.
Eccoci, ci siamo. Il momento tanto temuto e atteso è arrivato.
Ed ora si va in scena.
So perfettamente che il mio sguardo dall’esterno mostra principalmente indifferenza, tuttalpiù un minimo di curiosità per il nuovo piano.
“Cosa sai, Ontari?” chiede Alecto Carrow pendendo dalle sue labbra.
Ontari scrolla le spalle fingendo superiorità, ma è chiaro di essere molto orgogliosa del ruolo da tramite che svolge tra i Mangiamorte e gli studenti.
“Ho ricevuto una lettera da mia madre un po’ di tempo fa, ma non vi ho comunicato nulla perché era ancora tutto da decidere, ma il signore Oscuro è intenzionato a non permettere che i pupilli di Silente pensino di essere al sicuro. Tuttavia, considerate le nuove misure di sicurezza imposte da Silente alla scuola – e si ferma per fare una smorfia contrariata – attaccare direttamente il castello non è un’opzione da considerare. Per ora. Per questo ha deciso di attaccare…”
Oh no… riesco solo a pensare senza far trasparire l’orrore sul mio viso.
“… Gli studenti che torneranno a casa per le vacanze di Natale, al binario 9 e tre quarti.”
Bomba sganciata.
C’è un istante di silenzio inquietante che precede lo scoppio di approvazione nella stanza.
“È ora che i Sanguesporco e i Mezzosangue abbiano quello che meritano!” urla Amycus Carrow con la solita arroganza ignorante che lo caratterizza.
Molti approvano le sue parole ma è Rookwood che interviene.
Augustus Rookwood è una delle persone più scaltre e crudeli che conosca, ancor più di mia cugina. Suo padre lavora nell’Ufficio Misteri al Ministero, e l’anno prossimo Augustus lo raggiungerà, probabilmente aiutandolo anche a passare informazioni a Voldemort dall’interno. Ma il Ministero è troppo pieno di spie al momento per denunciare lui e gli altri traditori che operano a su interno.
“Come pensano di agire?” chiede con la sua voce strascicata.
“È questo il bello, amico mio – gli risponde Ontari – la domanda giusta è come pensiamo di agire.”
Ci guarda tutti prima di spiegarci ulteriormente, e fissa gli occhi su di me un istante più degli altri.
“Abbiamo voce in capitolo questa volta, e dei compiti. Dobbiamo proporre alcune idee al signore Oscuro, che le vaglierà attentamente prima di decidere.” Continua.
Un bisbiglio eccitato cresce tra il gruppo.
“Ma prima – riprende facendo calare nuovamente il silenzio – dobbiamo capire quali sono le difese che Silente ha in mente di porre per il rientro a casa dei suoi cari studenti e per questo – mi guarda fissa negli occhi – chi meglio di una Caposcuola per scoprirlo?”
È una prova, lo so.
Mi sta mettendo alla prova, non solo per vedere la mia reazione, ma per sapere se effettivamente sono degna di fiducia o meno.
E quando tutti gli occhi della stanza sono su di me, compresi quelli di Echo che si è allontanata per osservarmi meglio, capisco che è questo il momento in cui mi devo giocare il tutto per tutto, che è questo il momento in cui devo agire in relazione alle scelte che ho fatto. Il momento in cui si scende nell’arena e non ci si può più guardare indietro.
Dopo anni e anni di allenamento nel nascondere ogni tipo di emozione ad occhi esterni ancora mi stupisco di quanto mi riesca facile bloccare tutto. O forse è tutta l’Occlumanzia che sto praticando nell’ultimo periodo che mi sta aiutando ancor di più.
Mi raddrizzo tranquillamente sulla sedia e mi schiarisco leggermente la gola prima di parlare con tono tranquillo e controllato.
“Su questo non credo ci saranno particolari problemi, Silente ci sta aggiornando sulle misure di sicurezza, sono sicura che organizzerà una riunione per parlarci anche di quelle applicate sul trasporto a casa degli studenti.”
Sicura e concisa. Ontari sembra stranamente apprezzare le mie parole.
“Perfetto, confido che ci riporterai quanto appreso appena possibile dunque.” Conclude.
Annuisco semplicemente, come se fosse superfluo risponderle.
“Tornando al resto – riprende – servono idee per organizzare l’attacco dei Mangiamorte.”
Il silenzio cala mentre tutti cominciano a pensare.
È Rookwood a rompere il silenzio.
“Direi che possiamo iniziare a creare un po’ di scompiglio già sul treno in arrivo in stazione. Spaventiamo gli studenti, specialmente i primini, così non appena le porte si apriranno si precipiteranno fuori, dove però…”
“Troveranno altri problemi ad attenderli. Ed essendo inesperti saranno solo d’intralcio agli studenti più grandi, ancora bloccati nei vagoni.” Conclude per lui Ontari con un ghigno di apprezzamento.
Lui annuisce, prima di riprendere la parola.
“Però abbiamo bisogno di mantenere nascoste le nostre identità. Non so voi, ma io ho bisogno dei miei M.A.G.O. di quest’anno per entrare al Ministero, e non ho alcuna intenzione di farmi espellere proprio ora.”
Ontari annuisce pensierosa.
“Credo che questo non sia un problema, dovrei chiedere a mia madre se fosse possibile avere qualcuna delle loro maschere per deviare i sospetti. Avevo un’idea anche io, comunque, come prima vi accennavo. Giganti.” Parla con uno scintillio malsano negli occhi.
Riesco a vedere la scena, ragazzini che urlano in panico sulla banchina, incantesimi che volano da ogni parte grazie a Mangiamorte incappucciati, fumo e dolore. E a dominare la scena un paio di giganti che calpestano e devastano qualsiasi cosa abbiano a tiro.
Non posso accettarlo.
Una risata sarcastica esce rapida dalla mia bocca, riportando l’attenzione dei presenti su di me per la seconda volta in pochi minuti.
Ontari mi guarda offesa, sfidandomi però a parlare.
“Io non ci tengo ad essere calpestata dai giganti, sai? Prima o poi dovremo scendere dal treno, e la banchina è piuttosto stretta, non credo che i giganti si farebbero molti problemi su dove appoggiare i loro piedi. E anche se hanno dichiarato fedeltà al Signore Oscuro sono convinta che non si preoccuperanno di schiacciare i suoi seguaci.”
Qualcuno borbotta convinto dalle mie parole. Evidentemente l’istinto di sopravvivenza ha la meglio sulla loro smania di punire i Mezzosangue.
Ontari accusa il colpo delle mie parole, ma si riprende velocemente.
“Allora cosa proproni Alexandria?” chiede mettendomi nell’angolo.
Complimenti Lexa, e adesso?
Solo un’idea si fa largo nel mio cervello. Una pessima idea.
Non lo dire, non lo dire, non lo dire.
“Dissennatori.” Dico velocemente, come per non cambiare idea. Mi pento immediatamente ma ormai la bomba è sganciata. Odio quelle creature, non è una semplice repulsione, è proprio… paura.
Ontari assottiglia lo sguardo.
“Immaginate quanta eccitazione ci sarà nell’aria con tutti gli studenti che vogliono riabbracciare i propri genitori. Per loro sarà come un banchetto, li farà impazzire.”
Concludo come se fosse la cosa più banale del giorno, anche se in realtà è probabile che abbia appena firmato la mia condanna a morte.
Qualcuno annuisce.
“Molto bene – riprende Ontari – terremo a mente questa proposta, nel frattempo continuate a pensarci. Ci riaggiorniamo.”
Ad uno ad uno iniziamo ad uscire dalla stanza per tornare alle rispettive attività.
Io devo tornare nel Dormitorio per prepararmi per la festa, ma sono ancora in modalità Serpeverde, quindi mi attardo ad osservare tutti uscire con aria indifferente, e infine accetto la mano di Echo, che ora mi guarda ammirata, e la seguo fuori.
Devo parlare con Silente, e anche con Clarke. Devo capire come muovermi, organizzare le mie prossime mosse. Devo scusarmi con Silente, perché è colpa mia se la stazione pullulerà di Dissennatori e spero, spero davvero che nessuno si farà male per questo.
Ma prima, per quanto mi sembri assurdo, c’è una festa a cui devo partecipare.
 
 
*.*.*
 

[Clarke]

“Ancora non ho capito perché non hai accettato l’invito di Bellamy.” Sento la voce di Octavia dall’altra parte della stanza.
È sdraiata sul mio letto, incurante che possa stropicciare il vestito che ha messo per la festa di Halloween di Lumacorno, a cui parteciperà come invitata di Lincoln. Raven, invece, è appollaiata sulla finestra, la divisa sostituita da un abbigliamento più comodo, intenta a leggere una rivista di quelle che credo essere auto sportive babbane.
Ancora non ho capito come faccia a farsele arrivare via gufo, ma conoscendola è meglio non chiedere spiegazioni.
“Non voglio che Bellamy fraintenda.” Dico semplicemente quando ritorno dal giro dei miei pensieri.
“Beh, in realtà ho sempre pensato che ci fosse qualcosa tra voi, e da quando non stai più con Finn, e la storia con Niylah non ha funzionato…” lascia la frase in sospeso e io sbuffo scocciata.
“Ancora con questa storia? Bellamy è come un fratello per me, niente di più.” Mi fermo un attimo a pensare alla mia affermazione…
“Il che – riprendo girandomi a guardare la mia amica – rende di te la mia irritante sorella minore.” Concludo con un ghigno.
Punta sul vivo Octavia reagisce.
“Irritante? Io? Come osi Griffin?” e faccio appena in tempo a reagire quando vedo che afferra il primo oggetto che le capita a tiro – ovvero la mia sveglia – per lanciarmelo addosso.
Seguo con lo sguardo la sua traiettoria e con un movimento rapido e preciso lo afferro al volo con una mano sola.
“Maledetti riflessi da Cercatrice.” Brontola la mia amica mentre io, sempre noncurante mi avvicino a lei per riappoggiare la sveglia sul comodino.
“150 punti per Griffin! La partita è conclusa!” commenta dopo un lungo silenzio Raven, scendendo fluidamente dalla finestra per sedersi vicino ad Octavia.
“Andiamo O, non essere triste, i Griffin mi hanno praticamente adottata, quindi sono una sorella acquisita di Clarke, che considera Bellamy suo fratello ed essendo tu la sorella di Bellamy…. Siamo sorelle anche noi!” esclama e io e Octavia non possiamo fare altro che essere travolte dal suo abbraccio guardandoci spaventate dai ragionamenti della nostra amica… o sorella come ha stabilito.
Lo strambo abbraccio si scioglie e io, dopo aver finito di truccarmi leggermente, infilo il vestito che ho scelto per l’occasione.
È bianco, dignitosamente accollato e lungo, considerando che ha passato i controlli di mia madre. Ma ne sono soddisfatta anche io visto che ormai il clima è definitivamente freddo e gli spessi muri di pietra e gli spifferi non contribuiscono a mantenere il calore dei camini.
“Comunque – riprende O, e chiudo gli occhi sperando che la smetta di tartassarmi su suo fratello - sono contenta di esserci anche io, almeno non sarai sola.”
Mi giro nuovamente a guardarla.
“È una festa Octavia, non sarei stata da sola nemmeno se non fossi venuta tu.” le dico sperando che non se la prenda troppo per il mio tono secco.
Ma ha passato le scorse settimane a tartassarmi, prima con la storia del Quidditch, poi con l’invito di suo fratello. E anche dopo aver confermato a Bellamy che sarei andata da sola ha continuato ad insistere, come per farmi inconsciamente sentire in colpa…. Come se non fosse bastato lo sguardo deluso di Bellamy.
Ma non potevo proprio averlo lì, non quando nella stessa stanza ci sarà anche Lexa… Lexa con il suo sguardo all’apparenza talmente freddo e distaccato da far rabbrividire, ma tanto dolce e comprensivo che si manifesta dopo aver abbattuto le sue difese…
Raven si schiarisce la gola e mi guarda maliziosamente.
Di nuovo mi sono persa nei miei pensieri, e quando riporto lo sguardo sulla mia amica noto che Octavia, stranamente, non se l’è presa per le mie parole brusche, ma mi sta osservando con sguardo concentrato.
Ricambio cercando di sembrare indifferente per non tradirmi.
“Tu mi nascondi qualcosa, Griffin.” Ecco qui, sapevo che sarebbe giunto questo momento prima o poi.
Io scrollo le spalle.
“Non so di cosa tu stia parlando, Blake.” Le rispondo girandomi nuovamente verso lo specchio per aggiustarmi i capelli.
Ma ormai la bomba è lanciata e so bene che Octavia non si fermerà così facilmente.
“Andiamo Clarke, hai appena detto che sono praticamente tua sorella, non puoi avere segreti con me!” commenta.
“Certo, perché tu non hai mai avuto segreti con Bellamy, o con noi.” Commenta Raven cercando di tirarmi fuori dai guai.
“Va beh vi ho nascosto solo di Lincoln, era una questione delicata e io... Un momento - si blocca a metà frase lasciando la bocca aperta e gli occhi sgranati. – ti stai vedendo con qualcuno! È per questo che hai rifiutato Bellamy! Ed è anche qualcuno che non dovresti vedere, visto che non ne hai parlato. Clarke Griffin!!”
“Oh no…” sussurro io chiudendo gli occhi, colta in flagrante.
“Parla, ora!” ordina puntandomi contro un dito con fare minaccioso.
“Octavia… - inizio titubante e decido che sarò sincera, ma non adesso – facciamo così, vediamo come andrà la serata, sono sicura che capirai da sola perché non te ne ho parlato, ma se avrai qualcosa da chiedermi prometto che ti risponderò, adesso dobbiamo andare e non possiamo stare qui a discutere, ok?”
Forse è la mia promessa di spiegarle, forse ora è curiosa di andare alla festa per vedere se riesce a capire chi è, o forse è solo il mio tono stanco che la convince a non insistere.
“D’accordo.” Dice semplicemente e inizia ad infilarsi le scarpe per andare.
Sospiro di nuovo mentre infilo anche io i tacchi, già sapendo che a metà serata mi pentirò di non aver scelto scarpe più comode.
Raven si alza per salutarci.
“In serate come queste mi pento di far saltare in aria la stanza di Pozioni praticamente una volta alla settimana. Divertitevi anche per me, sorelle!” esclama.
Abbraccia Octavia e le sussurra nell’orecchio qualcosa che assomiglia a un “Non tormentarla troppo.”
Poi si gira verso di me e mi cinge delicatamente i fianchi.
Mi lascio rassicurare dalla sua stretta e sto per ringraziarla per tutto quello che sta facendo per me in questi giorni, ma è lei che parla per prima.
“Ricordati di chiudere la bocca quando guardi Lexa, non vorrai macchiare questo bel vestito di bava!” sussurra piano in modo che senta solo io.
“Raven!!” esclamo per metà schifata e per metà punta sul vivo, mentre mi allontano da lei.
Octavia si gira a guardarci sospettosa.
“Allora, andiamo o no?” dice.
“Andiamo, divertiti Raven.” Dico cominciando a scendere le scale a chiocciola.
“Anche voi!” urla di rimando con una mezza risata.
Scuoto la testa e seguo Octavia fuori dalla sala comune.
Il nervosismo degli ultimi minuti, e delle ultime settimane, lascia finalmente il posto a una strana eccitazione.
Abbiamo scherzato sull’andare alla festa come coppia, anche se sapevamo perfettamente che non sarebbe stato possibile, e anche se io sarò da sola e tu con Anya, come mi hai detto durante il nostro ultimo incontro, sono estremamente felice. Saremo insieme, e questo basta.
 
 
  
L’ufficio magicamente allargato di Lumacorno è addobbato con ghirlande, zucche giganti e pipistrelli dall’aria non troppo finta; un clima festoso alleggia nell’aria, tra il chiacchiericcio degli invitati e i sorrisi gentili dei camerieri che si muovono agilmente tenendo in bilico vassoi carichi di calici di cristallo.
Ho convinto Octavia a godersi la sua serata con Lincoln senza preoccuparsi per me, per una volta che Bellamy non è qui a vigilare su di lei, ma so che in un modo o nell’altro mi terrà d’occhio.
Sono stranamente colpita dalla loro storia, anche se all’inizio eravamo tutti perplessi riguardo la loro relazione, ed anche preoccupati che potesse accadere qualcosa di brutto alla nostra amica. Dopo aver conosciuto anche solo superficialmente il ragazzo Serpeverde ci siamo dovuti ricredere. Non farebbe mai male ad Octavia, questo è chiaro anche al peggior osservatore del mondo magico, e perfino Bellamy si sta arrendendo all’evidenza.
Faccio scorrere lo sguardo su tutti i presenti, il cuore che accelera leggermente i suoi battiti per l’aspettativa di vedere la persona per cui sono venuta stasera. Un sospiro di frustrazione scappa dalla mia bocca quando mi accorgo che non è ancora arrivata.
Mi muovo fra la gente cercando di non essere notata da Lumacorno, che solitamente utilizza queste feste per presentarmi agli esponenti della comunità magica come un esemplare di ragazza famosa da compatire. Figlia del capo dipartimento degli Auror, tragicamente morto in battaglia, e del direttore del reparto d’urgenza del San Mungo, ospedale per ferite e malattie magiche. Un trofeo insomma, e per di più la mia media alta e il mio discreto aspetto fisico non guastano, perciò ogni volta mi trovo a stringere le mani di pomposi maghi e streghe che con facce contrite mi porgono le loro condoglianze.
Questa sera vorrei proprio evitare tutto ciò.
Anche se la serata è appena iniziata afferro al volo un calice dal vassoio del cameriere a me più vicino, offrendogli un piccolo sorriso in cambio.
Inizio a sorseggiare quello che credo essere un leggero vino elfico mentre continuo a tenermi un po’ in disparte.
“È già ora di bere, Clarke?” sento provenire dalla mia destra.
Immediatamente sorrido mentre mi giro verso Wells e faccio scontrare il mio bicchiere con il suo.
“Non è mai troppo presto, direi.” Commento io.
“Per le feste di Lumacorno, hai ragione.” Risponde con un sorriso. “Cosa ci fai qui tutta sola?”
“Non è chiaro? – rispondo – mi nascondo da Lumacorno, e credo sia la stessa cosa che stai facendo anche tu.”
Lui sorride colpevole, e so che se c’è qualcuno che mi capisce in questa stanza è proprio lui. Chi meglio del figlio del Ministro della Magia sa cosa vuol dire essere famoso a causa dei propri genitori?
“Come te la passi, Clarke? È tanto che non parliamo un po’” chiede con il solito tono gentile.
Scrollo le spalle. “Tutto come al solito direi, hai ragione, mi mancano le nostre ronde.”
Non è totalmente vero, certo, un po’ mi dispiace non passare più così tanto tempo con il mio amico di infanzia, ma onestamente non credo di aver fatto una scelta migliore in vita mia dell’aver cambiato le ronde dei Caposcuola.
Anche perché per quanto io apprezzi sempre la compagnia di Wells, non è paragonabile al tempo che ho iniziato a trascorrere con…
“Signorina Woods! Che piacere vederla!” tra il chiacchiericcio emerge la voce profonda di Lumacorno che attrae la mia attenzione.
Alzo gli occhi automaticamente e quello che vedo mi colpisce con una potenza inimmaginabile.
Lexa è al centro della scena, o forse solo della mia attenzione.
Il punto fondamentale è che è bella da togliere il fiato.
Merlino, ho sempre saputo che fosse una ragazza attraente, ma forse non mi ero mai resa conto di quanto sia davvero.. bella. Non ci sono altre parole se non questo banale aggettivo, ma è qualcosa di sconcertante.
La osservo mentre mette sul viso un mezzo sorriso, forse un po’ imbarazzato dall’attenzione che le stanno dimostrando le persone a lei vicine richiamate dalla voce di Lumacorno. Si passa una mano fra i lunghi capelli scuri, che stasera sono sciolti dalle sue solite treccine e li porta tutti su un’unica spalla, coprendo la spallina del vestito verde che indossa.
Il vestito verde che indossa.
Fortunatamente le parole di Raven mi risuonano nelle orecchie e non so come riesco a chiudere la bocca e decido di non concentrarmi sull’abito che Lexa sta indossando, quell’abito con una scollatura appena più pronunciata della mia, che mia madre avrebbe criticato, ma che indosso a lei riflette solo estrema eleganza.
Scendo con lo sguardo e osservo le sue lunghe gambe, lasciate in parte scoperte, fino a raggiungere le sue scarpe eleganti, tanto belle quanto scomode a prima vista, ma che lei indossa con disinvoltura, come se lo facesse tutti i giorni.
Forse sono tutte le serate di gala che, come me, è stata costretta a sopportare a causa della posizione di rilievo della sua famiglia nell’ambiente dei maghi purosangue.
Torno ad osservare il suo viso, coperto da appena un po’ di trucco che non fa altro che risaltarne la bellezza dei lineamenti e degli occhi.
Come se ne avesse bisogno. Deglutisco.
Guardo la sua bocca aprirsi in quella che credo sia un’espressione di scuse per il ritardo prima che la ragazza al suo fianco la interrompa bruscamente. A causa del brusio che è tornato a riempire la sala non riesco a comprendere bene le parole che si scambiano, ma sento chiaramente la risata di Lumacorno riecheggiare, mentre indica un angolo della stanza, dove un gruppetto di persone, compresi Lincoln e Octavia sta parlando con il capitano delle Holyhead Harpies. Anya si incammina con passo deciso, mentre Lexa alza gli occhi al cielo e toglie per un istante la sua maschera da Woods.
Maschera che torna un secondo dopo sul suo viso quando riprende a parlare con Lumacorno, che la presenta ai suoi ospiti. Questi stringono formalmente la mano di Lexa, evidentemente affascinati.
Comprensibile, direi.
Mi costringo a distogliere lo sguardo da quella scena per riportarlo su Wells.
Ma il mio amico sembra, fortunatamente, non essersi accorto della profonda ondata di calore che ha attraversato il mio corpo, ma è rivolto verso la giocatrice di Quidditch, grande attrazione della serata.
“Andiamo a sentire di cosa stanno parlando, Clarke? Sempre meglio parlare di Quidditch che di politica e di Ministero.” Commenta.
E io colgo l’occasione per liquidarmi da lui.
“Va pure, Wells, io penso di aver evitato Lumacorno anche troppo, e credo di dovermi far perdonare in qualche modo, altrimenti non mi inviterà più a queste feste.” Commento con un occhiolino, perché entrambi sappiamo che per nulla al mondo smetterebbe di invitare Clarke Griffin in queste occasioni.
Wells sorride mentre si allontana, e io prendo un respiro profondo prima di avvicinarmi a Lumacorno, ancora intento nella conversazione con Lexa e un altro paio di maghi che non riconosco.
Una volta vicina mi schiarisco leggermente la gola e preparo un’espressione di scuse mista a reverenza.
“Signorina Griffin! Ecco qui anche lei, è arrivata da tanto? Non l’avevo ancora vista!” commenta il professore.
“Il tempo di un drink, professore.” Commento con un sorriso, mostrando il bicchiere ormai vuoto che ho in mano.
“Vedo che ha sfruttato bene il suo tempo qui. Molto bene, molto bene, ma non mi permetterei mai di lasciare che le mie studentesse migliori rimangano con i calici vuoti a una delle mie feste. Ragazzo – si rivolge bonariamente a un cameriere lì vicino – porgi da bere alle ragazze, per favore.”
Sorrido gentilmente, mentre sento su di me lo sguardo di Lexa. Abbasso gli occhi un istante, prima di riportarli su di lei.
Come previsto mi sta osservando, sembrerebbe con gli occhi leggermente sgranati. Ma un attimo dopo rivolge un gesto educato ma freddo al cameriere che le porge il bicchiere, lo afferra e torna a dedicare la sua attenzione a Lumacorno.
“Ecco qui, ora si che si ragiona. – riprende Lumacorno – signorina Griffin, non so se ho mai avuto occasione di presentarle Barnabas Cuffe, vicedirettore della Gazzetta del Profeta, sicuramente direttore tra qualche anno.” Il mago alla sinistra di Lumacorno fa un gesto con la mano come per sminuire le parole del professore, per poi porgermi la mano, e stringere la mia con una stretta solida.
“Barnabas, questa affascinante signorina è Clarke Griffin, come ben sapete figlia di Abigail Griffin, direttrice di un reparto del San Mungo e di-“
“Jake Griffin – lo interrompe lui – credo di doverle le mie condoglianze, signorina Griffin, la perdita di suo padre è stato un duro colpo per la comunità magica, noi tutti della Gazzetta siamo vicini a lei e a sua madre.” Il discorso è talmente pomposo che mi verrebbe voglia di imitare i suoi gesti e il suo tono accalorato, ma con uno sforzo notevole riesco a evitare persino di alzare gli occhi al cielo, ma ringrazio educatamente il mago.
“Bene, bene – riprende Lumacorno – questo giovanotto, invece, è Dirk Cresswell, credo abbiate fatto in tempo a fare un anno qui ad Hogwarts insieme, prima che Dirk si diplomasse, con ottimi voti direi.” Commenta il professore indicando l’altro mago qui presente, decisamente più giovane del primo.
Cresswell mi rivolge uno sguardo imbarazzato dalle parole di Lumacorno e mi stringe la mano.
“Il signor Cresswell è il più giovane membro dell’Ufficio delle relazioni con i folletti, e secondo quello che dice il suo direttore, Cuthbert Mockridge, è anche il più promettente. Ma ovviamente non ne sono sopreso.” Prosegue il suo discorso.
“Mockridge è troppo gentile con me, così come lei, professor Lumacorno.” Commenta con un sorriso.
“Quante volte vi devo dire che dopo i M.A.G.O. dovete chiamarmi Horace?” esclama Lumacorno fintamente esasperato.
“Ora io e Barnabas dobbiamo rivolgere due parole a Eldred Worple riguardo il suo ultimo libro, voi godetevi la festa!” e con questo i due maghi più anziani si allontanano.
Torno a guardare Lexa, che però continua tranquillamente ad evitare il mio sguardo.
“Credo che per affrontare questa festa mi serva qualcosa di più forte. - Commenta Cresswell. – beviamo qualcosa?” ci chiede indicando con un cenno della testa un bancone dove sono state posizionate diverse bottiglie di alcolici.
Accetto volentieri, giusto per fare qualcosa e spero che Lexa faccia lo stesso, invece sento la sua voce, sempre distaccata, scusarsi e congedersi.
“Mi piacerebbe, ma devo assicurarmi che Anya non torturi troppo Gwenog Jones e non le rovini la serata. A più tardi.” E, senza rivolgermi un altro sguardo, se ne va lasciandomi immobile.
Dirk Cresswell si schiarisce la gola e solo in questo modo mi accorgo di essere rimasta ad osservare la figura di Lexa allontanarsi.
“Qualcosa di più forte, hai perfettamente ragione, andiamo.” Commento e seguo il ragazzo al tavolo degli alcolici.
“Punch?” chiede davanti a una grossa ciotola colma di un liquido rossastro.
Annuisco e ringrazio in risposta.
Mentre il ragazzo si occupa di riempire due bicchieri mi perdo un altro istante nei miei pensieri.
Chissà perché Lexa si sta comportando così. È vero, c’è qualche ragazzo Serpeverde del sesto e del quinto anno, ma senza ombra di dubbio non mi aspettavo tutta questa freddezza e questo distacco.
Ma forse ha ragione lei, dopotutto, è lei che rischia a starmi vicino in luogo pubblico, quindi è probabile che stia esagerando io.
Scrollo le spalle e afferro il bicchiere che Dirk mi porge.
“Allora – inizia – non ti chiedo cosa ci faccia qui la figlia di Jake e Abigail Griffin, perché mi sembra abbastanza ovvio, ma mi sorge una domanda. Seguirai le orme di tua madre o di tuo padre, l’anno prossimo?”
Sembra genuinamente interessato e immediatamente decido che Dirk Cresswell è un tipo a posto.
Così decido di godermi la serata, per quanto possibile.
“Non so ancora, sai. – rispondo sinceramente – sto seguendo i corsi che mi permetterebbero di accedere all’addestramento Auror come al tirocinio del San Mungo. Ovviamente mia madre propende più per l’ultima possibilità.” Concludo con una smorfia che lo fa sorridere ancor di più.
“Tu hai sempre saputo di voler lavorare con i folletti?” chiedo di rimando.
Lui scuote la testa, prendendo un sorso dal suo bicchiere.
“Ti stupirà saperlo, ma fino a dieci anni ho sempre pensato che il lavoro dei miei sogni fosse il calciatore.” Dice trattenendo una risata.
“Il… calciatore?” domando incredula.
“Un giocatore di calcio, uno sport..”
“Dei babbani, lo so, conosco il calcio – intervengo – una mia compagna di dormitorio è accanita tifosa dell’Arsenal, so anche tutte le regole.” Commento per spiegargli che non è un problema.
Solo non mi aspettavo che di questi tempi un mago nato in una famiglia di Babbani potesse iniziare a lavorare al Ministero della Magia.
Osservo Dirk Cresswell con un rispetto sempre crescente.
“E tu, Clarke? Qualche passione che potrebbe prendere il sopravvento su una carriera da Auror o da Medimago?”
“In effetti avevo una passione, più un passatempo, però.” Inizio titubante e lui mi incita a continuare con un sorriso incoraggiante.
“Ho sempre disegnato, da quando ero piccola. È iniziato come un gioco, ma con gli anni è diventato sempre più importante.” Spiego.
Lui annuisce seriamente.
“Che tipo di disegni fai?” chiede interessato.
“Oh un po’ di tutto, tempere, pittura ad olio, solo matita, ma il mio preferito è il carboncino. Ritraevo paesaggi, persone, quello che capitava.” Spiego un po’ imbarazzata.
“Ritraevi? – chiede curioso – non disegni più?”
“No.. è da un paio d’anni che ho smesso.” Dico senza dare ulteriori spiegazioni.
Non ci vuole un genio per collegare che un paio d’anni fa è anche morto mio padre, e lui, con tatto, non insiste.
“Beh credo sia un peccato, mi sarebbe piaciuto avere un Griffin appeso in salotto, magari raffigurante il professor Lumacorno mezzo ubriaco.” Commenta scherzoso.
“Certo alimenterebbe il suo ego sapere di avere una posizione così di rilievo in casa Creswell.” Sto al suo gioco.
“Sicuramente, peccato che la mia ragazza non me lo permetterebbe mai.” Scherza di nuovo.
E da lì inizia a raccontarmi della ragazza con cui vive, di come si sono conosciuti e dei loro progetti.
La conversazione prosegue tranquillamente, interrotta solo un istante dal ritorno di Wells e dalle rispettive presentazioni, e per un po’ riesco a non pensare a nient’altro.
Ma quando le voci vicino a me iniziano a diminuire, il mio sguardo si posa inevitabilmente su Lexa, che ora è nell’angolo opposto della stanza, mentre ascolta con aria indifferente una conversazione tra Anya e Lincoln, abbracciato ad Octavia.
Sono quasi tentata di raggiungerli e vedere la sua reazione, ma mi fermo.
Se si sta comportando così un motivo c’è e dovrò rispettarlo. Inoltre una minuscola parte di me non riesce a nascondere che questa sua aria fredda e distaccata, sicura di sé come se possedesse ogni piastrella su cui si posano i suoi tacchi sottili, abbia un certo effetto su di me, o su precise parti del mio corpo.
Come richiamata dal mio sguardo alza gli occhi e i nostri sguardi si incrociano.
Il suo rimane freddo, e questo mi porta automaticamente ad abbassare il mio, scuotendo leggermente la testa.
Torno a rivolgermi verso i ragazzi qui vicino, ma non riesco più a concentrarmi bene sulla conversazione.
Sarà anche che inizio a sentire una certa leggerezza, forse dettata dai due calici di vino elfico e dal Punch che ho appena finito di sorseggiare.
Improvvisamente uno spostamento d’aria dietro di me, mi fa voltare.
Ovviamente è Lexa, in tutto il suo splendore di questa sera.
“Scusate, dovrei riempire…” lascia la frase in sospeso e fa ceno ai due bicchieri vuoti che ha in mano, e che non avevo minimamente notato.
Osservo le sue mani, con le sue lunghe dita, che si muovono decise mentre riempiono i due bicchieri di Punch, senza farne cadere nemmeno una goccia.
Si gira dando le spalle agli altri e per un secondo siamo solo io e lei in questa stanza.
Perché mi sta guardando come ho sperato mi guardasse per tutta la sera.
E i suoi occhi si riempiono di dispiacere prima di dirmi solo due parole, sussurrate in modo che solo io riesca a sentirle.
“Devo parlarti.”
Annuisco appena, impercettibilmente, ma so che lei ha capito, visto il brevissimo sospiro di sollievo che emette.
Come se niente fosse successo torna dai suoi amici, lasciandomi con un barlume di speranza, ma anche con un po’ di preoccupazione.
I nostri sguardi si incontrano nuovamente dai due lati della stanza, e questa volta noto l’angolo della sua bocca sollevarsi appena, e gli occhi assumere un briciolo di calore che ha l’effetto di scaldarmi il cuore.
Nessuno che non abbia passato un bel po’ di tempo in compagnia di Lexa Woods se ne sarebbe accorto, e in qualche modo mi sento privilegiata nell’essere in quella cerchia ristretta di persona che ha la possibilità di conoscerla.
Quindi torno alla festa, mentre conto i minuti che mi separano dalla stanza delle Necessità.
 
 
*.*.*.*
 

[Lexa]

Cammino rapida per i corridoi ormai deserti della scuola. È tardi, molto tardi, come ogni volta dopo una festa di Lumacorno.
Il ticchettio dei tacchi contro il pavimento in pietra offre un sottofondo diverso rispetto al rumore delle mie solite scarpe.
Salgo velocemente una rampa di scale, incurante dei piedi che iniziano a farmi male. Sono stata abituata fin da bambina ad indossare scarpe scomode, ma da lì ad attraversare tutta Hogwarts di strada ne passa…
Tuttavia non accenno a rallentare il mio cammino.
Solo quando l’arazzo di Barnaba il Babbeo compare alla mia vista, informandomi di essere finalmente giunta al settimo piano, mi concedo una pausa per riprendere fiato.
Chissà se Clarke è già arrivata… era ancora nell’ufficio di Lumacorno quando sono uscita, ma ho allungato il mio tragitto per venire qui, arrivando fin quasi al primo piano prima di prendere una scorciatoia che mi ha riportata al quinto.
Prendo un bel respiro ed entro nella stanza che è appena apparsa davanti a me.
Faccio appena in tempo ad allontanarmi dalla porta e dare un’occhiata nella stanza prima che la stessa porta si riapra, per concedere l’ingresso a Clarke, in una situazione fisica molto simile alla mia. Gote leggermente arrossate, capelli appena fuori posto e respiro corto.
Merlino mi aiuti.
Ora come faccio a dirle che l’ho evitata tutta la sera perché non sarei riuscita a starle vicina mantenendo una dignità e un decoro degne di una serata del genere?
Come posso dirle che se mi fossi avvicinata, se avessi sentito il suo profumo o la sua risata, sicuramente tutti i presenti si sarebbero accorti di quanto batta il mio cuore?
Non pensavo mi sarei mai ridotta così.
Clarke alza gli occhi su di me e io non riesco a trattenere un sorriso alla sua vista.
Ma lei sbuffa e aggirandomi si dirige velocemente sul divano.
La osservo immobile e appena si siede si lascia andare ad un gemito e velocemente si sfila i tacchi, lanciandoli poco lontano da lei.
Appoggia la schiena al divano e chiude gli occhi.
Rimango incantata ad osservarla per diversi minuti, finchè lei apre un occhio e parla con una punta di sarcasmo.
“Puoi anche avvicinarti sai, non mordo, ormai dovresti saperlo.”
Effettivamente sono rimasta in piedi nello stesso punto da quando sono entrata nella stanza, e mi rendo conto solo ora che in tutta la sera le ho detto solo due parole, neanche troppo rassicuranti.
Credo sia il momento di recuperare, in fondo.
Quindi mi avvicino, mi accomodo elegantemente accanto a lei e tiro fuori la bacchetta.
Penso all’incantesimo di evocazione nella mia testa e muovo rapidamente la bacchetta.
Immediatamente compaiono una bottiglia e due calici dall’aria raffinata.
Clarke, che ha osservato attentamente tutta la scena, ora sposta lo sguardo su di me limitandosi ad inarcare un sopracciaglio.
“Mi permetta di offrirle da bere, signorina Griffin.” Dico accennando un sorriso mentre riempio i calici.
“E questa da dove viene?” mi chiede curiosa mentre ne afferra uno.
Prendo il mio e lo faccio delicatamente scontrare con il suo prima di risponderle.
“Dalla riserva di Lumacorno, probabilmente. L’ho fatto evanescere dal bancone dei drink prima di venire qui, così avrei potuto offrirti qualcosa e farmi perdonare per il mio comportamento di stasera.” Dico rapidamente.
Clarke mi guarda indecisa su cosa dire, poi sorseggia leggermente il liquido ambrato.
“E così sei una ladra, Woods, questo non lo sapevo.” Commenta infine.
Io scrollo e spalle.
“L’ho solo presa in prestito, domani la rimetterò al suo posto in qualche modo.”
Prende un altro sorso.
“E così pensi di farti perdonare facendomi ubriacare, una mossa un po’ meschina, non trovi?” chiede, ma sta sorridendo, quindi sto al gioco anche io.
“Se funziona, non lo rimpiango.”
“Allora ti farò sapere.”
Le sorrido e bevo anche io un sorso di Idromele.
“Scherzi a parte – riprende lei dopo poco – è successo qualcosa? Sapevo che non saremmo state insieme alla festa, ma non pensavo che…”
“Ti avrei ignorata fino a questo punto, lo so.” Concludo la sua frase lasciata in sospeso.
Prendo un bel respiro. Sapevo che c’era rimasta male, anche se non voleva darlo a vedere, per questo quando l’ho vista abbassare lo sguardo cercando di rimanere impassibile sono andata a “parlarle”.
“In effetti è successo qualcosa, prima di venire alla festa, ma quello non c’entra, cioè, ha a che fare con i Mangiamorte e te ne parlerò tra poco, ma non è il motivo principale per cui mi sono comportata così.”
Parlo abbassando lo sguardo.
Devo cercare le parole migliori per non apparire una completa idiota.
Sento un suo dito accarezzarmi il viso.
“Allora perché?” sussurra dolcemente.
La guardo e ogni buon senso scompare dal mio cervello.
“Merlino Clarke, ma ti sei vista?” mi sfugge dalle labbra.
E lei è confusa, si guarda il vestito come se pensasse di avere qualcosa che non va.
Mi alzo in piedi agitata per mettermi davanti a lei.
“Sei… sei… - cerco le parole per esprimere quanto sia bella – Clarke Griffin, questo vestito ti sta benissimo. Sei bellissima. Come avrei potuto rivolgerti la parola? Se mi fossi avvicinata non so cosa avrei fatto, non potevo mandare all’aria tutto solo perché non riesco a controllarmi!” dico tutto d’un fiato.
Clarke mi guarda un istante in silenzio.
Poi improvvisamente getta la testa all’indietro e scoppia a ridere liberamente.
È come se tutti i miei muscoli si afflosciassero per la vergogna.
Quando si calma torna a guardarmi.
“Tu.. tu mi hai davvero evitata per tutta la sera per questo motivo? Lexa Woods, sei un completo disastro!”
Mi addita con un sorriso scherzoso.
“Lo so!” gemo io mettendo su quello che so bene essere un broncio infantile.
“E sentiamo un po’… - inizia alzandosi anche lei dal divano. – cosa avresti fatto se avessi perso il controllo?”
Tutta l’aria scherzosa del momento è scomparsa, e i suoi occhi sono carichi solo di malizia, e giurerei che abbiano assunto una sfumatura più scura.
Deglutisco mentre faccio un passo all’indietro.
Ho ancora su i tacchi, mentre lei li ha tolti, il che, in teoria, dovrebbe offrirmi un lieve vantaggio, ma in questo momento mi sento totalmente in balia dei suoi movimenti e posso solo continuare ad arretrare, mentre lei si muove lentamente e con fare predatorio verso di me.
Merlino aiutami, ti prego.
Con un tonfo non troppo delicato la mia schiena collide con la libreria e finalmente sono in trappola.
I miei occhi scivolano sulle sue labbra, dove è ancora presente un sorriso canzonatorio.
Vorrei proprio cancellarglielo dalla faccia, perché comunque rimango una Woods, e a noi non piace essere presi troppo in giro.
Così con un cambio di atteggiamento che la lascia sorpresa, le afferro non troppo delicatamente i fianchi e inverto le nostre posizioni, finchè non è lei quella con le spalle contro gli scaffali.
“Capisco.” Sussurra ancora sorridente.
Le afferro le mani in modo deciso e le porto le braccia sopra la testa, tenendole ferme solo con una mano, mentre l’altra corre sul suo collo.
Noto con piacere che il sorriso è scomparso dalle sue labbra, che ora sono leggermente aperte per la piega che ha preso la situazione.
Mi lascio andare ad un ghigno soddisfatto e unisco le nostre labbra.
Non è un bacio casto, questo. Per niente.
Lascio andare tutta la frustrazione della serata e degli ultimi giorni passati senza vederla, lascio andare tutto il desiderio alimentato dal dover far finta di nulla nei corridoi, nelle classi, nella sala Grande.
Mi stringo a lei facendo aderire i nostri corpi, e ora sì che sfrutto il vantaggio della mia altezza, sovrastandola e impedendole di muoversi.
Ricambia il bacio con la mia stessa fame, e lotta per liberare la mia presa sulle sue mani, ma questa volta non cedo.
Le lascio un leggero morso di avvertimento al labbro inferiore prima di tornare ad esplorare la sua bocca con determinazione.
La mia mano si sposta dal collo, scendendo sulla spalla e sfiorandole delicatamente il lato del seno.
Si lascia sfuggire un gemito, e cerca di spostare il busto per approfondire il contatto.
Sorrido perché la mia mano è già più in basso, scesa a stringerle con decisione il fianco e lei si lascia sfuggire un sospiro di frustrazione.
Riesce a liberare le braccia, o forse sono io che le lascio per far fare lo stesso percorso all’altra mano.
Subito affonda una mano fra i miei capelli, mentre l’altra scende nella parte bassa della mia schiena per stringermi ancora di più a lei.
Non le lascio molta iniziativa perché mi stacco dalla sua bocca per scendere sul suo collo.
Un altro gemito lascia le sue labbra e io rischio davvero di perdere l’ultimo barlume di controllo che mi è rimasto.
Le lascio una scia di baci mentre lascio che le mani salgano leggermente dove più le desidera.
Inizio ad alternare piccoli morsi mentre mi ritrovo a detestare il suo vestito che prima ho tanto ammirato. In questo momento vorrei che scomparisse.
E sembra che lei sia giunta alla mia stessa conclusione perché un secondo dopo la sento armeggiare con la cerniera sulla mia schiena, e questo ha il potere di farmi rinsavire.
Dolcemente e delicatamente mi allontano da lei, lasciandole però un dolce bacio sulla fronte prima di separarmi del tutto.
Apre gli occhi e le sorrido.
Deglutisce più volte e io mi soffermo sulle sue labbra leggermente gonfie e gli occhi più lucidi del solito.
“Ok – ammette poco dopo – forse hai fatto bene a ignorarmi, avremmo dato un po’ troppo spettacolo e non sono sicura che Lumacorno avrebbe apprezzato.”
Mi lascio andare a una lieve risata, mentre le sposto una ciocca di capelli dietro le orecchie.
“Hai capito, adesso? È stato un grande sforzo per me resistere.” Le dico con un sorriso, anche se non sto scherzando più di tanto.
Annuisce e prende un bel respiro, come per riprendere un po’ il controllo.
Faccio un passo indietro per lasciarle più aria e torno sul divano, dove mi raggiunge un attimo dopo.
“Sono piacevolmente stupita, Woods. - Commenta intrecciando le nostre dita. – sono curiosa di scoprire cos’altro hai in serbo per me.”
Io arrossisco immediatamente e la mia reazione sembra divertirla molto, perché scoppia a ridere di nuovo.
“Forse conviene cambiare argomento. – dice poi – cos’è successo che ha a che fare con i Mangiamorte?”
È incredibile come si passi dall’essere due normali ragazze ad una festa, a discorsi sulla guerra e su Voldemort.
Sospiro e le racconto tutto quello che è successo alla riunione.
Clarke è meravigliosa perché mi fa parlare senza interrompermi, e solo quando arrivo alla mia proposta dei Dissennatori, interviene per venirmi in aiuto.
“Ehi, Lexa, tranquilla. Dobbiamo parlarne con Silente, ma io personalmente mi sento più tranquilla al pensiero di avere a che fare con dei Dissennatori che con i Giganti.” Mi stringe più forte le mani.
Beata te, vorrei dirle. Se solo sapesse…
“Devo andare da Silente… cercare di capire cosa è meglio fare e metterci d’accordo su cosa rivelare ai Mangiamorte dei piani per difendere gli studenti.”
Lei annuisce.
“Andremo insieme domani, mattina, sei d’accordo?” chiede dolcemente.
Annuisco semplicemente, mentre vorrei ringraziarla perché saperla al mio fianco mi conforta in modo inimmaginabile.
Senza che ci sia bisogno di parlare ci sdraiamo sul divano, io mi slaccio i tacchi e li lancio via.
Ci stendiamo di lato, guardandoci in faccia e non posso fare a meno di sorridere.
Improvvisamente tutta la stanchezza della giornata mi cala addosso e inizio a faticare a tenere gli occhi aperti.
E maledico il mio corpo perché non vorrei perdere neanche un secondo della prima notte che trascorro con Clarke.
A lei sfugge un sorriso e si sporge per lasciarmi un delicato bacio a fior di labbra, per poi tornare al suo posto, incastrata tra il mio corpo e lo schienale, le gambe intrecciate.
Sto per lasciarmi andare al sonno quando sento un suo sussurro.
“Non sei sola, Lexa”
E io, forse per la prima volta dalla morte di mia madre, ci credo.



NOTE
Siete sopravvissute a questo capitolo infinito?
Spero proprio di sì!
Beh questa volta il ritardo non è stato esagerato, vero? (vane speranze per me)
Comunque.. il capitolo è veramente lungo e spero che non sia un problema, ma non me la sentivo di chiuderlo a metà...
Spero vi sia piaciuto!
Giunti a questo punto della storia vorrei fare una domanda; c'è qualche aspetto che volete vedere approfondito? Qualcosa che non è affrontato bene?
Perchè dall'interno faccio un po' di fatica e a volte credo di essere molto ripetitiva, mentre altre ho paura di dare troppe cose per scontate...
Mi farebbe estremo piacere sentire il vostro parere, se volete!
Colgo l'occasione per ringraziare tutte le splendide persone che recensiscono e tutti i lettori!
Mi scuso anche per gli errori ma se non lo avessi postato oggi sarebbe passato del tempo...
Grazir grazie grazie come al solito, e a presto!
Ilaria 
  
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