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Autore: Gnakkito    10/06/2017    0 recensioni
Un suono sordo riecheggiava per quel corridoio buio; uno di quei suoni che senti quando non chiudi bene il lavandino, che continua a scandire i secondi a suon di gocce d'acqua.
Questa volta però non si trattava di un lavandino... Né di acqua. Bensì di alcune gocce di candeggina che cadevano dal contenitore inclinato verso il basso, ormai vuoto del suo contenuto, formando una delle tante pozze create quella sera sul pavimento di marmo.
Finalmente il piccolo Sebastian poteva avere la sua vendetta, quella vendetta che per troppo tempo aveva aspettato e che ora bramava sempre più, man mano che le gocce scandivano il tempo.
Genere: Horror, Satirico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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Un suono sordo riecheggiava per quel corridoio buio; uno di quei suoni che senti quando non chiudi bene il lavandino, che continua a scandire i secondi a suon di gocce d'acqua.
Questa volta però non si trattava di un lavandino... Né di acqua. Bensì di alcune gocce di candeggina che cadevano dal contenitore inclinato verso il basso, ormai vuoto del suo contenuto, formando una delle tante pozze create quella sera sul pavimento di marmo.
Finalmente il piccolo Sebastian poteva avere la sua vendetta, quella vendetta che per troppo tempo aveva aspettato e che ora bramava sempre più, man mano che le gocce scandivano il tempo.
Notò come le cicatrici e i lividi procurati dai suoi carnefici lo facevano apparire indifeso, nel riflesso di quel liquido mortale in cui si stava specchiando.
Come se, quella notte, la vittima sarebbe stato lui...
"Sei un pericolo pubblico..." era questa una delle frasi che si sentiva dire più spesso, e ogni volta che la sentiva non poteva fare a meno che sorridere come un pazzo. Dopotutto non gli dava torno, non lo aveva mai fatto e mai lo farà.
Una risata; graffiata, isterica... Di quelle che se le senti a notte fonda o in pieno giorno ti faranno venire la stessa reazione: ti farà gelare il sangue.
Era pronto a compiere l'atto che avrebbero posto la parola FINE alla storia di quel manicomio. Sapeva che nessuno si sarebbe preoccupato di ricostruire un edificio del genere.

Il fatto che avesse scelto proprio quella notte non era un caso. Ma prima di dare il via alle scintille doveva fare una cosa... Una cosa che, se non l'avesse fatta, se ne sarebbe pentito per tutto il resto della vita.
Si mise a camminare lungo il corridoio, diretto all'ufficio dove sapeva che avrebbe trovato lui... Il primario. Quello che avrebbe dovuto tenere a bada gli altri medici ma che invece istigava a far del male a tutti li dentro. Sapeva già come gliela avrebbe fatta pagare... Gli avrebbe fatto capire come ci si sente ad essere dall'altra parte dei ferri..
Come già detto quella notte non era un caso; infatti, per sfortuna o fortuna, erano praticamente tutti a casa per via di alcuni errori con gli orari. Quando si parla di destino, ecco che si presentano occasioni del genere.

Arrivato davanti alla porta si fermò e guardò le pillole che aveva in mano, le stesse che davano a quelli più "problematici" per farli diventare... Innocui, diciamo.
Entrò senza bussare, non lo riteneva necessario, e fece uno dei sorrisi più raccapriccianti che potesse fare nel vedere che il medico era sbiancato alla sua vista. Sapeva anche lui cosa stava per accadere probabilmente, ma non del tutto. Dopotutto, non lo puoi prevedere uno come Sebastian.
Si avvicinò a lui e questa volta diede il compito ai suoi passi di scandire il tempo.
Gli afferrò con forza le guance facendolo alzare dalla sedia urtando la scrivania con le gambe e facendo cadere alcuni oggetti da essa. Lo guardò negli occhi e notò che non faceva resistenza, che sia perché lo sminuiva o perché capiva di meritarselo non gli era dato saperlo, ma di sicuro questa cosa lo fece innervosire.

 

“Cosa cazzo credi di fare Sebastian?! Lo sai che sono intoccabile, nessuno mi dirà mai che ho sbagliato a trattare come animali proprio voi che siete dei rifiuti di società”
Si fermò nel parlare non appena sentì la mano del più giovane infilarsi nella propria bocca, fin dove fosse umanamente concesso, per costringerlo a prendere quelle pillole.

Quando poi lo fece ricadere sulla poltrona non poté che stringersi la gola alla sensazione che danno ogni volta le medicine quando non le mandi giù con l'acqua, tossendo.
" cough... e così vuoi farmi sentire cosa si prova a perdere la capacità di giudizio ? Sappi che ho chiamato la polizia non appena ti ho visto entrare. Se per me ci vorrà qualche giorno per tornare alla normalità per feccia come te ci vorranno anni, anche se normale non sarai mai." lo guardava male mentre pronunciava quella parole che non toccarono minimamente Sebastian e che, anzi, si mise a ridere nel sentirle.

 

"Ah! La polizia arriverà subito dopo l'operazione dottore, non si preoccupi..." e, dicendo quelle parole, si avvicinò a lui mentre tirava fuori da dietro la schiena un martello e uno scalpello chirurgico, di quelli che si usavano un tempo sui pazzi e che li in alcuni casi era ancora permessa come pratica, in troppi casi.
Il dottore ormai stava perdendo la capacità umana di difendersi, e a Sebastian quasi dispiaceva questa cosa; non trovava divertente la caccia se la preda era già in trappola. Ma purtroppo non poteva fare altrimenti, non avrebbe avuto abbastanza forza per contrastarlo.
L'unica cosa che lo consolava erano le parole di supplica che gli venivano rivolte; la lingua la riusciva ancora ad usare a quanto pare. Alzò lo scalpello in aria guardandolo con gli occhi sgranati e le pupille che si restringevano, mentre la sua risata da pazzo iniziava a farsi sentire per i corridoi. E, senza più esitare e senza badare alle supplice di quell'individuo, gli infilò lo scalpello nell'occhio e iniziò a piantarglielo nel cranio finché non sentì l'osso della nuca fare forza e le urla cessare.
Decise di lasciarlo li così, non meritava nemmeno che gli sistemasse il nodo della cravatta; poi se ne andò, la notte non era ancora finita.
" ...ora manca solo una cosa da fare... la mia parte preferita ". Mormorava fra sé e sé mentre andava verso l'uscita di servizio e mentre si puliva le mani imbrattate di sangue sui vestiti, portandole poi ai capelli lunghi color luna che si erano leggermente aggrovigliati.

Quasi gli dispiaceva dover distruggere così il posto che lo aveva ospitato per tutti quegli anni; insomma, non aveva nemmeno un pubblico che potesse ammirare il suo capolavoro.

Si era ormai allontanato di una decina di metri da quell'uscita - che aveva lasciato di proposito aperta – e ora si ritrovava sull'erba del prato a guardare quell'edificio imponente che fra poco non lo sarebbe stato più. Cercava di non ridere a quel pensiero, almeno per il suo momento di estasi voleva rimanere un minimo serio, per le risate ci sarebbe stato tempo dopo.

Prese l'accendino dalla tasca, uno di quelli vecchio stile che rimangono accesi a meno che tu non chiuda lo sportelletto, e dopo qualche tentativo riuscì ad accendersi la sigaretta che dopo quel lavoro sapeva di meritarsi.

Diede qualche tiro aspirando il fumo e buttandolo fuori mentre osservava i disegni che creava nell'aria in quella notte di autunno. C'era poco da rilassarsi però, dopotutto stava per arrivare la polizia e lui ancora non aveva finito.

Tenne la sigaretta fra le labbra mentre allargava le braccia come se stesse per tenere un discorso davanti a qualcuno “Signori e signore, ecco a voi uno dei miei lavori più grandi e riusciti! Uno di quelli che rimarrà impresso nelle vostre menti per anni!” fece una pausa prendendo la sigaretta tra le dita e accendendo con la mano libera l'accendino, prima di proseguire “ Regia! Dia inizio allo spettacolo! Fuoco!” e detto ciò lanciò il piccolo combustibile dentro all'edificio, che fece prendere rapidamente fuoco alle pozze di candeggina all'interno.

Sprangò la porta per evitare che qualcuno potesse salvarsi.

Un gesto crudele magari, ma meglio diventare cenere piuttosto che essere la cavia vegetale di qualcuno, quindi decise anche per gli altri come molti avevano fatto prima di lui. Non si sarebbe sentito in colpa per questo, non solo i medici gli avevano reso la vita un inferno.

Si allontanò da quel posto ormai in fiamme. Ora era su una collina lontano da tutto e tutti ad ammirare il suo operato dall'alto. Si sentiva potente, e chi poteva biasimarlo. Anche da li poteva sentire le urla di dolore e disperazione delle persone – o “cose” come le definiva lui – all'interno che facevano apparire il tutto come una dannazione all'inferno e la cosa lo rendeva felice, si sentiva libero e sollevato.

Spense la sigaretta contro la suola della scarpa mentre sentiva le sirene della polizia e pompieri avvicinarsi e se ne andò definitivamente, ormai lo spettacolo era finito.

 

Quella sera, in una via della città, non c'era nessun suono o anima viva per le strade. Solo un ragazzino che, incappucciato e con le mani nelle tasche della felpa, sorrideva con malizia mentre tornava a casa. 

   
 
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