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Autore: _ A r i a    10/06/2017    4 recensioni
{ BokuAka | future!fic | 2676 parole | Questa storia partecipa all'iniziativa "Caffè o Tè?" a cura di Fanwriter.it! }
L’aroma di menta gli riempì ora anche la bocca, dopo aver invaso già da un bel pezzo i polmoni: come ogni altra volta, non riuscì a non trovarlo delizioso. Bokuto diceva sempre che quella bevanda lo rispecchiava perfettamente: il sapore deciso e fresco della menta, immerso nel gusto ben più caldo e rassicurante del tè; quel tocco deciso finiva sempre per prevalere sulla dolcezza, stemperando il tutto in una calma apparente, che sottintendeva tuttavia una miriade di emozioni che, sfortunatamente, per il più delle volte restavano celate agli occhi degli altri. Bokuto era l’unico in grado di tirare fuori il meglio di Akaashi, e di questo Keiji non gliene sarebbe mai stato grato abbastanza, lo sapeva già.
Poi, ogni volta, Akaashi ne approfittava per ribattere che, se quel tè lo descriveva alla perfezione, lo stesso si poteva dire di Bokuto e del suo caffè: forte, deciso, nonché un concentrato di energia allo stato puro. Non avrebbe potuto trovare parole migliori per poter descrivere quel ragazzo, sul serio.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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★ Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Caffè o Tè?” a cura di Fanwriter.it! 
★ Numero Parole:  2767
★ Prompt/Traccia: #34. A ha avuto una pessima giornata e B prepara a entrambi/e la rispettiva bevanda preferita per aiutare un po'.

T
he hardest part



La porta si chiuse alle sue spalle con un colpo secco.
Akaashi sospirò, mestamente. Non avrebbe mai immaginato che trovare un lavoro per permettersi gli studi potesse essere così difficile.
D’altronde, quale figlio diligente lascerebbe ai propri genitori l’onere di sostenerlo economicamente anche dopo aver raggiunto la maggiore età?
Peccato che fosse praticamente impossibile trovare un impiego part-time per un giovane studente universitario, intento a destreggiarsi tra lezioni e sessioni universitarie. Con solo il diploma liceale e nessuna esperienza lavorativa da inserire in un eventuale curriculum, poi, la situazione si faceva sempre più dura.
All’inizio si era presentato a diversi colloqui, quasi senza nemmeno aver prima controllato che tipo di mansione fosse richiesta; vedersi ogni volta sbattere la porta in faccia per mancanza d’esperienza era stata una frustrazione sempre crescente, tuttavia Keiji non s’era perso d’animo, nascondendo quelle delusioni dietro ad un’espressione stanca.
S’era detto che anche quelle sarebbero dovute arrivare, prima o poi; non poteva certo pretendere di restare per sempre protetto all’interno della bolla sicura che la sua famiglia rappresentava, no?
«Sicuro che vada tutto bene?» gli aveva domandato una sera Bokuto, davanti ad una scodella di miso che Akaashi non aveva praticamente toccato. Koutaro aveva valutato che, in effetti, quella era proprio una strana situazione: a sua memoria, non aveva mai visto Keiji lasciare del cibo.
Akaashi aveva annuito appena, senza troppa convinzione.
«Vedrai che presto si risolverà tutto» lo aveva rincuorato, sforzandosi di tirare fuori il miglior sorriso incoraggiante che gli fosse riuscito in quel momento.
Solo che le cose non erano migliorate.
Akaashi aveva trovato un lavoro, come cameriere in un bar non particolarmente frequentato, in una zona un po’ defilata di Tokyo. Non era un locale alla moda, né un pub per giovani universitari, quanto una vecchia attività aperta ormai da anni per inerzia dove si recavano solo clienti abituali. Servire ai tavoli non era, pertanto, la parte principale dell’impiego, bensì ciò che occupava la maggior parte del suo tempo era tenere a lucido quel luogo pressoché abbandonato.
Tutto ciò per tremila miseri yen al mese; Akaashi, tuttavia, era deciso a non chiedere un aumento del salario, pur di non rischiare l’unico posto di lavoro che fosse riuscito a trovare, inoltre per le mansioni di cui si occupava forse non era neanche un salario poi così incongruo.
Quella era stata una giornata particolarmente dura: per evitare di colpire un cliente alla testa con il vassoio ricolmo di caffè bollenti che stava tenendo in mano, Keiji era stato costretto ad assumere delle posizioni non particolarmente comode, il braccio sollevato fin troppo verso l’alto aveva finito per perdere stabilità a causa del peso che era stato costretto a sostenere e, nel giro di pochi secondi, ben sei tazzine di caffè erano cadute, infrangendosi istantaneamente al suolo.
Per quell’inconveniente, Akaashi s’era beccato una bella ramanzina da parte del suo – non troppo simpatico – capo, che aveva minacciato di togliergli il lavoro al prossimo errore che avrebbe commesso. Era stato difficile non rispondere a tono, tuttavia forse in quel modo avrebbe perso nell’immediato l’ultima possibilità di avere un lavoro che ancora gli rimaneva, inoltre in quel momento gli era venuto in mente il sorriso incoraggiante di Bokuto, al che si era detto che forse sì, evitare di ribattere gli avrebbe fatto comodo.
Era consapevole del fatto che quella mansione fosse piuttosto squallida, però il pensiero che ci fosse sempre l’altro ragazzo ad attenderlo, una volta arrivato a casa, l’aveva convinto che forse non tutto era perduto.
Akaashi sospirò mestamente, gli occhi che saettavano nel buio dell’ingresso. Non avrebbe neanche saputo spiegare come fosse iniziata tra di loro. Forse non era mai iniziato niente, come se il loro rapporto non avesse né inizi né fini: semplicemente, s’erano incontrati, e avevano saputo di essere destinati a incrociarsi da tutta la vita.
Erano stati compagni, amici e poi, forse, amanti: Akaashi metteva ancora le mani avanti, tuttavia non avrebbe potuto spiegare in altro modo i baci che si scambiavano.
Ce l’aveva con se stesso perché avrebbe voluto essere una persona migliore, per Bokuto, in grado di dargli qualsiasi cosa desiderasse, invece riuscivano a stento a tirare a fine mese e, ogni volta, Koutaro era costretto a chiedere dei prestiti ai suoi genitori, in modo da riuscire a pagare l’affitto del minuscolo appartamento in cui abitavano. Bokuto lo rincuorava ogni volta, assicurandogli che per lui non era un problema chiedere dei soldi ai suoi genitori e che questi erano sempre ben lieti di poterglieli fornire, tuttavia Akaashi si rendeva conto che, se avessero continuato ad andare avanti così, non avrebbero mai raggiunto l’indipendenza che tanto dicevano di desiderare.
Keiji scosse sconsolato il capo per un’ultima volta, dopodiché si avviò mestamente lungo il corridoio. A causa dei dissapori di quel pomeriggio, il suo capo lo aveva costretto a svolgere degli straordinari sfiancanti, tant’è che era riuscito a fare ritorno a casa solo ormai a notte inoltrata. Con ogni probabilità, ormai, a quell’ora Bokuto doveva essersi addormentato già da un bel po’, per cui non avrebbe dovuto far altro che limitarsi a raggiungerlo, infilandosi sotto le coperte senza fare il minimo rumore e il gioco sarebbe stato fatto.
Prima che riuscisse tuttavia a mettere in pratica anche solo la metà dei suoi piani, un odore singolare lo attrasse.
Avrebbe riconosciuto quel profumo tra milioni, visto che, seppur controvoglia, aveva dovuto essere a contatto con quest’ultimo fino a pochi minuti prima.
Caffè.
Akaashi voltò la testa di scatto, accorgendosi solo in quel momento della luce soffusa che proveniva dalla cucina.
«Akaashi» lo salutò Bokuto, comparendo sulla soglia della loro microscopica cucina con il suo solito sorriso gioviale stampato in volto; in una mano teneva stretta l’impugnatura di una tazza di porcellana, evidentemente colma di caffè fumante.
Keiji non era mai stato un grande appassionato di caffè, a dirla tutta. Aveva sempre preferito di gran lunga un buon tè caldo, trovandolo un pacifico rimedio per rimettersi in sesto dopo una giornata storta. In effetti non aveva mai particolarmente apprezzato la passione del suo ragazzo per quella bevanda, trovando anzi che gli effetti che aveva su di lui fossero fin troppo esasperanti: Bokuto era già di per sé un ragazzo estremamente allegro ed energico, se tuttavia ci si mettevano di mezzo anche gli effetti della caffeina allora si poteva dire di avere a che fare con un vero e proprio vulcano.
D’altro canto, Akaashi era sempre stato abituato fin da piccolo a consumare piccole dosi di tè, seguendo soprattutto una tradizione che veniva portata avanti da generazioni nella sua famiglia. L’aveva sempre trovata un’usanza raffinata – forse un po’ antiquata, certo, tuttavia riusciva pur sempre a mantenere intatto il suo fascino – perciò gli era stato difficile abbandonarla anche una volta cresciuto. I primi tempi Bokuto l’aveva schernito un po’ – “non dirmi che bevi quella roba” – tuttavia l’amore che nutriva per quel ragazzo avevano ben presto permesso a Koutaro di assecondare quella faccenda senza troppe complicazioni.
In fondo, se quelli erano i gusti della persona che amava, non vedeva perché avrebbe dovuto remargli contro.
Lo amava comunque, indipendentemente da che cosa amasse bere.
«Bokuto» Keiji lo osservò attentamente, accigliato «non pensavo che ti avrei trovato ancora sveglio, a quest’ora.»
«Non l’avrei detto neppure io, in un’altra situazione» ammise Koutaro, inarcando entrambe le sopracciglia nel mimare un’espressione impensierita «solo che non ti ho sentito tornare, così cominciavo ad essere preoccupato.»
Akaashi scrollò le spalle, come a volersi togliere di dosso un peso più opprimente del dovuto.
«Beh, mi dispiace di averti fatto preoccupare» commentò poco dopo, stancamente «ho avuto dei problemi al lavoro e sono stato costretto a sobbarcarmi degli straordinari in più. Avrei dovuto avvertirti, lo so, solo che non ne ho avuto il tempo materiale…»
Con ciò, Keiji fece per rimettersi in cammino lungo il corridoio, probabilmente diretto verso la loro camera da letto; Bokuto, tuttavia, gli afferrò prontamente il braccio, costringendolo a voltarsi e a guardarlo negli occhi.
«Akaashi, aspetta!» lo richiamò infatti, nella sua voce la solita allegria era mista ad una nota di preoccupazione. «Ho preparato il tuo tè preferito, quello alla menta.»
Akaashi lo fissò intensamente, senza riuscire a comprendere le sue parole. Bokuto aveva ragione, il tè alla menta era assolutamente il suo preferito; tuttavia, non riusciva a vedere il nesso tra la bevanda e la sua situazione. Era stanchissimo, l’unica cosa che desiderava in quel momento era rifugiarsi tra le lenzuola fresche e accoglienti del suo letto.
Bokuto, notando la confusione sul volto dell’amico, colse l’occasione al volo per esporgli i suoi piani.
«Ho preparato il tuo tè preferito» spiegò infatti, decidendolo di ripetere data la confusione che campeggiava ancora sul volto dell’altro «e anche il caffè con la miscela arabica, quello che piace a me. Visto che eri in ritardo ho immaginato che dovessi aver avuto una giornata più dura del solito, così mi sono detto: “perché non preparo le nostre bevande preferite e poi ci sediamo a un tavolo a raccontarci cos’è successo?”»
Akaashi si lasciò sfuggire un lieve sorriso. Il malcelato entusiasmo di Bokuto finiva sempre per travolgerlo, in un modo o nell’altro.
«Dai, vieni!» esclamò Koutaro, rituffandosi in cucina. A Keiji non rimase altra scelta che seguirlo, a passi lenti e incerti.
C’era una panca per sedersi, appoggiata al muro. Era stata infilata nell’unica nicchia di spazio disponibile: tra la soglia della porta e la stanza successiva, il soggiorno, avanzava ancora qualche metro, così – visti le dimensioni ristrette a loro disposizione – avevano pensato di ottimizzare lo spazio incastrando lì una panca ad angolo e un piccolo tavolo. Sopra lo schienale correva una vetrata, ora colpita impietosamente da quelle gocce di pioggia sottili che avevano cominciato a cadere da qualche minuto a quella parte, che offriva una visuale piuttosto generosa sulle mille luci della notte di Tokyo.
Sul tavolo faceva bella mostra di sé una tazza di tè fumante: Akaashi riusciva quasi già a percepire il profumo di menta dai vapori caldi che superavano le pareti di candida ceramica e salivano in alto, verso il soffitto.
Appena si fu accomodato, le sue mani circondarono in automatico la tazza. In un primo momento ebbe il timore di ustionarsi a causa del calore sprigionato dal materiale, ben presto tuttavia la sua pelle finì per abituarsi a quest’ultimo.
I suoi occhi s’immersero nel liquido ambrato, quasi come se vi volessero annegare; la verità era che, d’un tratto, ricambiare lo sguardo di Bokuto gli sembrava così immensamente doloroso. Temeva che, quando gli avrebbe raccontato tutto quello che era successo, lo avrebbe deluso immensamente: sì, forse non lo avrebbe dato a vedere, dopotutto era sempre stato così bravo a mascherare i suoi veri sentimenti dietro a quel sorriso perennemente allegro; d’altra parte, tuttavia, Akaashi sapeva ormai di essere la persona che meglio lo conosceva al mondo, per cui era in grado di notare ogni minima emozione che lo pervadeva. Si sarebbe accorto senza il minimo sforzo se quel volto allegro non fosse stato in realtà nient’altro che una maschera per nascondere rabbia, delusione o, peggio ancora, dolore. L’unica cosa che si augurava era che quest’ultime non albergassero davvero l’animo della persona che aveva davanti, dopo che avrebbe finito di raccontargli ciò che aveva da dirgli.
«Allora» esordì Bokuto, sottraendolo ai suoi mille pensieri «cos’è questa storia che hai avuto dei problemi al lavoro?»
Akaashi sorrise lievemente, portandosi la tazza di tè alle labbra: la capacità di Bokuto di arrivare subito dritto al nocciolo della questione non avrebbe mai smesso di sorprenderlo.
L’aroma di menta gli riempì ora anche la bocca, dopo aver invaso già da un bel pezzo i polmoni: come ogni altra volta, non riuscì a non trovarlo delizioso. Bokuto diceva sempre che quella bevanda lo rispecchiava perfettamente: il sapore deciso e fresco della menta, immerso nel gusto ben più caldo e rassicurante del tè; quel tocco deciso finiva sempre per prevalere sulla dolcezza, stemperando il tutto in una calma apparente, che sottintendeva tuttavia una miriade di emozioni che, sfortunatamente, per il più delle volte restavano celate agli occhi degli altri. Bokuto era l’unico in grado di tirare fuori il meglio di Akaashi, e di questo Keiji non gliene sarebbe mai stato grato abbastanza, lo sapeva già.
Poi, ogni volta, Akaashi ne approfittava per ribattere che, se quel tè lo descriveva alla perfezione, lo stesso si poteva dire di Bokuto e del suo caffè: forte, deciso, nonché un concentrato di energia allo stato puro. Non avrebbe potuto trovare parole migliori per poter descrivere quel ragazzo, sul serio.
«Per sbaglio ho fatto cadere delle tazze di caffè a terra e, per punirmi, il proprietario del locale ha preteso che restassi fino a ben oltre l’orario di chiusura per ripulire tutto» spiegò Akaashi, soffiando delicatamente sopra il suo tè, la superficie che s’increspava in maniera leggera «ovviamente lo straordinario non è retribuito.»
Per poco Bokuto non rischiò di strozzarsi con il caffè.
«Ma è un despota!» protestò infatti poco dopo, indignato. «Akaashi, non puoi permettere ad una persona del genere di farti mettere i piedi in testa!»
«Tecnicamente gliel’ho già permesso, Bokuto» replicò Keiji, la sua solita calma che non si scompose in alcun modo «ma in fondo a me va bene anche così, pur di non perdere questo lavoro.»
«Beh, io invece se fossi in te preferirei di gran lunga perdere il posto di lavoro, piuttosto che continuare a farmi trattare così» commentò ancora Koutaro, inarcando un sopracciglio.
Akaashi sospirò pesantemente, mentre lasciava andare giù un altro sorso abbondante di tè. Possibile che proprio non ci arrivasse?
«Bokuto, non posso permettermi di perdere questo lavoro perché è l’unico che potrei mai trovare, ora come ora» poggiò di nuovo la tazza davanti a sé, lo sguardo serio fisso sul tavolo «non ho ancora una laurea, per cui non posso ambire a posti più alti. E poi avevamo detto che ci sarebbe piaciuto raggiungere una nostra indipendenza economica… seriamente, mi dispiace che ogni mese tu sia costretto a chiedere una mano a tua madre. Avremmo dovuto riuscire a cavarcela da soli…»
Bokuto afferrò d’istinto la mano di Akaashi, stringendola forte nella propria. Gli poggiò pollice e indice sotto il mento, costringendolo ad alzare il capo e a guardarlo dritto negli occhi, mentre gli rivolgeva il suo sorriso migliore.
«Akaashi» cominciò, nel tono più serio che Keiji gli avesse mai sentito utilizzare «io non ho fretta di riuscire a fare tutto in maniera autonoma. Certo, nell’entusiasmo del primo periodo in cui ci siamo trasferiti a vivere da soli potremmo averlo pensato, però credo che ormai ci saremo resi conto che, visto che siamo due adulti, dovremmo riuscire a capire che non possiamo affrontare certe situazioni così, nell’immediato. Ci vuole tempo, impegno e costanza da parte di tutti e due. Non ci corre dietro nessuno, per cui io direi che ce la potremmo anche prendere comoda, no? E poi io ti amo, quindi francamente non m’importa che tu abbia un lavoro o meno, l’unica cosa che conta è che tu stia bene.»
Akaashi lo fissò a lungo, intensamente. Percepiva la verità delle parole e non vi riusciva a trovare alcuna traccia di delusione nei suoi confronti. Ne era sinceramente stupito: certo, sapeva che probabilmente Bokuto l’amava più di quanto lui stesso non fosse mai riuscito a comprendere, tuttavia una situazione del genere avrebbe probabilmente avvilito anche il più irriducibile degli ottimisti.
Evidentemente, però, Bokuto non faceva parte di questi ultimi.
L’unica cosa a cui riusciva a pensare, in un momento come quello, era il bene di Akaashi. Detestava il pensiero che il ragazzo che amava dovesse passare la giornata intera a spaccarsi la schiena e a ricevere ingiustizie da parte di un datore di lavoro quantomeno tirannico, per cui se avesse potuto fare anche solo una piccola cosa pur di aiutarlo, Bokuto sarebbe stato disposto a lanciarsi in essa, senza alcun dubbio.
«Per cui adesso cosa dovrei fare, secondo te?» gli domandò Keiji, sempre più confuso.
«Se vuoi la mia più sincera opinione, io mi licenzierei all’istante» rispose Koutaro, senza esitazioni «però ti conosco fin troppo bene, Akaashi, per cui so che avrai bisogno di tempo per riflettere su quale sia la scelta giusta da prendere. Non è assolutamente mia intenzione forzarti a scegliere qualcosa di cui non ti senti sicuro, per cui pensaci bene e vedrai che, ben presto, anche tu avrai le idee molto chiare, in merito.»
Bokuto buttò giù l’ultimo sorso di caffè, e Akaashi si chiese distrattamente come avrebbe fatto a prendere sonno, dopo aver immesso nel corpo una tale quantità di sostanze eccitanti.
«Che dici, adesso possiamo andarcene a letto?» propose Koutaro, con l’inseparabile sorriso raggiante sul volto.
Akaashi sorrise livemente, di riflesso; era davvero difficile non lasciarsi contagiare dall’entusiasmo del suo ragazzo.
«Direi proprio di sì» concluse allora Keiji, cominciando ad alzarsi dalla panca. Bokuto si lasciò sfuggire una risata fragorosa, lui tuttavia vide di non farci troppo caso.
Aveva ancora un grosso peso sul cuore, tuttavia ora che si erano confrontati sentiva che arrivare ad una decisione sarebbe stato molto più facile.

Tra le lenzuola, mentre si addormentavano, entrambi cercarono istintivamente la mano dell’altro, stringendola fra le proprie dita mentre Morfeo li accoglieva tra le sue braccia.




Angolo autrice
Yay, sono tornata! **
Ehm, in realtà non so bene cosa dire, perché questa sarebbe la prima volta che partecipo ad un’iniziativa del genere, perciò… uhm, vediamo. Ho iniziato a scrivere – come forse qualcuno di voi saprà – sul fandom di Haikyuu!! da due o tre mesi circa, tuttavia devo dire che mi ha già presa da morire ♥ come se non bastasse, quando ho adocchiato questo contest di fanwriter.it nella home di Facebook mi sono detta che avrei dovuto assolutamente partecipare, se possibile con la mia nuova fissa, ovvero HQ!!. E bum, eccomi qui ~
Adoro la BokuAka, è senza dubbio una delle mie coppie preferite, per cui avere la possibilità di poter partecipare con quest’ultima è stato un piacere immenso, per me. Ho amato il prompt fin dal primo momento in cui l’ho visto, quindi è stato impossibile astenersi dal partecipare, per me.
Spero che i personaggi siano IC (come al solito, dato che mi sono avvicinata da poco a questo anime ho sempre il terrore di commettere qualche strafalcione :’D) e… boh, fondamentalmente mi auguro di aver reso la vicenda in una maniera quantomeno decente. Nella mia testa sarebbe una plausibile future!fic, ambientata dopo che i due personaggi hanno preso il diploma: ora che sono maggiorenni e studiano all’università, Bokuto e Akaashi decidono che è arrivato il momento di guadagnarsi la propria indipendenza, solo che trovare un lavoro senza una laurea è davvero difficile. Akaashi si fa carico di tutte le responsabilità, non tanto perché Bokuto sia incapace di farlo – tutt’altro – piuttosto immagino che anche questo sia un modo, da parte di Keiji, per proteggere il suo compagno: non so, lo vedo molto adatto ad un comportamento del genere—
E boh, oggi non riesco ad essere logorroica come mio solito, buon per voi. Ringrazio di nuovo fanwriter.it per aver creato quest’iniziativa magnifica, la dolce Gagiord per essersi presa l’onere di revisionare tutto ciò (grazie, ti voglio bene ♥) e _Lady di inchiostro_ per il consiglio sul titolo. Alla fine ho scelto davvero quello di una canzone, nello specifico “The hardest part” dei Coldplay, perché ho trovato che fosse perfettamente a tema con questi pezzi, sia perché dire quel che è successo al lavoro per Akaashi è, effettivamente, “la cosa più difficile”, inoltre i pezzi “And the hardest part was letting go, not taking part was the hardest part” e “I could feel it go down bittersweet, I could taste in my mouth” trovo che siano particolarmente calzanti alle vicende narrate.
Grazie a chiunque leggerà, a chi dovesse essere arrivato fino a qui, a coloro che dovessero decidere di inserire la storia tra le preferite o le ricordate ma, soprattutto, grazie a quelle intrepide persone che dovessero decidere di lasciare una recensione. Ultimamente ho qualche problema nel rispondere, tuttavia, nei limiti del possibile, cercherò di esserci, promesso ♥
Ancora grazie mille per tutto, siete un fandom magnifico che mi ha accolta con un calore sorprendente. Vi voglio bene, spero di poter continuare presto a pubblicare altre storie qui ~

Aria
   
 
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