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Autore: Loreena McKenzie    10/06/2017    2 recensioni
Frammenti. Deliri. Vaneggiamenti e follie di un animo incompreso, incompatibile, straziato.
Un animo in antitesi con il mondo intero, in contrasto con la realtà.
Sfoghi di uno spirito contraddetto, che trova nella scrittura l'unica cura per la propria malattia.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Sono destinata alla tempesta.
29 Giugno 2016

 
Attendo il trascorrere di questo tempo bastardo. Mio eterno nemico. Mio eterno guerriero. Marcia inesorabile con il suo ticchettare fastidioso. Mi porta lontano, lontano da tutto ciò che c'è stato. Da tutto ciò che ho avuto. Mi guarda, mi osserva, mi sorride. E mi trascina con sé. Oltre il tunnel, oltre questa via, oltre questo sporco paesaggio. Tempo meschino, tempo reietto. Si finge un falso amico, pretende di poter essere la cura dei tuoi mali, dei tuoi problemi. Ma in realtà, non fa altro che acuire questi ricordi infami. Pesano come macigni sulla mia coscienza, sul mio cuore, sulla mia anima. Mi schiacciano, mi portano giù, mi appiattiscono al suolo. Cado così in basso da ancorarmi al fondo. E piango, urlo, grido. Mi dispero. Chi mai potrebbe sentirmi?
Il mio animo è in perpetua tempesta. Un bare burrascoso. Un castello in fiamme. Una corrente mortale. Mi aggrappo ai ricordi, ma loro sono i miei infami traditori. I miei usurpatori. Le mie droghe. Dolci parassiti. Finte medicine. Mi trascinano in un'allegra sofferenza. Mi perdo nella loro soave melodia. Come il canto delle sirene di Ulisse. Mi incantano, mi trasportano felicemente, e nel frattempo mi pugnalano alle spalle.
Cosa ho fatto per avere quest'anima dannata? Di quali colpe ho macchiato la mia coscienza? Di chi è il sangue che sporca le mie mani? Questo mondo nemico mi distrugge. Questo destino maledetto mi punta le armi addosso. E io, che non so distinguere un gabbiano da una rondine, osservo il tutto e rido, incosciente di tutto ciò che mi sta aggredendo. Inconsapevole dei mali ben peggiori che mi abbatteranno. Mi aggrappo ai miei ricordi e vado giù, sempre più giù. E invece di lottare, di far di tutto per salire, mi abbandono a questo morbido e caldo abbraccio. A questa piacevole droga. Mi inibisce, mi fa stare bene. Sono felice. Sono felice mentre soffro. Mentre cado. Mentre annego... mentre muoio.
Sono caduta in un pozzo azzurro, più azzurro del cielo. Sono caduta nel pozzo dei tuoi occhi. Sono sprofondata sotto, catturata e annegata da questo infinito splendore. E vorrei urlare. Vorrei urlare a qualcuno di venirmi a salvare. Di tirarmi fuori. Di pulire la mia anima. Ma attorno a me regna il caos. E io non voglio. Non voglio stare bene. Non voglio il mio cuore leggero. E non voglio uno spirito libero. Voglio essere schiava dei tuoi ricordi. Schiava della tua immagine. Schiava di quello che sei stato. Schiava di questo dolore eterno. Di questa dolce droga. Di questi lancinanti ricordi.
E io ci ho provato, credimi. Ci ho provato a far andare bene le cose. Ce l'ho messa tutta. Ma non è bastato. E ora, non mi resta altro da fare se non abbandonarmi a questi deliri. A quest'agonia che mi tormenta. A questa maledizione eterna, che mi aggredisce e mi divora pezzo dopo pezzo.
Sono destinata alla tempesta. Alla sofferenza. Al dolce e lento martirio. Angosciante martirio. Soave martirio. Soffro per scelta. Soffro perché è questa la punizione autoinflitta per le mie colpe. Le mie dannatissime colpe. L'essermi abbandonata alle tue parole. Ai tuoi occhi, pozzi azzurri più del cielo. Al tuo sorriso, il mio preferito fra i sette miliardi che illuminano questo pianeta.
Cosa ne sanno, gli inetti? Cosa ne sanno gli apatici? Cosa possono saperne loro, della tempesta che vive dentro il mio animo? Del caos di emozioni che mi mantiene in vita? Della burrasca, della tempesta che popola il mio spirito? Cosa c'è di più bello e di più agonizzante del vivere, e del venir sopraffatti dalla vita stessa? Cosa c'è di più invitante e demoralizzante dei demoni che si risucchiano la mia energia, pezzo dopo pezzo?
Questo tempo infame. Bastardo. Reietto. Mi trascina con la sua presa mortale, allontanandomi da te. E io non posso far altro che portarmi appresso i tuoi ricordi, pagando uno spropositato prezzo su questo treno dannato. Mi lascio trascinare in questo giro della morte, aspettando che questa giostra si fermi e mi lasci scendere. E anche se so di essere destinata ad avere l'animo in perpetua tempesta, io non posso far altro che annegare nei tuoi occhi. Li cerco. Sono qui. Li tocco. E precipito giù, nel baratro maledetto.


                                                                           
   
 
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