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Autore: L S Blackrose    10/06/2017    0 recensioni
« Per sempre all'inverno ella apparterrà ».
Questa è la maledizione che grava su Gwen, splendida e impavida principessa del clan MacWarden. Da che ha memoria, il gelo che porta dentro di sé è sempre stato l'unica costante della sua vita.
Ma ci sono fuochi che nemmeno il ghiaccio può estinguere: ardono in segreto nel più freddo dei cuori e sciolgono ogni ostacolo imposto dal fato.
E se le fiamme destinate a salvare Gwen avessero i riflessi del cielo, il profumo della luce del sole...e la celebre caparbietà dei Vandemberg?
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Axel Vandemberg, Bryce Vandemberg, Nuovo personaggio, Stephen Eldrige
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo IV



 

Here comes the darkness

It's eating on my soul

Now that the spark has

Run out of control


 

 

La fiamma della candela baluginava tra le fitte tenebre della stanza come la luce di un faro che richiama a sé i marinai sperduti.

La bambina temeva il buio, ma le bastò stringere la mano che la balia le porgeva per sentirsi al sicuro.

La donna le sorrise, incoraggiante. «Ecco, Principessina. Avvicinatevi al bacile».

La bambina si lasciò condurre accanto al piccolo catino, riempito fin quasi all'orlo di fresca acqua di sorgente. Una lunga candela era stata posta al centro, e sulla superficie dell'acqua la cera cadente creava increspature che solo l'esperta balia riusciva a leggere.

Ne indicò una e sorrise. «Questo è un buon segno. Significa che vivrete sempre circondata dall'amore». Chinò il capo per dare un bacio alla bambina e le strinse forte la mano. «Quello non vi mancherà mai, Altezza».

La donna era presente, il giorno in cui lo Spirito della Neve aveva scagliato la crudele maledizione sulla piccola Principessa. Sapeva cosa l'attendeva nel prossimo futuro. Per questo coglieva ogni occasione per farla sorridere e divertire. Quella sera le aveva insegnato un rito magico, che quasi tutte le fanciulle svolgevano il giorno del loro nono compleanno. Se avesse prestato attenzione, nei riflessi dorati creati dalle fiamme della candela avrebbe scorto il volto dell'uomo che il destino le aveva riservato.

Più incuriosita che emozionata, la piccola posò le mani sul bordo del bacile e attese. La cera continuava a cadere; mancava poco perché la fiamma raggiungesse l'acqua e si spegnesse definitivamente.

La bimba osservò i riflessi dorati del fuoco e si chiese se valesse la pena continuare il rito, dal momento che attendevano da mezz'ora e nessun volto era ancora apparso.

Stava per tirarsi indietro, quando la fiamma iniziò ad oscillare. Non c'era vento nella stanza, quindi la bimba non capì a cosa fosse dovuto quell'improvviso spostamento. La luce brillò per l'ultima volta, prima di estinguersi sulla superficie dell'acqua. Il buio tornò ad invadere la stanza, ma la Principessa non aveva più paura.

Perché, proprio un istante prima che la fiamma morisse a contatto con l'acqua, aveva scorto un volto sulla superficie del bacile. E quel viso, dai tratti pennellati d'ombra, aveva la stessa luminosa bellezza di un faro nella notte.




 

*

 

Now that the light has

Driven me insane

This fire is blazing

And I'm still inside




 

 

Gwen avvertì un calore piacevole tutt'intorno a sé e sospirò, deliziata.

Anche se si copriva con vari strati di lenzuola e spesse coperte, ogni notte si svegliava più volte, il dolore imposto dal gelo che le tormentava le membra anche nel sonno. Eppure, quando quel mattino aprì gli occhi, il pensiero della maledizione fu scalzato via dalla sua mente come una foglia da una brezza imprevista.

La prima cosa che vide fu la mano. Una mano indubbiamente maschile stringeva la sua con delicata fermezza e la premeva contro la pelle nuda di un torace, anch'esso indubbiamente maschile.

Trattenendo il respiro, la Principessa alzò di poco la testa e sbarrò gli occhi. Non si trovava nel suo letto, ma stesa sul divano, che era stato spostato dalla sua posizione originaria e ora si trovava a meno di un metro dal caminetto.

La seconda cosa che stuzzicò i suoi sensi fu il profumo.

Fragranza di rose appena sbocciate, avvolte dalla prima luce del sole.

Il suo cuore perse un battito. Soltanto una persona profumava in quel modo e Gwen sapeva bene di chi si trattava.

Quando vide il volto di Bryce a poca distanza dal suo, si lasciò sfuggire un sibilo.

Il Principe stava ancora dormendo: aveva la testa inclinata di lato, i ricci color bronzo gli nascondevano la fronte e gli occhi. Era talmente bello, illuminato dalle fiamme del fuoco, che Gwen desiderò avere a portata di mano un blocco da disegno e un carboncino per imprimere sulla carta quel volto e poterlo ammirare in segreto, una volta lasciata la Capitale.

Il giovane era così bello che faceva quasi male agli occhi guardarlo: era come fissare il sole troppo a lungo. Avrebbe potuto persino metter fine ad una guerra, si disse Gwen. Se si fosse presentato sul campo di battaglia com'era ora al suo fianco, senza camicia e con i capelli arruffati ad incorniciargli il viso, chi avrebbe osato colpirlo? Un'occhiata ai suoi ammalianti occhi turchesi e i soldati avrebbero gettato a terra le armi, preoccupati di scalfire quel volto di così rara bellezza.

La ragazza scosse la testa per scacciare quelle fantasticherie. Poi alzò la mano libera, quella che non era stretta al petto del giovane, e gli toccò piano una guancia con la punta delle dita. Bryce assecondò inconsciamente il suo tocco e una lieve smorfia si disegnò sulle sue labbra quando lei ritrasse entrambe le mani dalla sua pelle. Non fu semplice sciogliere la presa della mano del Principe, che pareva non volesse permetterle di allontanarsi da lui. Le sembrava di udire ancora le parole che le aveva mormorato poche ore prima, quando si stava assicurando che non fosse ferito in modo grave.

No, non smettete. Mi piace quando mi toccate.

Sempre più accaldata e in imbarazzo, Gwen cercò di mettersi a sedere, invano. Le lunghe gambe del ragazzo erano intrecciate alle sue e il suo braccio destro le cingeva la vita, tenendola stretta contro il suo petto nudo. Bryce era tutto avvolto attorno a lei come una calda coperta e per un istante Gwen espresse il desiderio di svegliarsi in quel modo ogni mattina, circondata dal calore e stretta al suo corpo forte e protettivo. Sapendo che ciò non sarebbe mai potuto accadere, invidiò con tutta se stessa la donna a cui sarebbe stato concesso quel privilegio. La donna che, in un futuro nemmeno troppo lontano, lui avrebbe amato, desiderato, sposato.

Accetta i petali e le spine, era un vecchio detto di Stormhold. E particolarmente adatto al momento presente, visto che, non appena staccò la propria pelle da quella del giovane, le punte acuminate del gelo ricominciarono a pungerle il corpo.

Gwen alzò gli occhi al cielo mentre per la prima volta constatava quanti ricordi, modi di dire e filastrocche che non udiva da anni le fossero tornati alla memoria da quando aveva messo piede in quella città infestata.

«Gwen».

La voce roca del Principe Bryce la riportò alla realtà. Incrociò il suo sguardo annebbiato, ma lo abbassò quasi subito nel timore di arrossire.

Quando aveva detto a Wain che non c'era nulla da temere, che seppur avessero dormito nella stessa stanza da soli, non sarebbe accaduto nulla di compromettente, non avrebbe mai immaginato che si sarebbe trovata in una situazione del genere: rischiava di uscire con la reputazione a brandelli. Non che per lei contasse poi molto, ma cosa avrebbero detto zio Percival e Arthur, se una voce fosse giunta a Stormhold? Se il Principe Bryce avesse raccontato anche solo ad un amico, o a suo fratello, che lei aveva dormito tra le sue braccia, lei avrebbe dovuto...

«Guardatemi, Gwen», le ordinò il Principe in questione, forse intuendo il suo disagio.

Lei alzò timidamente gli occhi e vide che il ragazzo stava sorridendo leggermente. «Principessa, vi devo mettere in guardia. Se guardate un uomo in quel modo, rischiate di fermargli il cuore». Protese la mano e le tolse una ciocca di capelli dalla guancia. Il suo volto si fece serio. «Per un attimo il mio dev'essersi davvero fermato stanotte, nel vedervi in quelle condizioni. Come state, ora? Vi sentite un po' meglio?».

Gwen non capì cosa intendesse. Cos'era accaduto quella notte? L'ultima cosa che ricordava era la discussione con Wain, avuta prima di coricarsi. Poi si era addormentata, cullata dallo scoppiettio del fuoco che ardeva nel caminetto e dal respiro del giovane che riposava a pochi passi da lei. Non ricordava di essersi svegliata, né di aver percorso la distanza che la separava da Bryce con le proprie gambe. Allora perché si trovava stesa su quel divano, avviluppata al Principe, e non nel suo letto?

Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, perché soltanto un fatto poteva giustificare quella breve perdita di memoria e lo spavento racchiuso nello sguardo che il Principe le stava rivolgendo.

La comparsa di un nuovo Glifo.

Il ragazzo si affrettò a rassicurarla, forse pensando che l'improvviso irrigidimento di Gwen fosse dovuto all'imbarazzo. «State tranquilla. Vi do la mia parola che non ho fatto niente di riprovevole, ho solo tentato di scaldarvi. Tremavate e dicevate di avere freddo, così ho pensato che...».

Gwen si schiarì la voce e si districò dal suo abbraccio, sedendosi compostamente sul divano. «Vi credo, milord. Sono solo un po' scombussolata. Non è mia abitudine risvegliarmi accanto a qualcuno che conosco a malapena».

Nel dirlo si accorse di avere la camicia del giovane attorcigliata attorno alle spalle. Che l'indumento appartenesse a Wain non faceva alcuna differenza: ora era impregnato del profumo del Principe e Gwen dovette reprimere l'impulso di avvolgerselo stretto attorno al corpo, come aveva fatto il giovane con lei durante la notte.

Vedendola confusa, Bryce accennò un sorriso. Si alzò su un gomito e si stiracchiò pigramente, passandosi una mano tra i capelli scompigliati. «Se vi fa sentire meglio, sappiate che siete la prima donna a cui concedo il privilegio di vedermi appena sveglio e in disordine. Ad eccezione dei domestici e dei miei familiari, non permetto a nessun altro di entrare nelle mie stanze, se non sono quantomeno presentabile».

L'espressione imbarazzata di Gwen si sciolse in un mezzo sorriso. «Ne sono onorata, milord». Spinta dalla gratitudine e dalla confidenza che le riservava il Principe, gli coprì una mano con la propria e lo guardò negli occhi. «Vi sono grata per ciò che avete fatto per me stanotte». Sulle sue labbra aleggiò un sorriso furbo quando aggiunse: «Soprattutto per non aver chiamato Wain. Se glielo aveste detto, avrebbe allertato ogni singola persona della locanda. Invece non ce n'è bisogno, come vedete. Non era nulla di grave».

La bugia le lasciò un sapore amaro sulla lingua, ma non poteva fare altrimenti. Non intendeva coinvolgere anche il Principe nel suo triste destino.

Più che un sorriso, sul volto di Bryce si formò un ghigno. «Chiamare il capitano? Oh, l'idea non mi ha nemmeno sfiorato la mente». In tono suadente, domandò: «Quindi d'ora in avanti sarò io il vostro cavalier servente, milady?».

La Principessa rise sottovoce. «Voi non vi arrendete mai, vero?».

Il sorriso di Bryce divenne più ampio. «No, mia signora. Noi Vandemberg siamo caparbi e testardi per natura. Chiedetelo alla fidanzata di mio fratello: sono fermamente convinto che abbia accettato di sposarlo solo perché la smettesse di esasperarla».

Gwen inclinò la testa, curiosa. «State parlando di quel giovane che vi aspettava fuori della serra, quel giorno?».

Bryce annuì. «La somiglianza è troppo lampante per negarla. Non che io non ci abbia provato, si intende. A volte Axel è talmente insopportabile che mi chiedo se sia davvero mio parente, o se qualche fata l'abbia scambiato col mio vero fratello nella culla».

«Credo sia così per tutti i fratelli» affermò Gwen, saggiamente. «Però non possiamo fare a meno di amarli. Un po' come le rose: anche se le loro spine ci graffiano la pelle, torneremo comunque ad avvicinarci per ammirarne i petali e respirarne il profumo. Non importa quante volte ci feriranno, il nostro amore per loro non si affievolirà».

Bryce chiuse gli occhi e sospirò. «I vostri discorsi sono talmente affascinanti, milady, che rimarrei tutto il giorno ad ascoltarvi. Siete proprio sicura di non voler congedare il capitano Von Lear? Sarei molto più che onorato di prendere il suo posto».

Gwen scosse il capo, sorridendo a fior di labbra. «Vi ringrazio ancora per l'offerta, Principe Bryce, ma Wain è l'unico cavaliere che non può essere sostituito. Più che un soldato, lo considero un fratello e lo amo come tale. Non è facile sopportarlo, ma non potrei mai preferirgli qualcun altro. Spero capirete».

Il giovane emise un sospiro mesto. «Voi mi trafiggete il cuore con il vostro rifiuto, milady. Ma non posso che piegarmi al vostro volere».

Gwen lo fissò con quella che si poteva definire solo tenerezza. «Ve l'ha mai detto nessuno che avete uno spiccato talento per l'arte drammatica?».

«Me lo dicono di continuo, mia signora».

Lei rise e Bryce perse per un attimo il proprio atteggiamento teatrale. I capelli di Gwen catturavano la luce dei primi raggi di sole del mattino e lui si incantò ad osservarne le varie sfumature. Alcune ciocche erano così chiare da sembrare argentate, altre, più scure, erano dello stesso colore dell'oro bianco.

La guardò intensamente, mentre lei allungava una mano per sistemargli un ricciolo che gli ricadeva sulla fronte. «Forse non potrete diventare il mio cavalier servente, ma avete diritto ad una ricompensa per avermi soccorsa stanotte».

Bryce stava per dirle che aveva soltanto ripagato l'aiuto che lei gli aveva concesso facendolo rimanere nascosto, ma chiuse la bocca non appena la vide chinarsi verso di lui.

Gwen gli posò un lieve bacio sulla guancia, leggero e morbido come il battito d'ali di una farfalla. Il ragazzo chiuse gli occhi per un momento, per gustare al meglio quella sensazione dolce e piacevole, e impose al proprio corpo un'immobilità assoluta. Se avesse spostato di poco il viso, come una voce nella mente gli stava suggerendo di fare, le loro labbra si sarebbero incontrate. E probabilmente sarebbe stato il colpo di grazia, si disse Bryce. Temeva già di avere un infarto in corso: quando si trovava accanto a Gwen, il suo cuore scriveva una musica tutta sua. Gli batteva nel petto, frenetico e indomabile come un cavallo lanciato al galoppo.

La Principessa si tirò indietro, dopo aver indugiato qualche attimo con le labbra sulla sua pelle e la mano di Bryce scattò ad acciuffare la sua, per riportarla dove aveva riposato tutta la notte: sul suo petto, all'altezza del cuore. I loro occhi rimasero incatenati per quella che sembrò un'eternità e, nel mezzo di quell'istante infinito, Bryce prese una decisione. «Gwen» mormorò, avvicinando lentamente il viso a quello della ragazza. La sua espressione, da divertita, era diventata seria, quasi solenne, come se stesse per compiere un giuramento. «Gwen» disse di nuovo, quando i loro volti furono talmente vicini da sfiorarsi. Lei non si tirò indietro, né tentò di sfuggire alla sua presa. Quegli occhi azzurro ghiaccio restarono puntati nei suoi, senza mai vacillare.

Bryce stava per inclinare il capo, le palpebre semichiuse, quando un colpo alla porta lo fece trasalire. Anche Gwen sobbalzò, ma non si allontanò da lui come il Principe temeva. Continuò a guardarlo e si lasciò sfuggire un sorriso. «Sapevo che l'avrebbe fatto» ammise, un attimo prima che la voce del capitano Von Lear arrivasse alle loro orecchie.

«Spero per voi che ve ne siate già andato da un pezzo, Principe Bryce. Se così non fosse, vi do cinque minuti a partire da ora. Poi entrerò e, se vi troverò ancora addormentato...», Wain sembrò esitare, forse per cercare una minaccia adeguata, «...vi taglierò personalmente tutti quei bei ricci di cui andate tanto fiero. Siete avvisato». Ciò detto, sentirono i passi del capitano allontanarsi lungo il corridoio.

Bryce si toccò i capelli, spaventato. «Non diceva sul serio, vero milady?».

Gwen si portò una mano davanti alla bocca, per tentare di nascondere una risata. «Temo di sì, invece: Wain mantiene sempre la parola data. Fareste meglio a sbrigarvi».

Si tolse la camicia di lui dalle spalle e si alzò dal divano per recuperare gli altri indumenti del Principe.

Dopo aver insistito per controllare la ferita, Gwen lo aiutò a vestirsi. Invece di apparire imbarazzato, Bryce sembrava raggiante: tutte quelle premure da parte della fanciulla lo riempivano di soddisfazione. Mentre Gwen gli aggiustava gli alamari del mantello, dovette ripetersi di non fare nulla che potesse ledere permanentemente la propria immagine, e la propria dignità. Per esempio mettersi a saltellare per la stanza fischiettando.

La ragazza fece un passo indietro e lo squadrò da capo a piedi, annuendo tra sé. «Se indosserete anche il cappuccio, potete star certo che nessuno vi riconoscerà. Provvederò a far lavare i vostri abiti e manderò una delle mie guardie a riportarveli».

Bryce aprì la bocca per dirle che non sarebbe stato necessario, che li avrebbe ritirati personalmente, così avrebbe potuto rivederla, ma si trattenne. Forse Axel aveva ragione. Forse lei non desiderava rivederlo ancora. Il tono freddo che aveva usato in precedenza, la distanza che stava ponendo tra loro in quel momento...davvero Gwen non voleva trascorrere altro tempo in sua compagnia? Ripensò a com'era stato tenerla stretta contro il proprio corpo nella notte, al bacio che le labbra di lei gli avevano impresso sulla guancia e che sentiva ancora scottare sulla pelle.

No, non si sarebbe arreso. Non con lei.

Bryce prese la maschera che Gwen gli stava porgendo e la mise nella tasca interna del mantello. Poi, invece di dirigersi verso la finestra e scappare prima che Gawain tornasse e mettesse in atto la spregevole minaccia, prese il viso di lei tra le mani e inclinò il proprio finché le loro fronti non si toccarono. «Perdonatemi, Gwen. Devo osare ora, o non troverò più il coraggio di guardarvi negli occhi», mormorò, in tono febbrile, prima di premere le labbra su quelle appena dischiuse della giovane.

Durò solo un istante, ma l'effetto fu immediato: sentì un brivido serpeggiargli sulla pelle del collo e le labbra bruciare a contatto con quelle di Gwen. Spostò una mano sulla nuca della Principessa e l'altro braccio a circondarle la vita, per avvicinarla ancora di più a sé. Dopo un altro bacio delicato, si limitò a far scorrere le labbra sulle guance di lei, non osando avventurarsi oltre il mento. Desiderava scoprirle il collo, celato dal pizzo della camicia da notte, e percorrerlo con la bocca fino ad arrivare alla gola, nel punto in cui il cuore batte più forte e...

«Principe Bryce, pregate di non esserci quando entrerò, o voi e i vostri capelli farete una brutta fine, ve lo garantisco».

Il capitano Von Lear era tornato, e con lui la sua temibile minaccia.

Bryce scostò il viso da quello di Gwen e attese, quasi trattenendo il fiato, una mossa da parte della ragazza. Si aspettava di tutto: uno schiaffo, un'espressione indignata, una frase tagliente che l'avrebbe rimesso in riga e fatto vergognare del proprio comportamento. Era stato un gesto sconsiderato, impulsivo, totalmente non da lui. Non si sarebbe lamentato se la Principessa avesse ordinato a Gawain di infilzarlo con la spada, dopo avergli rasato personalmente la folta chioma bronzea. Dietro il suo aspetto freddo e altero, Gwen nascondeva un fuoco interiore che avrebbe potuto incenerirlo facilmente. L'aveva intravisto la sera prima, quando gli era saltata alla gola con quel pugnale affilato.

Lei era come una fiamma che ardeva sotto un'impenetrabile cupola di ghiaccio. Lui, la falena incauta che, pur di raggiungere il fuoco, si sarebbe fatta imprigionare per sempre dal morso del gelo.

Come era successo la sera prima, lei lo colse di sorpresa. «Non c'è nulla da perdonare», disse, sottovoce. Gli posò una mano sul petto e si alzò in punta di piedi per baciargli una guancia, ad un soffio dalle labbra. Il suo respiro fresco gli sfiorò il collo e Bryce si chiese dove avrebbe trovato la forza per uscire da quella stanza con le proprie gambe. Se oltre la porta non ci fosse stato il capitano Von Lear pronto a usare la sua lama contro di lui, il Principe avrebbe avvolto Gwen nel proprio mantello e l'avrebbe portata in un luogo dove avrebbero potuto stare da soli, dove avrebbe lasciato che il fuoco che lei gli aveva acceso sottopelle lo consumasse.

Gwen lo sospinse gentilmente verso la finestra. «Ora andate».

Bryce non se lo fece ripetere, perché i colpi alla porta si facevano sempre più rapidi e pressanti. Scavalcò il davanzale e si voltò solo dopo aver poggiato entrambi i piedi sul piccolo balconcino. «Permettetemi di rivedervi, Gwen» disse, e, a differenza dell'ultima volta in cui le aveva pronunciate, quelle parole suonarono più come una supplica che come un ordine.

Gwen non rispose. «Andate. O Wain taglierà i vostri bei ricci, e sarebbe davvero un peccato. A me piacciono molto» ammise, e, così dicendo, chiuse i vetri della finestra davanti al viso di un frastornato Principe.

 

 

*


 

You want me to burn

And maybe I will finally learn


 

 

«Se n'è appena andato, dico bene?» chiese il capitano, con rassegnazione e un pizzico di divertimento, entrando nella stanza. Scrutò con ostilità il divano e, non trovando traccia del Principe a cui era pronto a fare lo scalpo, posò gli occhi sulla figura di Gwen.

La ragazza stava sbirciando tra il fitto pizzo delle tende e gli dava le spalle. Di punto in bianco, crollò in ginocchio, le mani strette alla camicia da notte.

Con un'esclamazione soffocata, Gawain corse da lei. Si inginocchiò al suo fianco e le scostò i capelli dal volto. «Altezza, cosa vi succede?» domandò, l'agitazione che trapelava da ogni sillaba.

La ragazza alzò il viso e gli sorrise debolmente. Le spalle le tremavano; aveva gli occhi lucidi, la pelle più pallida del solito. Fece un gesto con la mano, come per dirgli di non preoccuparsi. Si rialzò a fatica dal pavimento, ma non accettò il braccio che il capitano le porgeva. Si diresse verso l'armadio e aprì le ante, posizionandosi davanti allo specchio che era racchiuso all'interno. Sbottonò la camicia da notte fin sotto la gola e scostò la stoffa con mani tremanti.

Un singhiozzo strozzato le uscì dalle labbra quando il suo sguardo si fermò sul pezzo di pelle tra la clavicola e il seno. Tracciò con un dito il marchio traslucido che vi era impresso e che solo la sera prima non c'era. Spostò lo sguardo di lato e incrociò quello atterrito di Gawain. «Un nuovo Glifo» annunciò, in tono noncurante, e si strinse le braccia attorno al busto.

Il capitano si avvicinò cautamente e le posò una mano sulla spalla. «Dovete aver sofferto molto. Avrei dovuto essere al vostro fianco. Perché non mi avete fatto chiamare?».

Gwen sorrise tra le lacrime che le scorrevano sulle guance. «Sei in errore, Wain. Per la prima volta, non ho sentito dolore. Solo calore, fino al risveglio».

Von Lear corrugò la fronte. «Fatemi indovinare: tutto merito del Principe» sbottò, lanciando un'altra occhiata furente alla stoffa sgualcita del divano.

Gwen nascose il volto tra le mani, sospirando. «Credo di essermi innamorata di lui, Wain. Non era previsto e non volevo accadesse. E puoi anche sgridarmi e arrabbiarti, ma non chiederò scusa».

Gawain accolse la sua ammissione in silenzio. Quando la ragazza lo guardò negli occhi, vide che faticava a restare serio. Le accarezzò una guancia, asciugandole le lacrime con il pollice. «Era da molto che aspettavo di sentirvi dire queste parole. Sono felice per voi, Gwen».

Lei gli circondò la vita con le braccia, affondando il viso nella stoffa ruvida dell'uniforme. «Grazie. Quindi significa che non torcerai un capello a Bryce? Posso stare tranquilla?».

Wain le fece scorrere le dita tra i capelli, come faceva sempre quando erano bambini. «Certo, Altezza. Finché rimarrò all'oscuro su ciò che è accaduto tra voi stanotte, i suoi bei capelli sono al sicuro».

 








 

 

* * * * * * *

 

Ormai approfitto di ogni attimo libero per continuare a scrivere. Spero che la storia vi piaccia! E che dite del banner?

Un bacio da Lizz

 

n.b. i versi appartengono alla canzone Burn dei The Pretty Reckless. Per il flashback iniziale, invece, ho preso vagamente spunto da un rito della cultura russa.

 

   
 
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