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Autore: Gackt_Agito    11/06/2009    1 recensioni
« Questa che sto per raccontarti è una storia vera, nipotina mia. Ascoltami. » sussurrò il vecchio « Desidero che qualcuno la conosca, prima che io abbandoni questo mondo. E se ti piace, vorrei che un giorno tu la raccontassi ai tuoi figli, e loro ai propri figli e così via per generazioni. Perché finché ci sarà qualcuno a ricordarsi di Samuel e Zackarhia, allora non morirò. E neanche lui morirà. I nostri ricordi vivranno insieme per sempre… »
« Parli di te e di quel ragazzo che amavi in gioventù, nonno? »
« Sì, tesoro. Non ti ho mai raccontato la storia… Ma adesso voglio farlo. Ora ascoltami. »
« Racconta: io ti ascolto. » Poi si voltò verso Josh. « Tu sei troppo piccolo. Vai via, su. »
« Uffa! » Piagnucolò il bambino. Ma, da bravo, prese le sue cose e se n’andò ugualmente. Madeline volse il viso di nuovo verso il nonno, sorridendo. Con un gesto delle mani, lento, lo invitava a parlare. Il vecchio sorrise appena.
« Questa storia inizia come le favole, tesoro mio… » e respirò lentamente, come se gli facesse male.
La bimba annuì, silenziosa.
« Inizia con un C’erano una volta… un ragazzino, un bambino ed un husky. »
E le raccontò la storia della propria vita.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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P refazione______
Tornata dopo tanto tempo, finalmente. Inforco nuovamente i mezzi guanti della scrittrice e sblocco le dita, tornando a pigiare i tasti del pc dal quale mi sono dovuta distaccare per motivi scolastici. Rischio bocciatura, tzè. Allora. Inizio questa nuova fiction, premettendo da subito che non so se e quando potrò continuarla. L'idea mi sembrava graziosa, e quindi eccola qua.
Ah beh. Non ho altro da dire; buona lettura !


P rologo
~inafferrabile



Triste.
Zackarhia era triste. E non me l'aveva mai detto. Lui soffriva, ed io ero là per consolarlo, sempre, ero sempre stato accanto a lui per aiutarlo. Quanto mi faceva male vedere che non si fidava più di me… vedere che non mi cercava. Era distruttivo. Mi lacrimavano gli occhi, sempre. Piangevo perché lui si distruggeva e non ne parlava, urlavo perché soffriva e non si voleva sfogare con me. Con me che ero il suo migliore amico… Però ho detto bene: ero. Forse non lo sono mai stato sul serio; gli ero tanto vicino, ma a parte il consolarlo non sapevo fare altro. Non sono mai stato un buon amico per nessuno, meno che mai per lui. Ero una puttana, e so che questo gli dava fastidio. Ma, oh no, non “puttana” nel senso che me lo facevo mettere nel culo da tutti a pagamento, ovvio; però mi piaceva fare l'amore. Mi era sempre piaciuto. E questa cosa mi ha portato alla distruzione, quando a voler scopare con me non era il solito compagno di classe arrapato: era Zackarhia.

Ricordo bene come accadde quel giorno.
Ero disteso sul letto di camera mia rannicchiato sotto le coperte, per colpa del sonno invernale che coglie un po’ tutti; sì, mi sono sempre reputato un animale e come tale ho sempre affermato che d'inverno dovevo andare in letargo. Ma non è questo il punto; quel giorno bussò alla mia porta.
« Mmh… », era stata la mia risposta al sentire quel suono fastidioso, legnoso, fradicio. « Avanti… »; non l'avessi mai detto: quando si aprì la porta, venne verso di me uno Zackarhia in lacrime, distrutto - come sempre negli ultimi tempi, il viso bagnato e i capelli arruffati, vestito come meno si confaceva ad un ragazzo di diciassette anni: la maglia slargata rivelava buona parte del petto e una spalla, i jeans a vita troppo bassa mostravano i boxer calati e il cappotto di pelo - sicuramente di sua madre - che si lasciò cadere alle spalle aveva un che di sospetto. Aveva gli occhi rossissimi, mi crollò accanto al letto, rimase in ginocchio a guardarmi; scattai seduto ma mi coprii col piumone: ero reduce da una scopata particolarmente soddisfacente e maledettamente stancante, perciò ero nudo. « Zack'? »
« Samuel… », bisbigliò qualcos'altro, ma non compresi. Non subito quantomeno. Allungò una mano verso di me, mi sfiorò il viso e accennò un sorriso molto, molto tirato. « Oh, Samuel ! » e mi abbracciò, stretto, affondando il viso nel mio petto. Sgranando gli occhi gli strinsi le braccia intorno al corpo, tenendomelo vicino.
« Cos'è successo, Zack'? », sussurrai.
« Un altro. », disse. « N’è arrivato un altro che cerca Aune. » Aune era la madre di Zackarhia. Era d’origine finlandese e di cognome faceva Koskinen. Come lo stesso Zackarhia dopotutto. « Non ne posso più di stare in quella casa, se lei continua a lasciarli entrare… »; sua madre gli aveva promesso che avrebbe smesso di fare la puttana. Ma era in uno di quei giri dove, una volta entrato, non potevi più uscire. Zack' lo sapeva, e non poteva farci niente. Oh, anche io lo sapevo. Ma oltre ad accarezzargli i capelli con affetto, cosa potevo fare? « Mi ha cacciato; anche oggi, come sempre, tutti i giorni. Lo fa in continuazione. Quella non è più neanche casa mia. Aiutami, Sam. Aiutami! »
« Stai tranquillo mon cher… » gli sussurrai. Gli piaceva il francese. Sapevo che gli piaceva quando lo chiamavo in quel modo. « …puoi rimanere da me. Tranquillo. » Gli baciai la testa, il viso fra i suoi capelli lisci, neri, puliti e profumati. « Puoi rimanere quanto vuoi. Giorni, mesi, anni… »
« Per sempre? »
« Certo, anche per sempre. », acconsentii. Perché no, infondo? Gli volevo bene, ed era il mio migliore amico. Mi piaceva stare con lui, mi piaceva tanto.
« Per sempre con te? Insieme? »
« C-certo… » non seppi mai con esattezza che cosa intendeva, ma acconsentii ugualmente, perché non importava.
Solo dopo mi accorsi del piccolo errore di calcolo; sentii le sue labbra sulle mie, la sua lingua che le sfiorava e poi la sua presenza che ingombrava la mia bocca. A causa dello stupore di quel gesto tanto anomalo, non riuscii a chiudere neppure occhi. Si alzò, mi spinse disteso e mi salì addosso. In un momento di pausa, riuscii a farfugliare qualcosa come: « Ma che cazz…? », prima di sentire di nuovo la sua bocca sulla mia. Avrei potuto respingerlo, mordergli la lingua e spingerlo, ma non lo feci. Aspettai che finisse.
Quel momento non arrivò dopo tanto; si resse sulle braccia e sulle ginocchia, sopra di me, che ero ancora mezzo nudo. Ansimava per il bacio prolungato; probabilmente non era abituato ai baci del genere. Mi stringeva i polsi con ambo le mani, e stringeva i propri occhi in un'espressione sofferente. Quando riaprì gli occhi, mi guardò come se fosse stato spaventato. « S-Sam… » Si alzò sulle ginocchia e si coprì la bocca con una mano. Era sconvolto. « O-oddio… » Farfugliò, e arrossì violentemente. Riprese a piangere, e mi crollò addosso.
Non c'era malizia in quel che faceva; gli strinsi le braccia intorno al corpo.
« Scusami! » esclamò dopo un po’, riprendendosi. « Non so cosa mi sia preso, davvero, io… io… oh, oddio… »
« Mon cher, calmati… » sussurrai. « Hai bisogno di una bella dormita per calmarti. Ti lascio il letto se vuoi, io posso… »
« NO ! » esclamò subito dopo, quasi urlando, e strinse la presa su di me. « Non lasciarmi proprio niente, io… » si bloccò. Esitò. Respirò a fondo, poi alzò il viso e sfiorò le mie labbra con le sue. « Ti va, Sam? » Mi sussurrò. Il suo respiro e il mio si mescolavano. Era una cosa che mi mandava sulle nuvole, ogni volta. Semplicemente una delizia.
« C-cosa? »
« Di fare l'amore. » Rispose, secco. Spalancai gli occhi. « Lo fai sempre. Lo fai con tutti, Sam, perché con me no? Che cos’ho io di diverso dagli altri? » Mi morse il collo strappandomi un mugolio, e si abbassò del tutto su di me; sentivo il suo membro teso contro il mio, e mi sentii confuso: io.. lo eccitavo?
« Zack', ma cosa… » Mi baciò il collo. Non mi divincolavo, non volevo farlo.
« Voglio fare l'amore con te, Sam. » Riprese. « Lo voglio adesso. Ti prego… » Posò le labbra sul mio collo e vi lasciò il segno rosso di un succhiotto; strinsi i pugni sulle coperte, cercai di non pensarci. « Tu… sei esperto del campo, a differenza mia che sono… beh sì, lo sai no? » Sì, lo sapevo: Zackarhia era vergine. Bello, ricercato, ma vergine. Deglutii. « Però io… », e si alzò sulle braccia, fissandomi. « …m’impegnerò al massimo. La mia prima volta, ecco… » tentennò. Poi riprese. « Vorrei che fosse con te. »
Spalancai gli occhi, rimasi un po’ sorpreso ancora per qualche minuto.
Poi, quando si calò nuovamente su di me… decisi di lasciar correre.
Ma sì. Che male c'era, infondo?





   
 
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