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Autore: Scythe_Master_Branwen    11/06/2017    1 recensioni
Jill Valentine viene portata in un ospedale in America da Chris Redfield per accertarsi delle sue condizioni di salute dopo i fatti di Kijuju. A causa della morfina, la donna cade in un sonno profondo, nel quale le accade qualcosa di inaspettato: tra incubi e ricordi, Jill dovrà riuscire a distinguere tra sogno e realtà.
Genere: Romantico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Redfield, Jill Valentine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
Jill si mise seduta sul letto con un gran mal di testa. Tutti quei farmaci l’avevano intontita per bene.
Si ritrovò a sorridere per quel pensiero, se non altro per la sua normalità e soprattutto se paragonato a tutto quello che le era successo in quegli ultimi tre anni. Stette ancora qualche secondo seduta, poi si alzò e si stiracchiò, sgranchendosi le braccia intorpidite dal lungo periodo passato sdraiata, dopodiché si guardò attorno e vide dei vestiti piegati con cura sul cassettone al fondo del letto; era sicuramente opera di Claire Redfield, la sorella minore di Chris: lei e Jill avevano legato molto da quando si erano conosciute dopo gli eventi di Raccoon City e sapeva che Chris aveva detto alla sorella che Jill era tornata.
Sorrise e si mise i vestiti puliti, una camicetta e un paio di jeans e aprì la porta della sua stanza, ma quello che l’aspettava fuori non se lo sarebbe mai aspettato.

 

1998, Monti Arklay
Jill si pietrificò non appena riconobbe dove portava la porta dalla quale era uscita: l’ampio salone, con le colonne in marmo a sorreggere l’elaborata balconata in legno che fungeva da parapetto per il piano superiore, il tappeto rosso che partiva dalla porta d’ingresso e saliva su per le scale e il lampadario dallo stile antico che illuminava l’intero ingresso; si girò di scatto per rientrare nella sua stanza, ma la porta era sparita e lei rimase lì, da sola, dove tutto era iniziato: Villa Spencer, il posto in cui il suo incubo era cominciato.
Il respiro di Jill divenne affannoso; si portò una mano al petto, sentendo che le stava vendendo un attacco di panico -Chris...- mormorò -Chris!!- riuscì ad urlare con la voce rotta dalla paura. Un rumore improvviso la fece voltare di scatto verso la scala -Chris...sei tu?- chiese Jill con un filo di voce, ma l’unica risposta che ottenne fu di nuovo quel rumore, come di un oggetto che strisciava contro il pavimento, ma questa volta era ritmico, regolare e mano a mano si faceva sempre più nitido.
Sembrava gomma, gomma che strisciava sul marmo, producendo un fastidioso cigolio; la cosa che produceva quel rumore si avvicinava sempre di più e adesso Jill riusciva a sentire chiaramente anche il respiro lento e affannato dell’ombra che si stava avvicinando dalle scale, accompagnato da una sorta di basso mugugno.
La donna parlò di nuovo, cercando di respirare a fondo -Chris? Sei tu Chris?-, ma ciò che vide le gelò il sangue nelle vene; Chris emerse dall’ombra della scala, ma non era più l’uomo che Jill conosceva: il volto del suo Partner della BSAA era pallido, emaciato, con la pelle tirata sulle ossa, il suo braccio destro penzolava inerme lungo il fianco, con la divisa dell’Unità S.T.A.R.S. sporca di sangue e la sua gamba sinistra era piegata in una posa del tutto innaturale e l’essere che una volta era stato Chris se lo trascinava dietro in maniera stanca, producendo quel fastidioso suono con lo stivale, ma quello che paralizzò Jill furono i suoi occhi: gli splendidi e caldi occhi castano scuro dell’uomo erano diventati bianchi, come se fossero ciechi.
Jill ebbe appena una frazione di secondo per rendersi conto di che cosa ne era stato di Chris, prima che questi con un urlo bestiale le si avventasse contro con una velocità sorprendente, facendo cadere a terra entrambi -Chris sono io!! Sono Jill!!- tentò di gridargli inutilmente la donna, mentre il mostro che aveva davanti cercava di affondare i denti nel suo collo.
Jill cercò a tentoni la fondina sulla gamba di Chris, che continuava a dimenarsi sopra di lei per morderla; la donna riuscì a estrarre la pistola del non morto dalla sua custodia e a spingerlo contro una colonna con un calcio, dopodiché si rialzò e mirando alla testa del mostro, svuotò il caricatore dell’arma.
La creatura smise di muoversi, con il cranio pieno di fori di proiettile e solo allora Jill lasciò andare la pistola e cadde in ginocchio, coprendosi il viso con le mani e scoppiando a piangere, con i singhiozzi che la scuotevano e le lacrime che le rigavano le guance -Mi dispiace...- singhiozzò -Mi dispiace così tanto...-.

 

 

Sogni Ad Occhi Aperti
Ansimando Jill si mise a sedere di scatto sul letto. Si guardò intorno terrorizzata e si accorse di essere di nuovo nella sua camera d’ospedale -Solo un sogno...- mormorò con un sospiro di sollievo -Era solo un sogno-.
Andò in bagno e si sciacquò il viso con l’acqua fredda, poi si guardò allo specchio, ancora sconvolta dal suo incubo; le mani le tremavano e aveva il fiato corto, ma stava bene.
Tornò nella camera e si vestì, stava per uscire quando udì un tonfo sordo contro la parete della camera che comunicava con il corridoio; Jill si fermò e appoggiò l’orecchio contro la porta: rimase in ascolto per qualche secondo, senza sentire nulla.
Stava per allontanarsi, quando con un boato il muro vicino a lei esplose, scagliando calcinacci e pezzi di intonaco in tutte le direzioni.

 

Nemesis
Jill cadde all’indietro e sbatté violentemente la testa contro il muro all’altro capo della stanza. La vista le si annebbiò e sentì qualcosa di caldo e appiccicoso colarle da dietro la testa; anche senza dover controllare, sapeva che si era procurata un grosso taglio sulla nuca.
Si tirò su a fatica, tossendo e sputando un grumo di sangue, appoggiandosi alla parete alle sue spalle per aiutarsi; dove prima c’era il muro vicino alla porta, ora c’era un buco largo circa un metro.
Jill si affacciò al bordo dell’apertura nella parete e per poco non venne investita dal corpo martoriato di un uomo; allibita, barcollò all’indietro, osservando il cadavere ai piedi del letto. Si rialzò e si diresse alla finestra della sua camera il più in fretta possibile, la aprì e guardò fuori: qualche piano più in basso c’era una larga tettoia; era un salto di due o tre metri, pensò Jill -Posso farcela- si disse.
All’improvviso, un ruggito agghiacciante alle sue spalle la fece voltare di scatto, ma non ebbe il tempo di fare niente perché un’enorme mano ricoperta da un guanto la sollevò di peso e la lanciò fuori dalla finestra; Jill cadde malamente lanciando un grido di dolore: non riusciva a muovere la gamba sinistra, fratturata durante la caduta, e aveva sicuramente qualche costola rotta o incrinata, senza contare una grossa scheggia di vetro conficcata nel suo fianco destro.
Il dolore che provava era lancinante, ma quello che vide le fece dimenticare ogni sua ferita: dalla finestra della sua camera cadde qualcosa di estremamente imponente e pesante a giudicare dalle crepe che si crearono nel punto in cui atterrò; poi lo vide e l’urlo che proruppe dalle sua labbra, questa volta, era di puro terrore, poiché d’innanzi a lei c’era la più spaventosa B.O.W. che Jill avesse mai visto: con i suoi quasi tre metri di altezza e la corporatura massiccia, il Nemesis lanciò uno spaventoso ruggito di trionfo.
Jill iniziò a strisciare verso il bordo del tetto, ma fu tutto inutile, perché il Nemesis la raggiunse con poche falcate, la prese per il collo e la sollevò all’altezza del suo unico occhio buono; la donna iniziò ad annaspare per la mancanza d’ossigeno e tentò invano di frapporre le sue mani tra quelle del gigantesco Tyrant e la sua gola.
La vista le si oscurò e sentì il suo respiro ridursi ad un rantolo soffocato mano a mano che le forze l’abbandonavano, finché l’unica cosa che vide fu solo il buio.

 

Senza Volontà
Jill sentiva freddo, molto freddo. Il suo ultimo ricordo era il gelido occhio di Nemesis che la osservava con un misto di crudeltà e trionfo nello sguardo. Non riusciva ad aprire gli occhi, né a muovere gli arti. Si sentiva una prigioniera del suo corpo, mentre la sensazione di qualcosa che le veniva iniettato nel petto da più “aghi” si faceva man mano più acuta.
Sentì una voce ovattata in lontananza che non riuscì a riconoscere -A che punto è il condizionamento?- -Il P-30 rilasciato dal congegno sta agendo nei tempi previsti, signore- un’altra voce -ancora qualche minuto e avrà il controllo totale del soggetto- -Troppo. Dammi quel telecomando- rispose la prima voce evidentemente insoddisfatta.
Jill percepì la sua volontà venire lentamente, ma inesorabilmente, annientata; in un ultimo istante di lucidità, riuscì ad aprire gli occhi scorgendo una lastra di vetro alzarsi, del ghiaccio intorno a lei e Albert Wesker che la osservava compiaciuto.
-Processo ultimato, signore. Ora è sotto il suo totale controllo- fu l’ultima cosa che sentì prima che il P-30 la soggiogasse completamente.

 

Nel Corpo Di Un Estranea
A Jill parve di vivere in un incubo. Percepiva il mondo esterno in maniera offuscata. La sua mente e il suo corpo erano schiavi di Albert Wesker a causa di quello strano congegno a forma di aracnide. La VERA Jill Valentine era chiusa in un angolo remoto del suo subconscio, impossibilitata a controllare le proprie azioni, rendendola una schiava.
Si vide accompagnare Wesker in Africa, salvare la vita a quel ratto di Irving e si vide scontrarsi con Chris e la sua nuova partner.
Percepì chiaramente ogni singolo movimento del suo corpo, ogni singolo muscolo tendersi durante lo scontro con i due agenti B.S.A.A.; mise fuori combattimento l’altra donna, poi afferrò Chris e lo immobilizzò.
Si sentì risucchiare sempre più in profondità da quell’incubo, un incubo dal quale pensava di non riuscire a uscire mai più. Poi lo sentì. Il suono più bello che avesse mai sentito in vita sua, che la raggiunse in modo cristallino in quell’angolo della sua mente nel quale era confinata -JILL VALENTINE!!-.
Il suo nome, pronunciato dalla persona che amava di più al mondo, la ridestò da quell’incubo. D’un tratto il P-30 perse tutta la sua efficacia e lei riacquistò il controllo di se stessa -JILL!!- la voce di Chris le risuonò di nuovo nelle orecchie.
Si rialzò di scatto mollando la presa su Chris e permettendo anche a lui di rimettersi in piedi; Jill stava per mettersi a piangere dal sollievo: aveva così tanto da dire a Chris, così tanto per cui scusarsi e voleva abbracciarlo per non lasciarlo più andare.
-Bene, allora guardala soffrire, Redfield- sibilò la voce di Wesker prima che questi si ritirasse nell’ascensore del complesso, e in quello stesso istante, Jill provò un dolore tremendo e iniziò a contorcersi sul freddo pavimento di metallo della sala di sperimentazione in cui si trovavano.
Wesker aveva aumentato il dosaggio di P-30 emesso dal suo marchingegno e Jill perse nuovamente il controllo del suo corpo e delle sue azioni, tornando ad essere uno strumento di morte nelle mani di Wesker.
Tentò di gridare, di chiedere aiuto a Chris, pregandolo di salvarla. La sua bocca non emise un suono. Quel fantoccio che era diventato il suo corpo si gettò contro la nuova partner di Chris, mollandole un pugno in pieno volto, per poi raccogliere la sua pistola da terra -JILL, NO!! FERMA!!- Udì gridare Chris in lontananza, ma anche questo fu inutile: la schiava-Jill tolse la sicura all’arma e sparò tre colpi che si conficcarono nel cranio dell’altra donna, che cadde a terra con un tonfo.
Chris le balzò addosso, ma lei gli bloccò il braccio destro in una morsa d’acciaio e gli ruppe l’arto all’altezza del gomito, dopodiché gli afferrò la testa con le gambe e fece leva, buttandolo a terra. Con la testa dell’uomo ancora tra le cosce, Jill strinse la presa e ruotò di scatto le gambe, spezzandogli l’osso del collo e lasciandolo a terra inerme, con gli occhi fissi a guardare nel vuoto. Jill gridò. Un grido colmo di disperazione. Un grido che solo lei, la vera Jill, poteva sentire riecheggiare nella sua mente. L’unica cosa che fece il corpo di Jill, invece, fu lasciare che una singola lacrima le scorresse su una guancia.

 

Un Nuovo Inizio
Jill si svegliò di soprassalto, con un urlo carico di terrore, angoscia e tristezza. Iniziò a singhiozzare e a piangere. Sentì a malapena il rumore di passi in corsa lungo il corridoio che si avvicinavano.
-JILL!- un uomo entrò di corsa nella sua stanza, si sedette sul letto, affianco a lei, e le prese il viso tra le mani: il volto di Chris Redfield la guardava preoccupatissimo, mentre un fiume di lacrime le bagnava gli occhi -Jill, che succede?! Stai bene?- chiese lui, allarmato; per tutta risposta, lei affondò la faccia nel suo petto e si strinse a lui, ricominciando a piangere. Chris la avvolse in un caldo abbraccio, accarezzandole delicatamente i capelli biondi e cercando di calmarla -Va tutto bene Jill, sono qui- le sussurrò dolcemente lui dandole un bacio sulla fronte; lei smise di singhiozzare e alzò lo sguardo, incontrando quello dell’agente della B.S.A.A., che le sorrise con un espressione sollevata, dopo aver constatato che la sua amata Jill stava bene, i suoi caldi occhi castani che la guardavano adoranti.
Stettero così ancora qualche minuto, lei rintanata tra le braccia di lui e si disse che niente poteva migliorare quel momento -Jill- disse ad un certo punto Chris -Cos’è successo?- la donna si scostò leggermente e lo guardò negli occhi -Io…- iniziò a dire prima che la voce le si incrinasse -ho fatto questo incubo tremendo e sembrava così vero e-e...- stava per rimettersi a piangere, Chris se ne accorse e la abbracciò nuovamente, calmandola -è tutto a posto, era solo un sogno- le disse.
Rimasero qualche secondo in silenzio, finché Jill non parlò -Riguardo a...ecco, riguardo a quel...- -Cosa facciamo riguardo a quel bacio in Africa?- la interruppe lui -Beh..sì- ammise lei arrossendo -Per te ha significato qualcosa?- gli chiese imbarazzata; Chris rimase sbalordito dalla domanda -E me lo chiedi anche?! è da quando ti conosco che sono innamorato di te!- esclamò, facendola arrossire ancor di più -E...per te?- lei divenne paonazza e iniziò a balbettare -I-io..sì, e-ecco, io...- Chris non aspettò che lei finisse di rispondere: le mise un braccio intorno alla vita, la tirò a se e la baciò; Jill fu colta totalmente alla sprovvista, ma dopo un attimo chiuse gli occhi e si lasciò andare alla dolcezza di quel momento. In quell’istante il mondo poteva anche finire e a Jill non sarebbe importato, perché quello era di gran lunga l’attimo più bello della sua vita; dopo un tempo che le parve infinito, Chris si scostò di poco e le sorrise -Beh, direi che abbiamo perso anche abbastanza tempo- disse ad un tratto -Cosa vuoi dire?- gli chiese confusa -Per tutti questi anni ci siamo girati intorno, senza mai concludere niente- continuò lui -io ti amo e tu ami me, è ora di rendere ufficiale la cosa- disse alzandosi dal letto e inginocchiandosi davanti a lei -Jill, il momento più brutto della mia vita è stato tre anni fa, quando pensavo che fossi morta. Quando pensavo di averti persa per sempre- disse -ora permettimi di trascorrere il più bel momento della mia vita- aggiunse poi, estraendo una piccola scatola di velluto blu notte dalla tasca della giacca: un tripudio di emozioni si fecero largo nel cuore di Jill, accelerando il suo battito cardiaco per l’emozione; erano moltissimi anni che aspettava solo l’arrivo di quel momento -Jill Valentine- proseguì lui -mi faresti il grandissimo onore di diventare mia moglie?- concluse con un accenno di trepidazione nella voce mentre apriva la scatola e ne rivelava il contenuto.
Lei fissò sbalordita l’anello all’interno della piccola confezione: era un splendido cerchio d’oro Bianco con una serie di piccoli diamanti che circondavano un grosso zaffiro blu elettrico. Il suo sguardo passò dall’anello a Chris per un paio di volte prima di riuscire a pronunciare le parole che da tempo sognava di potergli dire -Sì! Sì Sì Sì!!!- esclamò infine saltando al collo del suo amato e dandogli un bacio; per lo slancio caddero a terra entrambi, ridendo come due ragazzini.
Si guardarono negli occhi, le loro labbra a pochi centimetri di distanza -Ti amo- le disse Chris -Ti amo anch’io- replicò lei.

 

Epilogo
Chris passò il resto della nottata su una sedia al fondo del letto di Jill, guardandola mentre dormiva. Era stato difficile convincerla a mettersi a riposare qualche ora, dopo la proposta di matrimonio: era troppo emozionata. Lo erano entrambi. -Buonanotte, futura signora Redfield- le aveva detto lui poco prima che lei si addormentasse; Jill aveva sorriso estasiata, poi la stanchezza aveva avuto la meglio ed era crollata. Chris non chiuse occhio quella notte, aveva il terrore che se si fosse addormentato, anche solo un minuto, sarebbe successo qualcosa a Jill mentre lui non guardava; alle prime luci dell’alba però, il peso di una notte insonne iniziò a gravare sulle sue spalle e cadde in un sonno profondo.

Jill si svegliò. Aveva dormito poco più di tre ore, ma era talmente entusiasta che si sentiva fresca e riposata come se avesse dormito un giorno intero. Guardò Chris, che si era addormentato su una sedia vicino a lei. Un sorriso le affiorò sulle labbra mentre ripensava alla notte precedente: Chris che la consolava, la proposta di matrimonio, la felicità che l’aveva pervasa.
Fu dimessa dall’ospedale e Chris la portò a casa sua. Casa loro. Mentre parlavano, si toccò inavvertitamente le cicatrici che aveva sul petto con un sussulto; rimase lì immobile, fissandosi la mano che aveva cominciato a tremarle -Jill...- Chris la stava guardando, preoccupato per quella reazione.

Jill alzò lo sguardo dalla mano e lo fissò con gli occhi colmi di paura -Jill...no, tranquilla- le disse dolcemente Chris, prendendo le mani di lei nelle sue -non devi più preoccuparti, è passato. Quel mostro non può più farti alcun male-. La abbracciò, stringendola forte a sé, cercando di calmarla prima che le venisse un attacco di panico -è tutto finito- continuò a dirle -tutto finito...-.

Avrebbe voluto stare così per sempre, le braccia di Chris che la avvolgevano, il battito del suo cuore che risuonava nelle orecchie di Jill. Era tutto perfetto. Si dimenticò delle cicatrici, di Wesker e degli orrori che aveva subito.
Quando si fu calmata del tutto, Jill trasse un sospiro e Chris la prese per mano con una tacita domanda nello sguardo “Stai bene?”; lei annuì con un sorriso stringendo la mano di lui. Tutto era perfetto. La sua nuova vita cominciava ora. Con quell’uomo meraviglioso che era Chris Redfield.

 

 

 

Disclaimer: Jill Valentine e Chris Redfield, così come gli altri personaggi qui presenti sono di proprietà di Shinji Mikami e della CAPCOM. Questa storia è stata scritta semplicemente per la passione che ho per la saga di Resident Evil e per l'amore che provo per Jill e Chris, pertanto non ha fine di lucro e il Copyright si ritiene inviolato. Questa storia, tuttavia è di mia invenzione e ha come intento quello di spiegare cosa succede tra i protagonisti dopo gli eventi di Kijuju, pertanto non è possibile fare riferimento a questo racconto in altre storie, a meno che non mi venga richiesto o io non dia specificatamente il mio permesso.

   
 
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