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Autore: LaSil88    11/06/2017    3 recensioni
Le lunghe dita della mano lo sfiorarono appena, pronte a stringere la stoffa e a tirare la donna verso di lui, ma Lucrezia fu più veloce. Con una piccola risata, che si perse nel vento, gli voltò le spalle e fece qualche passo verso il ciglio della scogliera
[Partecipa alla sfida dell'Oca EFPiana versione scrittura.]
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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    Titolo storia: Cuore e Vento
    Autore (su forum e EFP): LaSil88
    Prompt: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=727346257447378&set=oa.1301084179927929&type=3&theater
    Fandom: Originale
    Coppia: Het
    Genere: Romantico
    Rating: Giallo
    Introduzione: “Le lunghe dita della mano lo sfiorarono appena, pronte a stringere la stoffa e a tirare la donna verso di lui, ma Lucrezia fu più     veloce. Con una piccola risata, che si perse nel vento, gli voltò le spalle e fece qualche passo verso il ciglio della scogliera.”
    Note: Omegaverse!AU. I protagonisti vengono da una vecchia storia che scrissi tempo fa e che ho cancellato, ma la storia si può leggere tranquillamente senza conoscerla. Il titolo c’entra poco con la storia: stavo semplicemente ascoltando la canzone “Cuore e Vento” dei Modà, mentre scrivevo.
Cuore e Vento

    Il vento le sferzava i capelli, mandandoli in ogni direzione; alcune ciocche le finivano davanti al volto, oscurandolo alla vista per brevi istanti. La chioma nera, però, non poteva celare del tutto il sorriso che adornava il suo volto come il più bello dei gioielli. Le labbra rosse incorniciavano denti bianchi e perfetti, sempre scoperti in quel dolce gesto solo per lui. I suoi occhi dorati pieni di gioia non lo abbandonavano nemmeno per un istante, osservandolo come una predatrice pronta ad attaccare. O forse era ancora un cerbiatto pronto a fuggire dalle sue zanne?
    «Come mai sei così felice, Lucrezia?» le domandò subito, ricambiando il suo sorriso. Era incapace di trattenersi con lei, di mostrare quel lato dolce che nessuno conosceva; un po’ come lei, che si dimostrava più disinibita quando erano insieme.
    «Mi hai portato lontano da Venezia, Kevin.» rispose lei con semplicità disarmante. Per qualche istante gli parve di rivedere quella ragazzina opportunista, con i soliti fianchi larghi ed i lunghi capelli neri, piena di insicurezze e di paure, che sfruttava il suo secondo genere solo per ottenere protezione. La donna davanti a lui era più sicura, ora; aveva abbandonato gli abiti che coprivano le sue forme, optando qualcosa che mettessse in risalto quei fianchi che adorava stringere e mordere durante il sesso. Anche il vestito che indossava in quel momento, un semplice prendisole nero, le cingeva i fianchi perfettamente.
    «Non pensavo che bastasse così poco!» ribatté subito, un ghignetto a tirare le labbra fini. Fece istintivamente un passo avanti, cercandno di afferare il fondo del suo abito che sventolava come una bandiera. Le lunghe dita della mano lo sfiorarono appena, pronte a stringere la stoffa e a tirare la donna verso di lui, ma Lucrezia fu più veloce. Con una piccola risata, che si perse nel vento, gli voltò le spalle e fece qualche passo verso il ciglio della scogliera; mise in mostra la schiena completamente nuda, i cui unici segni erano quelli lasciati da lui la notte precedente. La sola vista dei suoi denti e delle sue mani su quella pelle così chiara creò un moto di soddisfazione al suo Alpha interiore. Indicavano il possesso più puro: lei non era per nessuno; la sola vista di quei segni avrebbe dovuto spingere qualunque altro Alpha (e persino dei semplici Beta) ad allontanare gli occhi dalla sua compagna.
    «Oh, dai! Lo sai perché!» disse ad alta voce per farsi sentire al di sopra del vento. Lucrezia passò una mano fra i capelli, allontanandoli dal volto mentre sorrideva all’oceano sotto di loro, leggermente mosso ed illuminato dal sole che lentamente si alzava oltre le alte scogliere.
    «Giusto!» esclamò Kevin, battendo il pugno sul palmo aperto mentre l’espressione si illuminava di comprensione. Pura e semplice ironia; si stava solo prendendo gioco di lei. Anche se non la vedeva, sapeva che le guance si erano gonfiate in uno sbuffo. «La nostra Luna di Miele. Come ho fatto a dimenticarmene.»
    «Kevin!» arrivò subito la sua reazione indignata, mentre lo guardava da sopra una spalla con quel broncio che avrebbe tanto voluto baciare via con foga. Si apprestò anche a mettere fine a quella distanza fra di loro, prenderla fra le braccia ed amarla proprio lì, senza alcuna vergogna. Ma Lucrezia era Lucrezia; andava sempre controcorrente con lui e gli lasciava ben poche scelte. Poche volte erano davvero in sintonia, fino al punto da pensare di fare la stessa cosa. Era questo che amava di lei, come fosse in grado di sfuggirgli e di fare l’esatto contrario di quello che voleva. Come se stesse guardando una scena a rallentatore, Lucrezia si buttò oltre la scogliera, nell’oceano agitato sotto di loro. Alzò gli occhi al cielo, osservando il punto dove prima si trovava la donna; solo i sandali dorati erano rimasti lì, come il giorno prima, in una silenziosa richiesta da parte sua: “ci vediamo alla spiaggia”. Con uno sbuffo finale, prese le calzature e percorse il sentiero a ritroso verso la spiaggia. Un’Omega completamente fradica lo avrebbe atteso da lì a pochi istanti, per suggellare l’ennesimo momento assieme con il vento e l’oceano come unici testimoni.
   
 
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