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Autore: musa07    12/06/2017    4 recensioni
" Di una cosa Otabek era certo. Che il sorriso di Yuri andava protetto [...]
Quante volte Yuri era salito in sella a quella moto? Tante! Infinite. E infinite avrebbero dovuto continuare ad essere, ma questa volta era stato diverso. Questa volta Yuri aveva preso il casco dalle sue mani estremamene silenzioso, con gli occhi di quel verde incredibile e indescrivibile – che avevano iniziato ad accompagnar i suoi sogni da tempo ormai – forse timidamente abbassati. Era salito senza dire una parola ma caspita se Otabek non aveva sentito il suo cuore pulsare e battere a mille, rimbombandogli addosso nel momento in cui il petto del biondo si era appoggiato alla sua schiena. E non solo perché era vestito con una semplice maglietta e basta. No, molto semplicemente era dovuto al fatto che era in sincrono con il suo [...]"
Otayuri per par condicio.
Sì, il titolo ... ok ... ho gravi problemi nel trovare i titoli per le fic, abbiate pietà.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Otabek Altin, Yuri Plisetsky
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ok, è stato a little parto, lo ammetto.
Ho scritto quattro inizi diversi,
poi ho capito che il problema era
che cercavo di scrivere dal pov di Beka.
Nope, non s’ha da fare per me lol perché io vado in adorazione contemplativa dell'OtaBear ergo, necessitavo di spostare il focus
 
E non poteva non esserci un continuo
visto che sono stata minacciat …ehm:
caldamente invitata a produrlo.
 
 

 
Il meme l’abbiamo inventato noi
 
 
 
Di una cosa Otabek era certo. Che il sorriso di Yuri andava protetto.
 
Per questo non gli aveva mai confessato i suoi sentimenti, men che meno lasciati trapelare.
Perché? Molto semplicemente perché era semplicemente terrorizzato che Yuri avrebbe potuto sentirsi in qualche modo tradito da lui. Oh, andiamo: inutile raccontarsela, erano due ragazzi e Yuri aveva da poco compiuto sedici anni, di certo non doveva essere il massimo per lui sentirsi dire da quello che ormai considerava il suo migliore amico, il primo estraneo con il quale si fosse aperto, fidandosi ciecamente di lui  Sai, Yura penso di essermi innamorato di te. Sì, ok: togliamo pure il penso.
Di sicuro un trauma! Robe che, conoscendo l’elemento, gli avrebbe come minimo tirato una testata e poi ciao mondo.
Per sua fortuna lui era bravo a non far mai trapelare ciò che gli si agitava dentro, anche se con il suo Yura era veramente difficile. Difficile trattenere certi mezzi sorrisi che era così raro vedere in lui …
Come se fosse stato possibile non notare la cura che Otabek aveva in qualsiasi cosa riguardasse Yuri, quel suo erigersi come un moderno eroe dei nostri tempi a sua protezione silenziosa. Bisognava proprio essere ciechi! E solo il diretto interessato infatti – perso nella piacevole euforia e confusione di quei nuovi sentimenti mai sperimentati prima, con l’annessa paura di un sentimento che seppur nella sua bellezza cresceva a dismisura senza possibilità di replica – non si era minimante accorto di nulla.
 
 
Ma sulla sua moto con Yuri seduto dietro di lui, con le sue braccia che gli circondavano la vita, la guancia ancora una volta appoggiata alla sua schiena, mentre era perfettamente consapevole che avrebbe potuto continuare a stare in sella del suo fido destriero semplicemente per sempre, ancora una volta – come poco prima, mentre si trovavano riversi sul terreno del parco dietro casa di Yuri  - aveva capito che non poteva più tacere.
Quante volte Yuri era salito in sella a quella moto? Tante! Infinite. E infinite avrebbero dovuto continuare ad essere, ma questa volta era stato diverso. Questa volta Yuri aveva preso il casco dalle sue mani estremamene silenzioso, con gli occhi di quel verde incredibile e indescrivibile – che avevano iniziato ad accompagnar i suoi sogni da tempo ormai – forse timidamente abbassati. Era salito senza dire una parola ma caspita se Otabek non aveva sentito il suo cuore pulsare e battere a mille, rimbombandogli addosso nel momento in cui il petto del biondo si era appoggiato alla sua schiena. E non solo perché era vestito con una semplice maglietta e basta. No, molto semplicemente era dovuto al fatto che era in sincrono con il suo.
 
 
Nonostante quella mattina avesse dato l’illusione che sarebbe stata una giornata fresca e ventilata, alla fine – con l’avanzare delle ore e del sole – ecco che il caldo afoso aveva iniziato via via a prendere il sopravvento. Faceva caldo. Indubbiamente molto caldo ma in sella al destriero di metallo di Otabek, complice anche la brezza che arrivava direttamente dal Mar Baltico che si stagliava imperturbabile e calmo alla loro destra mentre loro due stavano sfrecciando sulla strada, il vento aveva donato loro un senso di refrigerio mentre accarezzava e scompigliava giocosamente i capelli biondi di Yuri.
Yuri che, per l’ennesima volta, aveva sospirato lieve, con il volto poggiato sulla schiena di Otabek, le braccia allacciate sui suoi fianchi, una mano intrecciata alla sua mentre ne accarezzava il guanto di pelle nera, dopo che Otabek –  dopo aver disinserito la quarta, aveva di poco rallentato per lasciare che il suo prezioso passeggero si godesse il paesaggio, osservando come le lunghe lingue della sera si allungavano sempre più sul bagnasciuga ormai deserto – gli aveva preso la mano con un tocco a dir poco da brivido.
C’era forse un altro posto dove Yuri avrebbe voluto essere in quel momento?
Assolutamente no!
 
E come il vento aveva allora accarezzato i capelli dorati di Yuri, così poco prima avevano fatto lo stesso le dita di Otabek, quando finalmente quest’ultimo si era permesso di dar sfogo a quel desiderio di poterlo fare che alleggiava nel suo cuore e nel suo animo da tanto, troppo!, tempo.
Si trovavano proprio in sella di quella moto, nella piccola altura a strapiombo che regalava una vista mozzafiato della baia sotto di loro, con il sole che aveva iniziato la sua lenta discesa sul mare limpido e cristallino, colorandolo di arancione, con Beka al suo fianco, seduto di fronte a lui, un piede a terra a sorreggere l’equilibrio della Guzzi, una mano poggiata sulla sua, ancora ben ancorata al suo fianco, mentre ne carezzava il dorso con il pollice, l'altra a farsi scorrere tra le dita quei fili dorati.
Non avevano proferito parola alcuna da quando si erano mossi, da quando Otabek - che aveva indubbiamente uno spirito di iniziativa e schiettezza senza eguali ma indubbiamente anche un tempismo del cazzo, perché l’aveva preceduto proprio mentre lui, raccolto il fiato e anche i capelli biondi con una mano, stava per aprir bocca – gli aveva sparato quelle semplici quattro parole.
 
Yura, tu mi piaci …
 
E lui era rimasto lì, a bocca aperta, like a coglione. Un’espressione indubbiamente intelligente in volto, incapace di dir altro se non biascicare qualcosa del tipo Anche tu, Beka.
Cazzo se gli aveva fregato l’effetto sorpresa che lui era certo di sfruttare, per poi magari darsi alla fuga verso casa – recuperata Minù al volo – e lasciarlo lì impiantato al parco e non rispondere ai suoi messaggi e alle sue chiamate, hum … tipo mai più? Emigrare in qualche paese sudafricano e ciaone proprio.
Ok, lui era la Tigre di Russia, ma non aveva mai fatto una dichiarazione a nessuno, andiamo. Ovvio che sarebbe morto di vergogna!
E Otabek cosa aveva ben pensato di fare? Fregargli la scena. Robe che, per ripicca, gli sarebbe anche potuto venire di dirgli Tu mi stai sul cazzo invece.
Ma figurarsi se sarebbe stato in grado di formulare qualcosa di simile. Già ci aveva messo all’incirca un secolo a mettere insieme il senso di quelle quattro parole – e sì che, più o meno, parlavano la stessa lingua – molto semplicemente perché Beka gliele aveva spiattelate in muso con la sua solita faccia imperturbabile, se non fosse stato per un lieve, piccolo, quanto a dir poco adorabile rossore che era stato visibilissimo agli occhi di Yuri anche sotto la sua pelle di quell’invidiabile color olivastro, molto semplicemente perché i loro volti – ancora in quella posizione scomoda dell’esser riversi sul terreno dopo che erano caduti – era pressoché attaccati.
Si era sentito, quindi, proferire quella sua risposta e vedere le labbra di Beka piegarsi in quel piccolo mezzo sorriso che sì, indubbiamente gli aveva tolto il sonno, era stato il colpo di grazia che l’aveva mandato completamente in tilt.
 
E poi, ecco, il loro solito rifugio in sella alla moto, in quel piccolo micromondo creato su misura per loro, dopo la solita giornata estenuante di allenamenti dove non si erano più potuti confrontare in merito a quanto avvenuto quella mattina e lui non aveva potuto far altro che rubare con gli occhi la figura di schiena dell’altro, mentre eseguiva uno di quei salti che, oh Signore: lo spostavano da una parte all’altra del ghiaccio apparentemente senza nessuno sforzo con quella sua potenza che comunque era sempre in grado di trasmettere un senso di sicurezza in Yuri, perché era una potenza che aveva controllo. Come quando Beka portava la moto. Quei cilindri avevano una potenza inaudita, capaci di mangiarsi la strada, ma in mano ad Otabek erano sempre controllati, anche quando sfrecciavano per le strade di campagna deserte.
Come avevano fatto alla fine del pomeriggio, cavalcando verso il Mar Baltico. Non era indubbiamente il massimo la città di Komarovo e la sua Laskovy pliazh, ma la vista sul Mar Baltico e sul vicino golfo di Finlandia era indubbiamente mozzafiato, così come l’essersi tolti dalla calura infernale che i palazzoni del centro città di San Pietroburgo contribuivano a creare. A mano a mano che si erano addentrati nella campagna russa, le fronde degli alberi avevano donato loro quel senso di refrigerio che li aveva permesso di respirare nuovamente.
Non avevano più detto nulla in merito a ciò che si erano confessati la mattina. Di certo non sarebbe stato Yuri a riprendere in mano l’argomento. E questo Otabek lo sapeva molto bene. Per questo, durante il tragitto, si era semplicemente goduto il corpo di Yuri ancorato al suo, le ginocchia che gli sfioravano le gambe, il petto del biondo appoggiato alla sua schiena, quelle braccia che lo circondavano e che gli trasmettevano tutta la fiducia che Yuri riponeva in lui mentre lo guidava via, lontano da tutto e da tutti …
D’altra parte se Otabek era uno silenzioso, lo stesso non si poteva dire di Yuri, ma con Beka il silenzio non gli pesava mai.
 
E alla fine era successo.
Come se fosse la cosa più naturale del mondo. Perché era la cosa più naturale del mondo …
In sella alla moto, ovviamente, unica testimone silenziosa, con Yuri fatto scivolare silenziosamente lungo il sellino dopo che il kazako l’aveva sorpreso a spiarlo di sottecchi per l’ennesima volta.
Si era lasciato docilmente condurre a cavalcioni di Otabek, posizionandosi con la sua solita grazia felina; le guance in fiamme, la salivazione completamente azzerata, il cuore che -  Yuri era certo - gli sarebbe esploso in petto da un momento all’altro.
I loro volti si erano avvicinati, le loro labbra si erano avvicinate, mosse da sole, senza bisogno che nessuno dei due dicesse loro cosa fare, come se non aspettassero altro da tempo immemore. I loro respiri si erano mescolati, le punte dei loro nasi si erano sfiorate impacciate prima di unirsi. Nessuno dei due si era sorpreso nel sentire quanto morbide e invitanti risultassero le labbra dell’altro, il loro calore, mentre ancora si sperimentavano, permettendosi a vicenda di conoscersi e abituarsi a quel nuovo contatto.
Inutile dire che inizialmente Yuri si era lasciato guidare da Otabek, semplicemente non riuscendo a staccarsi dalle sue labbra cercando, al contempo, di prendere il comando. Solito gattino dispettoso, che aveva fatto sorridere internamente Otabek, mentre gli prendeva il volto tra le mani per non permettergli per nessun motivo di staccarsi da lui, carezzandogli le guance con dolci movimenti circolari dei polpastrelli delle dita. E mai rientro a San Pietroburgo avrebbe potuto essere più drammatico se lui - con una spavalderia che nascondeva in sé un imbarazzo assurdo - non gli avesse chiesto di fermarsi a dormire a casa sua, vista l’ora tarda.
- N-non ho cattive i-intenzioni. – aveva precisato cercando di darsi un contegno, mentre si cacciava le mani in tasca della giacca della felpa facendo una tenerezza assurda ad Otabek.
 
Ed ora lì, a distanza di qualche ora, disteso supino mentre il sonno proprio non si decideva a venire, Yuri stava ripercorrendo con la mente ogni singolo istante, ogni singolo frammento, di quel loro baciarsi sempre più urgente ma mai affrettato. E un nuovo sospiro gli uscì dalla bocca. Doveva essere stato un sospiro più rumoroso degli altri, perché sentì Beka mugugnare nel sonno per poi svegliarsi.
- Che c’è Yura, non riesci a dormire? – chiese questi mentre si metteva supino a sua volta. I capelli arruffati, lo sguardo assonnato.
E, no no: gli occhi non avevano mica vagato sul petto nudo dell’altro – doveva veramente decidersi a farsi mettere l’aria condizionata in quel forno di casa – soffermandosi su ogni singola cesellatura degli addominali, per non parlare degli obliqui che si gettavano nell’elastico dei pantaloncini.
- N-no, … A-adesso mi addormento. – biascicò sentendo le guance andargli irrimediabilmente a fuoco cercando di correre ai ripari mettendosi di fianco e dandogli le spalle mentre lo sentì emettere una piccola risatina gutturale che Yuri aveva semplicemente imparato ad adorare, nonché a fargli venire i brividi.
Così come udì perfettamente il frusciare delle lenzuola, il suo avvicinarsi e lui non poté che attendere in trepidante attesa. Ed infine sentire il corpo dell’altro aderire e combaciare perfettamente al suo, le sue braccia forti avvolgerlo in una stretta sicura ma gentile, proprio com’era Otabek. Si rigirò in quell’abbraccio, in quell’alcova felice, infossando il volto sull’incavo del collo dell’altro, mentre gli carezzava la schiena in punta di dita, con il solo frusciare dei loro respiri a far da colonna sonora, raggomitolandosi in quell’abbraccio confortante.
- Beka, sono felice … -
E non sembrarono per niente delle parole vuote ed inflazionate, perché Otabek sentì sulla pelle del proprio petto come le labbra di Yuri si curvarono in un piccolo sorriso beato.
Ecco perché Otabek era certo di una cosa.
 
Che il sorriso di Yuri andava protetto.
 

 
 
 
Fine
 
 
 

 
   
 
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