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Autore: Elyana    14/06/2017    2 recensioni
Aurora Skyesword é cresciuta con la consapevolezza di essere una delle Drahyr piú potenti d'Europa in un mondo in cui la scomparsa degli esseri soprannaturali ha decretato l'inutilità della sua razza di cacciatori, e i suoi poteri la rendono indispensabile solo per le alleanze politiche.
Quello che non poteva aspettarsi era che sua madre le annunciasse il suo matrimonio combinato poche ore dopo che lei ha incontrato, tra i mortali, la sua Anima Gemella.
La scelta le sembra semplice, ed è pronta a rinunciare a tutto per compiere il suo destino, ma ad intralciare il suo piano ci sono dei sogni che sembrano i ricordi di una vita passata e la maledizione di una strega.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si vis pacem, para bellum
 
Spagna, 1495
Scappa, diamine, scappa!
Il desiderio di correre più veloce le toglieva quasi il respiro, ma le radici degli alberi del bosco in cui era cresciuta non facevano altro che rallentarla nel cammino. Continuando così sarebbe presto finita nelle mani dei soldati che la stavano inseguendo.
Eppure sua madre l’aveva avvertita di andarsene prima che fosse troppo tardi, aveva cercato di convincerla a seguire il resto della sua famiglia, ad abbandonare la sua casa, l’unico posto che lei considerasse davvero sicuro. Ma lei era stata troppo testarda: altri cacciatori di streghe ed inquisitori erano giunti nel loro villaggio ma non avevano trovato nulla di sospetto, quindi Astrea non si era preoccupata. Aveva scelto di rimanere, insieme con suo fratello maggiore, mentre il resto dei loro cari se ne andavano, troppo timorosi nel rimanere.
Avevano fatto bene.
All’inizio era sembrato tutto normale, la prassi sempre quella. Ma poi sua madre aveva notato le differenze: stavolta a dare la caccia alle streghe era una famiglia. Un Clan di Drahyr, aveva specificato.
Prima che tutta questa storia iniziasse Astrea aveva considerato i Drahyr una leggenda, qualcosa che era stato inventato per fare in modo che le creature soprannaturali non abusassero dei loro poteri per sottomettere o fare del male agli umani. Dopotutto non poteva esistere una razza, cosí tanto affine agli umani da non distinguersi da essi, con poteri particolari, letali solamente per gli esseri come lei. Esseri mandati dal Creatore stesso per salvaguardare la libertà dei mortali. Era questo che si era sempre detta.
Poco dopo la scoperta di sua madre, però, la situazione si era fatta più pericolosa.
Saffo era una delle sue migliori amiche, una ragazza solare con occhi scuri ipnotici e fluenti capelli dorati. Quando camminava assomigliava ad un giunco mosso dal vento, e tutti sembravano adorarla due secondi dopo averla conosciuta. Sebbene non avesse mai usato il suo talento tutti gli esseri non umani del villaggio sapevano che era una Draconiera, una Signora dei Draghi, una dei pochi esseri in grado di addomesticare le creature più pericolose del creato.
Una mattina, una settimana circa dopo l’arrivo della famiglia Drahyr, la gente del villaggio era stata radunata nella piazza. Al centro vi era il figlio maschio più giovane e Saffo, con le mani legate ad un palo a cui piedi stavano della paglia e dei rami secchi. Astrea aveva cercato di avvicinarsi, ma suo padre l’aveva bloccata in maniera decisa.
«Oggi assisterete alla punizione divina di questa giovane! Non solo si tratta di una strega della peggior specie, ma è stata anche colta nell’atto di avvelenare mia sorella con uno dei suoi intrugli!», aveva annunciato il ragazzo, senza il minimo tremore nella voce.
Astrea sapeva che nulla di quello che il ragazzo stava dicendo era vero. Spostando gli occhi sul circondario si accorse che neanche gli altri abitanti erano convinti delle parole del giovane, ma nessuno osava contraddirlo, paurosi di essere incriminati anche loro.
Gli occhi caddero sulla sorella del ragazzo,  colei che aveva apparentemente rischiato di essere avvelenata. La ragazza aveva gli occhi azzurri contornati di rosso, e a qualcuno che non era in grado di leggere nelle emozioni come sapeva fare qualcuno con il talento di Astrea sarebbero potuti sembrare quelli di una persona che aveva appena subito uno shock. Ma lei era una strega dei legami, lei vedeva le connessioni che univano le persone, e riusciva a vedere che la ragazza si stava trattenendo dal correre da Saffo per liberarla.
Come ogni buona Anima Gemella avrebbe fatto.
Quello che era accaduto pochi istanti dopo era ancora impresso nella parete delle sue palpebre. Astrea aveva sentito raccontare dei falò delle streghe e di quanto erano atroci, ma vederlo dal vivo era qualcosa di così orrendamente indescrivibile che avrebbe solo voluto urlare di farla finita e di darle una morte pietosa e veloce.
Naturalmente, però, non poteva farlo: avrebbe rischiato di fare la stessa fine della sua amica.
Alla fine dell’esecuzione Astrea aveva tentato di avvicinarsi alla giovane Drahear, ma prima che potesse raggiungerla il fratello l’aveva presa per un braccio e trascinata via.
«Ti odio, Louis», l’aveva sentita dire, con un tale astio che Astrea si era sentita corrodere dentro.
«Un giorno mi ringrazierai Amelia. Era una creatura magica, e andava fatto. Se non lo avessi fatto io, avresti dovuto farlo tu, e lo sai. I nostri genitori non ti avrebbero permesso di lasciarla in vita».
Dopo quel giorno le esecuzioni si erano susseguite l’una all’altra. Una settimana dopo la famiglia di Astrea era partita per Madrid, con la scusa di affari famigliari urgenti, lasciando solo lei e Ramon, suo fratello maggiore.
Nonostante gli orrori quotidiani, però, Astrea aveva creduto di essere salva. Nessuno poteva sospettare di lei se non usava i suoi poteri e se stava ben lontana dalla famiglia Drahyr, no?
Ma era più facile a dirsi che a farsi. Nel suo piano non aveva tenuto in conto Pedro. I due erano cresciuti insieme, e tutti nel villaggio davano per scontato che si sarebbero sposati. Non Astrea, che dopo l’adolescenza aveva iniziato a considerare il ragazzo insopportabile, soprattutto perché era convinto che lei non potesse fare altro che cadere a suoi piedi e che facesse la sostenuta solo perché era quello che una ragazza rispettabile era tenuta a fare.
Si sbagliava di grosso. Il motivo era semplice: Astrea stava aspettando la sua Anima Gemella, e anche se così non fosse stato nessuno della famiglia avrebbe approvato un’unione con un comune mortale. La sua stirpe magica era troppo antica per infangarla in questo modo.
Dopo l’ennesima lite in cui era intervenuto suo padre, Pedro non aveva più osato avvicinarla, ma ora che la famiglia della ragazza se ne era andata lasciando come sua unica protezione Ramon, avrebbe dovuto immaginare che l’umano avrebbe riacquistato coraggio.
Quella sera Astrea stava tornando dalla funzione dei Vespri quando si era sentita trascinare in un vicolo buio. Nel momento in cui si era ritrovata di fronte il viso di Pedro aveva capito quello che stava per succedere ed aveva cercato di urlare, ma lui era stato più veloce nel bloccarla.
Astrea si era vista finita nel momento in cui era stata sbattuta al muro e le mani del ragazzo avevano iniziato a sollevarle la gonna. Neanche tra le streghe era ben vista una ragazza che aveva rapporti prima del matrimonio, soprattutto se con un umano. All’interno del mondo magico chi portava avanti la stirpe erano le donne ed avere un rapporto con un umano significava comprometterla irreparabilmente.
La ragazza cercò di divincolarsi, ma non aveva mai svolto lavori fisici e la sua forza non era paragonabile a quella di Pedro, che di giorno aiutava il padre nei campi e che forse era il ragazzo più forzuto del villaggio. Però Astrea dalla sua parte aveva un alleato prezioso: la sua magia.
Persa nell’orrore del momento, la ragazza sentì crescere una rabbia immensa dentro di lei, così calda che sembrava bruciarle le viscere. Pochi istanti dopo, senza che lei avesse modo di comprendere ciò che era successo, Pedro era a terra… privo di vita.
Ci mise un istante a capire ciò che aveva appena fatto. Ho infranto il Codice. Ora i Drahyr l’avrebbe trovata e avrebbero avuto qualunque diritto di ucciderla. E loro percepivano la magia, percepivano il momento e il luogo dove veniva usata.
La magia era come un terremoto.
«Ho visto quello che è successo. Scappa». La strega sobbalzò al suono della voce, ancora di più nel momento in cui vide che a parlare era stata Amelia. La Drahear si limitò a sbuffare della sua esitazione. «Che aspetti? Presto mio fratello sarà qui, e a lui non puoi scappare».
«Perché lo stai facendo?».
«Perché ho visto quello che è successo. L’avrei fatto anche io. Ora va’».
Astrea non si era più voltata indietro. Ed ora stava correndo attraverso la foresta, cercando di scappare da un ragazzo che l’avrebbe uccisa nell’istante in cui l’avrebbe trovata. Per lei non ci sarebbe stata nessuna esecuzione pubblica, solo una morte veloce.
Forse, a pensarci, quella era l’unica consolazione.
Improvvisamente sentì la terra affondare sotto i piedi, risucchiarla fino alle ginocchia. Ma non potevano esserci sabbie mobili, non in una foresta di montagna come quella in cui si trovava. È un’illusione. Lui ti ha trovato.
La ragazza chiuse gli occhi, e quando li riaprì le sabbie mobili non esistevano più, ma i suoi piedi erano intrappolati in un lazo. Dall’ombra spuntò Louis, il cacciatore. Astrea provò una vampa d’odio nel vederlo respirare tranquillamente nonostante la corsa, i capelli biondi ancora perfettamente acconciati come quando lo erano stati durante i Vespri a cui anche lui aveva assistito, e gli occhi verdi illuminati da una luce assassina.
«Guarda un po’ chi abbiamo qui. Una piccola streghetta».
«Non ho bisogno del tuo sarcasmo. Uccidimi e basta», gli rispose lei, stupendosi tra sé e sé del coraggio che aveva trovato.
«Non così in fretta», ribatté lui, avvicinandosi e prendendo il suo viso tra le mani. «Dobbiamo fare in modo che la tua anima non si reincarni, no?».
Vedendo le catene d’oro che il ragazzo aveva in mano, Astrea venne invasa dalla nausea. L’unico modo per impedire che un’anima ritornasse in vita era seppellire il corpo sotto un albero e legare le sue mani alle radici con delle catene fatte interamente d’oro, che simboleggiava la vita materiale e terrena.
La ragazza assistette con orrore mentre il ragazzo legava la catena ad una radice sopraelevata della quercia sotto cui si trovavano  e poi con la stessa legava i suoi polsi. Solo dopo aver compiuto quest’operazione decise di liberarle le caviglie.
La prima cosa che fece Astrea, naturalmente, fu rifilargli un calcio dritto sotto il mento. Se doveva morire, almeno lui avrebbe avuto un ricordo di lei.  L’azione le costò uno schiaffo che per poco non le fece perdere i sensi, ma nella sua mente pensò che ne era valsa la pena.
«È un vero peccato, Astrea. Se tu non fossi stata una strega avrei potuto pensare di corteggiarti. Ma era così che doveva andare: per fortuna hai mostrato la tua vera natura prima che fosse troppo tardi».
Louis fece roteare tra le mani quello che sembrava un coltello rituale, finemente  intagliato, ma più lungo di quello che era un normale athame. Era un incrocio tra una spada e pugnale, un Blarke, l’arma tipica dei Drahyr.
«Addio, streghetta», le sussurrò all’orecchio, prima di infilzarle il cuore con l’arma. Pochi istanti prima di morire, Astrea notò un filo rosso legato al suo mignolo destro. Seguendolo lo vide arrivare al mignolo sinistro del ragazzo, e non poté fare a meno di pensare che il suo era un destino davvero orrendo.
Uccisa dalla mia  Anima Gemella.
Alzò lo sguardo e negli occhi di Louis trovò la consapevolezza di ciò che aveva fatto.
L’ultima cosa che vide prima di spirare fu il ragazzo che, tra le lacrime, distruggeva la catena dorata.
Ci rincontreremo.


 
Roma, presente
Un urlo risuonó attraverso le pareti della villa. Nella sua stanza, Aurora si sveglió in un bagno di sudore, i capelli rossi appiccicati alla fronte e gli occhi azzurri completamente appannati dalle lacrime.
Sì strinse tra le lenzuola del suo immenso letto, rannicchiandosi su se stessa, sembrando ancora più minuta di quello che era.
Era la seconda volta che faceva lo stesso incubo. Ma come le avevano sempre detto, poteva essere una semplice coincidenza. Due é una coincidenza, tre è uno schema.
Cercando di tranquillizzarsi, si ridistese nel letto. Eppure sentiva che qualcosa stava per avvenire. Doveva essere pronta.
   
 
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