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Autore: BuFr    14/06/2017    0 recensioni
Il poliziotto integerrimo. L’artista cool. Il cattivo ragazzo. E un adolescente dotato di ingombranti poteri sovrannaturali, pronto a sconvolgere la loro quiete.
Un mondo normale, e un altro che è un totale delirio.
E un triangolo d’amore e desiderio persino troppo aggrovigliato. Tanto aggrovigliato, da avere quattro vertici.
****
Raccolta di missing moments e frammenti ex novo collegati alla saga "Clover", edita da Centauria Libri.
Alcune parti sono riprese dalla prima stesura di Clover, ovvero FOUR, feuilleton nato e cresciuto proprio qua su EFP.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci qui!

Lo speciale “Thanksgiving”, che verrà pubblicato in due parti, fa da raccordo tra il primo libro “Clover” e il secondo, in fase di scrittura. È trascorso quasi un mese dal Capodanno degli Spiriti...

Lo speciale è incentrato sul triangolo amoroso tra Christian, Tyler e Harry, e in special modo sui paralleli e sulla differenze caratteriali tra questi ultimi due.

Grazie per avermi seguita fin qui!

 

***

 

 

Con una in cielo, con l’altra nell’Inferno.

Una è miele, e l’altra è un dolce fiele.

Una è amore, e l’altra sangue al cuore.

Cuore in me, che sei così spezzato, 

 dilaniato, separato in due.”

 

(Citazione tratta dal musical Notre-Dame de Paris).

 

 

Il treno passava praticamente in mezzo al deserto, per raggiungere Hollyfield.

Christian non avrebbe saputo ripercorrere i momenti che l’avevano portato ad accettare l’offerta di Tyler di lasciare la grande città, Cardenal, e trascorrere la Festa del Ringraziamento nel suo paese d’origine.

Aveva bisogno di staccare, davvero.

“Almeno per due giorni, lasciamoci il Capodanno degli Spiriti alle spalle” gli aveva detto Tyler quando gliel'aveva proposto.

Christian avrebbe voluto che fosse possibile.

Ne avevano discusso molto, anche se Christian faceva di tutto per tenere l'amico all'oscuro degli sviluppi successivi. Ogni giorno suo nonno Anemos gli faceva il bollettino di caccia, quanti spiriti erano riusciti a catturare o eliminare, quanti erano ancora inattaccabili – i pezzi grossi soprattutto, River e Sky, non offrivano per il momento traccia di sè.

Ciò di cui invece i due amici non avevano più fatto parola era stato il dopo: la crisi di Christian e il successivo rituale – voluto da Anemos e a cui Christian, se fosse stato in grado di intendere e volere, si sarebbe opposto con forza – per risvegliarlo e legare tre umani a lui. Tyler, appunto, Harry Spades, e... L'agente William Winter.

Era un mese, da allora, che Will lo ignorava se lo incrociava per strada. Totalmente. Nemmeno un’occhiata, un cenno di saluto.

“Dite a Christian che per un po' preferisco non vederlo.”

Aveva mantenuto la parola.

Dal giorno in cui il nonno di Christian, Anemos, aveva sfruttato l'ausilio di Will, Tyler e Harry per riportare Christian alla coscienza, il poliziotto non aveva neppure cercato spiegazioni su tutto ciò a cui aveva assistito durante la notte di Halloween. Non aveva più voluto saperne e basta.

Anche se quella notte aveva baciato Christian. Certo, prima che tutto quel casino si verificasse, prima che gli spiriti facessero irruzione dall'Oltremondo davanti ai loro occhi, scioccandolo.

Ora Will più o meno sapeva di lui, dei suoi poteri e della sua realtà. Il suo silenzio poteva significare una sola cosa: la faccenda lo repelleva.

E come poteva dargli torto?

Solo che…

 “Sei pensieroso, Christian” gli disse Tyler, distogliendolo dai suoi turbinii mentali. “Quando fai quella faccia hai un’aria più adulta.”

Stava guardando fuori dal finestrino da almeno mezz’ora, perso nei suoi voli pindarici.

“Sei per caso in ansia perché ti costringo a conoscere la mia numerosa famiglia?” domandò alla fine Tyler, accigliato.

Christian distese la faccia in un moto di stupore. A dire il vero, non ci aveva nemmeno pensato. O meglio, era riuscito a dimenticare la faccenda.

Sarebbe stato ospite in casa Luke per due giorni, in tempo per la cena del Ringraziamento.

Questo significava vivere per due interi giorni sotto lo stesso tetto con Tyler, con i genitori di Tyler e con i suoi quattro fratelli.

Scostò il viso dal finestrino, cominciando seriamente a preoccuparsi. E se l’avessero accolto come un estraneo? E se lui non gli fosse piaciuto?

Accidenti. Si comportava come se Tyler fosse il suo ragazzo.

Diamine.

Diamine…

In effetti, quell’invito a Hollyfield conteneva dei risvolti che Christian non era ben in grado di decifrare. Tyler gli aveva chiesto di fargli compagnia perché sapeva che il ragazzo non avrebbe avuto impegni.

Per non lasciarlo solo.

Ma a casa sua ci sarebbero stati solo i suoi familiari.

Lui che ruolo aveva, in tutto questo?

Strinse i pugni sulle gambe, a disagio. Era possibile che a Hollyfield succedesse qualcosa. Che il rapporto tra lui e Tyler prendesse infine quella piega che sembrava promettere da tanto tempo.

Christian trovava perciò a domandare a se stesso: lo voleva? Oppure no?

Razionalmente, dopo tutto quello che era accaduto, avrebbe fatto meglio a evitare quel rischio. Tyler si era già abbastanza esposto al pericolo, standogli vicino.

Ecco. Ora era pieno zeppo dell’ansia più distillata.

“No, no, non è quello, sto bene” assicurò Christian con un sorriso forzato e tutta la falsità del mondo.

 

La casa dei genitori di Tyler sembrava uscita da una cartolina d’auguri, tanto era perfetta. Era una villetta a due piani spaziosa e luminosa, con mobili d’epoca dalle tinte marrone scuro e rosse, molto accogliente e calda.

Seduto esattamente nel centro del divano come fosse stato una scultura di pietra, davanti alla sua tazza di tè con sottobicchiere, Christian si sentiva per qualche motivo messo sotto esame. Non aveva potuto fare a meno di notare come tutti i familiari di Tyler lo studiassero con curiosità di sottecchi.

La madre di Tyler era una donna minuta ma straordinariamente energica, gli occhi che sprizzavano fierezza e forza di carattere. Il padre assomigliava di più al figlio nel comportamento, o forse era solo un’impressione di Christian.

Comunque quel salotto era straordinariamente affollato. Nell’ordine, un ragazzo elegantissimo gli fu presentato come Tate, il maggiore della famiglia. Con lui c’erano anche la moglie e un figlio di tre anni che sembrava un cherubino.

Accanto alla poltrona, la secondogenita appariva come una ragazza molto magra dagli abiti mascolini. Portava i capelli tagliati cortissimi, quasi alla militare, ma con una treccina che partiva dalla nuca. Era l’unica della famiglia ad avere gli occhi chiari, come il padre. Se Christian non ricordava male, il suo nome era Phoebe ed era venuta alla festa con la sua compagna, una ragazza più giovane dai lineamenti morbidi e burrosi.

C’era un’altra sorella con i capelli lunghissimi e lisci, Thelma – la figlia numero tre – che era già assistente di un professore all’università. Anche lei aveva portato il suo ragazzo, un tipo a posto dall’aria simpatica.

Infine, il piccolo di casa, l’unico fratello più giovane di Tyler: Patrick. Christian aveva sentito spesso parlare di lui. Tempo prima aveva avuto un incidente in moto, ma ora sembrava essersi perfettamente ripreso. Con lui c’era una ragazzina di non più di sedici anni.

A quel punto, Christian aveva realizzato con orrore che tutti i fratelli Luke erano accompagnati dai rispettivi partner.

E capiva finalmente perché tutti lo guardassero con quell’interesse. In particolare la madre di Tyler, Marion, spiava ogni suo gesto in modo persino perentorio, come se stesse ancora valutandolo e catalogandolo.

Per tutti, lui era il ragazzo di Tyler, e spiegare che le cose stavano un poco diversamente non sarebbe servito a nulla. Non era educato, poi, visto che era un ospite.

A differenza sua, Tyler sembrava perfettamente sereno.

“Quanti anni hai, Christian?” gli domandò Marion, guardandolo dall’altro lato della sala con i suoi occhi penetranti.

“Ehm” bofonchiò lui, la gola secca. “Ne ho… Ne ho diciotto. Sì.”

“Oh” esclamò lei, persino stupita, poi accennò pure un sorriso. “Ti avrei fatto più piccolo…”

In imbarazzo, lui disse abbassando lo sguardo con una smorfia amara: “Già… Me lo dicono in tanti… Credo sia la statura, più che altro.”

“No” si intromise Tyler, appoggiato con un braccio al divano, sereno. “Io penso siano gli occhi.”

Lui, come al solito, arrossì. Era incredibile come l’amico riuscisse a non cambiare mai registro con lui in qualunque situazione fosse. Se voleva fargli un complimento, o una presa in giro innocua, lo faceva che si trovasse di fronte gli amici, i genitori, il Papa. E non perché desiderasse provocare o essere inopportuno, ma solo perché era una persona totalmente naturale, non costruita. Ed era sempre gentile.

“Vivete tutti a Hollyfield?” azzardò Christian rivolto un po’ a tutti, tanto per fare conversazione.

Phoebe, che era in assoluto la più affabile, gli disse con simpatia: “Già. Non è così male, in fondo. Sembra piccola come cittadina, ma ci sono molti club interessanti.”

“Magari puoi far fare un giro a Christian, stasera” suggerì la madre addolcendosi. Il ragazzo non se ne era reso conto, ma aveva più o meno passato il suo test. “Anzi, intanto potresti cominciare ad aiutarlo a portare la sua roba in camera tua.”

Tyler ridacchiò, come captando delle vibrazioni che, per scarsa esperienza, Christian non poteva percepire. Si alzò agilmente e si mise le mani in tasca, guardando l’amico: “Allora? Che dici?”

Un attimo dopo, erano saliti con il leggero bagaglio di Christian in una camera del sottotetto, piena zeppa di poster di chitarristi famosi: Mark Knofler, Carlos Santana, Eric Clapton, e ovviamente il totem Jimi Hendrix. L'ospite si guardò attorno meravigliato e un po’ in ansia, chiedendo: “Questa era camera tua?”

Il ragazzo più grande sorrise: “Si vede, eh? Io dormirò nella vecchia camera di mio fratello Tate, per queste due sere. Lui ovviamente non abita più qui.”

Si sedette sul letto singolo, che aveva ancora la coperta con il logo di una band di qualche anno prima. Christian lo guardò perplesso, e chiese: “Ma perché c’erano già tutti? La cena è solo domani sera.”

La domanda sembrò divertire Tyler, che abbozzò appena un sorriso: “Mi sa che volevano vedere te. Gliel’ho spiegato in ogni modo che tu non sei… Beh, insomma… Hai capito, ma non c’è verso di togliergli questa assurda curiosità. Credo comunque che mia madre ti adori già, e tieni conto che è maldisposta contro qualunque mio nuovo potenziale partner: lei amava Mark più ancora di quanto non l’amassi io” rise. “Le ho spezzato il cuore, quando ci siamo lasciati. Comunque, come potrebbe non adorare anche te?”

Il ragazzo in piedi trasalì appena, non sapendo cosa fare o cosa dire. Mentre lo guardava, Tyler si fece improvvisamente serio.

Non c’era da mentire, in proposito: anche se ovviamente non ne aveva fatto parola con Christian, lo scopo di quella gita era più che chiaro. Il loro rapporto era stato a un pelo dal diventare qualcosa di più, un mese prima, ma tutto era stato come congelato da Halloween e il Capodanno degli Spiriti. Solo ora potevano permettersi un po' di quiete e di essere totalmente loro stessi.

“Vieni qui” gli disse Tyler con quella strana serietà intensa, che quasi spaventò Christian. Aveva fatto segno di sedersi accanto a lui sul letto.

Lui trasalì. Non era tanto sedersi che lo spaventava, ma l’espressione con cui Tyler gliel’aveva chiesto. Non voleva fare lo scemo e dire di no: avrebbe solo peggiorato la situazione. Dunque, piano e rigido, si andò ad accomodare accanto a Tyler, guardando per terra tra le proprie gambe.

Osservandolo, l’altro sospirò, addolcendosi. Voleva mettersi insieme a Christian sul serio. Senza zone d’ombra, senza indefinitezza. Ma aveva capito che doveva essere chiaro, con lui, e parlargliene per bene.

Non era il momento migliore, ma quando mai lo sarebbe stato? Tyler non ce la faceva più ad aspettare. Aveva coscientemente allontanato Christian dalla città perché potesse finalmente focalizzare l'attenzione su altro... Su di loro.

Posò una mano sulla schiena del ragazzo e gli accarezzò la linea della spina dorsale fino al collo. Nel movimento sentì un fremito evidente. Poi, dolcemente, la sua mano andò ad incastrarsi tra i suoi capelli, accarezzandogli la nuca. Come a rassicurarlo.

Si fece un poco più vicino, e sussurrò: “Baciami, Christian.”

A quel punto il ragazzo finalmente si mosse, voltandosi verso di lui atterrito. Pallido proferì: “C’è la porta aperta…”

“Se passa qualcuno ce ne accorgeremmo” sussurrò Tyler con quell’improvvisa matura serietà. “Li senti, sono tutti ancora di sotto...”

Continuando a tenergli la mano sulla nuca, lo attirò a sé, avvicinandosi intanto col viso. Vide quegli occhi verdi spalancarsi per l’incertezza, ma allo stesso tempo la bocca schiudersi con un certo stupore. La mano di Tyler si spostò andando a circondare il collo del ragazzo e posandosi infine sulla sua guancia, facendo appena pressione con le dita perché tenesse la testa voltata verso di lui.

Tentato di tirarsi indietro, Christian invece chiuse gli occhi. Il proprio cuore batteva lento, e profondo, come se il flusso sanguigno fosse rallentato. Baciare Tyler era qualcosa che era diventato naturale, l'avevano fatto abbastanza volte da perderne il conto.

Era l'unica persona con cui fosse stato a un passo dall'andare oltre. Per cui il suo corpo avvertisse un'intimità istintiva, che lo spaventava per la forza silente con cui sapeva scioglierlo, abbassare le sue barriere.

Quando le labbra si furono quasi sfiorate, però, il ricordo di Will fece irruzione nella mente di Christian. Era l'ultima persona che aveva baciato e la memoria tattile, ora dolorosa, bruciava ancora. Si staccò da Tyler, a disagio – sia per la situazione in sé, sia nei suoi confronti: non era propriamente carino che la propria immaginazione si arenasse su altro, mentre Tyler faceva di tutto per farlo stare bene.

Tyler aprì gli occhi,  ancora languidi di desiderio, e sussurrò: “Che c’è?”

“Scu-scusa... È che...”

Il musicista, con un sospiro, sciolse il loro intreccio. “Non te la senti?”

È quasi un mese che non riesco a baciarti.

Voglio che stiamo insieme sul serio, Christian.

Senza dovermi preoccupare che qualcuno ti porti via.

“Lo sai... Tyler... È meglio di no” replicò Christian senza riuscire a guardarlo. “Ne abbiamo già parlato, ti metterei nei guai...”

“Nel caso, sarebbe una scelta mia” dichiarò Tyler con serietà.

“E la mia scelta è quella di non peggiorare la situazione. Ti ho già messo in pericolo abbastanza.”

“Sei sicuro che sia questo il motivo, e non ci sia altro?” chiese Tyler diretto, senza polemica.

I loro occhi si incrociarono. Christian schiuse la bocca, però non seppe rispondere.

Cosicché fu Tyler a proseguire, piegando le labbra in un sorriso. “Scusa, hai ragione. Ho corso troppo. Voglio che questa piccola vacanza ti aiuti a distrarti un po', non dovrei invece farti ulteriore carico di...”

“Tu non mi fai carico di nulla!” lo interruppe Christian e gli afferrò un braccio. “Non so come mi sentirei, adesso, se non ci fossi tu!”

Tyler si sentì commosso a quelle parole, e non sapeva come altro spiegare che era un piacere per lui stargli accanto, che poteva solo aumentare se loro fossero diventati... L'uno per l'altro. Stava per prendere coraggio e dirglielo, quando un rumore di corsa sulle scale ruppe il silenzio, fragoroso come le trombe del giudizio. In un nanosecondo i due dovettero separarsi di brutto, appena in tempo perché Phoebe, la sorella di Tyler, irrompesse nella camera trovandoli a educata distanza l’uno dall’altro.

“Scusate se vi ho interrotti” disse immediatamente la donna, mangiando la foglia anche più del dovuto. “C’è un tizio maleducato alla porta che chiede di voi.”

“Come?” disse Tyler confuso.

“Vorrei sapere anch’io chi è” commentò la ragazza. “Ha un’aria troppo insolente per i miei gusti. Ha una faccia da zombie, i capelli scuri e una giacca di pelle. Mi ha detto il suo nome ma non ricordo, c’entrava con i semi delle carte… I fiori, forse, o i denari… Picche?”

“Spades” ripeté Tyler, letteralmente scioccato da quella notizia, non potendo credere che fosse vera.

“Harry” sibilò Christian, pallido come un cencio.

No, era un brutto scherzo.

 

Non era uno scherzo. Un assurdo momento dopo si trovavano fuori dalla porta della casa di Tyler davanti a quell’apparizione totalmente priva di senso. Il resto della famiglia Luke, credendo di non farsi notare, spiava la scena attraverso il bovindo del piano terra, come se avessero intuito tutti che aria tirava.

“Perché accidenti sei qui?” domandò Tyler, cercando di trattenere un fiume di parole.

“Lo sai benissimo perché sono qui” rispose Spades, con le mani rilassate in tasca ma gli occhi accesi. Guardò per un attimo Christian, che si limitava ad osservarlo imbambolato: “Te l’ho pur detto che ti avrei messo i bastoni tra le ruote con ogni mezzo. So perché ti sei portato qui Christian, ma non ti permetterò di fare il tuo comodo.”

“Sei venuto fino ad Hollyfield…?” fece Christian del tutto fuso, incapace di comprendere. Non poteva davvero essere per lui. “Dove pensi di dormire? Ce l’hai un posto dove stare?”

Con un sorriso più dolce, Harry lo guardò e rispose: “Quello è l’ultimo dei miei problemi, piccolo.” Riportò gli occhi su Tyler, sottili. “Non vi permetterò di rimanere soli nemmeno un secondo, lo giuro sulla mia testa.”

“Christian, entra in casa” fece Tyler, serio come la morte stessa.

Il diretto interessato trasalì incredulo, Harry invece spalancò gli occhi con un sorriso di scherno: “Che succede, mi vuoi sfidare a duello, adesso?”

“Fai come ti ho detto” ribadì però Tyler, rivolto a Christian. Quest’ultimo non se lo fece ripetere. In un certo senso, non credeva di poter reggere quella lite.

A dire il vero si vergognava da morire di essere in mezzo a quella situazione.

Quando Christian si chiuse la porta di casa alle spalle, Tyler tornò a guardare verso Spades e, con finta calma, gli chiese: “Ti sei del tutto bevuto il cervello?”

“No, Luke. Desideravo solo vedere la tua faccia in questo momento” rise Spades, soddisfatto che il suo piano stesse riuscendo alla perfezione: aveva già massacrato ogni buon umore. “È stato un tiro mancino da parte tua, portarti Christian a casa. Lontano da me. Ma lontano soprattutto dallo sbirro, vero?”

“Sta' zitto, Spades” esalò tediato Tyler, accompagnando le parole con un gesto della mano. Ma il ragazzo sembrava non voler dargli tregua.

“E invece no. Ora ti dirò come stanno le cose. Christian è mio e io ho intenzione di essere la sua cazzo di ombra fino a che tu non deciderai finalmente a schiodare. Il gioco è serio, adesso, Luke, e io so giocare pesante, quando voglio.”

In quel momento Tyler l’avrebbe davvero preso a pugni.

Dopo un lungo silenzio, sorrise appena, guardando la strada: “Beh, comunque mica puoi insediarti in casa mia, se non sei invitato. La tua iniziativa è del tutto stupida…”

Ma ottenne come risposta solo una tranquilla occhiata al cielo. Era diventato difficile da un po’ di tempo mettere seriamente in difficoltà Spades. Rispetto ai primi tempi che si conoscevano, aveva sempre di più lui il coltello dalla parte del manico.

Ed era vero: Tyler era spaventato all’idea di Spades e Christian insieme. Forse perché quel ragazzo aveva molto più coraggio di lui, e meno scrupoli di coscienza, a prendersi quel che voleva.

Eppure. Eppure non aveva nessuna voglia di essere deliberatamente sgradevole con Spades, dopo quanto accaduto la notte di Halloween. Quando aveva avuto veramente bisogno, Spades l'aveva aiutato, dopotutto – anche se lui gettava fumo sopra ogni riferimento alla vicenda. Visto che aveva sempre detto di odiare Tyler al punto da volerlo morto, non lasciarlo in balia degli appetiti sessuali del Raspide Sky era stata una concessione abbastanza straordinaria. Tyler, da quella notte, provava quasi delle remore ad avercela con lui. Non aveva mai amato essere costretto – da lui stesso – al teatrino di trattarlo da 'nemico giurato', ma adesso più che mai faticava a ripristinare la loro interazione solita fingendo, come Spades sembrava desiderare, che quel gesto non fosse mai stato compiuto. 

Non si sarebbe fatto trascinare a usare il suo stesso registro. Anche perché, quando accadeva di porsi al medesimo livello di Spades... era sempre lui a vincere.

“Lo sai” ammise infine, con un sorriso aspro e rassegnato. “Sei proprio una spina nel fianco.”

“Puoi giurarci” confermò Spades, non togliendosi di dosso l’aria di sfida.

 

“Chissà che si stanno dicendo!” aveva protestato Phoebe.

Tutta la famiglia Luke era pressata contro la finestra della cucina, ad assistere a quello strano dialogo al di fuori della villetta.

I fratelli di Tyler erano i più vivaci e curiosi. La madre, Marion, seguiva con interesse ma in silenzio. L’unico a tenersi in disparte era il padre di famiglia, che ogni tanto lanciava sguardi apprensivi a Christian, voltato dall’altra parte e rosso come un peperone. Era appoggiato sul tavolo, e sentiva ogni commento che facevano alle sue spalle.

“Così, sono rivali in amore, o qualcosa del genere?” disse Thelma, mentre il suo ragazzo guardava con lei al di sopra della sua spalla. “Per Christian?”

“Wow” disse la ragazza di Patrick. “Anche lui è figo!”

“Non lo è per niente” disse Phoebe, dura. “È una persona estremamente sgradevole. Quando gli ho aperto la porta, mi ha trattata come una specie di sguattera, senza nemmeno presentarsi di sua iniziativa.”

Chiudendo gli occhi, Christian pensò a quanto avrebbe voluto andare di sopra e nascondersi sotto il letto, ma per qualche ragione sapeva che non era possibile. Fu riscosso da qualcuno che senza lui se ne accorgesse gli era arrivato molto vicino, facendolo trasalire.

“Lo conosci, quel ragazzo?”

Era la mamma di Tyler, con un’espressione severa e, quasi, arrabbiata.

“Oh… E-ehm… Sì. È un… È un amico, signora” spiegò lui incandescente, guardando per terra e ancorando le nocche al tavolo di legno.

Con un sorriso più che ironico, la donna lo guardò e commentò: “Tuo, immagino. Non di Tyler.”

“Ah, ehm…” balbettò lui, quasi in un black out. Confuso dalla strana situazione non poté che dire: “Mi dispiace…”

“Ti dispiace per come lo tratta?” sorrise lei, sempre più addolcita dai modi fin troppo adorabili di Christian. Poi commentò, acida e materna insieme: “È quello lì, che dovrebbe dispiacersene, altro che…”

E Christian capì immediatamente che, se Harry non era mai riuscito nell’impresa di farsi detestare da Tyler, poteva essere contento di aver suscitato nella di lui madre un incondizionato odio a prima vista.


 

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