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Autore: verichan    14/06/2017    1 recensioni
La storia di come il giovane Jesse McCree è entrato in Overwatch.
Genere: Angst, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gabriel 'Reaper' Reyes, Jesse Mccree
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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PARTE 5 di 5

 

Dopo tre mesi e otto giorni in gattabuia ti sei convinto che sia stata la battuta sulla scuola della tostaggine a portarti iella. Sì, Gabriel Reyes sa cavarsela anche con le mani legate dietro la schiena, soprattutto quando in realtà non sono affatto legate. Non ce l'hai con lui, però, dopotutto la sua versione dei fatti, la bugia che ti sei volontariamente costituito, ti ha risparmiato l'ergastolo.

Hai rifiutato l'assistenza legale dopo che l'avvocato assegnatoti ha tentato di ucciderti, perciò, sebbene tu abbia spiattellato tutto, per ridurre la sentenza e il numero di Deadlock nel mondo, ti hanno comunque sbattuto all'ADX Florence, il penitenziario di livello Supermax in Colorado, insieme a terroristi, serial killer, traditori della patria e altra bella gente allergica alla redenzione. La tua cella è un buco di tre metri e mezzo per due, accessoriata del minimo indispensabile e con una finestrella lunga e stretta da cui si deduce il ciclo giorno-notte e il colore del tetto. Ci trascorri ventitré ore su ventiquattro in completo isolamento e alla ventiquattresima ora ti scortano in una stanzetta solitaria adibita alla ricreazione intellettuale. Non esiste privacy.

Giuri che ti sta venendo la depressione.

Cerchi di mantenerti in forma, combattere l'apatia che ti vorrebbe costantemente allettato, dormire e non rimanere sveglio a rimirare il soffitto, ingurgitare più di metà brodaglia ai pasti. Stai gradualmente appassendo, e non è una metafora. Il pensiero che rimarrai qui per settantanove anni ti fa raggomitolare sul materasso sottile sostenuto da una base in cemento. Tanto valeva darti la pena capitale.

«Sei dimagrito, ragazzo.»

È la quarta visita di Gabe. Pensavi non lo avresti più rivisto in seguito alla scenata di tre settimane fa, quando ti sono crollati i nervi e gliene hai dette di ogni. Invece eccolo qua, in abiti civili, a rischio di un'altra serie di urlate oscene. Beh, non deve temere una ripetizione, sei spompato.

«Non ho appetito.» Sbadigli.

«E riguardo le due borse che hai per occhiaie?» Fai spallucce, per quanto le restrizioni che ti inchiodano alla sedia d'acciaio te lo consentano.

«Lo staff ti tratta bene?»

«Gabe, che cosa vuoi?» Sei stufo di girarci attorno. «Mi hanno spremuto fino all'osso, non ho più nulla da dire.»

Non afferri il suo scopo. Sta indagando in incognito sulla prigione? No, non è nelle sue mansioni, credi. Il nome della sua divisione non è mai stato citato durante il processo, il che indica black ops. Visto? Jesse McCree non è nato ieri.

«Il mio è un interesse personale.»

Assottigli le palpebre, immaginando uno scenario poco promettente. Ti domandi se il vecchio tío commetterebbe molestie sessuali su di te in mancanza del vetro divisorio. Sarebbe la prima volta che qualcuno riuscirebbe a metterti le mani addosso in quel senso. Supponi che potrebbe corrompere lo staff per un incontro a tu per tu, e la realizzazione che non c'è assolutamente niente che tu possa fare per impedirlo ti fa perdere ogni traccia di umorismo. Ti auguri che la tua sia unicamente paranoia.

«Non sei il mio tipo, viejo.» Al tuo tono difensivo Gabe sgrana gli occhi e perde il suo contegno, il che ti rassicura un po'.

«Non intendevo-» farfuglia, sorpreso dall'equivoco. Con uno schiarimento di voce riprende le redini, tuttavia trattiene un certo disagio. «Ho una proposta per te.» dice mostrandoti una cartelletta apparsa dall'interno della giaccia.

«Di che genere di proposta stiamo parlando?»

«Del genere che capita una sola volta nella vita.»

Ti servirebbe proprio un avvocato. Ormai sei una pedina priva di valore, un nessuno incastrato tra quattro mura e una finestra. Non sei scemo, sebbene tu abbia mollato la scuola da ragazzino, ma neanche così sicuro di te da credere di riuscire a strappare un accordo favorevole a un veterano come Gabriel Reyes. Il grande interrogativo la cui risposta ti darebbe un vantaggio è cosa gli interessa di preciso. Cosa sai che lui non sa? A quanti anni di sconto equivale?

Ti stupisce proponendoti l'arruolamento in Blackwatch, sezione semi-segreta di Overwatch. La sua sezione. Il tuo curriculum criminale verrà perdonato in questo percorso riabilitativo in cui aiuterai la popolazione mondiale.

«Allora?» Non rispondi subito. Sei piuttosto confuso e la colpa non è totalmente del sonno perduto.

«Perdonami ma» ridacchi sommesso, «dove sta la fregatura? Insomma, addestramento militare, educazione scolastica, vitto, alloggio, stipendio... e in cambio devo soltanto ammazzare le persone che mi indichi e rispettare le tue regole? È uno scherzo.»

«Non lo è. Prendi sul serio questa offerta, ragazzo. Non ho l'autorizzazione di riproportela.»

Qualcosa ti sfugge, il puzzle è incompleto. Stringi le mani sui braccioli di metallo, impensierito. Gabe lo è altrettanto. Il volto tirato assomiglia al comandante scontroso che hai incontrato anni luce fa, eppure stavolta il freddo calcolatore non è presente all'appello, sostituito da un uomo incerto dell'esito della missione. Qualsiasi sia il suo vero scopo, deve tenerci parecchio e la decisione cruciale sta a te. Con quel contratto otterrebbe il tuo rilascio e la tua obbedienza, ma cos'hai di così speciale rispetto a qualunque altro soldato bene addestrato? Vuole spedirti all'inferno durante un lavoro? No, non c'è ragione, Reyes non ha niente contro di te. Non che tu sappia.

Lo studi apertamente, inclinando la testa e venendo colto da un leggero capogiro. Strizzi gli occhi aggrottando la fronte.

«Non stai bene. Ti hanno dato qualcosa?»

«Sono solo stanco, Gabe, rilassati.» ribatti, seccato dalla finta misericordia. Si è perfino alzato in piedi, il tío.

«Dammi il tuo consenso e ti porto via di qui seduta stante.»

«Perché ti importa della mia libertà? Cosa ci guadagni?»

Sei stanco, stanco di non vedere la trappola davanti a te. È una vendetta per Tizio-mascella? Ne hai piene le palle di doverti guardare le spalle, di dubitare di ogni gesto e parola. Hai bisogno di una fottuta pausa, di aria fresca, di un sigaro, di cucinarti un burrito come piace a te. Ti manca la relativa sicurezza della banda: lì sapevi quando rilassarti, quando stare in campana per una pugnalata alla schiena e quando farti una cazzo di dormita. Sei...

«Ragazzo. Jesse. Mi senti, Jesse? Qui gli occhi, ragazzo. Andiamo, guardami, maledizione.»

Ah, ti sei appisolato. Bella figura, McCree.

A quest'ora saresti impegnato nel tuo pisolino pomeridiano, di cui il tuo cervello ha disperatamente bisogno per mantenere lucidità. La voce di Gabe è fastidiosa, alta, con una nota ringhiosa che attribuisci al cruccio di non ottenere tutto e subito, povero pesce grosso di Overwatch. Non vedi l'ora che se ne vada, lui e la sua esca su fogli stampati scritta in avvocatese.

«Il tuo consenso. Dammi il tuo consenso, ragazzo. Coraggio.»

«Consenso a cosa?» lo provochi con quel poco di forza che hai in corpo.

Stai iniziando a biascicare ed è faticoso alzare il capo. Vuoi andare a nanna e al contempo non vuoi tornare nella cella. Forse stai diventando claustrofobico, oltre che depresso.

Merda, l'insonnia ti sta distruggendo. Ripigliati, McCree.

«Alla proposta, maledizione.»

Sbatti le palpebre ripetutamente per metterlo a fuoco. Gabe è frustrato. Beh, se viene a trovarti solo per arrabbiarsi con te, se ne può anche tornare a casa.

«Non sono arrabbiato, ragazzo.» Ops, ti è sfuggito di bocca. «È un lavoro dove avrai vitto e alloggio e potrai stare all'aperto. Non ti va una boccata d'aria fresca? Dammi il tuo consenso, Jesse, e l'avrai.» Tze, troppo ovvio, Gabe.

«Okay, okay. Aspetta un attimo, che cazzo. Devo... devo fare mente locale.»

Compi dei respiri profondi per ossigenare i neuroni, pronto ad irritarlo al punto di spingerlo a scappare urlando. Oppure... Non hai nulla da perdere, cazzo. Magari accettare non sarà un suicidio. Speri. Preghi. I bonus sono impossibilmente allettanti e in tutta sincerità preferiresti morire là fuori che qui dentro, chissenefrega delle macchinazioni di Reyes. Tuttavia, quando ti concentri per snebbiare la vista e posi lo sguardo sul divisorio, Gabe è sparito.

Che...? Che è successo? Cristo, hai avuto le allucinazioni fino ad ora?! Tre guardie vengono a prelevarti, annunciando la conclusione della visita e dimostrando che non hai perso il senno, però, dopo poco esserti steso sul tuo misero lettuccio, ritornano affermando che sei stato rilasciato. L'adrenalina sale e il pisolino viene rimandato. Cosa?!

Con le palpitazioni cammini per i corridoi sotterranei che collegano le sezioni del penitenziario e vieni condotto non dal direttore, non all'ufficio dei beni personali, ma direttamente all'uscita. Rimuovono le manette a polsi, caviglie e collo e aprono il portale addobbato di filo spinato e agenti armati.

Dall'altra parte c'è Gabe che ti aspetta, occhiali da sole e cappello da baseball con il suo peculiare logo personale. Resti immobile, indeciso. E se ti scorticasse vivo appena siete soli?

«Ti muovi, cowboy?»

Ti lancia il cappello di Anton, con la grossa macchia bruna del suo sangue, marciando verso il parcheggio, non dubitando che lo seguirai. Agguanti il copricapo per miracolo, rischiando di cadere alla repentina perdita di equilibrio. Avanzi inebetito, dando un occhio dietro di te al Supermax, non convinto che non sia un sogno o che non ci sia stato un errore burocratico. Presso il suo pick-up nero Gabe ti consegna una sacca con dei vestiti e una cavigliera elettronica stile arresti domiciliari. Zero camerini in vista, di conseguenza ti cambi lì, sotto la sua attenta vigilanza, un nonnulla in confronto a quella oppressiva del Supermax ma che ti mette comunque sull'attenti, visto l'argomento precedentemente affrontato. Deve avere un'enorme dose di pazienza, pietà del tuo stato di salute o godere troppo dello spogliarello per lamentarsi della tua velocità da lumaca. Poi ti fa firmare il famoso documento di sessantasei pagine che non hai l'energia di leggere e consideri in ogni caso un contratto col diavolo. Il tuo “okay” è stato un consenso sufficiente? È legale?

«Ci sei?» ti interroga alla chiusura della portiera, uno sforzo immane che ti lascia senza fiato.

No, non ci sei. Ti spaventi al riflesso dello specchietto retrovisore, che ti mostra uno sciroccato in procinto di una crisi. Ti stropicci la faccia con i palmi, combattuto tra la necessità di spegnere le luci e dare un senso alla realtà, una realtà in cui sei finito chissà come in questo pick-up. Accanto a Gabe. Che ti fissa. Preoccupato.

È tutto talmente surreale.

«Che cazzo è successo?» chiedi debolmente dopo un paio di tentativi a vuoto.

«Delle volte non c'è una spiegazione logica, ragazzo.» replica il tuo nuovo boss, con la saggezza di un biscotto della fortuna. «Delle volte alla gente importa di te e basta. Anche se credi di non meritartelo.» Si gira e aziona il motore, fidandosi che non tenterai di sottrargli un'arma, attaccarlo e squagliartela, incurante del guinzaglio alla caviglia.

Quindi a qualcuno, a lui, importerebbe sinceramente di te, niente secondi fini? Si sarà pure espresso nel modo più gentile che tu gli abbia mai sentito, tuttavia ti tieni aggrappato al tuo scetticismo.

«Wow. C'è davvero una prima volta per tutto.»

Ti abbandoni sul sedile, stravolto. Provi a ragionare, mettere in ordine le tue priorità, prevedere le aspettative, prepararti a diversi scenari ostili.

In meno di cinque secondi ti sei addormentato.

 

*

 

Sorridi ripensando a quel giorno, un ricordo agrodolce in cui ti sei tuffato davanti a un bicchiere di tequila. Tuttora, a trentasette anni, non sei un gran bevitore, ma ne ordinerai comunque un secondo al barista prima di andartene.

Sono trascorsi sei anni dall'esplosione in Svizzera e dallo scioglimento ufficiale di Overwatch. Gabe è morto là, insieme ad altre persone a te care.

Osservi il liquido ambrato, ondeggiante al movimento della tua mano robotica che stringe delicatamente il bicchiere. Stamattina Winston ha indetto una rimpatriata che viola l'Atto di Petras. Gorilla coraggioso. Hai sempre ammirato la sua determinazione e il suo spirito combattivo, parzialmente nascosti dietro un paio di occhiali e due occhioni timidi e innocenti.

Ha riportato a galla un mucchio di immagini del capitolo più felice della tua vita, nella buona e nella cattiva sorte, e ha acceso la speranza di iniziarne uno nuovo. Distendi le labbra nel sorriso di cui Rosa era tanto innamorata.

Col primo drink hai brindato al passato.

Col secondo drink brindi al futuro.

 

Black ops = letteralmente è “operazioni nere”. Indica le operazioni segrete, intraprese da governi o altre organizzazioni, svolte in clandestinità

Tío = zio

Viejo = vecchio

Burrito = pietanza messicana cucinata anche in territorio americano, consistente di una tortilla di farina riempita di tutto quel che vuoi (carne, verdura, formaggi, ecc.). La parola burrito, “piccolo asino”, deriva dallo spagnolo burro, “asino”. Wikipedia suppone che la parola sia ispirata dai rotoli di merce trasportati dagli asini




Note dell'autore:
Finalmente ho iniziato e concluso una storia in tempi ragionevoli, rimanendo completamente soddisfatta del risultato e del finale. Un miracolo! XD Ho imparato parecchio da questa ficci, seguendo i consigli che mi hanno dato in altre recensioni. Ci sono alcune cose in cui posso ancora migliorare, ma il fatto che io stessa riesca ad adocchiarle mi fa crescere di 10 kg d'orgoglio. Brava Me! :D
Questa è stata una storia breve, con descrizioni essenziali, e vorrei usare la seconda persona singolare per una storia più completa, ma penso succederà moooolto più in là nel tempo.
Ora spero di tornare sulla ficci di Dragon Age. Sarà difficile perché ho scritto tanta roba (fortuna che ho preso appunti XD) e perché è in terza persona. Mi voglio male!

Concludo inviando un sentito grazie a tutte le persone che mi hanno letto ;)
  
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