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Autore: Asteroide307    16/06/2017    2 recensioni
Non sapeva come si era ritrovato in quel posto. Non sapeva neppure perché l’istinto gli avesse detto di seguire quella stradina che non era sicuro di dove l’avrebbe portato, eppure lo fece, e alla fine trovò uno splendido mandorlo in fiore che sembrava il protagonista di quel panorama.
Si avvicinò al tronco, incuriosito da una scritta incisa sopra ad esso che da lontano non poteva leggere.
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Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non era sicuro di come fosse arrivato in quel posto. Alla ricerca di un po’ di pace, Jonghyun aveva iniziato a camminare molto casualmente per i giardini dell’importante Busan So University, qualcosa come un’immensa distesa di verde, non era certo dove iniziassero, per cui neanche dove finissero.
Teneva una mano in tasca, in modo che il collegamento tra questa e il tessuto del pantalone facesse da ponte al libro che aveva portato con sé. Sprovvisto di cellulare e meta, Jonghyun era arrivato vicino ad un’insignificante rialzatura della pianura verde, come una collinetta in scala.
Al centro qualcuno doveva aver piantato un mandorlo, visto che proprio in quella zona non era comunissima la crescita di quegli alberi. Suo padre che per cultura non poteva offrirgli niente di meglio, gli aveva comunque lasciato un bagaglio di informazioni sulle piante, i frutti e la terra.
Notando una piccola incisione sul tronco, la matricola decise di inginocchiarsi su una gamba per poter spolverare la strana sostanza che ricopriva quell’albero troppo vecchio, così poter leggere per bene gli ideogrammi.
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“Club di caccia al tesoro?” Pensò e perplesso si era rialzato. Nella sua università, in effetti, aveva sentito parlare tante volte dei gruppi pomeridiani a cui potevano accedere tutti gli studenti di ogni facoltà interna alla Busan So University, persino prima di farne parte.
C’erano diversi club come quello di musica o di recitazione, quello sportivo, quello di lettura e molti altri di cui sul momento non si sarebbe certo ricordato, eppure aveva l’impressione di non aver sentito mai un gruppo con quel nome.
“Forse è stato chiuso.” Suppose, per poi accorgersi di un nuovo particolare: sotto la scritta v’erano due freccette, incise anch’esse, che indicavano il basso, quindi sotto l’albero.
“Ma che sto facendo?” Pensò, sconfitto dall’idea che lo avrebbe comunque fatto, anche riconoscendo quanto fosse una cattiva decisione. “Magari ci trovo qualche capsula del tempo, ma comunque, non dovrebbe riguardarmi, giusto? Oppure volevano che qualcuno la trovasse? E se ci trovo dei cadaveri?”
Dopo neanche un minuto, sentì le mani sbattere contro qualcosa di freddo e rigido, che ci avesse davvero azzeccato? Aveva trovato un qualche scrigno con dentro i ricordi dei membri del club della caccia al tesoro? Oppure le loro ossa, riposte lì dall’assassino?
Quando riuscì a tirare fuori l’oggetto capì che non somigliava affatto ad una capsula, più che altro sembrava una cosa preziosa. Era un cofanetto, finemente decorato con basso rilievi, anche se un po’ consumato dal tempo. Che strano, non era neanche chiuso a chiave. Non gli servì porsi nessuna domanda e lo aprì.

 
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25/05/1982 
 
Sono qui da pochi giorni ma il destino mi ha baciato e lo ha fatto sulle labbra questa volta.
Mi sono innamorato, perdutamente, è questa la mia prima fortuna, giusto? 
 
Ho sentito che a Siwon piacciono i misteri, col suo carisma probabilmente, una volta finita
l’università, diventerà un buon investigatore. In ogni caso, se gli piacciono davvero i misteri,
questo dovrebbe essere un buon modo per avvicinarlo a me; per questo ho deciso di inaugurare un
club mai esistito nella storia della Busan So University, il club della caccia al tesoro!

 
Jonghyun sbadigliò, non aveva dormito molto la notte scorsa, tutto a causa di quel magnetico diario. Per quanto non lo trovasse neppure lui giusto, iniziava ad interessarsi alle vicende del proprietario.
Pareva che quel tizio fosse gay. Niente in contrario, tuttavia era un vero e proprio stalker. Fin dall’inizio non aveva fatto altro che parlare del ragazzo che gli piaceva, Siwon, sapeva soltanto il suo nome, e non conosceva neanche quello del misterioso autore delle memorie su quel diario, non aveva neppure pensato di firmarlo ma certamente avrebbe prima o poi trovato qualche indizio per capire chi fosse.



Mi ha aiutato lo hyung Jeongsu a fare i volantini e devo dire che è stato molto veloce. Oggi pomeriggio
sono andato in giro per l’università a distribuirli, ho fatto credere che fosse un caso, ma ho
cercato dappertutto Siwon, e sono immensamente felice di averlo trovato.
È sempre così cordiale, con tutti, quindi non penso che faccia qualcosa in particolare verso di me.
Però, inevitabilmente, quando mi parla con gentilezza o mi sorride, il mio cuore comincia a fare BOOM e BAM,
e BOOM BOOM BAM! Sono davvero uno scemo. Immagino che lui non si ricordi neanche di me e della
prima volta che ci siamo incontrati, e io sto qui a parlare soltanto di lui… è un po’ triste, no? 



«Scusa…» Sussurrò timidamente qualcuno, attirando la sua stanca attenzione, fino a quel momento completamente rivolta al diario «P-posso sedermi qui?»
Jonghyun sollevò lo sguardo e incontrò un ragazzo con i capelli biondi, ovviamente tinti, che stringeva al petto un libro. Era una biblioteca, l’unico strano che invece di leggere un libro stava spiando la vita personale di uno sconosciuto era lui. «Ah, sì, certo.» Annuì, stranito. Perché gli chiedeva se poteva sedersi? Quel tavolo non era mica di sua proprietà.
«È che non ci sono più posti…» Spiegò, imbarazzato, mentre si sedeva. Sembrava tremare per la timidezza, chissà, forse la persona di Jonghyun incuteva, in qualche modo, terrore? Eppure era sempre stato convinto di essere una persona simpatica.
«Non preoccuparti, non è un problema.»
 


Inoltre, è davvero da stupidi innamorarsi di una persona per una cosa del genere.
A volte penso di non essere mai cresciuto dalle superiori. Solo perché qualcuno ti parla con garbo, ti
sorride o una volta ti ha protetto e ti ha difeso da dei brutti ceffi che volevano dartele, non hai
il diritto di innamorartene!
 
Ma è indubbiamente più facile dirlo che farlo.Forse basterebbe essere soltanto un po’ più forti di così,
eppure, appena incontro i suoi occhi, sento come se potessi rinunciare persino ad essere mio stesso. Mi
basterebbe essere amato, per una volta, dalla persona scelta da me.

 

Jonghyun sollevò involontariamente gli occhi verso il biondino di fronte a sé, non capì perché lo fece ma il suo silenzio lo attirò. Era come se non ci fosse nessuno a quel tavolo, a parte lui. Un po’ inquietante, probabilmente ma anche molto cortese. Che respirasse persino sottovoce pur di non dargli fastidio?
Proprio in quel momento aveva girato la pagina del libro con estrema cautela, pur di non far rumore.
La matricola sospirò pesantemente, quasi volesse farsi notare. Il biondo reagì per come si era aspettato, guardandolo, nel momento in cui le traiettorie dei loro occhi si erano incontrate era adorabilmente arrossito. Jonghyun distolse immediatamente lo sguardo, per qualche ragione, imbarazzato.

 

Non sono così stupido, però, da sperare di poter stare con lui. Non so neppure perché sto cercando così
disperatamente di avvicinarlo a me, eppure, voglio che mi rivolga ancora dei sorrisi, che mi parli affettuosamente.
Mi chiedo quando crescerò.


 
«Sei stupido forse? È essenziale che tu ti iscriva ad un club, altrimenti sarai l’asociale agli occhi di tutti fino all’ultimo anno – disse Hoseok, mordendo la sua barretta di cioccolato ripiena di caramello – ho pensato di proporre a Yoongi il gruppo di musica, potresti pensarci anche tu, anche se non penso che mi darà ascolto.»
Taemin sbadigliò. Stare dietro i cespugli per ripararsi dal sole era piacevole e si stava al fresco, decisamente rilassante. «Non è mica obbligatorio, vero?»
«Non ti piace la musica?»
«Non è questo – sospirò, per poi chiudere gli occhi e distendersi sul prato usando le braccia incrociate come cuscino – sinceramente non me ne frega niente di cosa penseranno al campus».
«Non sono uno che dà troppo peso ai pettegolezzi però ho sentito che qui bisogna farsi subito una buona nomina, non voglio che ti bullizzino, sarebbe imbarazzante saperlo.» Rise, scuotendo la mano sul suo stomaco piatto e leggermente scoperto che mostrava l’ombelico.
Perché era così importante farsi una nomina in quel posto? In fondo era lì soltanto per studiare, il suo giro d’amici lo aveva pure, allora che senso aveva cercare di farsi bello agli occhi degli altri? Dinamica troppo complicata per la sua mente sempliciotta.

 

Nella nostra scuola è importante dare l’impressione di essere uno studente impegnato e sempre occupato,
è quello che piace vedere alle persone. I professori sono piuttosto influenzabili da questo genere di nomine,
purtroppo, visto che solitamente qui accedono solo le persone più élite della città o dell’intera nazione, alcuni
vengono di proposito.
Io ho soltanto ricevuto una borsa di studio. A causa del mio taglio di capelli, gira voce che sia un ‘finocchio’.
A dire il vero non mi offende questa parola, la trovo quasi divertente, e poi i finocchi hanno un buon sapore,
comunque non è che debba avere dei rapporti con tutti gli studenti, quindi alla fine non posso farmi una colpa se
sono quel che sono.



Taemin veniva pure da una famiglia benestante, di un certo livello sociale, quindi in ogni caso i professori avrebbero avuto un occhio di riguardo per lui, e così anche gli studenti di quel posto, giusto? Figlio del presidente di una delle aziende più importanti in Corea del sud, e di una dottoressa a capo di un intero ospedale pediatrico, sentiva le proprie spalle parecchio coperte.
Sicuramente, qualsiasi cosa avrebbe fatto, sarebbe andato bene.
“E va bene così” pensò, guardando il cielo che iniziava a ricoprirsi di nuvole “finché fai parte della parte forte della società.” 



Per me la cosa più importante è essere accettato dai miei genitori e visto che questo succede già, non ho intenzione
di preoccuparmi per queste cose. Ora che ci penso, chissà se anche Siwon ha sentito questa voce. Mi sentirei onorato
se gli importasse una cosa del genere, ma non credo di essere così di rilievo nella sua vita.
A dirla tutta, potrebbe anche non prenderla bene. Su questo argomento anche le persone più buone e gentili diventano
delle iene, ma parlando onestamente, mi sento piuttosto tranquillo se si parla di Siwon. Lui non è come tutti gli altri,
ne sono sicuro.



Taemin si fermò davanti un campo di basket, all’interno dell’aria sportiva della Busan So University. C’era una squadra di ragazzi alti e sudati che si urtava a colpi di spallate per portare punto alla propria fazione. Prese a guardarli, la partita proseguiva piuttosto bene, c’era un buon ritmo. Hoseok era andato via, doveva vedersi col suo strano amico dallo sguardo killer, Yoongi, allora lui sarebbe solo tornato al campus per sistemare le ultime cose.
Il suo spazio era separato dal campo da una rete metallica che faceva passare le voci ma non le persone, dalle fessure larghe riusciva a vedere con chiarezza i giocatori e i loro movimenti.
“Sono bravi”, non ebbe il tempo di terminare il pensiero che uno di quei ragazzi prese un pallone in piena faccia, così si mise a ridere svergognatamente “forse non così tanto, in effetti.”
Un armadio di un metro e ottanta si avvicinò alla rete, era il tizio che aveva fatto la gran figuraccia. Fissava Taemin orgogliosamente. Forse in qualche modo gli stava dicendo di allontanarsi, non sarebbe rimasto comunque. Il tipo afferrò parte della rete metallica, tirandola verso sé.
“Non pensare che me ne vada solo perché mi guardi così.” Si disse, avvicinandosi a sua volta verso il ragazzo. Aveva infilato le mani in tasca e roteando leggermente il viso arricciò le labbra, innocentemente.
«C’è qualche problema, capo?»
«Ti stai divertendo?» Quasi ruggì. La sua voce calda e matura, in effetti, avrebbe potuto destabilizzare chiunque ma non Taemin, che rispose sorridendogli.
«E’ stato divertente, sì, comunque non scaldarti, me ne stavo andando.»
* * *
«Sei il mio coinquilino? – Chiese Jonghyun, guardando lo sconosciuto che con la faccia poco sveglia, sistemava le sue cose – Comunque io mi chiamo Kim Jonghyun, se non è un problema per te, vorrei il letto vicino alla finestra».
Il tipo dallo sguardo spento e l’entusiasmo di un morto, annuì inespressivo. «Fai come vuoi, io sono Min Yoongi.»
«Amh… grazie. Tutto bene? Sembri triste.»
«Sono nato con questa faccia».
Fu come se una freccia avesse colpito il suo stomaco. Che razza di brutta figura aveva appena fatto? E che scortese che era stato! Non aveva neppure pensato a quanto fosse stupida e fuori luogo la sua domanda, con conseguente affermazione del cazzo.
«Ti chiedo scusa, non volevo offenderti – cercò di rimediare, ridendo nervosamente – era solo per scherzare».
«Mi hai fatto ridere molto.» Disse quello con una vena di sarcasmo, probabilmente.
A testa bassa, Jonghyun cominciò a sistemare le sue cose nei vari scomparti a sua disposizione nell’armadio, non aveva portato troppi vestiti, a lui bastavano tre o quattro cambi per vivere serenamente, il resto l’avrebbe comprato con i suoi soldi. Non voleva dipendere dal suo vecchio.
“Se vuoi dei vestiti dovresti fare un lavoro che ti faccia guadagnare” parlò la sua mente, imitando la voce di suo padre “e sai qual è il lavoro giusto? Il contadino! Stupido, torna a coltivare come hanno fatto tutti i nostri antenati, il padre del padre di mio padre non avrebbe mai accettato una cosa del genere”.
Ridacchiò snervato. Quel dannato vecchio.
Sapeva che nel momento in cui avrebbe chiesto aiuto a sua madre, anche a costo di non farlo sapere al marito, gli avrebbe spedito dei soldi e anche una decina di pacchi col cibo preparato dalle sue preziosissime mani.
«Ti dispiace se faccio la doccia per prima?» Kyuhyun aveva già in mano l’asciugamano, così Jonghyun gli lasciò fare. Nel frattempo avrebbe cercato un modo per orientarsi in quel campus immenso.
In un piccolo edificio, vicino al campus ma distante dall’università, c’era tutta una zona dedicata ai club pomeridiani. Incuriosito da quel diario, decise di darci un’occhiata. Magari avrebbe trovato il famoso gruppo della caccia al tesoro.
Camminando per i corridoi ne vide tanti, troppi forse.
C’erano proprio di tutti i tipi: musica, teatro, poesia, letteratura straniera, traduzione, cucito... cucito? Davvero? Guardò bene per essere sicuro: era proprio “cucito”.
Possibile che non esistesse un aula per il club della caccia al tesoro?
Effettivamente c’era una stanza chiusa alla fine del corridoio, non c’era nessuna insegna ma non poteva essere lo stanzino degli attrezzi, perché quello lo aveva superato già dall’inizio.
Si avvicinò, non era veramente chiusa, o comunque non a chiave.



Ho chiesto aiuto a Jeongsu hyung per arredare la classe. Lui è sempre molto gentile con me, si prende cura di me
come un papà, anche se ha detto chiaramente che non si unirà mai al mio club, non so perché, in realtà.

Alla fine abbiamo pensato che fosse meglio lasciare tutto com’era, col tempo, sicuramente si sarebbe riempita di
ricordi e quello l’avrebbe resa una bellissima classe. Sono le parole che ha usato Jeongsu, a volte mi chiedo se lui
sia una specie di artista incompreso o qualcosa del genere. Gli sono davvero molto grato.



All’interno non c’era nulla di sospetto, era tutto a posto.
Sedie, tavoli e lavagne, tutto ciò che la rendeva una classe per club pomeridiani normali. Chissà perché non la usava nessuno, era anche più grande della altre, un vero e proprio spreco.
Si sentì un impiccione solo a pensarci, ma si mise ugualmente a frugare dappertutto qualcosa, ma cosa?
Cercò in ogni sportello, sotto ogni banco, dietro la lavagna, in ogni cassetto una qualche prova dell’esistenza di quel club della caccia al tesoro.
Dopo qualche minuto di ispezione, qualcosa la trovò.
Non riusciva a credere che potesse aver trovato una cosa del genere in un posto del genere. Prese dal cassetto quei due anelli, che somigliavano più a due fedi, in oro bianco, e li mise entrambi sul suo palmo. Chi poteva aver lasciato degli anelli, probabilmente di valore, dentro una classe abbandonata, e per quale motivo, soprattutto?
Osservando i singolari oggetti fu travolto da una sensazione di vuoto e malinconia che non aveva mai provato. Si spaventò talmente tanto da scuotersi malamente e far cadere i cerchietti d’oro per terra, i quali rotolarono lontano da lui, disperdendosi per la stanza.
“Che idiota” riconobbe, mentre si inginocchiava e li cercava “ma perché lasciare delle cose così preziose qui, incustodite? Le potrebbe rubare chiunque!”
Fu soltanto dopo che ebbe l’illuminazione, per quanto terribile fosse.
“Forse, non sono più preziose? Le hanno lasciate qui per questo?”
Sentì dei minacciosi passi avvicinarsi. Il cuore gli salì in gola e scese giù. Forse aveva fatto qualcosa che non doveva fare? Ma sì, era ovvio.
Aveva trovato una delle fedi, se lo erano. Rannicchiato sul pavimento la ripose velocemente dentro la tasca dei jeans.
Gattonò dappertutto alla ricerca dell’altro, finché non si trovò piegato come un cane per terra, davanti a lunghe e asciutte gambe fasciate da dei semplici jeans che finivano con un paio di converse rosse.
«Stai cercando questo?» Disse una voce quasi familiare.
Jonghyun rivide la stessa persona, nello stesso modo. Quel biondino lo aveva incontrato solo dopo aver alzato gli occhi, quel giorno in biblioteca. Guardandolo, gli sembrò subito diverso. «Sì... direi di sì.» Disse, pulendosi dalla polvere rimasta sui vestiti, dopo aver pulito col suo corpo il pavimento di quella classe.
«Ecco, tieni.» Posò la fede nel palmo caldo della sua mano. Le sue dita sottili erano fredde come il ghiaccio, eppure era solo aprile, non faceva così freddo.
«Grazie, ma senti, che ci fai in questo posto? Se stai cercando il tuo club, sono tutti sul corridoio, questa aula è chiusa.» Gli diede indicazioni, posando anche il secondo anello nella tasca.
Il biondino abbassò lo sguardo, sorridendo quasi ironico. «Non è questo, credo che delle persone poco gentili mi abbiamo fatto solo uno scherzo, sapevano che potevo usare il telefono solo a quest’ora e se saltavo i miei 10 minuti dovevo aspettare la settimana prossima, così mi hanno detto che in questo posto c’era una persona che doveva parlarmi, io come uno scemo sono andato a vedere» si mise una mano fra i capelli, non era a disagio, soltanto triste.
Che avrebbe dovuto dire? Non ne aveva la più pallida idea, forse quel ragazzo aspettava che dicesse qualcosa di incoraggiante, ma cosa?
«A-Ah scusa, allora io torno nella mia stanza.» Sorrise per nascondere la frustrazione e si girò per andarsene.
«Amh, insomma, come... come ti chiami?»
Quello di fermò, sorpreso. «Cosa?»
«Dato che quei deficienti ti hanno trattato in quel modo, sembra che tu non abbia molti amici, allora comincia da me, ok? Sarò tuo amico, io sono Kim Jonghyun.» Fece un brevissimo quanto amichevole inchino.
Era tornato timido. «S-Sono Kibum! – s’inchinò, più rispettosamente, il biondino mentre teneva gli occhi stretti, Jonghyun non era sicuro di come reagire davanti a quelle espressioni adorabili – G-Grazie per v-volermi essere a-amico!»

* * *
Taemin sbuffò. Quando arrivava la sera? Non ne poteva più di aspettare che arrivassero le 20:00, essendo sbadato, era andato in centro e aveva perso il suo bus delle 18:00, che noia aspettare due ore senza fare niente, seduto sul muretto della casetta di un vecchietto che non aveva neanche fatto caso a lui.
Il muretto dava sulla strada e quindi sulla fermata, inoltre lì vicino c’era un supermercato per famiglie, aveva comprato degli snack e dei succhi per passare il tempo. Ingrassare era il miglior hobby che conoscesse.
Guardò l’ora dall’orologio, erano le sette e mezzo. Ancora mezz’ora.
Verso quell’ora finivano molti turni di lavoro, sicuramente l’autobus sarebbe stato sommerso da quarantenni in giacca e cravatta e studenti stanchi e sudati delle superiori. Che vita crudele la sua.
Certo, avrebbe potuto chiamare suo padre per fargli mandare un’auto a prenderlo tuttavia l’unica cosa che gli avevano chiesto i suoi genitori era quello di non creare problemi e di non saltare il coprifuoco, cosa che stava largamente facendo. Il coprifuoco universitario, durante la settimana era alle sette di sera.
Dopo un po' si accorse di una sua vaga conoscenza, il ragazzo armadio usciva dal market, sembrava stanco, e sebbene l’avesse notato dentro aveva l’impressione che non fosse un cliente del negozio. Forse lavorava lì e lui non ci aveva fatto caso. Nella sua mano destra c’era una busta di plastica con due o tre lattine di birra.
Gli passò davanti ma non lo degnò minimamente del suo sguardo.
«Che c’è, mi ignori?» Disse, prima che potesse allontanarsi troppo. Prese a scuotere i piedi sul muretto, sbattendo i talloni contro di esso. Il tipo si girò verso di lui, fece una smorfia infastidita, probabilmente lo aveva riconosciuto, e continuò a camminare. Taemin fu costretto a scendere dal suo trono e andargli dietro.
«Yah, non farlo! Non ignorarmi!»
«Non mi sembra di conoscerti.» Lo freddò senza neppure fermarsi.
Taemin fu costretto ad afferrarlo dalla maglia, tirandolo verso di sé. «Aish, sì che mi conosci invece!»
«Anche se fosse, non voglio sapere cosa vuoi da me, quindi non appiccicarti.» Lo spinse, riprendendo immediatamente a camminare che somigliava più ad una corsa.
«Sei in ritardo per il coprifuoco, come pensi di arrivarci? La fermata dell’autobus è questa, dove stai andando?»
«Fatti miei».
«No, no, dammi un passaggio, spilungone!»
«Vuoi botte oggi?»
Taemin, fin da piccolo, era stato attratto dalle situazione pericolose. Non prendeva discussioni con i più forti per un qualche senso di giustizia o per proteggere i più deboli, gli piaceva semplicemente il brivido di poter tornare a casa con un qualche osso rotto, o viceversa, vittorioso per aver spezzato il braccio a qualche idiota. Era sempre stato così, non sapeva il perché.
Fu a causa di quel suo modo di pensare che prese il ragazzone spingendolo contro un vicolo stretto da cui sarebbero passati. Lo aveva bloccato a muro, avvicinandosi pericolosamente al suo volto. «Forse mi va.»
«Ah, sei una prostituta? – Sospirò quello, allontanandolo, non era neppure sorpreso del suo gesto fuori dal comune, che tipo noioso – Scusa, non puoi spillarmi neanche un centesimo, tengo tutto in banca e comunque non posso permettermi un gigolò, cerca un altro».
Taemin assottigliò gli occhi, per poi tirarlo dal colletto. «Mi hai chiamato prostituta?» Strinse la scollatura della sua maglia, quasi volesse farlo soffocare.

 
03/06/1982
Finalmente ho finito, siamo arrivati a dodici membri, una ragazza deve ancora arrivare ma si è iscritta. E’
arrivato anche un nuovo supplente, si chiama Lee Jinki, è molto giovane e secondo le ragazze anche molto carino,
non potrei dargli torto (…) ha detto che lui stesso si occuperà di portare avanti il club, ha preso davvero a
cuore la questione della caccia al tesoro. Gliene sono molto grato. Nonostante i problemi a scuola, è la prima volta
che una mia idea viene realizzata, per questo mi sento molto fortunato. Siwon è stato uno dei primi a presentarsi
ma grazie a dio sono arrivati tutti e il nostro club diventerà certamente il migliore! (Non che fosse in competizione.)
Sto mettendo troppe parentesi ahah


 
«Perché hai deciso di stare al campus? – Gli chiese Taemin, mentre sorseggiava la birra dalla lattina – Insomma, sembra che tu abbia bisogno di soldi, non ti converrebbe stare dai tuoi genitori?»
Si chiamava Choi Minho, aveva la sua stessa età e lavorava in quel negozio per famiglie durante il pomeriggio, grazie ai suoi voti alti aveva ricevuto una borsa di studio, era ciò che aveva scoperto restando a parlare con quel gigante che in realtà si era dimostrato piuttosto gentile dopo la prima impressione da bullo che gli aveva dato.
Per mettersi a fare gli stupidi, avevano perso entrambi l’ultimo autobus e alla fine si erano arrampicati sul tetto di una casa non troppo alta, bevendo in compagnia.
«I miei genitori sono morti cinque o sei anni fa, non mi ricordo» sbadigliò, posando la lattina semi vuota fra le gambe «costa meno il campus che una casa, se dovessi trasferirmi dovrei portarmi anche i miei fratelli, è meglio se pago la retta del collegio, sono sicuro che un pasto e un letto non può mancargli, una casa costa troppo. So che la Busan So è troppo costosa per qualcuno come me, d’altra parte, se voglio dare un futuro ai miei fratelli è bene che esca da un posto del genere, così posso trovare subito un buon lavoro.»
Taemin rimase a fissarlo in silenzio. Parlava della morte dei suoi genitori come se non avesse nessuna importanza, eppure, non gli sembrò una cattiva persona. Faceva tutto quello solo per poter mantenere i fratelli più piccoli, sacrificando probabilmente parte della sua giovinezza per quello.
«Non avevi un buon rapporto con i tuoi genitori?»
«No, non è per questo, amavo i miei genitori, erano due persone davvero buone, cordiali, oneste, pulite, ma adesso che sono a capo della mia famiglia, esattamente cosa dovrei fare? Piangere? Non ho tempo per essere vulnerabile, ho troppe responsabilità.»
 


La prima uscita è stata fissata per il 10. Tutti sembrano entusiasti, sono davvero felice che la mia idea sia
stata accolta così bene! Siwon mi ha dato una pacca e mi ha detto anche “sei stato bravo, Hee-chan!” È proprio
stupido, usa i termini giapponesi per parlare con me? Non capisco bene il suo modo di pensare ma lo trovo
molto divertente e carino. Credo seriamente di star impazzendo, non è così strano essermi preso una cotta del
genere per un ragazzo come lui. Mi piace, mi piace, mi piace tanto!
Ogni volta che parliamo, è come se volessi sapere più di lui. Sono sensazioni a senso unico, ma è così bello sentirle,
mi fa sentire vivo.



Erano tornati al campus, Minho aveva insistito per pagare il taxi ma Taemin sentiva che fosse doveroso, essendo che lui non aveva nessun problema economico, non fargli sborsare soldi inutili. In fondo era anche colpa sua se avevano perso l’autobus.
Non potevano certo definirsi già amici ma per la prima volta nella sua vita, sentiva di essere interessato ad un altro essere umano, e non per una rivalsa o per secondi fini. Era stato bene insieme a Minho, gli era piaciuto parlare e conoscerlo un po’. Non si sarebbe aspettato fosse così aperto con qualcuno conosciuto quella sera stessa.
Non doveva essere una questione di fiducia quanto di coraggio. Minho non aveva paura che Taemin lo mettesse nei guai, per cui avrebbe risposto alla domanda posta.
Era una qualità del tutto rispettabile.
«Ci vediamo allora, Minho – disse, Taemin, guardando negli occhi buoni di quel ragazzo, per poi abbozzare un mezzo sorriso – buonanotte.»
«Hey, ragazzino – non era la prima volta che veniva chiamato così da quel tizio, durante la serata lo aveva fatto più volte. Non lo disturbava particolarmente, in fondo era vero, a confronto di Minho lui non era che un ragazzino – lo fai spesso?»
Il castano inarcò un sopracciglio, infastidito. «Ma stai scherzando? Guarda che non faccio il gigolò!»
«Non parlo di quello, idiota – sospirò Minho, mettendo le mani in tasca – intendo saltare il coprifuoco. Sarai pure il figlio di chi cazzo ti pare ma dovresti evitare di saltare il coprifuoco. Se ti scoprono finisci male, non importa chi tu sia, mettitelo in testa. Qui non funziona così.»
 
09/06/1982

I giorni sono stati semplici fino ad ora, non può andare sempre bene. Una ragazza oggi è venuta nel nostro club.
Siwon l’ha presentata come “la sua ragazza” … adesso, spero solo che non si sia accorto della mia bugia.
Ho detto che sarei andato in bagno quasi subito dopo averlo saputo, avevo sinceramente bisogno di piangere. 
Mi innamoro facilmente, proprio come un bambino, e posso essere ferito, facilmente. Sembra quasi che mi aspettassi
qualcosa. Perché non ci ho pensato?



Jonghyun sospirò. Continuando a leggere quel diario, aveva capito che “Hee-chan”, scriveva soltanto quando si sentiva particolarmente felice o il contrario. Fino a quel momento, i casi erano stati solo positivi.
A furia di leggere cominciava a sentirsi come una ragazza che aspetta con ansia il prossimo capitolo di un libro per sapere se i due protagonisti si metteranno insieme. In fondo, quella raccolta di pensieri, sembrava proprio un romanzo rosa.
Rosa? Arcobaleno in quel caso.
Però, era la verità. Sperava che Siwon si accorgesse dei sentimenti di “Hee-chan”. Perché non gli sembrava impossibile pensare che un uomo etero potesse innamorarsi di un uomo? Chiunque altro avrebbe trovato la cosa troppo improbabile, lui no.



Fin dall’inizio era ovvio. Allora perché essere protetto o semplicemente  parlargli mi rendeva così felice?
Continuavo a pensare che non mi sarei dovuto aspettare niente, eppure avrei dovuto prevedere che avesse una
ragazza. Probabilmente per gli umani è difficile perdere completamente la speranza. Anche nella situazione
più impossibile, ci è davvero difficile cercare di essere realisti. Quei suoi gesti che mi rendevano così felice,
pensandoci bene adesso, forse non avrei voluto vederli, né riceverli, né aspettarli. Forse se mi avesse sorriso
di meno adesso non sarei in questa situazione.
Chi voglio prendere in giro?
Sembra quasi che la colpa sia sua, quando invece è solo mia.
Maledizione.


 
«Ciao amico! – Esclamò Kibum, vagamente entusiasta. Lo aveva salutato scuotendo la mano adorabilmente – Devo farti vedere una cosa, posso sedermi?»
La biblioteca era piena come al solito, ma non si stava sedendo lì per forza maggiore, la cosa lo rendeva per qualche motivo, fiero.
Jonghyun chiuse il diario e lo accantonò. «No, non puoi.» Gli sorrise.
«Oh, a-allora v-vado.» Cominciò a tremare e divenne tutto rosso.
«S-Stavo scherzando, K-Kibum.» Quel tipetto biondo riusciva a mettere a disagio, positivamente, anche il sempre sicuro Jonghyun.
Kibum arrossì ancora di più, coprendosi il viso con entrambe le mani. «A-Ah..»
Jonghyun si sentì stranamente addolcito. Tutto quello che faceva, quei modi ingenui che aveva, la sua timidezza, erano cose che quasi gli rendevano la giornata migliore. «Non è successo nulla, non ti preoccupare. Invece cos’è che devi farmi vedere?»
«S-Si – cercò goffamente una cosa nella tasca dei suoi jeans e quando la trovò, si sedette – in poche parole… ecco, mi sono accorto che ultimamente sembri interessato al vecchio club di caccia al tesoro, così ho pensato che volessi riaprirlo, so che è un’idea stupida, comunque s-se vuoi questo è il documento per chiedere la disponibilità della vecchia aula.» Gli passò un foglio bianco da compilare.
Jonghyun restò quasi paralizzato davanti a quel gesto. Aveva davvero perso tempo per una cosa del genere? Perché lo aveva fatto? Forse voleva soltanto dimostrargli gratitudine e in realtà quella cosa era probabilmente anche la più importante. Kibum si era preoccupato di quello? Per lui?
«Perché lo hai fatto?» Riuscì solo a chiedergli.
Kibum aveva sgranato gli occhi impaurito, i quali si erano immediatamente inumiditi «N-Non volevo… infastidirti – disse impacciato – pensavo solo che ti avrebbe fatto p-piacere, riporto tutto… in s-segreteria.»
L’attuale proprietario del diario sospirò, frastornato. «Non mi hai dato fastidio – coprì il volto con una mano, nascondendo orgogliosamente l’imbarazzo – anzi… trovo che tu abbia fatto una cosa gentilissima.»
Kibum era tornato di buon umore, velocemente. «D-Davvero? Sei contento di questo?»
«Stavo pensando che non capisco come sia possibile volerti male. Sembra che la gente ti eviti, ma se ti conoscesse, capirebbe subito che sei un ragazzo apposto».
Era vero, da quando era cominciato il semestre Kibum veniva evitato da gran parte degli studenti, per qualche motivo. Per quanto fosse egoista, era felice di essere l’unico amico di Kibum, in quel modo nessuno avrebbe potuto ferirlo, e stando al suo fianco sarebbe stato trattato con riguardo e cura.
Kibum era una brava persona, non si meritava quelle cose.
«E’ colpa dei capelli – Kibum li toccò – dicono tutti che io sono un finocchio, ma non so neanche cos’è, voglio dire, so cosa sono i finocchi, ma che c’è di male? Sono buoni. Dicono anche cose tipo “frocio”, ma continuo a non sapere cosa significhi…è il colore dei capelli? Biondo frocio?»
Inizialmente non riuscì a trattenere una risata, poi si accorse che quello che aveva detto Kibum era estremamente simile a quello che aveva letto sul diario.
“Forse sto avendo le allucinazioni” scosse la testa preoccupato.
«Kibum, qui c’è scritto che il minimo dei partecipanti è dodici, se vogliamo davvero aprire questo club dobbiamo trovare altri dieci ragazzi e un professore che ci faccia da tutore».
«E’ meglio di no – disse rattristato – se ci sono io, nessuno vorrà far parte del tuo club, io posso aiutarti con altro se vuoi».
Jonghyun accarezzò dolcemente le sue ciocche bionde. Kibum a contatto con lui divenne particolarmente docile, lasciandosi toccare senza paura, rimase un po’ stordito da quella reazione ma positivamente.
«Se non fai parte del club, tanto vale non aprirlo.»

 
10/06/1982

E’ interessante come il mio umore sia totalmente diverso da quello di ieri. Oggi è stata una
giornata bellissima. Jinki mi ha messo in coppia con Siwon, abbiamo parlato un sacco.
Ho scoperto che entrambi ascoltiamo gli Spandau ballet e i Guns ‘N Roses.

 
*
 
«Ah, che fatica – annaspò Heechul, cercando di tenere il passo – per favore, vai più piano, anche io voglio vincere ma tu sei tutto bam muscoli bam, io sono bam capelli bam!»
Siwon lo “deliziò” con la sua solita risata cristallina. «E poi sarei io quello che parla in modo strano, eh? – Il ragazzo tornò indietro – Vuoi essere portato sulla schiena, Hee-chan?»
Il ragazzo dai capelli lunghi e neri avvampò, spingendolo via. «Non dire questo genere di cose!»

 
*
 
Senza accorgercene, cercavamo un tesoro e ne abbiamo trovato un altro. In mezzo alla foresta vicino l’università,
luogo dove Jinki ha detto che si terrà d’oggi in poi sempre la caccia al tesoro, abbiamo trovato l’arbusto di
un alberello, sembra un mandorlo ma non ne siamo sicuri, non è la zona questa.
Comunque ha promesso di prendersene cura insieme a me, ha proprio detto “saremo i suoi genitori”!
In quel momento il mio cuore ha fatto tipo BAM BAM BOOM, BOOM BAAM!!


 
«Unisciti al club della caccia al tesoro, per favore, ci servono membri e stiamo cercando di far ripartire un vecchio club che ora non esiste più. Potrebbe essere divertente, che ne dici?» Jonghyun gli mise il volantino in mano spaventato dalla reazione che avrebbe potuto avere.
Yoongi lo guardò inespressivo come al solito per alcuni secondi, poi studiò meglio il pezzo di carta. «Posso portare un mio amico?»
«C-Certo! Ah, puoi spargere la voce?»
«Come vuoi».


 
Ci siamo messi a pregare insieme perché l’alberello possa crescere sano e forte. Siwon studia scienze naturali,
ha detto che mentre lui gli darà le cure necessarie, io potrò dargli l’affetto necessario.
Non so come ho fatto a non esplodere in quel momento.
Qualsiasi cosa dica, mi manda in tilt.
Neppure la consapevolezza di non avere nessuna possibilità con lui riesce a spegnere la mia speranza.
Vorrei imparare a capire quando bisogna finirla.

 

Kibum si fissò con quel ragazzo dai tratti delicati per alcuni secondi. Era scappato già da molti studenti per paura di non riuscirci, ma almeno con lui doveva farcela.
Doveva farlo per Jonghyun.
«Hai intenzione di stare così per molto?» Sbuffò quello, vedendo che se ne restava impalato vicino a lui.
Il biondo impallidì. Era certo che sarebbe svenuto.
«V-vuoi… n-no, c-c’è q-questo c-club, i-i-insomma…»
Il ragazzo, più basso di lui di qualche centimetro gli si avvicinò e prese il volantino dalle sue mani. «Vuoi che mi unisca al tuo club?»
Kibum annuì rosso come un pomodoro.
«Ok, mi chiamo Lee Taemin, scrivitelo».
«Grazie! G-Grazie davvero!»

 

Non penso di poter competere con la sua ragazza, però sono ugualmente felice di poter stare insieme a lui.
Andiamo d’accordo e quando siamo insieme mi dimentico di tutti i miei problemi.


 
«Hai freddo?» Chiese Jonghyun dopo aver visto Kibum starnutire, così forte che quasi cadeva. Sembrava fatto di carta.
«N-No… comunque stavo pensando che oggi sono stato allontanato da molti ragazzi.» si grattò sotto il mento, con l’espressione pensierosa ma non proprio malinconica.
«Non devi pensare a queste cose tristi!»
«Non è questo, è che mentre alcuni sono stati così freddi con me, altri mi hanno trattato normalmente. Mi chiedo se sia perché non a loro non importa del mio biondo o perché non sanno che biondo è».
“E’ così…ingenuo” pensò, ammirando il suo profilo, facendosi scappare una risata.
«Ho d-detto qualcosa d-di s-strano?» Chiese, notando il suo silenzio.
«No, no, ma mi stavo chiedendo dove hai vissuto fino ad oggi e con chi, sembra che tu non conosca molto il mondo adulto».
«I miei genitori mi hanno cresciuto come un bambino senza modificare mai la loro educazione, forse è per questo che sono così impacciato quando parlo con le persone della mia età o più grandi, mentre con i bambini… b-beh con loro mi trovo decisamente meglio.» Kibum si sedette in uno dei posti nel lungo tavolo della nuova aula del club di caccia al tesoro.
«Non ci hai fatto caso?»
«A-A c-cosa?»
«Proprio ora, stavi parlando con me senza vergogna».
Il biondino arrossì violentemente. «S-Scusa!»


 
Mi ha anche chiamato “capitano”. Lo fanno tutti, ma credo che uscito dalle sue labbra ha un’intonazione più
dolce e gradevole.(Forse sto solo delirando ahah)
Vorrei che tutti i giorni fossero così felici per me. Non dovrei essere così avido o soffrirò di più, giusto?

 
*
 
«Benvenuto capitano» gli sorrise Siwon, facendogli l’occhiolino.

Heechul si sorprese di vederlo lì così presto. Di solito lui arrivava prima, essendo il “capitano” doveva sistemare il casino che avevano fatto i membri la sera prima, rimettendo a posto tutto e pulendo al meglio. Non gli importava della fatica, quel club era come un figlio, si sarebbe preso cura di lui ad ogni costo. 
«Come mai sei qui così presto?» Sospirò tranquillo, Heechul, raddrizzando la prima sedia. Ci fece caso solo in quel momento che la stanza era piuttosto pulita. Qualcuno aveva sistemato prima di lui?
Gli venne spontaneo guardare Siwon.
«Stavo pensando di incontrarti, così potevamo andare dall’alberello – gli alzò il pollice euforico – ieri ti ho detto che ci saremmo andati ogni giorno insieme, ho intenzione di mantenere questa promessa quindi non pensare di liberarti di me, ah!»
Heechul chinò lo sguardo, tutto quello che diceva lo rendevano sempre di buon umore. Quel suo sorriso innamorato, non poteva certo mostrarglielo.
“Liberarmi di te? E come potrei?”

 
*
 
«Da oggi tu sarai il capo, eh? – Disse all’improvviso Kibum, guardandosi intorno – La tua reggia non è ancora bella come quella di un re, ma sono certo che di questo passo, tutta la stanza sarà arredata dai ricordi che potremo creare in questi cinque anni! Non ti senti entusiasta di questo, capitano
A Jonghyun venne soltanto la pelle d’oca.
 
 
   
 
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