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Autore: Emily27    16/06/2017    7 recensioni
«Dovremmo farglielo sapere», propose Sophia. «A Daryl, intendo». [...]
«Credo che lo sappia», disse con un sorriso.
«Lo credo anch'io, ma sarebbe carino dirglielo».

(Storia scritta per il "Caryl Fanfiction Fest - Seconda edizione" della pagina Facebook Caryl Italia. Prompt: libreria)
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon, Sophia Peletier
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il cavaliere tra due dame






 
Era un giorno tranquillo ad Alexandria, un giorno adatto per fare i biscotti. L'impasto era pronto e Carol si accinse a stenderlo con il matterello sulla spianatoia.
Sophia, seduta all'altro capo del bancone della cucina, disegnava, facendo scorrere con mano sicura la matita sul foglio bianco. Stava diventando sempre più brava, coltivando un'attitudine che era sua fin da piccola.
Sua figlia, con i lunghi capelli raccolti in una coda, sollevò lo sguardo su di lei. «Mamma, se dovesse succedermi qualcosa, se dovessi... morire...».
«Non dire questo», fece Carol scuotendo la testa. Sapeva che, purtroppo, era un'eventualità, nessuno era immune alle minacce del mondo in cui vivevano, ma non le piaceva sentire quelle parole. Aveva già rischiato di perdere Sophia e non voleva neanche immaginare che accadesse.
«Può succedere di tutto, lo sai. Se Daryl non mi avesse trovata quando mi sono persa nel bosco, adesso non sarei qui. Se tu non ci avessi salvato a Terminus, adesso in tanti non saremmo qui».
Quando tutto era finito ‒ o iniziato ‒ , Sophia era una dodicenne che conservava ancora tratti da bambina, adesso era una ragazza forgiata dalle esperienze che aveva vissuto. Le aveva insegnato a difendersi, possedeva un coltello ed era abile a usarlo, Carol voleva che, in caso di pericolo, fosse in grado di cavarsela, di sopravvivere.
«Se dovesse succedermi qualcosa», riprese Sophia, «vorrei che Daryl si prendesse cura di te».
Carol fermò le mani sul matterello. Sua figlia aveva detto una cosa semplice eppure così toccante: l'avrebbe affidata a Daryl. Lei avrebbe fatto lo stesso e Sophia lo sapeva. Daryl non era l'unica persona della quale si fidava, però era quella che contava di più per lei.
«E se capitasse qualcosa a me, vorrei che lui si prendesse cura di te», disse Carol in modo serio.
Sophia le sorrise e sollevò il foglio, dove il disegno realizzato a matita era finito. Al centro c'era Daryl, alla sua destra e alla sua sinistra loro due che lo stringevano in un abbraccio. Tutti e tre erano molto somiglianti.
«È bellissimo», lo giudicò Carol. Non lo era solo tecnicamente, ma anche per ciò che rappresentava: Daryl in mezzo, il loro punto fermo, amato e protetto da entrambe.
«Beh, l'ho fatto io», si lodò scherzosamente Sophia, dopodiché andò in salotto a depositare la matita nel loro mobile.
Si trattava di una piccola libreria di antica fattura, con tre soli scaffali e in basso uno spazio chiuso da due ante con intarsi nel legno. Sophia l'aveva trovata nello scantinato e se n'era innamorata, così Daryl e Rick l'avevano portata di sopra e posizionata in salotto. Sua figlia aveva deciso di riporvi i libri che avevano letto, prendendosi il primo ripiano e lasciando a lei il secondo. Il terzo lo aveva destinato a Daryl ma, dato che quest'ultimo non era quel che si dice un lettore accanito, non contava nessun volume. Successivamente, oltre ai libri, avevano iniziato a collocarvi oggetti dal significato personale. Su quello di Sophia erano sistemati in bella vista la sua vecchia bambola, la prima freccia che aveva scagliato con balestra di Daryl, il biglietto che Carol le aveva scritto il giorno ‒ o presunto tale ‒ del suo compleanno e degli acquerelli trovati da Aaron in un minimarket.
Sopra lo scaffale di Carol si trovavano un cuore di stoffa che le aveva confezionato Sophia, il suo coltello e un piccolo crocifisso di legno. Amare, combattere, non dimenticare.
Lo spazio riservato a Daryl, invece, era ancora vuoto. Se lui lo aveva lasciato così non era perché fosse insensibile e privo di sentimenti, ma riporvi qualcosa di significativo voleva dire mostrare una parte di sé, e Daryl Dixon non si apriva così facilmente al mondo.
Sua figlia tornò in cucina mentre Carol stava ritagliando i biscotti.
«Dovremmo farglielo sapere», propose Sophia. «A Daryl, intendo».
Carol era sicura che quest'ultimo, nel caso fosse accaduto qualcosa a una di loro due, si sarebbe preso cura dell'altra, anche senza che gli venisse richiesto. In fondo lo stava già facendo, potevano contare su di lui in ogni momento e non soltanto in senso materiale, perché Daryl, sebbene di poche parole, sapeva offrire tutto se stesso. Forse non si rendeva nemmeno conto di quanto fosse capace di donare. Carol, dal canto suo, ci sarebbe sempre stata per lui.
«Credo che lo sappia», disse con un sorriso.
«Lo credo anch'io, ma sarebbe carino dirglielo».

Fu così che, un'ora più tardi, Daryl si ritrovò seduto sui gradini del portico tra Carol e Sophia.
«Vorremmo dirti una cosa», esordì la ragazza creando aspettativa.
Lui assunse un'espressione incuriosita. «Ditemi».
«Se mi accadesse qualcosa», disse Sophia senza indugiare, «vorrei che ti prendessi cura della mamma».
Daryl apparve spiazzato da quella richiesta e si voltò alla sua sinistra a guardare Carol, la quale fece seguire le sue parole a quelle della figlia.
«E io, viceversa, vorrei che facessi lo stesso con Sophia».
Carol immaginò quelli che potevano essere i pensieri di Daryl: più che una richiesta, quella sembrava una manifestazione di fiducia, un modo per dirgli quanto lui significasse per loro. Il suo sguardo sfuggente gliene diede conferma.
«Non vi capiterà nulla... ma... lo farò», disse Daryl annuendo per rafforzare la sua risposta.
Sophia sorrise con dolcezza e gli posò sulle ginocchia il disegno che aveva finito poco prima, poi lo baciò delicatamente su una guancia. «Sei la persona più importante per noi».
Carol vide l'emozione di Daryl nei suoi occhi bassi, nelle mani che sfioravano il foglio e nelle parole che non riusciva a pronunciare. Si commosse a sua volta.
Giusto per rincarare la dose di attenzioni, gli diede un bacio sull'altra guancia. «Grazie per tutto ciò che hai fatto, che fai e che farai per noi».
A quel punto Daryl apparve visibilmente in imbarazzo, per lui non era cosa da tutti i giorni essere coccolato in quella maniera. Non lo era mai stato.
«Grazie...», mormorò.
Dopo alcuni istanti di un silenzio denso di emozioni, fu Sophia a levarlo dall'impaccio, alzandosi e invitandolo: «Vieni, mamma ha fatto i biscotti».
Carol lo osservò mentre seguiva sua figlia verso la porta d'ingresso. Lo avrebbe fatto anche se lei gli avesse chiesto di andare a cucire merletti. Si alzò a sua volta, ed entrò in casa in tempo per vedere Daryl che posava il disegno di Sophia nel ripiano della libreria che gli era stato riservato. Adesso non era più vuoto.
Lui si voltò e i loro sguardi s'incrociarono, i suoi occhi luccicavano e le labbra accennarono uno dei suoi rari sorrisi, che Carol ricambiò. In tutta la sua vita, non aveva incontrato nessuno come lui, nessuno era stato ciò che Daryl era per lei. Il destino, Dio, l'apocalisse, ringraziò qualunque cosa avesse deciso di metterlo sulla sua strada.
Daryl andò in cucina, dove Sophia stava preparando la limonata, e Carol contemplò la libreria, pensando che li rappresentasse anche oltre gli oggetti che vi erano posati. Era stata costruita in legno massello, un materiale forte e resistente, come lo erano loro, o avevano imparato a esserlo. Gli intarsi sulle ante in basso rappresentavano dei rami intrecciati, proprio come le loro vite. Nel suo immaginario, Carol vedeva sulla libreria anche la rosa cherokee che Daryl le aveva donato, e il suo posto sarebbe potuto essere in ognuno dei tre scaffali. Anche se non esisteva più fisicamente, quel fiore occupava un luogo speciale del suo cuore.
Carol si diresse in cucina a raggiungere Daryl e Sophia, i quali avevano già le mani nel piatto dei biscotti.
«Dopo dammi la camicia, ha bisogno di una bella lavata».
Daryl rispose con una specie di grugnito ma, Carol lo sapeva, era felice che le sue donne si prendessero cura di lui.










 







 
  
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