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Autore: xitsgabs    17/06/2017    2 recensioni
{ raccolta di flashfics aka più o meno cinquecento parole sprecate per ogni capitolo ~ blossomcest!centric ‧‧‧ missing moments && probabili spoilers dalla 1x13possibili accenni a jason&polly » tanto fluff e tanto angst? pare • #jasondeservedbetter }
«Ricordi quando la mamma ci disse che dovevamo smetterla di fare il bagnetto assieme?»
«A quale volta ti riferisci? Quando ce lo chiese a sette anni, o quando ce lo impose a dodici?»
«Non ti ho mai lasciato solo, neanche quando i nostri genitori ci proibivano di stare tutto il tempo assieme. Sicuramente, cominciare oggi non era nei miei piani. Ti accompagnerò in questa follia, JayJay.»
«Riesco a sentire i tuoi pensieri che mi giudicano.»
«Perché io non ti sto abbandonando, tu invece sì.»
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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Nickname: xitsgabs
Nome: Fiori di ciliegio.
Rating: verde? – almeno per ora.
Fandom: riverdale!
Genere: angst – tanto per cambiare –, sentimentale.
Personaggi: Jason e Cheryl Blossom.
Pairing: blossomcest – credo?
Avvertimenti: potreste trovare un po’ d’incest nelle flashfic a venire, ma non me la sento di promettere nulla – questa, comunque, è pulita e adatta ai minori.
Note: missing moments.
NdA: Le flashfics non sono proprio il mio genere, i Blossom non sono esattamente i personaggi più semplici da raccontare e io non so bene se sia il caso di chiedervi scusa. Nel dubbio, vi imploro comunque di perdonarmi – perché questa cosa me la potevo benissimo risparmiare, ma oggi devo scoprire se ho preso o meno un debito e, ouch!, devo pur combattere l’ansia in qualche maniera!
Tornando alla raccolta: la prima di tante – non è vero, non penso che supererò i cinque capitoli per questa cosa – che racconta un momento banale che tutti conosciamo per sentito dire, ma che io volevo approfondire in queste scarse cinquecento parole. Ho pensato che Cheryl non approvasse la scelta di Jason di scappare con Polly – perché è una Cooper, perché non ha i capelli rossi, perché non è lei – ma che, ciononostante, gli sia stata vicino con la solita devozione che poteva avere solamente per lui. E ho immaginato il suo solito risentimento, nel farsi abbandonare così in una casa dove tutti l’odiano. Non so bene cosa dire a riguardo, se non che l’avevo immaginata in maniera davvero diversa questa robetta, ma vabbè.
pss! nella flashfic troverete la citazione " sua sorella, la sua responsabilità " che è un riferimento alquanto ovvio a the hundred, mi sembrava una citazione azzeccata, considerando che ho recuperato due stagioni quasi in una settimana scarsa.
 
 
a Federica, perché non ti dedico nulla da troppo tempo
e mi manchi come a Juggy manca il suo cappello
e alla piccola Vitto, perché voglio bene anche a te.
 
i.      le farfalle sanno difendersi da sole
Jason sospirò, nell’attimo stesso in cui vide sua sorella gemella roteare gli occhi al cielo, con la solita bravura di chi ha passato una vita intera a farsi deludere dal genere umano, costringendosi inevitabilmente a zittirsi e a stringere la lingua fra i denti. Ciononostante, Cheryl Blossom non era – agli occhi di chiunque non vivesse sotto il suo tetto – colei che meglio rappresentava la definizione di “ragazza discreta”. Addirittura, sembrava ch’ella non pensasse mai prima di spalancare le belle labbra color ciliegia e che, semplicemente, amasse udire il suono della sua voce tagliente mentre sputava le solite sentenze sui suoi compagni di scuola.

Lui non la criticò mai per questo. Non per scelta, quanto per comprensione: fra le mura di Thornhill, ella era docile quanto un agnellino nella sua figura accovacciata costantemente sul materasso del fratello, con gli occhi lucidi e con il rossetto color rosso sangue sbavato – ugualmente bella, costantemente bella, sempre più bella. Paragonabile al meraviglioso insetto, Cheryl passava dall’essere un bruco al librarsi in volo come una farfalla: tal metafora sarebbe stata perfetta, non fosse stato che la giovane era troppo letale per essere paragonato a una delle più deboli creature viventi.
Eppure, Jason l’adorava. Persino in quel momento – mentre Cheryl l’osservava impassibile, la bocca chiusa in una smorfia, le gambe perfettamente distese contro il suo ginocchio, la schiena dritta contro il legno della barca e le metaforiche ali perfettamente dispiegate dietro di lei – si trovava incantato dal più meschino dei suoi oggetti del desiderio. Sua sorella, la sua responsabilità1.

«Smettila» interruppe il silenzio, le mani – robuste, grazie a tutti gli sport in cui si dilettava – ancora impegnate a remare verso Sweetwater e gli occhi puntati sull’acqua, non tanto per cautela quanto per evitare lo sguardo femminile che, opprimente, lo giudicava silenziosamente. «Non eri costretta a venire con me.»

Cheryl sbatté le lunghe ciglia rosse. «Ricordi quando la mamma ci disse che dovevamo smetterla di fare il bagnetto assieme?»

Il fratello soffocò una risata. «A quale volta ti riferisci? Quando ce lo chiese a sette anni, o quando ce lo impose a dodici?»
Roteò gli occhi, ancora. «Non ti ho mai lasciato solo, neanche quando i nostri genitori ci proibivano di stare tutto il tempo assieme. Sicuramente, cominciare oggi non era nei miei piani. Ti accompagnerò in questa follia, JayJay

Sorrise e rimase zitto. Quando finalmente arrivarono, parlò: «Riesco a sentire i tuoi pensieri che mi giudicano.»

«Perché io non ti sto abbandonando, tu invece

Cadde il silenzio fra loro, ma Cheryl non si smosse. Chiuse gli occhi con eleganza e rivolse il volto al cielo, accettando – per pochi secondi – che dei fiacchi raggi di luce le colpissero il viso volutamente niveo: nel frattempo, Jason s’issava sul terreno e le porgeva la mano, permettendole di lasciare quella piccola e scomoda barca.

Non lasciò andare la presa, camminò con lei fino agli alberi. Si avvicinò, le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e la baciò sulla fronte. Ella si scostò, la prima volta in sedici anni.
 
. . .
 
Cheryl era sempre stata brava a mantenere lo sguardo negli occhi di una persona: era una delle tante qualità che Penelope definiva con l’aggettivo “irritante”, ed era forse l’unica caratteristica su cui aveva ragione. Vi era qualcosa di terribilmente frustrante nel modo in cui la bella Blossom manteneva le iridi fisse in quelle del suo interlocutore, con quell’aria di sfida – nonostante, chiunque la guardasse, sapesse che ogni duello era già perso in partenza. Jason n’era rapito, e forse era la sola persona al mondo a trovare affascinante quel comportamento duro della sua farfalla letale.

«Sei ancora in tempo» la voce ferma, lo sguardo duro, gli occhi tristi. Il fratello sapeva ch’ella voleva solamente convincerlo a non scappare con la maggiore delle Cooper, così da non restare in balia dei due genitori tiranni – eppure, una parte del suo cuore s’illuse.
Quella maledetta parte che non aveva notato la linea di confine tra affetto e amore, tra puro e malsano, tra sorella e donna della sua vita. Cercò ancora la sua mano, la strinse delicatamente fra le proprie e vi posò un bacio delicato.

Poi le sorrise. «Tornerò a prenderti.»

Lei spalancò le labbra: la risata che ne uscì gli fece male. «Non lo farai, hai scelto Polly.»

Le lunghe e nivee dita smaltate di rosso andarono a sfiorargli i capelli del medesimo colore, carezzandoli in maniera delicata e quasi letale. Quel tocco sapeva di addii e parole non dette e lo sguardo di Jason vagò sullo sfondo naturale dietro la sorella, incapace di sostenere quel suo irritante modo di fissarlo negl’occhi.
Non aveva scelto Polly. Voleva urlarlo, che non aveva scelto Polly.
Il destino aveva scelto per lui, ma non era stato deciso se dovesse stare con la bella Cooper o con chiunque altro – semplicemente, non poteva restare con Cheryl. Spiegò le labbra, ne fece fuoriuscire un sospiro.

«Non ti lascio sola.» una nuova promessa, infranta sul nascere.
Le falangi andarono a sfiorargli le labbra, prima di tornare a lambirgli una gota. Cheryl pizzicò con delicatezza e quasi goliardicamente la pelle rosea del fratello, che arrossì subito dopo. Poi rise, ancora la sua risata letale. «So difendermi da sola, JayJay.»
Lui sapeva ch’era così, perché Cheryl era una bomba – riprendendo il suo nickname – capace di spazzare via l’intero genere umano, se soltanto avesse voluto. Aveva così tanta passione dentro di sé – ed era dettata dall’amore quanto dall’odio, dall’invidia e dal rancore – che aspettava solamente d’essere librata contro un nemico.
Fece un passo indietro, gli riafferrò la mano e quando Jason, pochi minuti dopo, fu costretto a lasciarla andare ella lo guardò con uno sguardo che gli fece capire che – allora come allora – era lui il nemico. L’aveva lasciata sola, dandola praticamente in pasto ai lupi.
La squadrò un’ultima volta e riconobbe la farfalla che troppo spesso s’era finta un bruco, riconobbe le fiamme nei suoi occhi e le scintille sulle sue labbra. Era un fuoco, sua sorella.
Andò via e seppe ch’era un addio, come seppe che la bomba era esplosa.
  
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