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Autore: brvkenalec    17/06/2017    3 recensioni
Proprio quando Alec Lightwood e Magnus Bane iniziavano ad abituarsi all'essere genitori e a tutto ciò che ne deriva, ecco che nelle loro vite avviene qualcosa di inaspettato.
Fra le strade affollate di Buenos Aires, Alec fa un incontro insolito. Un piccolo bambino, vestito di stracci logori e sporchi e ferito, tenta di rubargli il portafogli dalla tasca del giubbotto di pelle che il Cacciatore è solito indossare.
Nel momento in cui il Nephilim decide di inseguirlo, non pensa a ciò che questa azione potrà comportare.
Dinamiche della famiglia Malec e dei suoi nuovi membri.
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Max Lightwood-Bane, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3.

 

Max e Magnus avevano a malapena avuto il tempo di varcare la soglia dell’appartamento e sedersi al tavolo che Alec aveva apparecchiato, prima che il cellulare del Cacciatore iniziasse a suonare. Mentre Magnus legava un tovagliolo al collo del piccolo stregone e il nuovo arrivato osservava incuriosito la posata che stava impugnando, Alec rispose alla chiamata.
«Sì?» chiese, avvicinando il cellulare all’orecchio e passandosi una mano fra i capelli scuri. 
«Hey fratellone! Come stai? Noi tutto bene, Simon mi ha appena portata al centro commerciale a fare shopping. Ho preso un nuovo maglione per te, perché non sopportavo più i tuoi vestiti bucati. Oh, e ho una sorpresa per Max. Stiamo venendo a casa vostra per portargliela. In effetti abbiamo appena svoltato all’incrocio e stiamo cercando parcheggio.»Alec alzò gli occhi al cielo riconoscendo la voce della sorella. Ogni volta che iniziava a parlare, fermarla era impossibile. Generalmente la coppia amava ricevere visite, specialmente da Isabelle, il cui rapporto con Alec non si era consumato ed era ancora forte come lo era sempre stato, ma questa volta era diverso. Al timore che il Cacciatore aveva di mettere a contatto il nuovo bambino con altri volti sconosciuti, dubitando che fosse la cosa giusta da fare per il suo benessere, si aggiungeva anche l’incertezza di dover rivelare la notizia a qualcun altro, nonostante questo qualcun altro fosse sua sorella, della quale si fidava ciecamente.

«State arrivando adesso?» chiese il Nephilim sottolineando l’ultima parola e voltandosi verso Magnus. Lo stregone, che aveva alzato il viso verso di lui, alzò le sopracciglia in una muta domanda alla quale Alec rispose mimando il nome di Isabelle con le sue labbra carnose.
«Sì, c’è qualche problema? » disse Isabelle dall’altro lato della cornetta.
Magnus lanciò una lunga occhiata verso il bambino e riportò lo sguardo verso Alec.
Il Cacciatore aprì la bocca, incerto sul da dirsi.
«No. No, Iz. Nessun problema.»
Mentre Alec scambiava le ultime parole con Isabelle e riattaccava, Magnus si avvicinò verso di lui e gli posò una mano sul braccio.
«Sei sicuro di volerlo fare?»
Il Cacciatore tacque, lo sguardo fisso negli occhi dello stregone. «E’ Isabelle.» disse semplicemente. Magnus annuì, offrendo la sua fiducia ad Alec. Ci aveva preso l’abitudine, ormai. Alec era un uomo onesto e responsabile, cresciuto con il peso di prendere delle scelte, che la maggior parte delle volte non erano le proprie, costantemente sulle spalle. Senza contare che Magnus gli avrebbe affidato la vita anche se lui in quel momento, al posto di accarezzargli il braccio con le sue dita coperte di anelli, stesse puntando una freccia dritta contro il suo petto.
Suonò il campanello e Alec aprì la porta, lasciando entrare la sorella seguita da Simon.
Intanto che Isabelle e Alec si scambiavano un abbraccio e Simon se ne stava sulla porta imbarazzato, Max ebbe il tempo necessario per realizzare che le persone appena entrate in casa sua erano i suoi zii preferiti e si alzò di scatto dalla sedia, rischiando di portarsi dietro tutta la tovaglia.
«Ziiizzy! Ziiimon!» urlò eccitato. Quando era più piccolo e non era ancora in grado di pronunciare correttamente certe parole era solito recitare insieme due parole al posto di spaziarle com’era giusto, e per molte cose l’abitudine era rimasta. 
«Max! Non ti alzare dal tavolo prima di aver finito di mangiare.» lo rimproverò Alec, alzando gli occhi al cielo. Il piccolo lo ignorò e corse in braccio alla zia.
«Hey piccolo!» lo salutò lei sollevandolo e facendolo girare in aria. «oh, non dimenticarti delle corna. Infilzerai qualcuno prima o poi.»
Max rise e nascose il viso nel collo di Isabelle. Simon gli toccò le corna e fece un comparazione tra la forma che esse, crescendo, stavano assumendo e i capelli di una certa principessa Leila di Star Wars, cosa che né Max né gli altri presenti nella stanza compresero appieno.
«Fa niente...» borbottò Simon fra sé e sé sconsolato, guadagnandosi una squadrata da Alec. Anche da Shadowhunter, Simon rimaneva il solito nerd.
Alec iniziava a pensare che fosse dato da qualcosa di genetico, ma aveva smesso di chiedersi cosa ci vedesse Isabelle in lui di tanto attraente quando aveva passato un intero pomeriggio ad interrogarsi sulla questione, il giorno in cui lei e Simon avevano annunciato il loro fidanzamento, ed era arrivato alla conclusione che, se avesse continuato a spendere tutto quel tempo riflettendo sulla lunga lista di ragazzi discutibili che la sorella aveva avuto, non gli sarebbe bastata una vita sola. Si limitò ad un’alzata di spalle prima di girarsi sui tacchi e focalizzare la sua attenzione sulla sorella che ora stava allungando un pacco incartato a suo figlio.

Max aveva gli occhi spalancati e un sorriso a trentasei denti stampato in faccia. Fece per prendere il regalo ma quando Alec diede un palese colpo di tosse, sia lui che Isabelle si bloccarono con le mani a mezz’aria e si girarono verso di lui. La ragazza alzò le sopracciglia, ponendo una muta domanda al fratello che indicò con la testa il tavolo alle sue spalle. 
«Giusto. Finisci il pranzo e potrai avere il regalo» acconsentì Isabelle, facendosi seria. «O altrimenti Papà Alec ci ammazza entrambi» aggiunse poi con un sorriso spostando affettuosamente una ciocca di capelli dalla fronte del piccolo. Max rise nuovamente e corse verso il tavolo, lanciandosi sulla sedia. Isabelle ammiccò al fratello. Quando si alzò in piedi e si voltò verso il tavolo, si accorse per la prima volta dell’intruso e rimase a bocca aperta.
Il bambino, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, iniziò a respirare affannosamente e guardò Alec in cerca di risposte.
«ALEC!» urlò Isabelle, senza nemmeno voltarsi verso il fratello «Mi devi dire qualcosa, forse?»
Il piccolo sentendo le urla si coprì le orecchie e si gettò a terra, gattonando sotto al tavolo.
«Izzy… ti prego.» iniziò lui, passandosi una mano fra i capelli.
Magnus nel frattempo si era avvicinato al tavolo, indeciso sul da farsi. Max, con la bocca piena di pasta, guardava la scena con l’aria di chi non ha idea di cosa stia succedendo. Simon sembrava più confuso di quanto sembrasse abitualmente.
«Da dove è sbucato, Alec? » chiese Isabelle, senza abbassare il tono di voce.
«E’ una storia lunga, ti prometto che ti racconterò tutto ma-»
«Lo avete rapito?» lo interruppe la ragazza che adesso aveva preso a camminare su e giù per la stanza con le mani sui fianchi. I suoi tacchi risuonavano sul pavimento come il ritmo di un tamburo.
« Che cosa? Isabelle, cosa stai dicendo? » esclamò Alec, allargando le braccia esasperato. «Pensi davvero che potrei fare una cosa simile?»
«Tu no, ma lui probabilmente sì. E so che sa essere parecchio convincente.»
« Ma ti ascolti mentre parli, Izzy? » continuò il ragazzo, sempre più contrariato. Fece un passo verso la sorella, sbarrandole il passaggio. Isabelle gli diede una spinta affettuosa, rimproverandolo ancora una volta per aver mantenuto quel segreto da lei. « Lo so, Alec, scusami. Non volevo prendermela così tanto. » Si passò elegantemente una mano fra le ciocche ondulate e guardò il fratello maggiore con i suoi grandi occhi di cioccolato. Malgrado stesse indossando i tacchi doveva comunque inclinare la testa all’indietro per guardarlo in viso. « Solo, per favore… Non fare più niente del genere. Sai che a me puoi dire tutto.»
Alec annuì e scostò una ciocca di capelli dal volto della sorella che rise al suo gesto. 
«Mi dispiace interrompere questa riunione di famiglia molto toccante ma credo che abbiamo un’emergenza.» Tutti si girarono verso Simon che si trovava in mezzo alla stanza, con le mani infilate nelle tasche dei jeans scuri. Così, immobile, si confondeva con l’arredamento del salotto. «Sì, insomma, c’è un bambino in piena crisi di panico sotto ad un tavolo. Oh, e credo che Max si stia strozzando con la pasta.» aggiunse, alzando le spalle. Alle sue spalle Max tossiva. Le sue guance si stavano arrossando e creavano un contrasto bizzarro con la carnagione blu. Da sotto il tavolo si sentivano provenire dei lamenti. Singhiozzi, forse?
«Per l’Angelo» esclamò Alec, insieme ad un’imprecazione soffocata. Si avvicinò di corsa al tavolo e iniziò a dare piccole pacche sulla schiena di Max. Simon, Isabelle e Magnus invece si divisero e circondarono la tavola da pranzo, indecisi sul da farsi. Dopo qualche secondo Magnus si fece avanti e si inginocchiò, scostando la tovaglia per localizzare il bambino nascosto. Il piccolo era rannicchiato all’estremità opposta, accanto alla credenza. Stava mordicchiando la maglia del pigiama e respirava affannosamente, le lacrime che scendevano come fiumi sulle guance arrossate. L’espressione di Magnus si addolcì a quella visione. Se lui e il bimbo non avevano avuto un incontro molto piacevole, adesso lo stregone aveva una profonda empatia per quel nuovo arrivato, che era in una situazione di evidente disagio. 
« Està bien, no te asustes. Sal de ahi, por favor.1 » tentò, allungando una mano verso il piccolo per aiutarlo ad uscire da sotto al tavolo. Alec alzò lo sguardo dal figlio, sorpreso nel sentire il suo fidanzato parlare una lingua diversa dalla quale era solito sentirgli parlare. Magnus non gli aveva certamente mai accennato di saper parlare fluentemente lo spagnolo, ne tanto meno di avere un bellissimo accento nel farlo. Vivendo per secoli si possono imparare molte più cose di quanto si possa pensare – si disse Alec, ritornando a prestare attenzione al figlio, che adesso sorseggiava piccoli sorsi d’acqua reggendo il bicchiere con due mani. Il gesto dello stregone però fu vano e ebbe come unico effetto quello di far allontanare il bambino ancora di più, invitandolo a stringersi in se stesso come se potesse proteggersi da tutto il pericolo del mondo.
Magnus si rimise in piedi e si spazzolò i pantaloni di tweed. «Non ha funzionato.»
«Provo io.» esordì Isabelle, che aveva lanciato la giacca di pelle al suo fidanzato e si era legata i capelli in uno chignon disordinato per praticità. Si accovacciò con grazia e infilò la testa oltre la tovaglia. Quando trovò ciò che cercava sorrise e alzò una mano a titolo di saluto.
«Ciao!» disse, con più entusiasmo di quello convenzionalmente accettabile in situazioni simili. Il bambino la guardò con occhi sgranati.
«Devi parlargli in spagnolo, Isabelle. Non sa l’inglese.» la informò qualcuno dall’alto. 
La ragazza alzò gli occhi al cielo, sbuffando. «Fammelo aggiungere alla lista delle cose che non mi avete detto.» Dopo essersi fatta seria tornò nuovamente a porre l’attenzione al bambino spaventato.
«Hola!» ripeté , questa volta nella lingua giusta. «Me llamo Isabelle y...» La Cacciatrice si bloccò di colpo e lasciò andare una risatina nervosa. 
«Isabelle, non vorrai forse dirmi che questo è tutto ciò che sai dire in spagnolo?» disse Magnus, incredulo. Stava origliando da sopra il tavolo e non riusciva a credere che una Cacciatrice addestrata e istruita come Isabelle Lightwood non sapesse parlare le lingue straniere. Faceva parte dell’educazione di base degli Shadowhunters, o no? Sempre dall’alto Isabelle sentì provenire uno sbuffo annoiato. Poco dopo, all’estremità destra del tavolo, vide apparire due stivali slacciati, seguiti dal volto di Alec che si infilò sotto alla tovaglia. Era una scena buffa alla quale assistere. Il corpo decisamente troppo alto di Alec riusciva a malapena a stare in uno così spazio ristretto. La testa del Cacciatore toccava il tavolo e i suoi capelli erano schiacciati contro la sua superficie, formando una sorta di corona disordinata intorno al capo del ragazzo.
«Questo è ciò che succede quando cresci facendo fare a tuo fratello maggiore tutti i tuoi compiti e passando le lezioni a disegnare vestitini e fiorellini sul banco invece che ascoltare.» Nella sua voce vi era un tono di rimprovero ma anche di ironia, cosa che ancora stupiva Isabelle. Alec non era sempre stato un tipo ironico o divertente. Era sempre il fratello maggiore controllato e responsabile che rifiutava e rinnegava ogni tipologia di svago. Solamente con l’arrivo di Magnus la ragazza aveva finalmente potuto osservare questo lato più felice e rilassato del fratello venire alla luce, e Isabelle doveva ammettere che non le dispiaceva affatto.
Lanciando un’occhiataccia accusatoria ma non priva di affetto ad Alec, la ragazza si rimise in piedi, imbronciata per non essere riuscita nemmeno lei a far uscire il bambino dal suo rifugio. Magnus, Isabelle e Simon rimasero tutti e tre in attesa di veder ricomparire un vittorioso Alec da sotto la tavola. Nel momento in cui però il Cacciatore si rimise in piedi senza nessun bambino fra le braccia, emisero un lungo sospiro scoraggiato.
«Perché non andate con Max e lo aiutate a lavarsi i denti e a prepararsi per il sonnellino pomeridiano? Finisco io qui.»
Isabelle capì subito il messaggio che il fratello cercava di trasmettere. Aveva chiaramente bisogno di rimanere da solo. Il bambino spaventato non sarebbe mai uscito dal nascondiglio in loro presenza.
«Vieni Max, andiamo a lavarci i denti e ad aprire il regalo, che ne dici?» La ragazza allungò una mano verso il piccolo ma quest’ultimo al posto di afferrarla alzò le braccia al cielo, chiaro segno del fatto che volesse essere preso in braccio.
«Va bene pigrone, andiamo.» disse ridendo e prendendo il bambino fra le sue braccia. Magnus osservò Isabelle e suo figlio imboccare le scale per salire al piano superiore e appoggiò una mano sulla spalla di Simon, facendo segno di seguirli. Lo stregone fu l’ultimo a lasciare la stanza, indugiando con lo sguardo in direzione di Alec, che adesso si era inginocchiato nuovamente, pronto a effettuare un secondo tentativo.
«Se hai bisogno chiamami, Alexander.» Alec gli sorrise e annuì e, come se il suo sorriso gli avesse dato la sicurezza necessaria per farlo, Magnus iniziò a salire le scale.

 ***

 

Non passò molto tempo da quando Magnus, Simon e Isabelle insieme a Max avevano lasciato il salotto a quando Alec li aveva raggiunti, reggendo un bambino ancora visibilmente spaventato ma più calmo fra le braccia. Isabelle e Magnus avevano aiutato Max a spogliarsi e a indossare il pigiama, mentre il piccolo raccontava ciò che aveva fatto durante la mattinata con l’entusiasmo che solo un bambino della sua età poteva avere. Simon invece era rimasto affascinato dalla collezione di videogiochi che Max teneva con cura su uno scaffale accanto al letto, ed ora ne stava leggendo i titoli. Quando Alec e il bambino varcarono la soglia Max aveva appena scartato il regalo che Isabelle gli aveva fatto e stava abbracciando sua zia per ringraziarla. Alec sorrise e raggiunse Magnus che stava osservando la scena dalla parete alla quale era appoggiato. Il Cacciatore accarezzò la guancia dello stregone con il braccio libero, cogliendolo di sorpresa. Nessuno si era ancora accorto del suo arrivo. Magnus guardò a lungo il bambino che Alec reggeva fra le braccia. Aveva la testa nascosta nell’incavo del collo del Cacciatore, proprio come quando era uscito dal portale ed era giunto a New York per la prima volta. Magnus alzò le sopracciglia in un’espressione interrogativa, poi sorrise ad Alec.
«Ce l’hai fatta. Beh direi proprio che fra noi due tu sei il padre più dotato.»
Alec prese seriamente le parole dello stregone e corrugò le sopracciglia, accigliato. «No. Magnus, non pensarlo mai. Non è vero.»
Prima di continuare si guardò attorno, come se stesse per rivelare un segreto che nessun altro doveva sentire. «E’ solamente spaventato, ha bisogno di tempo. Probabilmente è più a suo agio con me perché sono la prima persona con cui parla da anni. Ma sono sicuro, e ti prometto, che prima o poi le cose andranno meglio.»
Magnus sorrise nella maniera che solamente lui sapeva fare, tenendo le labbra serrate e facendo brillare i suoi occhi da gatto, poi si alzò in punta di piedi e si allungò verso Alec, dandogli un rapido ma intenso bacio che venne interrotto da una risatina in sottofondo. Sia il Cacciatore che lo stregone si girarono e videro loro figlio che li osservava con una mano sulla bocca. Teneva fra le braccia il pupazzetto di Captain America. Poco distante da lui Isabelle sorrideva, guardando con gradimento la coppia.Anche Simon sorrideva ma guardando Isabelle, il che portò Alec a sollevare gli occhi al cielo con la sua solita teatralità.
Il Nephilim si scharì la voce. «Il piccolo qui vorrebbe dirvi qualcosa e mi ha chiesto di fargli da portavoce.» 
Nella stanza calò il silenzio mentre tutti osservavano Alec, in attesa. «Ha detto che è dispiaciuto per quello che è successo e che vorrebbe che non fosse successo dato che sembrate tutti molto simpatici. Testuali parole.»
Il piccolo alzò lentamente il capo dal collo di Alec, senza però lasciare la presa, e si guardò intorno, studiando il nuovo ambiente. Incontrò lo sguardo di Isabelle che gli sorrise dal letto e quello di Max che fece altrettanto, alzandosi in piedi e correndo verso di lui.
«Fa niente, sei perdonato perché anche tu sei simpatico.» disse all’altro bambino, allungandogli il supereroe che aveva appena ricevuto in regalo da Isabelle. 
«¿es por mi?» chiese, lasciando a bocca aperta tutti. Il bambino parlava raramente, tanto meno in pubblico. Aveva scambiato solo qualche parola con Alec, a bassa voce, quando i due erano soli.
«Non so cosa voglia dire. Ma va bene, credo.» rispose Max, tendendo ancora il giocattolo verso il bambino in braccio a suo padre.
Alec tradusse velocemente ciò che suo figlio aveva detto in spagnolo e, una volta ricevuto il messaggio, il bambino si allungò e prese il giocattolo che Max gli stava porgendo. Poi appoggiò di nuovo il capo sulla spalla di Alec, osservando con curiosità il pupazzetto nelle sue mani.
«Captain America piace a tutti, suppongo.» disse Simon.
Isabelle rise, abbracciandolo.
«Alec, perché non organizziamo una cena all’Istituto? Mi sembra un buon inizio per far conoscere il nuovo arrivato a tutti.»
Alec scambiò uno sguardo con Magnus, annuendo. «E’ una buona idea, Iz. Ma forse è meglio domani, credo siano successe già tante cose oggi.»
Isabelle acconsentì e i quattro rimasero a parlare, mentre Max mostrava all’altro bambino come Captain America fosse in grado di maneggiare il suo potente scudo. 
Sembrava quasi un normale pomeriggio in famiglia, anche se tutti erano consapevoli del fatto che ci fosse ancora tanto su cui lavorare. 



TRADUZIONE DEI DIALOGHI IN SPAGNOLO. 

1:  E' tutto okay, non devi aver paura. Esci di lì per favore.



Note d'autore: 

Buonasera Cacciatori! Perdonatemi di nuovo la lunga assenza ma fra scuola e vari problemi di salute non sono riuscita a scrivere nulla per mesi. Ora che la scuola è finita spero di riuscire a pubblicare più frequentemente. 
Fatemi sapere come sempre se il capitolo è stato di vostro gradimento e non esitate a commentare su cosa vorreste che io migliorassi. 
Sono sempre aperta alle critiche positive.
Spero passiate un buon sabato sera. 

A presto! 

  
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