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Autore: Carlo Di Addario    22/06/2017    1 recensioni
“C’è un gioco: si chiama vita, ed è talmente chimerico nell’infinita molteplicità delle forme che può assumere, che tentare di definirlo e determinarlo sarebbe quanto mai futile e vacuo.
Un gioco contraddittorio, assurdo e irrazionale, al cospetto del quale a volte provo meraviglia e stupore, a volte un senso di estraniamento e confusione, e verso il quale mi angoscia perennemente una sensazione: il non saper giocare."
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(Sesto racconto della serie "Metafisica Musicale")
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Metafisica Musicale'
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“C’è un gioco: si chiama vita, ed è talmente chimerico nell’infinita molteplicità delle forme che può assumere, che tentare di definirlo e determinarlo sarebbe quanto mai futile e vacuo.

Un gioco contraddittorio, assurdo e irrazionale, al cospetto del quale a volte provo meraviglia e stupore, a volte un senso di estraniamento e confusione, e verso il quale mi angoscia perennemente una sensazione: il non saper giocare.

Essere inadeguata, essere fuori posto, essere debole, patetica, mediocre. In un mondo squallido e decadente, essere io stessa parte di questo squallore e di questa decadenza.

Di essere una misera inetta.

A volte mi sveglio, nel mio letto, e restò lì, a fissare imbambolata il bianco soffitto della stanza: sento il leggero russare delle mie sorelle e le ascolto silente.

Chi mormora nel sonno, chi respira rauca perché raffreddata, chi si rigira inquieta nelle lenzuola… ogni sorta di inconscio moto dell’animo viene da me ascoltato, e nel loro insieme tutto ciò diventa una sorta di armonia, come se i respiri di tutte noi fossero note, note di una melodia che perennemente suona in ogni ente della natura, e che della natura è il cuore e il motore.

“Il primo motore immobile”, per citare Aristotele, e andare a vertere sui Massimi Sistemi.

Già, i Massimi Sistemi del mondo: al tempo di Galileo Galilei erano il modello aristotelico-tolemaico e quello copernicano… che dibattito grandioso: si stava decidendo all’epoca quale posto occupasse la Terra nell’universo, se centrico oppure attorno al sole!

“Eppur si muove!” voleva che avesse detto Galileo la leggenda, una volta uscito dal tribunale ecclesiastico dopo esser stato costretto ad abiurare le tesi di una vita.

A significare che, per quanto avesse appena sconfessato tutto ciò che lui e altri uomini di genio avevano scoperto e ormai compreso, quella era la verità, e che nonostante le impietose bugie degli uomini, la terra continuava a muoversi.

E ora, nella sua epoca, quali erano i Massimi Sistemi?

Ma ovvio: L’Egemonia di Francia e il suo totalitarismo fascista, contrapposto all’Unione Sovietica e al suo totalitarismo bolscevico e comunista, in una guerra ideologica su come dovesse autogovernarsi l’uomo.

Era così assurdo… in un’epoca come la loro, postuma alle filosofie greche, all’umanesimo e al rinascimento, alla rivoluzione scientifica e all’età dei lumi, dopo diecimila e passa anni di umana conoscenza e umana virtù, che l’umana specie si fosse ridotta in due superpotenze tiranniche sull’orlo dell’autodistruzione…

A volte, in quei momenti di veglia notturna, mi domandavo cosa ne sarebbe stato del futuro: e quando accadeva, scenari tanto ordinari mi si contrapponevano ad altri decisamente più apocalittici, e tanto erano angoscianti che chiudevo di colpo gli occhi e mettevo la testa sotto il cuscino, tornando subito a pensare a cose più amene e serene.

Ma com’è possibile, che l’essere umano potesse al tempo stesso essere capace di tanta virtù e di tanto squallore…?

Una notte, finalmente sbrigliai i fili dell’arcano: “l’essere umano” non esiste. 

Esistono miliardi di persone, e solo quelle.

Qualunque macro insieme, qualunque gruppo creato dall’intelletto, per semplificare e tentare di comprendere quel miscuglio umano che è il mondo, è vacuo e fittizio.

E due essere umani possono essere talmente diversi tra loro, da non aver nulla in comune se non l’aspetto.

Questa considerazione fu per me angosciante: cominciai pian piano a vedere i mostri che si annidano dentro la gente, che da quel momento mai mi è più parsa familiare, ma intimamente orrenda, deforme e mostruosa.

Ma era inutile cullarsi nell’illusione che l’essere umano fosse mosso da istinti, morale e ragione condivisi. Era vacuo cullarsi nell’illusione che altri esseri con due braccia e due gambe come le mie avessero anche solo una briciola in comune con quella che è la mia intima persona.

Se perfino nella mia stessa famiglia, persone che condividono il mio stesso sangue e la mia stessa carne, sono mossi da ideali diversi dai miei, allora significa che l’essere umano è la più grande menzogna dell’umanità, incapace di non accettare la sua non esistenza, e di essere solamente una mucillagine di creature, tanto diverse ognuna dalle altre da non riconoscersi, se non per una blanda similitudine d’aspetto.

E questo spiegava tutto. Spiegava la miseria. La decadenza. Lo squallore. L’incombere di una guerra. Tutto era il risultato di miliardi di volontà divise e contrapposte, tutto era il figlio del caos… e ora capisco, capisco la frase dell’ingegnere: “Tutto tende all’anarchia”

Rimango in silenzio.

Per un istante provo un barlume di lucida follia, sentendomi il cuore pompare forte nel petto.

Tutto tende all’anarchia, in questo chimerico gioco chiamato vita. La mia inettitudine sembra ora uno degl’infiniti moti dell’animo privi di senso, di un cosmo che senso non ha.

Al suo cospetto, talvolta provo meraviglia e stupore, talvolta un senso di estraniamento e confusione. Ora li sto provando entrambi”


-Annabel Watson, elucubrazioni notturne, 3 agosto 1985
 

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