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Autore: T00RU    23/06/2017    1 recensioni
«Che cosa vuoi, Shi?» chiese.
Quando si fu girato del tutto, sbiancò.
Yahaba era sdraiato su un fianco su uno dei tanti letti messi in mostra –ed era anche un bel letto, diamine-, ma la cosa che più aveva alzato il suo livello di imbarazzo era un’altra: Shigeru, steso su un letto dell’Ikea, senza maglietta.
Gli fece l’occhiolino. «Vuoi unirti a me, zuccherino?».

Or, alternatively, Shirabu vuole morire e Yahaba è in vena di battute.
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[rare pair - yahashira + ushiten if you squint]
[3.589 words]
Genere: Comico, Erotico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kenjiro Shirabu, Shigeru Yahaba
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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«Ah, la nostra prima casa insieme» Shirabu accennò un sorriso, afferrando con delicatezza la mano di Yahaba mentre stavano camminando verso al grandissimo negozio; avevano sprecato quaranta minuti buoni per trovare parcheggio, Kenjirou aveva tirato anche un paio di bestemmie, ma in quel momento sembrava essere in pace con l’universo.
Shigeru abbassò lo sguardo verso di lui e sorrise a sua volta. «Pensa che bello, non avere Ushijima e Tendou tra i piedi».
«Ugh, non me ne parlare. Tu non li conosci dal primo anno di liceo» Shirabu sbuffò, roteando gli occhi.
Non che non gli piacesse vivere insieme al proprio ragazzo e a quei due, ma se di solito è difficile abituarsi alla presenza di una persona in più nel proprio spazio vitale, altre due in un solo appartamento erano forse fin troppe da gestire; Tendou si svegliava sempre agli orari più improbabili e Shirabu nemmeno sapeva che diavolo facesse ogni volta, ma lo svegliava sempre con tutto il casino che faceva, e questo era abbastanza per farlo incazzare. Ushijima si dimenticava sempre di chiudere la porta ogni qual volta lui e Satori decidevano di darci dentro – il solo pensiero lo faceva rabbrividire-.
Yahaba era un capitolo a parte, di cui Shirabu non voleva parlare.
Mentre stavano camminando mano nella mano, arrivarono all’entrata affollata dell’unico negozio Ikea che avevano nei paraggi; entrarono, restando immediatamente colpiti dalla moltitudine di oggetti per la casa che si potevano trovare in un solo metro quadrato. Il loro stupore era anche giustificabile, essendo cresciuti in una piccola prefettura priva di grandi negozi.
Ora che vivevano a Tokyo, tutto era più grande.
«Oh Dio, Ken, guarda quant’è bella questa lampada!» Yahaba trascinò Shirabu per una mano. «Guardala!» si girò, sorridendo.
Non era nemmeno una lampada particolare, però era bianca e nera, semplice ed esattamente nel suo stile.
Shirabu sorrise. «E’ bella, Shi, ma andiamo a cercare prima i modellini delle camere da letto, mh? Dovremo pur avere un luogo dove dormire».
«E fare l’amore» aggiunse Shigeru, facendo girare una bambina che non avrà avuto più di 10 anni; li stava guardando con gli occhi spalancati, la madre la trascinò via in fretta. «Oops».
«Sei impossibile» scosse la testa Shirabu, ridacchiando. Infilò entrambe le mani nelle tasche della giacca primaverile che stava indossando.
«Non è troppo grande, questa giacca? Guarda, ci ballo dentro» si girò verso Yahaba, alzando lo sguardo in modo tale da incontrare i suoi occhi. Per fare una piccola dimostrazione si mosse un pochino, facendo muovere il materiale apparentemente di troppo. «Dov’eri quando l’ho comprata?».
«Ken, quella giacca è mia».
Kenjirou abbassò lo sguardo. «Ah, vero» sorrise.
Salirono le scale, al piano delle camere da letto; Shirabu ne voleva una come quelle che si vedevano nei film americani: bella semplice, con poche decorazioni, ma con quelle lucine che Shigeru definiva “stupide” a contornare la testiera del letto, o anche l’armadio. Non aveva intenzione di rinunciare a quel cavo di luci che tanto desiderava.
Per questo, mentre era tanto occupato a cercare qualche mobile di suo gradimento –sinceramente, a chi importava del parere di Yahaba? Di certo non a lui-, perse di vista il proprio ragazzo, che attirò la sua attenzione dopo una decina di minuti.
«Che cosa vuoi, Shi?» chiese.
Quando si fu girato del tutto, sbiancò.
Yahaba era sdraiato su un fianco su uno dei tanti letti messi in mostra –ed era anche un bel letto, diamine-, ma la cosa che più aveva alzato il suo livello di imbarazzo era un’altra: Shigeru, steso su un letto dell’Ikea, senza maglietta.
Gli fece l’occhiolino. «Vuoi unirti a me, zuccherino?».
Le persone gli stavano passando vicino lanciandogli occhiatacce, ma Yahaba era concentrato su Shirabu e ben poco gli importava degli altri.
«Allora? Eh? Eh?» mosse le sopracciglia, invitandolo ancora una volta.
Shirabu sostituì quell’espressione di terrore puro che si era fatta strada sul suo volto per qualche secondo in una di disgusto, si girò di spalle e tornò a concentrare la propria attenzione sul tappeto che aveva visto poco prima.
«Se non ti rimetti la maglia, ti lascio qui. Non sto nemmeno scherzando».
Sentì la risata cristallina di Yahaba –Shirabu era sempre più disgustato nei confronti di se stesso nel constatare che più Yahaba sorrideva, più il suo cuore si prendeva gioco di lui, iniziando a battere in modo spropositato-, e dopo qualche secondo quest’ultimo gli si avvicinò, abbracciandolo da dietro e appoggiandogli il mento sulla testa, come se fosse la superficie più comoda su cui appoggiarsi.
«Shi, scollati».
Shigeru soffiò un’altra risatina, il suo corpo premuto contro a quello di Shirabu; «E se non ne ho voglia che mi fai?».
«Ho detto: scollati».
Yahaba si arrese, dandogli un piccolo bacio tra i capelli mentre si allontanava. «Va bene, ma sappi che ora sono davvero, davvero molto triste».
«Pensa un po’, non m’importa» Kenjirou si girò e gli fece l’occhiolino. «Cambiando discorso… Come ti sembra questo tappeto?».
«Brutto».
«Non ti ho chiesto di descriverti, Shigeru. Ti ho chiesto del tappeto».
«Toglimi una curiosità: perché quattro anni fa ho deciso di intraprendere una relazione romantica con un piccolo contenitore di amarezza e rabbia verso l’intero genere umano?».
«Non lo so, deve essere un tuo strano feticcio». Shigeru scoppiò a ridere, scuotendo la testa; Kenjirou poi si girò verso di lui e gli sorrise, gli occhi immediatamente più dolci e contenenti decisamente meno rabbia.
Ah, cazzo. Era proprio innamorato di quel deficiente, non è così?
 
Yahaba si lasciò sfuggire un’altra risatina, prendendo tra le dita il cartellino di uno dei divani messi in mostra per i clienti.
«Ma che razza di nomi sono, questi?».
«Non saprei dirti. Che razza di nome è Yahaba Shigeru?».
«Per tua informazione, io ho un bellissimo nome» Shigeru si spostò il ciuffo della frangia dal viso con un “huff” indignato, mentre lasciava ricadere a penzoloni il cartellino così come l’aveva trovato. «E a quanto pare sei d’accordo anche tu, visto che non fai che ripeterlo quando-».
«Okay, okay, ho capito. Vedi di non finire la frase» Shirabu gli lanciò un’occhiata velenosa, evidentemente imbarazzato.
Era passata almeno un’ora da quando avevano messo piede in quello che era il paese dei balocchi di chiunque amasse l’arredamento, e avevano trovato poco e niente che li mettesse d’accordo per la casa che avrebbero voluto arredare insieme. Le gambe di Shirabu già avevano iniziato a lamentarsi ma, anche volendo, non avrebbe saputo dove sedersi. Non era mica Yahaba, lui.
«Sai che ho deciso?» Shigeru appunto iniziò a parlare, guadagnandosi un mugugno di dissenso da parte di Kenjirou.
«Non lo voglio sapere».
Venne ignorato.
«Il primo cartellino che prendo, non importa cosa ci sia scritto, sarà il nome che daremo al nostro bambino».
«Non avremo nessun bambino, Yahaba, Gesù Cristo».
Yahaba batté il piede a terra, proprio come un bimbo capriccioso quando non riceve quello che vuole. Si sporse verso ad una lampada e ne prese il cartellino. «Invece lo avremo. E lo chiameremo “NYFORS Table lamp with LED bu-“ ah no, quella è la descrizione» ridacchiò. «Lo chiameremo “NYFORS”».
«Con un nome del genere al nostro pseudo-figlio, non posso fare altro che pensare ad una tua possibile morte per strangolamento. O meglio, arma da fuoco».
«O i tuoi occhi fissi nei miei; anche questo vale, no?».
Shirabu nascose il viso tra le mani, scuotendo la testa con veemenza. «Oh Dio no, sta’ zitto» disse, la sua voce ovattata dai palmi delle mani che gli coprivano la bocca.
Shigeru gli si avvicinò, senza difficoltà lo fece girare verso di sé e gli allontanò le mani dal viso, guardandolo bene. «Dovresti avvampare più spesso. Ti stanno bene, le guance rosse».
«Penso starebbe anche meglio un mio pugno sulla tua faccia» ribatté il più basso, aggrottando le sopracciglia ed evitando in tutti i modi possibili il contatto visivo con Yahaba, che stava ancora tenendo delicatamente i suoi polsi, tracciando con i pollici piccoli cerchi immaginari sulla sua pelle chiara.
A volte essere i più alti era un bel vantaggio.
«Quanta rabbia repressa» Shigeru si lasciò sfuggire una risatina e con una velocità impressionante si sporse per lasciare un piccolo bacio sulla guancia al suo ancor più piccolo partner.
Non avevano nemmeno tanti centimetri di differenza, ma a Yahaba piaceva troppo farglielo pesare.
«Oggi stai proprio tirando fuori il peggio di te» osservò Shirabu, dandogli le spalle ancora una volta.
 
Quattro ore all’Ikea, avevano trovato una sola stanza che li mettesse d’accordo: il bagno. Avevano trovato un bagno dai colori azzurro pastello che li aveva fatti innamorare, ma per il resto avevano concluso pochissimo, se non nulla direttamente.
Shirabu sospirò per l’ennesima volta durante quella giornata che si era rivelata più noiosa –se non vogliamo prendere in considerazione gli stupidi e vani tentativi di Shigeru di tirargli fuori un sorriso- di una conversazione con Ushijima.
Senza offesa per Ushijima, però.
Aveva lasciato Yahaba da solo a cercare qualche altro pezzo d’arredamento per la camera da letto che pian piano stavano mettendo su, articolo dopo articolo.
Shigeru ancora non voleva saperne di cavi di luci artificiali, ma, modestamente, Kenjirou sapeva come ottenere quello che desiderava.
Mentre stava guardando alcuni degli specchi di quella sezione il telefono iniziò a vibrare con la notifica di un nuovo messaggio. Allungò la mano verso la tasca posteriore dei suoi jeans e afferrò l’aggeggio elettronico, sbloccando lo schermo.
 
Messaggio da: Shitgeru
kenjrororu vieni ummediatamrnte qui
 
Gli ci volle qualche secondo per decifrare quello che il suo ragazzo aveva scritto; spesso, ironicamente scriveva in modo evidentemente sbagliato, solo perché la sua “natura da meme” glielo imponeva. Shirabu era disgustato dal proprio partner.
 
Messaggio a: Shitgeru
Non so chi sia questo “kenjrororu” di cui tanto parli [mi tradisci?], ma non so nemmeno dove sei.
 
Messaggio da: Shitgeru
non ti tradirei mai, mi ferisci. sono esattamente dove mi hai lasciato.
 
Prendendosi il proprio tempo, Shirabu fece il suo lento ritorno nella sezione “camere da letto” in cui aveva lasciato Yahaba una ventina di minuti prima, per trovarlo appoggiato ad un muro, seduto con le ginocchia portate al petto.
Ancora una volta, la gente che gli passava davanti gli lanciava delle brutte occhiate.
Già con il mal di testa, Shirabu gli si avvicinò, fermandosi esattamente davanti a lui; era in piedi e con entrambe le mani in tasca, gli tirò un leggero calcio sulla gamba destra. «Che fai lì seduto, coglione?».
Shigeru finse di tirare su col naso, sfoderando un broncio degno di un bimbo di due anni. «Sono triste».
«E come mai?» incurante delle occhiate che stavano ricevendo, Kenjirou gli si sedette accanto, allungando le gambe sul pavimento.
Yahaba si girò a guardarlo. «Queste stanze non hanno mai visto la luce del giorno!».
«Shi, ma ch-».
«Sh!» lo zittì Shigeru, appoggiandogli l’indice sulle labbra. Kenjirou gli leccò il dito, guadagnandosi un verso schifato da parte del più alto, che ritrasse immediatamente la mano.
«Guarda! Queste finestre sono finte! E i libri sono tutti in svedese!» più parlava più alzava il tono di voce, sempre più preso dalle proprie idee. «Tutta questa situazione è così triste! Se potessi, comprerei tutte queste camere e le porterei nella nostra nuova casa».
Kenjirou si lasciò sfuggire un sospiro esasperato, pizzicando con indice e pollice il pezzetto di pelle in mezzo alle sopracciglia. Chiuse gli occhi.
«Shi, concedimi questa domanda».
Yahaba lo stava guardando, anche con gli occhi chiusi riusciva a sentire il suo sguardo su di sé.
«Fai per caso uso di droghe pesanti?».
«Ti chiedo solo di credere in me e nelle mie idee! Possiamo salvare queste stanze solitarie!».
«Sai una cosa?» si alzò in piedi. «Vado a vivere con Goshiki».
Shigeru sussultò, visibilmente offeso dalla sua postazione sul pavimento. «Non lo faresti mai».
«Guardami» Kenjirou prese in mano il cellulare e mostrò al proprio ragazzo il contatto di Goshiki. Premette il tasto della chiamata e aspettò la risposta del più giovane.
«…Pronto? Shirabu?».
«Shirabu-senpai, per te» chiarì Kenjirou con tono pungente. «Comunque, volevo chiederti… Potrei passare la serata da t-».
Yahaba si alzò in fretta e ancora più velocemente rubò il telefono dalle mani di Shirabu, che dalla sorpresa emise un urletto strozzato.
«Ah, Tsutomu!» Yahaba salutò allegramente, con una mano stava tenendo il telefono di Shirabu all’orecchio e con l’altra si stava assicurando di tenere il ragazzo il più lontano possibile dall’oggetto.
«…Ah, Shigeru! Che sta succedendo?» la voce di Tsutomu era incrinata da un piccolo velo di curiosità.
«Niente di che, volevo dirti di non dare ascolto a Kenjirou. Sai, a volte ha i suoi scatti…».
«Ridammi il telefono, pezzo di-» urlò Shirabu, zittito immediatamente dalla mano che prima si assicurava di tenerlo lontano, sulla bocca.
«Oh, capisco» ridacchiò Goshiki. «Beh, vi saluto».
«Ciao! Saluta, Ken» e avvicinò il telefono alla bocca di Kenjirou, che stava ancora urlando insulti ovattati dalla mano di Yahaba; quest’ultimo lo stava guardando, un ghigno vittorioso dipinto sul suo volto.
Chiuse la chiamata.
«Vorrei darti in pasto alla rabbia del mio vecchio allenatore» borbottò Shirabu non appena fu libero, le sopracciglia aggrottate.
«Ah, il vecchio e caro Washijou-san».
«Comunque, stasera vai in bianco».
Yahaba fece per protestare, ma Shirabu era già scappato via, nascondendosi dietro ad un grande armadio.
 
Kenjirou era sull’orlo di una crisi di nervi. Avevano passato l’intera mattinata –e grandissima parte del pomeriggio- a gironzolare, e grazie al cielo avevano quasi finito; camere da letto, bagno, cucina, lavanderia, era tutto pronto. Mancavano solo alcuni articoli per quel dannato soggiorno che non riuscivano a riempire, e avrebbero finito.
Shirabu notò Yahaba girare attorno alle scrivanie, un’aria pensierosa dipinta sul suo volto.
«Oi, Shi» gli si avvicinò, abbracciandolo da dietro. Appoggiò la guancia sinistra sulla schiena del più alto, lasciandosi sfuggire un sospiro. «Ah, sono stanchissimo… Che stai facendo, tu?».
«Mah, nulla di che» rispose Yahaba, schioccando la lingua al palato. «Sto solo ispezionando queste scrivanie».
«L’avevo notato» Shirabu soffiò una risata. «E perché?».
«Devo decidere quale sia la migliore per sbattertici con-» Kenjirou lo fece girare con forza, e con altrettanta potenza gli mollò un calcio ben assestato sullo stinco. Gli diede le spalle, allontanandosi a grandi passi. «Abbiamo chiuso, Yahaba».
«Ahia!» Shigeru stava ridendo, mentre rincorreva –zoppicando- Shirabu per raggiungerlo.
 

«Oh?» Satori alzò la testa di scatto, sentendo la coppietta entrare in casa. «Com’è stata la vostra giornatina all’Ikea?» chiese, comodo contro al petto di Ushijima; entrambi stavano guardando un film, seduti sul divano.
Shirabu ignorò la sua domanda, si avviò verso la propria camera da letto a passi pesanti e sbatté la porta con violenza. Solo nel sentire il forte rumore, Wakatoshi alzò lo sguardo dallo schermo della tv.
«Mi ama» Shigeru sospirò, un’espressione sognante sul proprio viso. Si sentì la voce di Shirabu urlare un «Vattene a fanculo, Yahaba!».
 
Wakatoshi e Satori erano già al terzo film –apparentemente stavano guardando una saga-, quando Shirabu e Yahaba si trovavano sul letto.
Shigeru aveva un braccio attorno alle spalle del più basso, tenendolo stretto a sé mentre quest’ultimo guardava disinteressato la sua dashboard di Instagram, mettendo qualche “mi piace” occasionale alle innumerevoli foto inutili che Tsutomu pubblicava; i suoi due cani, lui che giocava a pallavolo, persino alcune foto di Ushijima. Il suo profilo era un casino.
«Ken?» Yahaba sussurrò al suo orecchio.
«Mh».
«Ti va?».
«No».
Shigeru mise il broncio. Dopo qualche minuto parlò nuovamente. «Dai».
Al che, Kenjirou si spostò sulla sua parte di letto e si girò su un fianco, dandogli la schiena. «Ti ho detto che ti avrei lasciato in bianco e questo ho intenzione di fare».
«Oh, andiamo» Shigeru gli si avvicinò nuovamente accarezzando la sua pelle da sotto la maglietta a maniche corte del pigiama. Contro la propria volontà, Kenjirou sentì una serie di brividi percorrergli la spina dorsale, brividi che Yahaba non fece fatica a cogliere.
«Kenjirou» mugugnò, allungando la “u”.
«Gesù Cristo» Shirabu si sporse per appoggiare il telefono sul comodino, girandosi immediatamente verso Yahaba. «Vieni qui».
Lasciandosi sfuggire un urletto emozionato, Shigeru si avventò sulle labbra del più basso, guidandolo con delicatezza ad appoggiare la schiena contro al materasso e sistemandosi a cavalcioni su di lui. Si allontanò solo per prendere fiato da quel bacio che gli aveva tolto il respiro.
Kenjirou lo stava guardando con il fiatone, il petto che si alzava e abbassava in fretta. «Ti ho mai detto che sei insopportabile?».
«Diverse volte, sì» Yahaba gli rivolse quel ghigno che tanto non tollerava; non riuscì a toglierglielo dalle labbra nemmeno quando lo afferrò per il colletto della maglietta che stava indossando, tirandolo con prepotenza verso al suo viso. Le loro labbra distanti millimetri, Kenjirou non faceva altro che avvicinarsi ed allontanarsi subito dopo, provocandolo.
«Se vai avanti così dovrò prendere il controllo io, Ken».
«Voglio vederti mentre ci provi» Kenjirou poi, ancora con il materiale della maglia di Shigeru tra le dita, lo baciò con foga e trasporto, sprofondando nel materasso e lasciandosi sfuggire un sospiro soddisfatto. Le loro labbra schioccavano in modo disordinato, i loro respiri si mischiavano e Yahaba aveva iniziato anche ad ansimare, come faceva ogni volta che Shirabu gli mordeva il labbro inferiore.
La temperatura all’interno della stanza si stava alzando progressivamente, la stretta che prima era attorno alla maglia di Yahaba, ora era tra i suoi capelli morbidi, l’altra mano che si faceva lentamente strada sulla sua pelle.
«Ken-Kenjirou» si lasciò sfuggire il più alto a sentire il contatto delle dita delicate di Shirabu con la sua schiena.
«Sei proprio insopportabile» Kenjirou ripeté, mentre gli sfilava la maglietta.
Si prese un momento per ammirare la pelle pallida del partner, che ora aveva le guance arrossate e le labbra gonfie a causa dei baci scambiati. Non perse troppo tempo, però, perché con agilità fece in modo di trovarsi a cavalcioni su Yahaba, che lo stava guardando, sorridendo sornione.
«Sei tanto carino quando mi baci».
«E tu» iniziò Shirabu, lasciandogli un bacio sulla mascella. «Sei davvero» continuò, passando dalla mascella al collo. «Davvero, insopportabile».
Le sue labbra esplorarono ogni centimetro di quel collo che tanto adorava, delle clavicole, dell’addome che la sua bocca conosceva a memoria. Ci lasciò baci a stampo, baci umidi, morsi mentre continuava a ripetergli quando fosse dannatamente insopportabile.
«Lo so, lo so» ridacchiò Yahaba, passando una mano tra i capelli di Kenjirou, accarezzandogli la testa mentre quest’ultimo lavorava sulla sua pelle, rendendolo suo.
«Togliti la maglietta, Ken».
E sorprendentemente, Kenjirou ubbidì, lanciandola all’estremità del letto senza curarsene troppo. Immediatamente tornò a concentrare la propria attenzione su Yahaba, abbassandogli lentamente l’orlo dei pantaloni e dei boxer insieme; cosa a cui evidentemente Shigeru non era ancora pronto, perché non appena le mani di Shirabu iniziarono a toccare la sua erezione, cresciuta durante la loro sessione di baci, inarcò la schiena e prese un profondo respiro, a denti stretti.
«Kenjirou, ti sembra il modo?».
«Aspetta di vedere cosa sto per fare adesso» e in qualche secondo si trovò a prendersi cura dell’erezione di Yahaba con la bocca, non solo con le mani.
Doveva ammetterlo, gli piaceva provocare piacere a Shigeru probabilmente più di quanto gli piacesse provarlo in prima persona; lo minacciava sempre di lasciarlo in bianco, ma sentire i suoi gemiti strozzati soffocati in uno dei loro cuscini o quel continuo ansimare il suo nome lo divertivano decisamente di più. Per non parlare della fantastica vista a cui aveva il privilegio di assistere dopo: Yahaba con i capelli scompigliati, le guance arrossate e gli occhi appannati dal piacere era sempre uno spettacolo.
Shigeru gli passò nuovamente le dita tra i capelli, questa volta tirandone alcune ciocche. «K-Ken- ah».
Shirabu stava andando avanti, muovendo la testa ad un ritmo ormai regolare quando, del tutto contro la propria volontà, gli passò per la mente l’immagine di Yahaba, steso su un fianco su quel dannato letto dell’Ikea.
«Vuoi unirti a me, zuccherino?».
Non riuscì a fermare la risata gutturale che lasciò la sua gola, si allontanò da Yahaba e si pulì l’angolo della bocca con il dorso della mano.
Shigeru si mise seduto, appoggiando il proprio peso sui gomiti. Lo stava guardando, le sopracciglia aggrottate, confusione totale negli occhi.
«Mi sono ricordato della tua cazzata sul letto» spiegò Shirabu ridendo ancora più forte, tanto che dovette alzarsi in piedi ed appoggiarsi con una mano all’armadio.
«Aiuto» cercò di riprendere fiato, in vano.
Yahaba lo stava ancora guardando, per metà steso sul loro letto e praticamente nudo. E non sapeva cosa dire.
«No, non ce la faccio» ancora ridendo, Shirabu scosse la testa e uscì dalla loro stanza nonostante l’assenza di vestiti sulla parte superiore del proprio corpo, lasciandolo solo.
Che diavolo era appena successo?
Con un gesto fulmineo si alzò sia boxer che pantaloni e uscì, camminando verso il salotto. Shirabu era seduto sul divano, vicino agli altri due, e con il viso tra le mani ancora ridacchiava.
«Oh, hey, Yahaba-kun» Tendou gli fece l’occhiolino. Ushijima non batté ciglio.
«Shirabu, torna qui e finisci quello che hai iniziato. Sta iniziando a fare male».
«Non ce la faccio! Mi viene da ridere».
«Non m’importa, non voglio mica finire da solo».
Era come se Tendou e Ushijima non fossero lì ad assistere al dialogo decisamente imbarazzante, mentre quei due continuavano a parlare. Wakatoshi si lasciò sfuggire un sorriso, roteando gli occhi.
E per la seconda volta in quella bizzarra giornata, Shirabu obbedì ad un ordine di Yahaba senza osservazioni pungenti; tornarono insieme in camera e ripresero da dove avevano lasciato, questa volta Shirabu donandogli piacere solamente grazie alle sue mani ormai esperte –aveva paura di scoppiare in una fragorosa risata da un momento all’altro-, piccole risatine da parte di entrambi che riempirono la stanza.
 
«Sei insopportabile» disse Shirabu, gli occhi per metà chiusi dalla stanchezza.
«Dimmi qualcosa che non so, ti va?» Yahaba gli lasciò un bacio sulla fronte.

 
 
Hi, I'm TrashTM
Sinceramente non saprei nemmeno cosa dire, sono entrata nel rare-pair hell insieme a questi due e non rimpiango nessuna delle mie scelte.
Also, le situazioni a grandi linee sono state ispirate da questo post su tumblr, just saying.
Non so cosa mi sia preso, ho sempre shippato la KyouHaba e Semi x Shirabu, la vacanza in Toscana mi ha resa proprio una donna nuova.
Per favore, per favore apprezzate comunque questi piccoli bimbi, meritano il mondo e... niente, ok ci sono non sto piangendo, no.
Questa situazione non è un'eccezione, come sempre i miei angoli autrice fanno schifo perché non so mai cosa dire e sono imbarazzante, ma vi ringrazio se vi siete fermati a leggere e siete arrivati fino a qui, nonostante il rare-pair e tutto.
Stavo anche per dimenticarmi una cosa importante: non ero sicura del rating da mettere, quindi dopo svariate richieste d'aiuto ho optato per quello arancione che mi sembrava più adatto. 
Se avete qualche osservazione da fare lasciate una piccola recensione, mi piacerebbe conoscere i vostri pareri, gna.
Detto ciò, vi saluto e chiedo perdono per questo scempio e se ci saranno errori di battitura, sob.
Alla prossima!
mar,,

 
 
   
 
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