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Autore: Yuki002    23/06/2017    6 recensioni
[Omegaverse] [Victor/Yuuri] [Ballet!AU]
-Questa storia partecipa al 1° contest Yuri on Ice - Italia Alternative Universe-
Prompt scelto (di Neko Hana): Ballet!AU
Trama:
Yuuri è un ballerino di danza classica, di fama mondiale, conosciuto con il nome "il Rivoluzionario". Il suo allenatore, nonché compagno di vita, Victor lo sta allenando per un'esibizione, dove parteciperà anche lui! L'emozione è alle stelle, tutto sembra andare per il meglio quando una strabiliante, ma sconvolgente, sorpresa cambierà la vita di Yuuri: da solo, dovrà tenere un segreto a Victor, che non può proprio rivelargli, riempiendolo di bugie e promesse mancate...
Buona lettura^^
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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CAPITOLO III


 
Quella stessa notte Yuuri si svegliò, tossendo rumorosamente: un'altra bolla d'aria era scoppiata all'altezza dello stomaco, segno che il bambino stava iniziando a farsi sentire con più frequenza.
Era un formicolio che partiva dal basso ventre, fino a raggiungere lo stomaco: sentiva quella zona come una lavatrice in fervente movimento e ciò gli causava dei reflussi salivari.
Si alzò per raggiungere di corsa la cucina e bere un bicchiere d'acqua: avrebbe preferito di gran lunga bere una bevanda zuccherata, ma la sua voglia di andare a fare la spesa era pari a zero.
Per fortuna, dopo la crisi che aveva avuto, era riuscito a convincere Victor a ritornare nel suo appartamento: nonostante desiderasse solo passare ogni momento con lui, aveva sempre il timore di essere scoperto e, adesso, ringraziò sé stesso per aver preso questa decisione. Chissà che scusa si sarebbe dovuto inventare, se l'albino lo avesse visto in quello stato.
Di sicuro avrebbe notato uno Yuuri spaventato e tremante, ma felice come il sole dopo la pioggia: quelle bolle erano il segno che suo figlio voleva farsi sentire e una piccola gioia, dopo una giornata come quella.
 
Voleva dire al suo papà: "Io sono qui, mi senti? Non voglio farti del male"
 
"Sì, ti sento, ti sento! E non sai quanto sono felice" mormorò, con la voce ancora impastata nel sonno "Sei...sei la creatura più bella che io abbia mai ricevuto, anche se ho sofferto tanto per te" il tono era grave, segno che, di lì a poco, avrebbe pianto. Ma sigillò le lacrime all'interno dei suoi occhi, premendo leggermente sul ventre, dove, l'ultima volta, aveva sentito il flebile rumore di un cuore battere.
 
"Scusami, piccolino..." si sedette di nuovo sul letto, una volta finito di bere, e rimase ad ascoltare quel muto e pacato suono, prima di interrompere il silenzio "Lo so che queste ti fanno male" sfilò la maglietta del pigiama, lasciando scoprire alla luce della luna delle enormi fasce bianche ricoprirgli parzialmente il busto.
Durante le prime ore che le aveva messe, avevano fatto un male cane: le sentiva premere sullo stomaco, peggiorando il senso di nausea, già di per sè terribile.
Ma, col tempo, si era talmente abituato ad averle appiccicate alla pelle, che neanche se le toglieva più di notte. Sapeva che facevano male al bambino, ma doveva nascondersi.
 
"Per farmi perdonare..." tolse lentamente i gancetti dietro alla schiena e, subito, le strisce bianche scivolarono via dal suo petto donandogli un senso di libertà.
Aria...
Boccheggiò alla ricerca disperata di ossigeno: da quanto era che non sentiva quel pezzo di pelle libero da qualsiasi restrizione? O che si sentiva libero, sotto la luce sinistra della luna e una leggera brezza invernale ad accarezzargli il viso.
Pensò a Victor, a come stesse dormendo in questo momento o se fosse ancora sveglio: camminava per casa? Russava? O forse, anche lui, stava pensando alla propria dolce metà.
Una folata fredda di vento, si permise di scompigliare i capelli neri e setosi e, Yuuri, si ripromise di ripetere questo rituale ogni sera.
 
"Respira..." 
 
'Victor...cosa starà facendo? È a  solo due piani di distanza, ma non riesco a sentire il suo calore sulla mia pelle, la sua carezza portarmi via tutte le ansie...'
 
"1, 2, 3..."
 
'Chissà se è ancora sveglio, se anche lui come me sta pensando'
 
"Espira..."
 
'Chissà se mi amerà ancora...'
 
"Che bella la luna, non è vero?" sfiorò la pancia nuda, rivolta verso il cielo illuminato da un cerchio bianco.
Ce la poteva fare, ce la poteva fare...
 
"Non avere paure, ci sarà Victor a darmi le sue cure.
Resterà al mio fianco
Cosicché possa asciugare sempre il mio pianto..."
***
Il giorno dopo...
 
No, no, no, no! Andava male, andava veramente male!
Furono questi i primi pensieri di Yuuri, quando, appena avvertito un forte giramento di testa, cadde a terra con un tonfo sordo del parquet in soggiorno: non era mai capitato, che un semplice mancamento gli facesse questo effetto. Aveva avuto altri episodi, dove era stato costretto a fermarsi qualche minuto per far riposare il corpo, del resto, nella sua condizione, lo stava portando allo stremo.
Ma questa volta aveva quasi creduto di morire, soprattutto quando la vista si era appannata e le orecchie avevano iniziato a fischiare. 
E il cuore batteva, batteva talmente forte e talmente veloce da sentirlo fino in gola e il petto aveva iniziato a fare male da quanto lo aveva sentito martellare sullo sterno e non accennava a calmarsi, neanche dopo essere rimasto seduto a terra per una decina di minuti.
Provò a tirarsi in piedi, aiutandosi con la maniglia della porta, per raggiungere le sue uniche due salvezze: il letto e il telefono che stava appoggiato sopra il morbido piumone.
 
'Non posso svenire adesso!' si disse stringendo i denti e, quel pensiero, lo aiutò a strisciarsi ai piedi del letto. In quel momento
gli sembrava impossibile pure ad alzarsi in piedi: se ci fosse stato Victor, lo avrebbe aiutato...
 
"Victor..." sussurrò in un singhiozzo, capendo in quel momento le conseguenze che una bugia aveva: era da solo, distrutto in mille pezzi e con un grande peso sulle spalle.
 
"Victor, aiuto..." spirò quelle poche parole, mentre si tirava sul letto con una lentezza disarmante: incredibile che fosse riuscito a reggere tutti quegli allenamenti, quando ora, se riusciva a stare sulle sue gambe, era tanto.
Continuò a chiamare disperato il nome del compagno, che, ignaro, stava dormendo due piani sotto di lui: desiderava solo essere abbracciato e coccolato dalle sue mani per tutta la notte, asciugando le sue lacrime insieme alle sue preoccupazioni e angoscie. 
Ma non poteva e, lentamente, stava iniziando a dare ragione alla sorella quando lo aveva avvertito di confidarsi con il russo.
 
'Mari...' pensò, sussurandolo appena, quando si sdraiò stremato sul letto "Mari... Mari!!" urlò, ricordandosi il motivo per cui aveva raggiunto il materasso.
Prese con foga il cellulare, quasi schiacciandolo contro le coperte prima di sbatterlo davanti alla sua faccia alla ricerca del numero della parente: quasi gli occhiali volarono via, visto che, inconsciamente, si era sbattuto sul viso il dispositivo.
Il dito tremò di emozione quando vide il nome della sorella in mezzo ai tanti contatti: senza tenere conto dell'ora tarda che poteva essere in Giappone in quel momento, premette sullo schermo e aspettò.
 
*BIP BIP BIP* 
 
Al quarto "BIP" perse subito la pazienza, credendo che la sorella non volesse parlare con lui: l'aveva tormentata ogni giorno con le sue pippe mentali, era logico, che, dopo un po', fosse stufa di fare da psicologa ad un Omega rompiballe come lui.
Quando un assonnato "Pronto", gli accarezzò l'orecchio, riempiendolo di speranza.
Quasi si dimenticò dello stato in cui riversava: pallido, debole come un ramoscello e rintronato come se avesse assunto droghe pesanti.
 
"Mari, Mari, Mari, Mari!! Aiuto" quasi urlò, stringendo la stoffa color smeraldo dei cuscini "Sta succedendo un casino..." soffocò un gemito di dolore, quando una fitta alla tempia gli annebbiò di nuovo la vista: credeva che il peggio fosse passato, ma proprio mentre era in chiamata con Mari doveva peggiorare?
 
"Oi, oi, oi, oi! Calmo, Yuuri, calmo. Ti ricordi quello che ti ho detto? Respira..." la sua voce ferma lo aiutò a riprendere quel barlume di lucidità rimasta. Mai si sarebbe aspettato che la gravidanza degli Omega maschi fosse così violenta: poteva passare sopra alle continue corse in bagno, ma gli sbalzi d'umore così elevati, la fame incontrollabile che aveva, le crisi d'ansia che gli arpionavano il cuore, in più adesso si aggiungeva questa spiacevole novità...
Davvero, ma il destino era nato per andargli contro?
 
Sospirò, facendo fluire tutti i pensieri negativi fuori, pronto ad accoglierne di nuovi e positivi: "Senti, credo di star iniziando ad avere i primi segni di svenimento" disse, dopo avergli spiegato in breve come era andata la giornata: essenzialmente un disastro, visto che si era sentito perennemente sfiancato e, Victor, povero, non ci capiva più nulla. Faceva di tutto e di più per aiutarlo, confortarlo e, nonostante tutti i suoi sforzi, veniva sempre additato, sgridato e ripreso da lui: il loro rapporto, si stava di nuovo logorando.
Di positivo, c'era solo che, durante gli allenamenti, rimanevano concentrati sulla coreografia, che la loro relazione andasse bene o no, e lo sforzo fisico, per quanto nocivo al bambino, lo aiutava a scaricare lo stress.
 
"A-Aspetta" strabuzzò gli occhi lei, prima di prendere un pezzo di carta e segnarsi qualcosa "Dimmi solo una cosa: hai mal di testa e ti cedono le gambe, quando ti senti mancare le forze?"
 
"Sì!" rispose subito, gattonando in avanti, come se stesse per ricevere un premio, e, seppur impossibile da notare, il corvino giurò di aver sentito la sorella sorridere.
 
"Stai tranquillo, è normale. Guarda, nostra madre mi aveva consigliato un medicinale facilmente reperibile senza bisogno della ricetta del medico. Quando ero stressata col lavoro, mi diede questa medicina e, devo essere sincera, mi ha aiutata molto"
Yuuri dal sollievo si buttò sul piumone che faceva pandant con il colore dei cuscini. Poteva fidarsi di sua madre, lei aveva sempre avuto il rimedio a tutto: ecco, un'altra persona a cui gli sarebbe piaciuto chiedere un consiglio, era proprio sua mamma. Ma aveva troppa paura che non accettasse la sua condizione ed è per questo che avevo chiesto a Mari, lei non aveva peli sulla lingua e, quando serviva, gli sbatteva in faccia la verità. Un po', gli ricordava l'amico si Victor, Yurio: quel ragazzino arrogante, ma molto diretto e conciso.
 
"Tranquillo, non è veleno" scherzò alla cornetta, finendo di scrivere il nome della medicina. Sapeva bene che suo fratello non dubitava sulle decisioni di Hiroko, ma le piaceva stuzzicarlo con qualche scherzetto ogni tanto per sciogliere la tensione.
 
"E ci mancherebbe anche..." borbottò fintamente scocciato "Che cosa sono, in breve, queste..."
 
"Pillole" rispose per lui "Sono degli integratori glicemici, ti aiuteranno a rimanere in piedi invece di cadere come un sacco di patate"
 
"Mari!!" alzò di poco il tono, troppo stanco e spossato per resistere anche solo un po'.
 
"Ok, ok la smetto" ridacchiò sotto i baffi, aumentando l'ira del fratello "Ti faccio una foto del nome e te la invio, ok?" sbadigliò sonoramente, per fargli intendere che avrebbe voluto volentieri coricarsi per ancora qualche oretta.
 
"Sì, va bene" allargò la bocca anche lui, segno che stava iniziando ad abbioccarsi "Grazie, Mari" disse con profondo rispetto verso la sorella, che lo aveva salvato oggi: le sue chiamate alleggerivano il suo cuore. E la sua anima... 
Appena riattaccò la chiamata, tirò un lungo respiro: quella sensazione di sentirsi svenire, se ne era andata.
Mancava poco al giorno dell'evento e lui ci stava capendo sempre meno: ogni giornata era colma di nuove sensazioni e, anche se aveva smesso di correre in bagno ogni due secondi, il suo carattere altalenante non accennava a lasciarlo in pace. Desiderava solo darsi una regolata, al fine di non rovinare ancora di più il rapporto che c'era tra lui e Victor.
Prima di andare a dormire, aprì le finestre come aveva fatto il giorno prima beandosi del venticello fresco, che accarezzò dolcemente la pancia leggermente gonfia: si sentiva, come se due mani cullassero la minuscola vita all'interno del suo corpo e quella sensazione lo rilassava.
Accarezzò, con un sorriso sulle labbra, quella zona premendo giusto un pochettino per sentire di nuovo il leggero battito del figlio: Dio solo sapeva, quanto si fosse innamorato del bambino in così poco tempo. Voleva circondarlo d'amore con ogni mezzo a sua disposizione, che fosse con delle leggere carezze sulla panciotta, che fosse con un abbraccio di Victor (anche se, a sua insaputa) o che fosse con...
 
"La danza" sussurrò, prima che gli occhi si riempirono improvvisamente di lacrime "Sì, la danza" disse con voce tremula "Potresti diventare un ballerino, che dici?" 
Ma Yuuri sapeva già che, qualsiasi cosa avesse fatto suo figlio, lui gli avrebbe sempre voluto bene: glie ne voleva ora, quando ancora non era nato, chissà quanto l'avrebbe amato quando avrebbe visto la luce.
Il problema rimaneva sempre uno: come avrebbe reagito Victor a quella sconvolgente ma strabiliante notizia?
Scosse la testa, per scacciare quella domanda: più tardi, ci avrebbe pensato più tardi. Non era ancora il momento.
Chiuse le finestre, sentendo un brivido scorrergli lungo la schiena: nonostante le avesse lasciate aperte solo qualche minuti, il tipico freddo che caratterizzava la Russia, aveva gelato la stanza in poco tempo e, di certo, Yuuri non ci teneva molto ad ammalarsi.
Finalmente, si coricò definitivamente sul letto, picchiettando dolcemente con l'indice sull'ombelico per prendere sonno.
 
"Mori mo iyagaru, Bon kara saki-nya
Yuki mo chiratsuku-shi, Ko mo naku-shi
 
Bon ga kita-tote, Nani ureshi-karo
Katabira wa nashi, Obi wa nashi
 
Kono ko you naku, Mori wo ba ijiru
Mori mo ichi-nichi, Yaseru-yara
 
Hayo-mo yuki-taya, Kono zaisho koete
Mukou ni mieru wa, Oya no uchi
Mukou ni mieru wa, Oya no uchi*" prese a cantare quella canzone che intonava sua mamma, quando la notte gli faceva paura: il suo ritmo dolce e tranquillo, lo calmava e, per quanto si vergognasse ad ammetterlo, ancora adesso, che aveva ormai più di vent'anni, quelle dolci note avevano lo stesso effetto di quando ne aveva dieci.
Posò un bacio al centro del palmo della mano e la portò sopra il ventre: quando avrebbe avuto un po' più di volume, lo avrebbe baciato direttamente con le sue labbra.
"Oyasumi...**"

[*I would hate baby-sitting beyond Bon Festival,
The snow begins to fall, and the baby cries.
 
How can I be happy even when Bon Festival is here?
I don't have nice clothes or a sash to wear.
 
This child continues to cry and is mean to me.
Every day I grow thinner.
 
I would quickly depart here and go back.
In the distance, I can see my parents' home.
In the distance, I can see my parents' home
(Tratto dalla famosa e tipica ninna nanna giapponese, "Takeda no Komoriuta")
 
** Buonanotte]
 
***
La sera prima dell'esibizione...
 
"Yuuri, Yuuri dove hai messo il tuo costume? E le scarpette? Hai messo nella borsa le fasce per i piedi? Non si sa mai che..."
 
"Victor!!" lo richiamò esasperato "Una roba alla volta, cioè, non è la fine del mondo se mi dimentico le fasce per i piedi! Il costume e le scarpe sono già nella borsa e, tanto per precisare, è da stamattina che ti dico che ho tutto pronto!" 
 
"Oh, allora scusami!" sbottò, irritato, animando il tutto con le braccia "Scusami se voglio che domani sia tutto perfetto, è il nostro momento!"
Yuuri sussultò, tra le mani aveva  le fasce che gli aveva consigliato di mettere via, e si zittí al solo sentire quelle quattro parole: "È il nostro momento"
Già, era il loro momento, la loro occasione! Finalmente sarebbero stati uniti nella danza agli occhi di tutti e non rinchiusi nelle quattro mura dello studio, finalmente avrebbero mostrato il loro amore a tutti.
Finalmente... 
 
'Il bambino potrà sentire un po' di calore da parte di Victor' sussurrò nel suo pensiero, ma non uscì nulla dalle sue labbra.
Non rispose alle parole del russo e tornò a dedicarsi alle fasce da sistemare, con un freddo e apatico sguardo passò accanto al compagno.
 
'Ma che diavolo sta succedendo qui?' sospirò mentalmente l'albino, davvero, non sapeva più cosa inventarsi.
In questa settimana, Yuuri aveva avuto fin troppi sbalzi d'umore, molti di più di quando andava in Heat ancora prima che venisse marchiato da lui. Era...assurda come situazione ed estremamente snervante per lui: non riusciva sempre a gestire quelle situazioni e, sinceramente, era anche un po' stufo di assecondare ogni capriccio di Yuuri.
 
"...ctor? Victor!!" l'urlo prepotente del corvino, lo risvegliò "Ci sei o ci fai? Mettiamo in ordine le ultime cose e andiamo a letto, che sono stanchissimo" sbuffò, con il volto stanco e scarno: nonostante la pancia stesse crescendo di continuo, il suo viso era smunto e sciupato da innumerevoli notti passate a piangere o ad urlare per i dolori lancinanti alla pancia: in particolare oggi, dove, a causa dello stress, aveva iniziato a soffrire di forti fitte allo stomaco.
 
"Yuuri" si portò due dita alla base del naso, strizzando gli occhi "Senti, cerchiamo di darci una calmata, che se andiamo a letto così, di sicuro non riusciremo a dormire" disse con il tono più paziente che avesse: neanche parlare con quei giornalisti rompiscatole, che a volte arrivavano al punto da violare la sua privacy, lo irritavano a tal punto.
 
"Basta solo che ci sbrighiamo" rispose, con voce meno scocciata. Era arrabbiato per vari motivi, quello principale in assoluto era la gravidanza: sembrava non dargli tregua da stamattina, tra nausee, pianti e continui cedimenti. Le pillole che gli aveva consigliato Mari, avevano fatto effetto solo le prima volte, poi, come una droga, il loro effetto era scomparso parzialmente.
Le prendeva ancora, per paura di avere un crollo improvviso, ma se lo aiutavano manco se ne accorgeva.
E poi, Victor, teso come lui, aveva inziato a dirgli di fare quello, questo, andare di là, prendere i costumi dall'armadio...
E questa cosa lo mandava in bestia più del dovuto, ma non se ne accorgeva mai e finiva per aggredire il russo. Come sempre.
 
"Ai suoi ordini..." mormorò sconfitto il russo: era troppo stanco per poter continuare a ribattere. Passò accanto al mobiletto, dove sopra vi era appoggiato un kit medico e...una borsetta grigia?
Possibile che non l'avesse mai notata fino ad ora?
Poteva essere tranquillamente di Yuuri, del resto sarebbe rimasto a dormire da lui per questa notte.
Non ci diede molto peso, prendendo il kit dietro ma nel farlo spinse involontariamente il borsellino in avanti facendolo cadere, insieme a tutto il suo contenuto: un disastro, visto che tutte quelle pillole...si erano sparse sul pavimento...
Pillole? Non erano i classici soppressori che prendeva il compagno, quelli erano di un colore diverso, e sulla scatolina che le conteneva non c'era nessuna etichetta.
No...possibile, fossero proprio quello che stava pensando?
 
'Stai dando di matto, Victor, perché Yuuri dovrebbe aver bisogno di quella roba? No, no, no non puoi dubitare così tanto di lui...'
Ma, allora cosa erano?
 
"Victor, qua ho finito, se vuoi-" la sua espressione mutò da una neutrale e leggermente pallida, a una intrisa di paura e orrore.
"VICTOR!! NON TOCCARE!" urlò, spostandolo malamente dal casino che aveva creato: era fottuto, letteralmente.
Raccolse una per una le pillole, sperando così di riparare al danno creato.
 
'Non guardare, non guardare, Dio, ti prego, non guardare!' pregò tutte le divinità su questo pianeta, perché Victor non capisse qualcosa.
 
"Yuuri" la sua voce gli raggelò il sangue: era fredda, distaccata d terribilmente apatica "Girati" ordinò e lui, come un cane bastonato, ubbidí con ancora alcune pillole in mano: era finita.
Sì, ormai era finita, game over.
Cosa gli era passato per la testa, di lasciare sul mobile una cosa così importante?!
Victor avrebbe capito tutto, ne era certo: aveva fin troppe prove, per arrivare alla conclusione, che, sì, Yuuri era incinto e, sì, gli aveva mentito per tutto questo tempo.
 
"Sai, Yuuri..." disse l'albino, il tutto con un sorriso malefico, lo stesso che utilizzava quando facevano l'amore: provocante e selvaggio, come piaceva a lui. Ma ora, come non mai, desiderava la sua classica boccuccia a cuore e lo sguardo spensierato. Avvicinò il suo viso pericolosamente alla punta del suo naso: "Ti stai dopando?"
 
"Eh?" quella frase detta in un sussurro, vicino all'orecchio, lo lasciò sconcertato: da una parte era felice perché voleva dire che Victor non aveva capito nulla della sua condizione, ma dall'altro si preoccupava seriamente del suo compagno. Era arrivato a tal punto da sospettare che il suo fidanzato, si drogasse per dare il meglio domani?
 
"No, Victor, cosa ti viene in mente? Ti stai sbagl-" non fece in tempo a finire la frase, che si ritrovò costretto a guardare alla sua destra: la guancia pizzicò leggermente. 
Uno schiaffo...
 
Era bastato quello per togliere tutte le difese ad entrambi: "IDIOTA!!" urlò Victor tra le lacrime, scuotendolo violentemente stringendo le spalle "Cosa ti passa per la testa in questo periodo?! Io ho paura per la tua salute e poi trovo queste cose!" con le braccia indicò con veemenza tutte le pillole per terra, prima di prendere i polsi del compagno e stringerli con forza "Cosa credi che io pensi, vedendo questo casino! Yuuri, è da giorni che ti dico, che di queste cose bisogna parlarne insieme. Cosa-"
 
"NON-MI-DROGO!!" urlò fuori tutta la tristezza e rabbia repressa in questa settimana: sentimenti celati, bugie mai raccontate, lacrime versate...
Tutto buttò fuori e, ad essere sincero, adesso si sentiva anche meglio.
 
"Victor, sei arrivato a tal punto da dubitare di me, giusto?! Non mi ami più, lo so ed è tutta colpa mia!!" con uno strattone liberò i polsi dalle mani del russo, solo per poter lanciare malamente gli occhiali blu in un punto imprecisato della stanza e asciugarsi con foga le palpebre "Del resto, chi mi vuole?? Nessuno desidera un Omega stupido, isterico e grasso come me!!" il corvino era totalmente fuori di sé, privo di lucidità, accecato solo dal dolore. Pochi secondi erano bastati, per arrossare gli occhi a tal punto da vederci male: non gli importava più nulla. Poteva anche morire, tanto ormai...
"E no, non sono droghe quelle che prendo, ma stupidi farmaci per combattere l'ansia e la paura di un povero stupido uomo che non sa fare nulla nella sua vit-"
 
"YUURI!!" un forte abbraccio, lo costrinse a smettere di parlare, visto che gli mozzava il fiato "Calmati, per favore, calmati!" lo strinse a sé, con più forza fino ad avere paura di avergli rotto qualche osso "Ho capito, ho capito e capisco la tua ansia. Mi fido di te, scusami se ho dubitato, ma ti prego..." si allontanò un po' solo per fare cozzare gentilmente le loro fronti "Non piangere, ci sono io... Queste cose vanno affrontate insieme, se no si rischia di arrivare a questi livelli" baciò dolcemente la punta del naso arrossata del corvino.
 
"Vi-" poteva farlo? Gli stava mentendo, dopotutto, non avrebbe avuto il diritto neanche di toccarlo in quel momento. Si sarebbe aspettato una reazione più violenta, tipo una discussione tra loro due urlando e insultandosi a vicenda, dove Victor lo avrebbe sicuramente lasciato...
Eppure, il destino era crudele: sapeva dargli momenti dei serenità, quando non se li meritava.
Ma, per una volta, una volta sola nella sua vita, avrebbe voluto dare a suo figlio un po' di amore da parte dell'altro genitore, anche se non diretto precisamente a lui: sarebbe stato compito di Yuuri far passare tutto quell'affetto al bambino, attraverso la sua anima e il suo cuore.
Perché era questo quello che erano Victor e Yuuri: un cuore e un'anima, entrambi indispensabili e impossibili da separare.
E quando urlò il nome del compagno, disperato tra le sue braccia, capì che, per una buona volta, avrebbe dato ascolto al suo cuore e si sarebbe lasciato amare dopo tanto tempo che non accadeva.
 
"VICTOOOOOR..." 
Un gemito strozzato, un nome urlato, lacrime e dolore...
 
Esiste un posto all'interno della tua vita, che, seppur doloroso, rimarrà il luogo che hai sempre chiamato "casa"
 
***
Le luci si accesero gentilmente, lasciando mostrare la figura di un uomo a testa bassa.
L'abito era di colore blu, ornato da bottoni d'oro e cinghie, rassomiglianti a corde, che gli fasciavano il petto scendendo fino alla vita dove partivano dei leggins neri molto elastici.
L'espressione era celata, dalla chioma scura tirata all'indietro col gel, ma quando le prime note del pianoforte toccarono le  orecchie del pubblico mostrò degli occhi doloranti e uno sguardo malinconico.
Alzò la mano, quasi in segno di chiamare un aiuto, ma l'abbassò, come per rinunciarci distendendola lungo i fianchi.
 
//Sento una voce, che piange lontano...//
 
Con un gesto aggrazziato, si portò, con l'aiuto della mano sinistra, la mano destra al viso e si diede una carezza prima di distendere entrambe le braccia ed eseguire un perfetto Arabesque.
 
//Anche tu sei stato forse abbandonato//
 
Un veloce Entrechat, prima di mettersi in ginocchio ed evocare con le braccia una divinità a cui chiedere aiuto. Ma non arrivò e, frustrato, si rimise in piedi e fece un veloce giro di 360° su sé stesso prima di avvicinarsi verso una figura nascosta ancora all'ombra del sipario.
Anch'esso era vestito come il ragazzo dai capelli corvini, cambiava solo il colore, che era di un bel viola né troppo chiaro né troppo scuro: la scollatura arrivava fino a oltre il torace ampio, ma sotto teneva una camicia di lino bianca, quasi trasparente. Da lui, si poteva notare un chiaro luccichio all'anulare della mano destra: un anello...
I capelli argentei ricadevano gentili su un occhio, coprendolo, ma la sua espressione ammaliò ogni spettatore presente quella giornata: un sorriso rivoltò sempre verso il corvino e uno sguardo caldo e pieno di amore, diretto unicamente al ragazzo.
Appena il giapponese gli sfiorò una guancia, esso scappò di nuovo in mezzo al palco quasi scottato dalla sua pelle.
Si mosse leggiadro quando eseguí un Jeté, cadendo come una piuma sul pavimento, muovendo le braccia leggere e aggrazziate, ma il loro movimento metteva un certo timore.
Infatti, subito dopo cambiò modo di danzare, minacciando l'albino con un Entrechat veloce e conciso.
Il ballerino vestito in viola fece finalmente la sua comparsa al centro del palco, ornando la sua corsa di chassé prima di avvicinarsi definitivamente al viso del corvino con un Pas jeté en l'air en tournant in arabesque e accarezzare malizioso le sue labbra. 
 
//Stammi vicino, non te ne andare//
 
La musica entrò nel vivo e fu da lì che l'esibizione uscì dai canoni della danza classica: il corvino prese le spalle dell'albino e lo trasportò in giro per il palco, prima di fermarlo bruscamente, vicinissimo al suo viso, e farsi prendere in braccio dal ballerino russo: arpionò le caviglie al collo dell'uomo e rimase in bilico, con i capelli che sfioravano il pavimento.
 
//Ho paura di perderti//
 
Si rimise dritto con lentezza e, con movimenti fluidi delle braccia, le andò ad appoggiare dietro la nuca del compagno. Alla parola "perderti" chiusero gli occhi, avvicinando troppo le loro labbra cosa che, da recita, spaventò il corvino. Scappò di nuovo via, con qualche Pirouette mentre Victor si dannò al centro del palcoscenico in ginocchio, sfregandosi con veemenza il capo e il viso.
Yuuri lo osservò da lontano, pronto alla prossima mossa.
 
'Sai, Victor, avrei voluto dirti un sacco di cose' 
 
//Le mie mani, le mie gambe//
 
Con una corsetta sulle punte, fece finta di fuggire dalle grinfie del suo salvatore, ma l'albino riuscì a prenderlo per i fianchi e lo fece piroettare su sé stesso un paio di volte, prima di sollevarlo da terra: il corvino piegò la gamba destra stendendo quella sinistra dietro mentre "volava".
 
'Della mia gravidanza, dei miei dolori, dei miei rimpianti...'
 
//I battiti del cuore...//
 
Con un gesto quasi casuale delle mani, si toccarono il centro del petto per poi tirare un leggero schiaffo su quello del compagno: il cuore era stato donato, adesso ognuno era in possesso di quello dell'altro.  
Si avvicinarono ancora, chiusi in un abbraccio desiderioso di un bacio, ma non era il momento giusto.
 
'Di tutte quelle cose, che, beh, andavano condivise. Anche se dolorose. Come dicevi tu...'
 
//...si fondono tra loro//
 
Questa volta fu il ballerino vestito di blu a sollevare l'uomo dai capelli argentei e girare su stessi un paio di volte: ma qualcosa sembrava non piacere al giovine russo.
 
'Yuuri? Perché mi ha fatto già scendere, dovevi tenermi ancora su per un altro elemento'
 
Cercò di improvvisare un giro in passé, per coprire il momento vuoto che, teoricamente, doveva essere riempito da un elemento di coppia. Nel mentre, il ballerino dell'Oriente si allontanò di nuovo, pronto, però, a dare completa fiducia al suo salvatore, questa volta.
 
'Per questo, mio caro, Victor. Volevo chiederti immensamente...'
 
"Scusa" sussurrò prima di prendere la rincorsa ed essere preso al volo dall'albino, come avevano studiato le prime volte.
Già, quelle giornate dove si dannavano ogni pomeriggio a trovare nuove idee da aggiungere alla coreografia, dove si allenavano duramente, e, tra una prova e l'altra, ci scappava un bacio fugace, dove, nonostante tutte le difficoltà, sono riusciti a rimanere uniti e a completare questo percorso insieme.
Era la fine, questa volta per davvero: il capo di Yuuri reclinò all'indietro e così fece il resto del corpo, lasciandosi al vuoto. 
 
//Partiamo insieme, ora sono pronto//
 
Venne preso al volo da Victor e, ancora prima che la musica terminasse, baciò quelle labbra perlate per imprimersi bene il loro sapore, la loro passione nella mente, nel corpo, nell'anima.
Perché, quella poteva essere l'ultima volta che ne riceveva uno.
 
"Mi dispiace Victor..." sussurrò quando la musica volse al termine. 
 
"Eh?"
Gli applausi iniziarono fragorosi.
Le mani di Yuuri lasciarono il viso di Victor, cadendo verso il basso.
Il capo si mollò all'indietro e gli occhi persero quello scintillio di vita, che brillava e valeva più di mille stelle. Adesso non c'era più.
Quelle gemme marroni si chiusero e il corpo cadde a terra.
Gli applausi si interruppero, zittiti dalla voce disperata di un uomo.
 
"YUURI!!!"
 
'Victor, mi dispiace, ma non ho retto...
Spero che il bambino abbia i tuoi stessi occhi, i tuoi stessi capelli e la tua stessa vitalità e gioia di vivere.
Io gli donerò solo la mia anima.
Victor, mi dispiace, averti mentito. 
Lo sai?
Io odio mentire'
 
---
 
"Signor Nikiforov, lei era a conoscenza della sua condizione fisica?"
"No, non ne sapevo nulla. Avevo intuito che qualcosa non stava andando, ma... Infermiera, mi dica che cos'ha Yuuri, il mio Yuuri, per favore"
"Beh, le devo le mie congratulazioni!"
"Eh?"
"Presto div...pad....non è felice?"
 
La stanza d'ospedale era fredda, nonostante i termosifoni fossero accesi: vi era un letto con adagiato sopra un ragazzo dai capelli scuri, addormentato con una ruga di dolore a rovinargli la fronte, e, accanto un uomo preso a camminare nervosamente avanti e indietro.
 
'Mi ha mentito, mi ha mentito, mi ha mentito!" Victor non si sentiva così arrabbiato, da quando gli avevano detto che sua madre era morta a causa dell'incompetenza di alcuni medici, tanti anni fa.
 
'Yuuri, fin quanto puoi essere crudele con me?! Ho patito le pene dell'inferno, al solo pensiero che tu stessi veramente male. E invece no, un figlio!' allargò le braccia, facendole subito ricadere lungo i fianchi, facendosi male 'Un bambino, che deve ancora nascere, vale molto di più dell'uomo che ami, con cui hai una relazione da anni! 
Che poi manco lo volevamo un figlio adesso, ne avevamo già parlato! Cazzo, Yuuri, perché rendi sempre le cose più complicate?!' si accese una sigaretta e iniziò ad espirare il fumo dalla bocca: non inspirava quello schifo da quando aveva diciotto anni e, se lo faceva, voleva dire che era veramente stressato. Non si curò nemmeno della presenza del corvino nella stessa stanza, mentre inspirava catrame e tabacco.
 
'Ti ho sempre dato tutto, ho assecondato ogni tua richiesta, ti ho supportato! Ed è così che mi ripaghi?
Con una bugia e una vita che ti porti in grembo: tutto questo solo perché hai voluto fare il capriccioso quella notte!
Dio, se avrei dovuto non darti retta quella serata' buttò fuori gli ultimi residui di fumo dai polmoni, puntandoli verso Yuuri 'In più, non solo mi hai mentito, ma hai anche messo a rischio la vita di tuo figlio! Anzi, del NOSTRO bambino!! Dovevi dirmele prima queste cose, si trovava una soluzione. Yuuri..." espirò un'ultima volta il fumo e buttò la sigaretta nel cestino. 
Fu in quel momento, che un sentimento gli pervase il corpo: un senso di colpa.
Era davvero colpa di Yuuri? Solo ed unicamente sua?
Tirò un pugno contro il muro, sbucciandosi le nocche. Non capiva più nulla di chi era la colpa e provava un misto tra rabbia e tristezza, come se si sentisse in colpa per il giapponese, ma non troppo e...
Si sentiva uno schifo.
Se non vi ritrovava rimedio, sentiva che avrebbe sofferto per il resto della sua vita. Poteva perdonarlo?
***
La prima cosa che sentì Yuuri, quando ritornò cosciente furono un paio di mani appoggiate sopra le sue: erano fredde e, anche se riconosceva il loro proprietario, gli fecero paura.
 
"Yuuri... stai bene" congiunse le mani in segno di preghiera, lasciando che qualche lacrima bagnasse il bianco lenzuolo dell'ospedale "Grazie a Dio..." si aggrappò alle sue gambe, iniziando, trattenendo quante più lacrime poteva: durante le ore in cui il compagno dormiva, aveva avuto tutto il tempo per ragionare e pensare a cosa dirgli per fargli capire, che, sì, era molto alterato, ma non volevo ricorrere a misure drastiche.
 
"Victor, non è successo nulla. È stato solo un mancamento, tutto qua" gli accarezzò i capelli chiari, toccandosi d'istinto la pancia con l'altra: cos'era successo? Il bambino stava bene? Non era un segnale di aborto naturale, vero?
Come sempre, le sue ansie e le sue paure le avrebbe colmate solo quando si sarebbe trovato da solo con Mari: solo lui e sua sorella, nessun altro. Ma, almeno era finita, no?
 
"Yuuri..." gli prese la mano, ma non quella sulla sua testa, bensì quella che stava cullando dolcemente una creatura ancora in fase di crescita "Mi hai mentito" secco e diretto.
Fu una pugnalata al cuore per il corvino, al che non riuscì a controllarsi e scoppiò in lacrime, ma senza singhiozzare o urlare: era stufo di fare la vittima, avrebbe sofferto in silenzio. Ma, maledetto il suo carattere fragile e debole, non riuscì a mantenere la calma per più di due secondi.
Le mani iniziarono a tremare leggermente e il corpo non rispondeva più ai suoi comandi: il terrore che Victor lo lasciasse proprio qui, su quel lettino anonimo, all'ospedale, si fece sempre più presente.
 
"Mi-mi dispiaceeee" singhiozzò più volte, travolto da una scarica di disperazione e sconforto "Avevo paura di cosa avresti detto, non volevi avere figli, era troppo presto e sono stato uno sconsiderato a farti quella richiesta quella notte!" strinse il ventre a sé, come se volesse abbracciare qualcosa "È tutta colpa mia, lo so! Sin dal principio, ho sbagliato. Sono stato capriccioso e ho voluto fare il passo più lungo della gamba!" tossí un paio di volte, mentre le lacrime, ancora, cadevano copiose dai suoi occhi scuri "Avevo paura, Victor, paura!! Paura che tu non volessi tutto questo, paura che tu mi avresti lasciato, paura che, per colpa mia, avresti dovuto rinunciare alla tua carriera. Avevo paura che il bambino crescesse con un solo genitore e non volevo: senza di te non sono in grado di fare nulla, Victor, ho bisogno di te!!" strinse le dita, tra i capelli neri, quasi tirandoli e strappandoli: faceva male, ma mai quanto il cuore andato a pezzi. Lo avrebbe lasciato, ne era sicuro.
 
Del resto, a chi sarebbe mai interessato un buono a nulla come lui?
Sì, lo avrebbe abbandonato: lui e il suo futuro figlio.
Eccolo, che alza lo sguardo deciso a dirgli quelle due fatidiche parole, che, d'ora in avanti, segneranno pesantemente la sua vita
'Ti lascio'
'Ti lascio!'
'Ti lascio!!'
 
"Basta..." colto da un attacco di panico, cercò di scacciare quelle voci che lo stavano assillando da una settimana.
Non ci vide più: tutto era offuscato, i suoni ovattati e l'anima persa e rotta in frantumi.
Era finita...
 
"Yuuri..." si schiarí la voce, pronto a dirgli la cruda verità.
Si preparò all'impatto emotivo, sperando che non ci sarebbero state ripercussioni sulla sua gravidanza e, principalmente, sul suo bambino e...
Una melodia simpatica, cantata da quelle labbra rosee, gli rinsanò l'udito: amava quel suono, si da piccolo aveva il potere magico di calmarlo.
Continuò a canticchiare la musica della "Danza della Fata Confetto", fino a che non si interruppe, arrivato alla fine della canzone.
 
"Eh?" alzò lo sguardo, stanco di sentirsi così svuotato. Le guance erano arrossate sugli zigomi, segnate dal percorso delle lacrime, il viso smunto e lo sguardo...
Neutro, pacato, privo di vita: mai visti degli occhi così spenti e privati di ogni loro vitalità. Dov'era finito quel riflesso di luce, segno distintivo del carattere frizzante e determinato di Yuuri?
 
"Ti ha sempre calmato questa musica, no?" gli prese la mano destra, quella con un anello d'oro al dito, e iniziò ad accarezzarla in più punti: il palmo, le falangi, i polpastrelli, le rughe, l'inizio del polso...
 
"Yuuri, ti dirò la verità: sono molto arrabbiato con te. Mi hai nascosto una cosa, talmente importante e, non so, quando l'ho saputo sono rimasto spossato. Stordito, capisci?"
Il ragazzo annuì solo, troppo stanco per parlare e talmente rilassato dalle continue carezze di Victor per poter protestare.
 
"Non sono arrabbiato con te, perché hai voluto non utilizzare il preservativo quella notte. È stata una scelta di entrambi, la colpa è anche mia. Sono arrabbiato, perché per una settimana mi hai fatto stare in pena. Hai idea di cosa ho pensato, quando ti vedevo giù di morale o stavi male. Sentivo i tuoi pianti di notte, mi svegliavo quando tu scappavi in bagno a rimettere. Cosa credi che io abbia pensato, dopo tutto questo?"
Yuuri deglutí a fatica, negando con la testa alla domanda del compagno.
 
"Credevo ti fossi ammalato, Yuuri. Avevo paura che avessi contratto qualche malattia grave e che, dopo questa esibizione, tu non ce l'avresti mai fatta. Sentivo come se ti rimanesse poco tempo. Hai idea di quanto sono rimasto in ansia alla sola idea che, tra qualche mese o tra qualche anno, tu, forse, non ci saresti stato più vicino a me?" la voce tremò di nuovo "Ecco, sono arrabbiato per questo. Non per questo..." tirò fuori una confezione di un contraccettivo, dalla tasca dei pantaloni. Al vederlo, Yuuri non poté non arrossire: i ricordi di quella notte, erano ancora vividi nella sua mente.
 
"O per questo..." continuò, spingendo lentamente la propria mano, insieme a quella del compagno, verso il ventre gonfio. Accarezzò dolcemente quella zona: era assurdo pensare che da qualcosa di così piccolo, nascesse una creatura tanto meravigliosa. Lì dentro, stava crescendo il frutto del loro amore. L'unione tra Yuuri Katsuki e Victor Nikiforov.
 
"Aspetta" le iridi riacquistarono la propria vitalità "Quindi, vuoi..." il suo volto incredulo, divertì l'albino.
 
"Bakatsuki, non l'hai ancora capito?"  abbracciò il ventre, appoggiando l'orecchio sulla zona dell'ombelico, con estrema cautela "Voglio vivere con te questo momento importante per la NOSTRA vita, voglio apprezzare tutto quello che mi sono perso in questa settimana. Yuuri, credi davvero che io sia tanto freddo, da ordinarti l'aborto?" attraverso il tessuto della camicia da notte, sentì che qualcosa c'era. Anche se era ancora troppo presto, sentiva qualcosa: un battito, una nuova vita.
 
"Victor, credevo che tu non volessi..." era ancora incerto su alcuni quesiti e prima di cantar vittoria voleva scacciare via tutti i dubbi.
 
"Ho mai detto qualcosa a riguardo dell'aborto? Yuuri, il  
-pasticcio- lo abbiamo fatto entrambi, prendiamocene la responsabilità e andiamo avanti. Ma, insieme. Mai più da soli, non posso vivere senza averti qui accanto a me"
 
"E..." deglutí "Per il lavoro?"
A questa domanda, Victor ridacchiò: "Sai, ho sentito in un programma alla TV che svolgere le proprie passioni, durante la gravidanza aiuta a far sentire il bambino al sicuro. Certo, non posso farti danzare al tuo solito livello, ma sicuro qualche Plié e Arabesque riesci a farlo!"
Gli occhi castani tornarono finalmente a brillare, incantati da quanto la vita gli avesse dato senza chiedere nulla in cambio.
 
"Victor..." un primo singhiozzo "Victor, Victor, Victooooor!!" e pianse. Fino allo sfinimento, ma questa volta con un peso al cuore più leggero "Ti amo, non avrei potuto chiedere di meglio dalla mia vita! Sei..." sollevò il viso dell'albino, che, a sua insaputa, stava cercando di nascondere qualche lacrima attraverso l'abbraccio "La cosa più meravigliosa, che mi sia mai capitata. Insieme a lui..." indicò la pancia.
Impossibile, resistere dal baciarsi. E fu un bacio colmo di passione, pronta ad ardere in qualsiasi momento: c'era tanto amore compresso in quelle labbra, troppo voglioso di scambiarlo con le compagne.
I respiri di fecero più affannosi, fremendo al pensiero di lasciarsi sfuggire qualche gemito in quella stanza d'ospedale.
 
"La sai un'altra cosa, Yuuri?" prese a giochicchiare con i bottoni sul retro del pigiama.
 
"Mh?" offrì maggior spazio a Victor, avvicinandoglisi.
 
"Fare l'amore, durante il periodo della gravidanza, fa sentire il bambino amato. Vuoi provare?" glie lo sussurrò languido all'orecchio, deciso a farlo veramente.
Ma un sonoro tonfo alla testa, gli fece capire che aveva appena ricevuto una cuscinata da parte di Yuuri: il suo viso si era imporporato molto ed erano ben visibili le reazioni fisiche che aveva scatenato con quel bacio.
 
"Bakaforov!!!" lo picchiò molte volte, arrossendo al pensiero di ciò che gli aveva appena detto il compagno.
Si immaginava loro due, stesi sul loro letto ad abbracciare quel rigonfiamento sulla pancia, coi loro corpi nudi, mentre si univano in una cosa sola.
Finito di torturare Victor, gli venne in mente una cosa e si leccò le labbra per questo.
 
"Se non altro..." si tolse gli occhiali e tirò indietro la frangetta "Da cui fino alla fine della gravidanza, possiamo farlo senza barriere"
 
"Vksuno!!!" gli occhioni si riempirono di lussuria "Yuuri, non vedo l'ora di avere tutto da te. Facciamolo per noi e per Nikki!"
 
"Nikki?" si rimise le lenti, ma non ci arrivò proprio al punto del discorso del russo.
 
"È il nome del nostro figliolo! Nikki, ovvero Nikolaj!!!" esultò, danzando per la stanza, prontamente ripreso da alcune infermiere di turno.
 
"Nikki..." sì accarezzò di nuovo la pancia e sorrise "E se fosse femmina? La chiamiamo Hana?"
 
Entrambi si fissarono per qualche minuti, prima di scambiarsi un dolce e leggero bacio unendo le loro mani.
 
"È perfetto, Yuuri" poggiò le labbra sulla fronte "Tutto questo è perfetto..."




Note dell'autrice
Ok, finalmente, l'ho finita! Davvero, non sapete che lavorone c'è stato dietro per completare questa storia XD
Devo essere sincera: non sono molto soddisfatta di come è uscita la storia, ma l'ho presa come una sfida contro me stessa e l'ho finita comunque. Sono aperta alle critiche, che so che saranno molte (viste delle lacune all'interno della storia), quindi spero proprio di sentire una vostra opinione.
So che 3 capitoli per una storia da 20 000 parole, sono pochi, ma il contest non poneva limiti al numero di parole, ma ne poneva sul numero dei capitoli: ovvero 3.
Colgo l'occasione per ringraziare l'admin della pagina Facebook "Yuri on Ice-Italia" per aver indetto questo contest!
Inoltre, voglio ringraziare col cuore e con l'anima 4 persone, che mi hanno aiutata con la stesura della storia e mi hanno spronato a non arrendermi mai.

Quindi, grazie:

Mirakokoro: per avermi aiutato veramente tanto con la stesura delle parti, per le idee che mi hai fornito e per esserti presa così tanto tempo per la mia storia.

Asuka: per le tue parole bellissime, che mi hai detto quando ero giù di morale.

Neko Hana: per avermi supportato (e sopportato) moralmente, spronandomi ad andare avanti quando io non volevo fare altro che abbandonare tutto.

Sara Lovex: per avermi dato delle linee guida molto efficienti, che mi hanno aiutato veramente tanto.

Non posso fare altro che ringraziarvi a tutti e sperare che la storia sia di vostro gradimento!
Ci sentiamo ad una mia futura storia *^*

Yuki

 
   
 
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