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Autore: jst_dreamer    25/06/2017    0 recensioni
"Il tuo cuore non batte, il tuo corpo non respira. Qualunque cosa tu decida di credere, non sei più semplicemente umano, Tetsu"
**parte due di Damned, serie Hunter/Demon**
Genere: Angst, Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daichi Sawamura, Tetsurou Kuroo
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
- Questa storia fa parte della serie 'Hunter/Demon '
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Redenzione:

 

 

Guardandolo più da vicino, sebbene sia di spalle, Kuroo è ora capace di notare un sacco di particolari che prima gli erano passati inosservati: il tizio è sì, più basso di lui, ma stranamente più imponente e per Kuroo è una sensazione stranissima quella di sentirsi piccolo, ma non odiosa... solo strana, inusitata, ma non spiacevole.

Aveva già notato i capelli a spazzola ma ora è capace di collegarli al suo portamento quadrato, tipico di chi ha ricevuto una forte educazione, forse di un soldato.

Ha le mani grandi e callose, ed è un dettaglio capace di ispirargli una strana fiducia.

Porta una pesante maglia color crema a collo alto, una di quei maglioni con quel particolare tessuto che odora sempre di sapone e ti fa venire voglia di affondarci le dita e saggiarne la morbida consistenza.

 

"Grazie per la birra" sussurra, incapace di riconoscere se stesso nella propria voce.

 

Il tipo della birra finalmente si gira e la prima cosa che Kuroo vede sono i suoi grandi occhi scuri, spenti, vacui e completamente neri, ma bellissimi e non può far a meno di pensare che se solo volesse potrebbe vedere il dolore che regna sul suo cuore di prima persona, provandolo insieme all'altro.

È un dono dei demoni, una specie di vista demoniaca attivata con il contatto della pelle: è un po' come la tinta nell'acqua: non si può evitare o fermare, le immagini e le emozioni fluiscono da parte a parte, trasformando l'acqua pura in acqua colorata.

Una specie di empatia molto molto forte.

Gli basterebbe sporgersi e sfiorargli il polso con le dita per comprendere i suoi dolori, le sue debolezze, il suo cuore e farlo suo, nutrirsi della sua anima facendo leva sui desideri di un uomo palesemente rotto e svolgere in breve il lavoro dei demoni.

 

Il punto è che Kuroo non potrebbe mai farlo, non potrebbe mai, non dopo l'ultima volta.

 

"Ed io che pensavo che tu volessi parlarmi. Che strano pensiero da parte mia dopo che mi hai offerto la sesta birra in meno di una settimana." dice mettendosi a sedere ad uno sgabello di distanza dall'altro.

"In realtà" inizia l'altro fermandosi poco dopo. La sua voce è profonda, cavernosa e Kuroo pensa che in qualche modo gli si addica."Forse volevo solo darti un'occhiata più da vicino."

 

"Beh mi sembra una buona strategia." risponde cercando di non apparire troppo colpito dalla schiettezza dell'altro.

"Sei qui vicino ora, giusto?" piega le labbra in una espressione ironica.

 

"Sono Kuroo comunque, Kuroo Tetsuro." si presenta, non sicuro di capire pienamente il fine delle proprie azioni.

Il tizio prende un lungo sorso di birra e, poggiato il boccale, "Piacere." risponde mantenendo lo sguardo fisso avanti a sé.

Kuroo alza un sopracciglio: "Sai, io non sono di qui, ma dalle mie parti se uno ti dice il suo nome di solito tu rispondi con il tuo."

Il tentativo va a vuoto ed il silenzio rimane la sua risposta.

 

Kuroo guarda fissa la propria birra chiedendosi che senso abbia berla se su di lui non ha effetto.

Eppure, pensa riempiendosi la bocca del suo sapore amarognolo, a me piace.

 

"Ok, senti mi piacerebbe davvero tanto poter dare un nome alla tua faccia e smettere di chiamarti il tizio della birra nella mia testa, anche solo per una sera."

"Sono Koushi."

Sta mentendo, non ci vogliono dei poteri per capirlo: è un buon bugiardo, sì, ma a Kuroo piace pensare che tra simili sia facile riconoscersi.

È tuttavia forse proprio in virtù di questa similitudine che decide di lasciar correre: "Piacere, Koushi."

 

Il resto dell'ora passa in silenzio e quando l'altro se ne va alla sua solita ora, pagando il conto per entrambi, Kuroo non può far a meno di sentirsi improvvisamente più solo.

 

**

 

Koushi, il tizio della birra, o comunque voglia essere chiamato, non si presenta né la sera dopo, né quella dopo ancora.

Kuroo cerca di non farci caso e per quante volte il pensiero dell'altro gli passi nella mente, altrettante volte è pronto ad intercettarne la traiettoria espellendolo velocemente dai propri pensieri.

 

Non è mai stato così debole o soggetto alla solitudine.

È tutta colpa sua, tutta colpa di Kenma se è diventato così, tutta colpa del suo ultimo contratto.

 

Ci sono demoni e demoni: alcuni sono puramente in forma spirituale, questi usano chiamarsi 'puri'; altri sono invece in forma umana, per lo più nati da donne umane impossessate da forme spirituali, e questi vengono chiamati 'mezzi demoni'.

Kuroo non è nessuno di questi due: è un demone 'sporco': nato dall'unione tra un' umana ed un mezzo demone.

Il frutto di un amore impuro.

Qualcosa che non lo rende adatto né ad una vita, né all'altra.

Qualcosa che d'altra parte gli rende più facile nascondersi da entrambi.

 

È stato facile fino all'età di 16 anni: crescere con sua madre in un paese di campagna, lontano dal caos della città, lontano dalle persone.

L'unica persona che gli sia stata vicina, a parte sua madre, è stato Kenma, il piccolo fragile Kenma con il quale ha passato l'infanzia.

Non abitava vicino a lui né andavano alla stessa scuola, perché Kuroo riceveva lezioni private, se si sono conosciuti è stato solo un caso.

Kuroo una mattina, mentre stava andando al fiume, con un paio di libri da leggere, trovò l'altro seduto sul ramo più grande del suo albero, quello su cui i solito era lui a sedersi per leggere.

E poi si sa, per quanto strani, i bambini fanno amicizia facilmente, soprattutto con Kuroo che era un ragazzino vivace e sorridente.

Incantava tutti con il suo chiacchiericcio continuo, finchè le persone non erano più capaci di scordarlo.

Senza contare che fin da piccolo era stato disumanamente bello.

 

Ma poi all'età di sedici anni i poteri di Kuroo vennero a galla e si sprigionarono con una forza tale da radere al suolo la sua casa.

Quella mattina si svegliò carico di energie, non era mai stato così bene.

Poi iniziò a sudare.

E sudava, sudava, tanto che cominciò a pensare di stare bruciando dentro.

 

Con il senno di poi capì che era la sua anima mortale ad andare a fuoco.

 

Poco dopo il dolore lo invase e pervase i suoi sensi.

Cominciò ad urlare.

Sentiva la sua pelle ritirarsi ed accartocciarsi su se stessa, lambita da fiamme che erano dentro di lui, dentro il suo stesso corpo, sotto quella stessa pelle che lo rivestiva.

Sentì un conato di vomito attanagliargli lo stomaco quando il puzzo della sua stessa carne che bruciava gli raggiunse le narici.

Tra le urla disse a sua madre di uscire di casa, ma le non ne voleva sapere, e rimaneva al suo fianco.

Poi arrivò la pressione e, guardando la donna con quelle che probabilmente erano orbite vuote, le ordinò di andarsene tirando fuori una voce che non era più sua e non era più umana.

 

Kuroo non potrà mai dimenticare l'espressione impaurita di sua madre, impaurita non più di quello che stava accadendo, ma di suo figlio.

Nel momento in cui sentì la porta di casa sbattere, Kuroo non si trattenne più e gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, sorprendendosi di avere ancora delle corde vocali da utilizzare.

E la sua voce crebbe di intensità, si fece cavernosa e divenne sempre più potente e sempre meno umana.

 

L'ultima cosa di cui conservava ricordo era l'immagine del soffitto sopra di lui dipinto di schizzi di sangue e di fumo ed il crescente e sempre più nauseante odore della sua carne bruciata.

Poi udì un'esplosione come se fosse stata esterna a lui.

Un'esplosione di cui però era lui il centro.

 

Quando riaprì gli occhi vide il cielo.

L'aria scorreva sopra di lui, fresca, pulita.

Sentì un peso all'altezza del petto e si sporse per vedere sua madre, sdraiata su di lui accartocciata in un pianto disperato.

 

"Mamma?" disse finalmente riconoscendo la sua voce.

"Tetsu?" alzò la testa, lo guardò con occhi sgranati e gli gettò le braccia al collo stringendolo a sé.

"Tetsu ce l'hai fatta!"

 

Kuroo non sapeva assolutamente che cosa fosse accaduto, sapeva solo che era felice di essere ancora vivo.

Ma quella felicità non sarebbe durata a lungo perché quel giorno, seduti sulle rovine della loro casa sua madre gli raccontò tutto: gli disse di suo padre, gli spiegò che il segreto era sempre stato palese nel suo cognome Kuroo che significa 'coda nera'.

Suo padre era un demone comunemente chiamato 'Neko' per via degli occhi gialli ed il corpo nero allungato simile ad una coda che ha la sua forma pura e questo legame con quell'essere lo rendeva un mezzo demone mezzo umano.

Un demone sporco.

Kuroo non poteva credere alle sue orecchie e rise, ma sua madre rimase seria, incorruttibile.

 

"Il tuo cuore non batte, il tuo corpo non respira. Qualunque cosa tu decida di credere, non sei più semplicemente umano, Tetsu"

 

**

 

Un fruscìo, un leggero tonfo e quel meraviglioso suono che è il respiro riempiono le orecchie di Kuroo.

 

"Ciao." la solita voce profonda, ma un po' meno roca.

Kuroo si volta a guardare in faccia il suo interlocutore che fa segno al barista di portargli la solita birra.

Un taglio malamente suturato spunta dal maglione a collo lungo grigio che ha questa sera.

 

È per questo che indossa sempre maglie a collo lungo?

Per coprire le cicatrici?

 

La sua mano è bendata alla meno peggio ed ha un labbro spezzato.

 

"Com'è andata la missione?" la domanda viene naturale a Kuroo, ma Koushi pare un attimo disorientato "Spero che almeno ne sia valsa la pena." indica le varie ferite di guerra, chiarendo la sua supposizione.

"Abbiamo un osservatore." risponde con un tono, ironicamente colpito e chiaramente scocciato.

 

"Se non vuoi che le tue carte siano scoperte quanto meno prova a nascondere quell'atteggiamento inquadrato da soldato." lo riprende, Kuroo.

L'uomo sorride amaramente, accogliendo il boccale di birra tra le mani, "Devo proprio essere un libro aperto per te."

 

E Kuroo scuote la testa non sapendo trattenere una piccola risata sarcastica che sente nascere nel petto.

Ma la risata non gli raggiunge gli occhi, fermandosi a tirare su un angolo della bocca.

L'altro lo guarda interrogativo.

"Non ho mai detto che sei un libro aperto, nessuno lo è mai, ci sono però cose che tutti possono notare se solo si fermassero un secondo ad osservare." spiega "Indossiamo la nostra vita, dopo tutto." prende un lungo sorso di birra e si gira a guardare l'altro finire il proprio boccale e richiederne un'altra.

 

"E cosa hai visto su di me?" chiede guardandolo negli occhi forse per la prima volta.

Uno sguardo diretto che incute timore e allo stesso tempo una profonda tenerezza.

Kuroo non può non chiedersi che cosa ci sia in quell'uomo che gli faccia nascere un tale interesse.

Tante emozioni contrastanti nate da uno stesso gesto di uno stesso uomo e nessuna confusione, solo tanta chiarezza.

Come può comprendere un tale mistero senza disticarne la matassa?

Come può sentirsi compreso solo guardando dentro gli occhi vacui di uno sconosciuto?

 

Vuole giocare? Allora giochiamo, iniziamo con qualcosa di ovvio:

 

"Sei chiaramente un soldato o qualcosa di simile, metti maglie molto coprenti per non far vedere le tue cicatrici o forse dei tatuaggi che indichino il tuo grado e che rivelino particolari sulla tua identità."

L'uomo annuisce, alzando un sopracciglio come atto di sfida, sfida che Kuroo non può che cogliere al volo.

"Vieni in un pub nella parte malfamata della città a notte fonda per non dover affrontare i tuoi fantasmi e cerchi di stordire la tua coscienza con fiumi di birra, ma non sempre funziona."

Tutto qui? Sembra voler dire mettendo su un sorriso supponente.

La testa appoggiata su di un pugno, rivolta verso Kuroo.

 

"Hai una catena al collo che probabilmente termina con una croce e non te la togli mai, ma non perché tu creda perché abbia un significato o un uso particolare, quanto perché ti ricorda qualcosa."

la reazione che Kuroo ottiene è proprio quella che cercava: quella di un uomo rotto a cui viene trovata la crepa ed è in quella crepa che il demone va a puntellare il suo piede di porco e a far leva:

 

"O qualcuno."

Un sussulto.

"Qualcuno che amavi e che hai perso. Perdita che adesso guida ogni tuo passo. Assenza che adesso accompagna ogni tuo giorno."

Kuroo non sa più se sta parlando di se stesso o dell'altro quando aggiunge: "Una mancanza incolmabile."

 

C'è un attimo di pesante silenzio in cui entrambi digeriscono le ultime parole che sono state dette.

Silenzio che viene poi riempito dalla risata amara dell'altro.

Una risata lunga, una risata asciutta, recitata in mancanza di lacrime che non ci sono più e Kuroo questo lo sa, questo lo capisce.

 

"Adesso puoi dirmi il tuo vero nome?" chiede cercando gli occhi dell'altro che si gira e gli regala il sorriso più sincero di cui sia capace.

Non un sorriso smagliante, né compleratamente sentito, forse l'uomo nemmeno è più capace di sorridere in modo aperto, ma a Kuroo basta vedere quell'espressione per sentirsi un po' più vicino a capirlo, a districare il suo mistero.

"Lo sapevo che non avrei dovuto offrire una birra al tipo misterioso seduto nell'angolo più adombrato del pub, sapevo della tua intelligenza dal momento che ho posato lo sguardo su di te e su quel finto sorriso sarcastico che ti ritrovi."

Kuroo si trova di nuovo spiazzato dalla schiettezza dell'uomo.

 

"Sono Sawamura Daichi. Sono in effetti una specie di soldato. Sì, ho più cicatrici di quante vorrei e l'alcool di solito è la medicina che uso per non sentirne il dolore. La catena che porto al collo termina con una piccola freccia, non con una croce ed apparteneva ad una persona a cui tenevo: Koushi." sospira "Ne sento la mancanza ogni giorno, hai ragione, ma non è questa collana a ricordarmelo, questa mi serve per ricordarmi cosa gli è successo."

Si porta il bicchiere alla bocca e di nuovo tira giù tutto quanto in un colpo solo.

 

"E tu, tu sei Kuroo Tetsurou, non sei cresciuto in città.

Sei ben a conoscenza del tuo aspetto eppure non lo utilizzi per flirtare, per quello ti basta la tua mente."

L'uomo, Daichi, lo guarda più da vicino "Chiaramente anche tu hai perso qualcuno, ma non bevi per questo, lo fai perché ti piace. Continui a venire nel pub per la birra o per vedere me?" chiede senza dare però il tempo di rispondere "A differenza mia nascondi i segreti molto bene e non sono capace di cogliere molte cose. Posso solo dire con un certo grado di sicurezza che ti odi. Ti odi Kuroo e lo so perché tra simili ci si riconosce."

 

Kuroo si passa una mano tra i capelli, guarda l'altro e con un mezzo sorriso dice: "Sai, potrei tornare in questo pub sia per te che per la birra gratis."

"Mi sembra un valido compromesso, almeno possiamo condividere l'odio che proviamo per noi stessi."

 

Ci sono molte domande che rimangono prive di risposta, appese, galleggianti sul soffitto in legno scuro di quel pub, ma è così che devono rimanere.

E mentre il tempo scorre, i due siglano il patto silenzioso di non parlare mai più di loro stessi.

 

 

**

Sono passati mesi da quella volta e Kuroo aveva imparato a conoscere Daichi o quanto meno i limiti che non doveva varcare con lui.

Limiti che da un recentemente hanno cominciato a perdere l'originaria definizione.

 

"Ti ho visto bere un sacco di birre, ma non ti ho mai visto affetto dall'alcool. Qual è il tuo segreto, sensei?" chiede Daichi tirando un braccio fasciato da una benda malconcia attorno al collo dell'altro.

 

Il mio segreto? Quale parte: quella del demone o quella del fatto che essendo un demone l'alcool non ha effetto su di me? Sono due sfumature diverse.

 

"Lo hai detto tu una volta: non bevo per dimenticare, bevo perché mi piace. La differenza fondamentale è che tu tracanni tutto senza pietà, io sorseggio con calma godendomi il gusto della birra." spiega ridendo della faccia interessata e decisamente allegra dell'altro.

La porta del pub si chiude alle loro spalle.

Già da un po' Daichi aveva cominciato a prolungare le sue bevute con Kuroo e successivamente ad accompagnarlo a casa, passatempo che si stava rivelando sempre più interessante.

 

"Dai, se fai così però ci tiri a terra tutti e due." Kuroo cerca di mantenere l'equilibrio per entrambi, cosa che, quando si ritrova con la schiena attaccata alla parete esterna del loro pub, capisce non essergli riuscita molto bene.

Sono in un vicolo scuro e deserto nel bel mezzo della notte, Daichi proprio davanti a lui con l'espressione persa in un punto indecifrato tra il divertito ed il sorpreso.

Nessun rumore nell'aria se non il respiro accelerato dell'altro contro il suo mento.

 

Kuroo porta la sua mano all'altezza del petto dell'uomo e nonostante lo strato di stoffa che li separa può sentire la pelle formicolare al contatto.

Il battito di un cuore. Un battito impazzito.

 

Se solo ne avessi uno, anche il mio cuore sarebbe così, anch'io mi sentirei al limite del respiro sotto al suo sguardo proprio come lui.

Perché proprio come lui io ero umano.

 

Il suo è un riflesso involontario, è pura curiosità, è nostalgia, eppure quel gesto evidentemente cambia tutto perché Daichi afferrà con entrambe le mani il bavero della sua maglia e lo trascina giù, verso di sé facendo scontrare le loro labbra.

 

E questa è la prima volta che si toccano, che si sfiorano e come vernice nell'acqua, le emozioni di Daichi, le sue debolezze, le sue paure, le sue cicatrici, il suo passato, tutte queste cose lo attraversano in un attimo come un colpo di pistola alla testa e nonostante sappia che per lui è impossibile, Kuroo si sente affogare in un mare oscuro e profondo.

 

Quando il bacio si interrompe Daichi lo guarda con aria sorpresa mentre gli asciuga delle lacrime che non si è accorto di aver versato.

 

Il fotogramma di una donna, stesa a terra, massacrata gli passa per la testa e Kuroo è convinto di sentire la consistenza appiccicaticcia dei capelli intrisi di sangue di lei tra le proprie dita.

Il profumo familiare e delicato di una madre corrotto da un odioso odore ferroso.

Non ce la fa più,ma il dolore lo sta tirando per i capelli ed è costretto a camminare in una galleria di ricordi che non vuole vedere, quando poi l'immagine di un ragazzo dai capelli argentei gli invade la mente ed i sensi.

Sugawara Koushi, detto Suga.

Morto.

Radicalmente impossessato da un puro e per questo, per questo ucciso da Daichi.

Era il suo migliore amico.


Sawamura Daichi, capitano della sezione Karasuno della congrega dei cacciatori.

 

Non è possibile. Non a me, non un cacciatore.

 

Ma il pensiero non ha il tempo di durare perché Daichi lo trascina di nuovo giù.

Giù.

In un vortice da cui non è in grado di uscire perché è da troppo, troppo tempo che desidera di poterci cadere.

 

Fuori ogni cosa è dolore e odio, ma qui, in questo piccolo spazio che ci siamo creati, c'è caldo, c'è un riparo dalla tempesta per me e per lui, c'è amore e finché durerà, dovesse anche solo durare una notte, io lo userò.

 

**

 

Movimenti lenti e silenziosi nel buio.

Kuroo dovrebbe essere addormentato già da tempo, ma non si è mai appisolato, è rimasto sveglio per tutto il tempo.

Il tempo necessario per capire che qualcosa non sta andando nel modo in cui dovrebbe.

 

Ci sono stati respiri lenti e regolari per un po', che poi si sono trasformati nei suoni soffocati e spasmodici di chi affoga nei propri pensieri, nel mare del tutto.

Un attacco di panico.

 

Ora i respiri sono tornati regolari e con meticolosa attenzione Daichi si sta alzando dal letto, Kuroo può sentire il suo peso lasciare il materasso che condividono.

Sa già dove sta andando, sa anche cosa sta per succedere ed in un certo qual modo si aspettava che sarebbe finita così.

Eppure non può far a meno di sperare, perché non è giusto.

Non è giusto.

 

Sente un breve sibilo e capisce che è il suono di una spada che viene sguainata.

L'elsa fredda gli si posa sulla gola e già la sente bruciare.

 

Fa quasi ridere l'idea di essere uccisi con una spada nel ventunesimo secolo, soprattutto dopo essere sopravvissuto a se stesso per così lungo tempo.

Che quella non è una spada normale, tuttavia, lo capisce subito quando la sua pelle inizia a sfrigolare e rilasciare un leggero fumo laddove è toccata dal filo dell'arma.

 

Non così, non è così che deve succedere.

 

Kuroo alza un braccio e repentinamente afferra il polso di Daichi in una morsa delicata, come se fosse una cosa da proteggere e non da minacciare.

Come se con il suo tocco gli volesse trasmettere i suoi pensieri, e fargli capire che non gli da colpe, che anche lui si odia, odia i demoni, odia il fatto di esserlo e che se solo fosse stato più coraggioso, se solo fosse stato più simile a lui, allora forse sarebbe stato lui a mettere fine alla propria orribile, sporca esistenza fin dall'inizio della sua seconda vita.

Se può essere chiamata vita.

 

In men che non si dica Daichi è sopra di lui.

Che immagine familiare.

Sorriderebbe se l'altro lo facesse, se Daichi non avesse l'espressione più contrita e ferita che Kuroo abbia mai visto.

Nel volto comunque più bello che abbia mai visto.

 

'Lo so che ti ho ferito, ti ho tirato una pugnalata alla schiena e per questo mi odio ancora di più.

Ci crederesti se ti dicessi che l'ho fatto anche a me stesso?

 

Un bacio.

 

Anche Cristo baciò Giuda prima di essere ucciso.

Che frase blasfema detta da parte mia.

Sto per morire e tutto quello a cui so pensare è questo e a quanto amo quest'uomo?

Quest'uomo che si piega, la cui superficie si incrina e si crepa, ma che non si spezza mai.

Amo quest'uomo, le sue mani forti su di me.

Amo i suoi occhi un po' meno vuoti della prima volta che l'ho visto ed amo l'idea di essere stato io a renderli più luminosi.

Amo le sue labbra morbide così dure sulle mie, così crudelmente violente e desiderose.

Amo il suo coraggio, la sua lealtà.

 

Un bacio.

Dammi un ultimo bacio.'

 

Ed è così.

Kuroo sente la propria bocca unirsi a quella di Daichi con una delicatezza di cui non pensava fosse capace.

In un addio dolce e straziante.

 

Percepìsce il respiro dell'altro sulla sua pelle e guarda su: non può non guardarlo negli occhi.

Non può scegliere un' immagine migliore per andarsene del riflesso di se stesso negli occhi della persona che da cui è stato salvato e che in un certo qual modolui stesso ha salvato.

Per qualche strano scherzo del destino l'anima di Sawamura Daichi sta redimendo la sua, quella di uno sporco demone.

 

E per un secondo, quello che può essere l'ultimo Kuroo si aggrappa a quella redenzione desiderandola con tutto se stesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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