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Autore: kuutamo    26/06/2017    0 recensioni
[Cast Victorious]
[Avan Jogia]
Un’improvvisa sensazione dolce amara gli si fece largo nel petto, la sensazione di chi ha appena perso qualcosa anche se non sa cosa di preciso.
Infondo non sapeva nulla di quella donna, non aveva neanche il suo numero di telefono. Non aveva nulla. Eccetto un nome.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Strange Girl in Cairo



 

El Cairo

 

Quella mattina Avan si era alzato di buon ora, assolutamente deciso a visitare il famoso museo egizio del Cairo. Era la prima volta per lui e Zoey nell’afosa città. Quel giorno la sua ragazza aveva in programma un lunghissimo shooting in una location poco lontana dalla città e quindi lui avrebbe avuto tutta la giornata a disposizione per farsi un giro, possibilmente senza essere rapinato o peggio. 

Avan era solito viaggiare senza alcuna guardia del corpo, le tollerava giusto quando doveva partecipare ad un evento importante, altrimenti preferiva sistemarsi bene i suoi occhiali sul naso e vagare libero. 

Era assolutamente strabiliante la quantità e varietà di reperti esposti al Cairo: aveva pagato l’ingresso solo pochi dollari, un prezzo a dir poco assurdo per le meraviglie custodite all’interno, e già da un paio d’ore stava gironzolando per le ampie sale. Il bello è che non era neanche a metà e questo gli piacque non poco. C’era sempre stato in lui un profondo amore per l’arte e le cose belle in generale, un’attrazione fatale. Aggirandosi tra i corridoi, arrivò al piano superiore dove vi erano esposti molti papiri in teche orizzontali, illuminate da piccole luci artificiali ai lati. Avrebbe tanto voluto essere in grado di leggere cosa c’era scritto: insomma, lui si immaginava che quella serie di geroglifici narrasse un passo del libro dei morti, e magari invece era soltanto una cronaca che parlava di agricoltura. Quel fantastico sistema di scrittura pittografica faceva senz’altro effetto allo spettatore, e per lui era la prima volta in un museo del genere. Andando avanti sempre lungo lo stesso corridoio c’erano una serie di stele, tavole di pietra di varia grandezza, dove vi erano incisi altri geroglifici. Pensò che questi pezzi provenissero dalle tombe, dato che avevano un’aria tanto solenne. Lesse le targhette man mano che l’audio guida con un ovvio accento straniero gli dava nuove informazioni; poi d’un tratto i piedi di Avan sembrarono piantarsi al pavimento, mentre la voce maschile dell’audio guida continuava il suo percorso audiovisivo. 

Ferma davanti ad una stele scura vi era una donna intenta ad osservare minuziosamente ciò che aveva dinnanzi: il vestito nero ampio le fasciava delicato la vita ricadendo morbido sulle cosce, creando delle piccole onde ad ogni piccolo movimento. I capelli scuri le ricadevano sulla schiena all’altezza del bacino; sul braccio e avambraccio visibile al ragazzo c’erano dei bracciali che insieme a dei tatuaggi circolari abbracciavano la pelle creando disegni geometrici. Gli stessi tatuaggi circolari erano ripresi su entrambe le caviglie. Nonostante gli interminabili attimi in cui si sorprese a studiarla, ciò che catturò l’attenzione di Avan fu l’assoluta e religiosa immersione di lei in ciò che stava esaminando. Il ragazzo stava per proferir parola quando la ragazza riprese il suo percorso e appena svoltato un angolo sparì come un miraggio nel deserto. 

Che stai facendo? Si chiese.

Scosse la testa come a far andare via le immagini di qualche attimo prima e riavvolse l’audio guida fino a ritrovare il punto in cui era arrivato. 

Non voleva ammetterlo a se stesso, ma era ormai un pò di tempo che appena entrava in una nuova sala del museo si guardava intorno scrutando la gente alla ricerca di qualcuno. Ad ogni ambiente si riprometteva di non farlo, ma alla fine ci ricadeva sempre. C’era qualcosa in quello sguardo di assolutamente puro e selvaggio. Era come lo sguardo di un animale che guardava meticolosa i movimenti della sua preda. Lo trovò affascinante. 

Anche se quasi tutti i visitatori del museo entravano per vedere la maschera d’oro di Tutankhamon, lui decise di fare il giro lungo e arrivare solo dopo faccia a faccia con la maschera funeraria. Vide il suo viso riflesso nel vetro della vetrina e fu scosso da un lieve brivido che gli attraversò la schiena. Doveva ammettere che recitare con una copia riprodotta fedelmente e trovarsi l’originale davanti agli occhi, era un’esperienza totalmente diversa. Ne ammirò i dettagli e le finiture, fa forma allungata degli occhi, la finta barba intrecciata. Le foto erano proibite, e purtroppo non poté neanche trattenersi tanto a lungo vista l’enorme quantità di gente accalcata davanti alla teca. 

Si spostò in una delle ultime stanze prima della fine della sua lunga visita: qui trovò un’altra stele, stavolta molto molto piccola; si sporse in avanti arcuando la schiena verso il basso per vederla meglio. Lo colpì perché le iscrizioni su di essa erano quasi del tutto cancellate. Pensò a quanto fosse breve e triviale il nostro passaggio sulla terra, un passaggio che quasi sicuramente non lascerà alcuna traccia. 

 

“Non è morto ciò che può vivere in eterno, e in strani eoni anche la morte può morire.”

 

Una voce femminile pronunciò queste parole solennemente, tanto che il ragazzo pensò di averla immaginata. Come se venisse da un passato lontano.

Quando si voltò si rese conto da dove proveniva quella voce. La ragazza dagli scuri capelli lo stava guardando, si erano scambiati i ruoli stavolta. 

“Pensavo fosse un’altra stele sull’agricoltura” provò a dire leggermente impacciato, colto di sorpresa. 

“Quella di prima lo era” sorrise la ragazza. Lui si rese conto di essere appena stato scoperto.

Vedendo il momentaneo imbarazzo di lui, lei continuò a parlare.

“Sei qui per prepararti a girare qualcos’altro?”

“Oh.. intendi TUT. No, sono qui per curiosità personale”

“Prima volta al Cairo?” 

“Sì. Sono qui con la mia ragazza” disse. La donna si guardò intorno per cercarla con gli occhi.

“No, lei non è qui. E tu?”

“Io cosa?”

“È la prima volta per te qui? Da come riesci a leggere quei geroglifici non credo”

“In verità è la prima volta” abbassò lo sguardo.

“E riesci a leggere.. questo?” Indicò la teca con l’indice.

“Beh sì. Ho letto qualche libro, seguito qualche lezione”

“Ma è fantastico. Vorrei imparare anch’io a leggere questa strana lingua”

“Ti affascina l’ignoto? Ti capisco perfettamente”

“Sì, insomma, sarei tra quelle poche persone che riescono a leggere questa lingua morta da millenni. Sarebbe figo”

“Figo” rise lei. Lui la guardò e ne rimase contagiato.

“Uhm, bello, scusami. Sarai una professionista, figo forse non è il termine più adatto da usare” si corresse.

“In verità sono una pittrice” confessò la ragazza con un sorriso all’angolo della bocca, poi guardò lo stupore sul viso dello sconosciuto e prese a camminare verso l’uscita del museo. 

Avan rimase interdetto, scuotendosi qualche secondo dopo raggiungendola. Sembrava di nuovo essere sparita tra la gente, ma gli occhi del ragazzo ritrovarono quelli della sconosciuta appena fuori dall’edificio. Sorrise con naturalezza e si diresse verso di lei. All’esterno ora avvertiva tutto il calore delle prime ore del pomeriggio, ma non gli importava.

“Mi presenterei, ma sai già il mio nome. Mentre io .. non conosco il tuo” disse quando le fu abbastanza vicino. 

“Mi chiamo Amarna”

“Sei di queste parti allora!”

“In verità mia madre era una grande appassionata di storia egizia, e finì per darmi il nome di un’antica città ormai inghiottita dalla sabbia. Allegro non è è vero?”

“È molto, molto particolare invece”

La ragazza roteò gli occhi e iniziò a camminare, stavolta lentamente.

“Mi piace il nome Avan. È così semplice, ma allo stesso tempo unico”

“Immagino dovremmo essere grati alle nostre madri allora! Avrei potuto essere un noiosissimo Tom e tu una finta sofisticata Josephine” scherzò. 

I due risero guardandosi negli occhi. C’era un’improvvisa e naturale affinità tra i due, quasi come se riuscissero a capirsi al volo. 

“Quindi cosa ti porta nella bella città del Cairo?”

“Mummie. No, scherzo, più o meno. Sono qui in vacanza. Era troppo tempo che desideravo di vedere questo posto. Ne sono sempre stata attratta” la ragazza abbassò lo sguardo, all’improvviso cattivi pensieri s’intromisero nella sua testa. Avan sembrò notarlo ed ebbe come la sensazione che fosse sola.

“Sei libera adesso?” Le chiese interrompendo il flusso di pensieri. Amarna sollevò lo sguardo e per un secondo il ragazzo poté intravedere la sua espressione turbata, prima di essere di nuovo sapientemente mascherata. 

“Sì, te l’ho detto, sono in vacanza anche se ancora per poco. Domani è ora di levar le tende” disse con un pò d’amarezza.

“Beh allora bisogna festeggiare questa vacanza memorabile. Ieri sera ho scoperto un locale fantastico, vuoi venire?”

La ragazza lo scrutò per un attimo incerta e poi disse:

“Sarà meglio che servano alcol alle 4 del pomeriggio, altrimenti il tuo locale non sarà tanto fantastico” 

“Scherzi? È proprio per questo motivo che lo amo!”.

 

 

I due passarono l’intero pomeriggio a sorseggiare drink e semplicemente a chiacchierare. Non successe nulla. 

C’era questo inspiegabile magnetismo che proprio non lasciava in pace Avan. Si ripeté all’infinito di avere una ragazza meravigliosa che lo amava e di cui era perdutamente innamorato a sua volta. Nonostante ciò provava una sensazione di benessere anche solo parlando con quella misteriosa sconosciuta, guardandola negli occhi e immaginando la sua storia. 

Parlarono delle loro vite, delle loro aspirazioni, di come Amarna trovasse intelligente la scelta di intraprendere una carriera cinematografica così indipendente e quasi priva di scelte commerciali, di come avesse apprezzato Avan in Tut.

Amarna era totalmente ipnotizzata dallo sguardo di Avan, era come se la fendesse ad ogni battito di ciglia. Quel tipo di guardo che lascia boccheggianti. Si sforzò duramente di non fissarlo troppo, ma quasi con una cadenza regolare si sorprese a posare lo sguardo sulle sue labbra o sulle sue mani, piene di anelli d’argento, che gli si addicevano perfettamente. Quella giornata era stata assolutamente inaspettata. Quando giunse sera, faceva quasi male allontanarsi dalla situazione che si era creata. Al pensiero che di lì a poco non avrebbe mai più avuto occasione di rivedere quel viso, di dover tornare alla sua realtà l’indomani, le si strinse il petto. Un macigno la sovrastava. 

“Amarna, è stato uno dei pomeriggi migliori che io ricordi, e me lo ricorderò, perchè no, non sono così tanto ubriaco!” Disse puntandole un dito contro. 

“Anche per me Avan , sei un tipo divertente, non l’avrei mai detto” scherzò.

“Non è molto carino da parte tua” disse con un espressione sghemba e un sorriso falso. 

“Di sicuro mi stai simpatico perché effettivamente sono un pò alticcia. Taxi!” Rise, prima di chiamare a gran voce un taxi come se fosse nella grande mela.

“Non siamo a New York”

Esattamente due secondi più tardi un’ auto bianca si accostò al marciapiede in attesa di far salire la passeggera. 

“Dicevi? Qui sono molto più efficienti!”

“Lo vedo” disse Avan. 

Era arrivato il momento di separarsi, di far scoppiare quella strana bolla che li aveva sospesi in un limbo e ritornare ognuno alla propria vita.

“Dovrei andare, ho un sacco di cose da fare prima della partenza, sai, roba di ragazze”

A quelle parole Avan si ricordò di Zoey, che sicuramente era già tornata in hotel. La ragazza continuò.

“È stato bello avere la fortuna di conoscerti, Avan” allungò la sua mano affusolata.

Lui la strinse saldamente ricambiando il sorriso.

“Anche per me, è stato ..figo.” disse, ricordando la gaffe del pomeriggio. 

A quel punto Amarna salì sul taxi. Comunicò l’indirizzo all’autista, ma immediatamente dopo lo fermò. Scese dall’auto, un pò traballante, e tirò il ragazzo per la manica della camicia, facendolo girare.

Avan si voltò sorpreso, ma non ebbe il tempo di dire nulla che la ragazza parlò.

“Dovresti mettere l’eyeliner qualche volta” disse imbarazzata, con un filo di voce. Lei puntò i suoi occhi verdi in quello specchio scuro e avvolgente che erano i suoi e si allontanò a lunghe falcate. Voleva che lui si ricordasse di lei come la strana ragazza del Cairo. Lei non voleva essere una qualunque. 

Quando Avan si scosse da quella strana affermazione, corse in direzione dell’auto, ma quest’ultima si era già immersa nel traffico della grande città ed era scomparsa dietro una fila di nuove auto impolverate. 

Un’improvvisa sensazione dolce amara gli si fece largo nel petto, la sensazione di chi ha appena perso qualcosa anche se non sa cosa di preciso. 

Infondo non sapeva nulla di quella donna, non aveva neanche il suo numero di telefono. Non aveva nulla. Eccetto un nome esotico.

Amarna. 

 

 

 

 

Note:

 

La frase di Amarna viene dal racconto "La città senza nome" di H. P. Lovecraft. 

 

Spero che venga presto inserita una sezione su Avan. Questa è la mia prima ff su di lui. 

 

Grazie mille a chi leggerà e chi recensirà.

La storia potrebbe venire approfondita e sviluppata.

 

Alla prossima!

  
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