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Autore: GabrielTrish    27/06/2017    1 recensioni
-E se avessero tardato?-
Edward si ammutolisce, gli occhi dorati si sgranano appena e l'istinto lo porta ad abbassarli sui documenti sparsi sulla scrivania del superiore. Sa bene la risposta, ma non vuole nemmeno pensare ad una possibilità del genere. Non è successo e basta, perché farsi tutti questi problemi? Ora sta relativamente bene, quindi a che pro quella sottospecie di richiamo?
-Non è successo, colonnello. Non credo di aver agito male. Se l'avessi colpito quell'ultima volta non si sarebbe salvato. E io non voglio uccidere nessuno.-
/Sei un vero idiota, Acciaio./
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang | Coppie: Roy/Ed
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Dedico questa one shot alla bae, che me l'ha gentimente betata, e a quel cretino del colonnello (un giorno di questi ti prendo a botte)
Spero vi piaccia! :3


I swear I'll live.
 

-Mi dispiace.-
 
E' un sussurro quello che abbandona le labbra dell'alchimista d'acciaio, il tremolio di una corda di violino stonata, nel silenzio di quell'ufficio. Una mano, l'unica rimasta, che ancorata saldamente alla stampella di legno, sorregge il suo corpo. Questa volta ci ha rimesso il braccio destro, l'automail è stato completamente distrutto e Winry , diamine, Winry si arrabbierà da morire.  Come se non bastasse, una pugnalata ha reso la sua gamba buona, l'unica ormai funzionante, poco propensa a sostenerlo con successo.
Per fortuna la ferita non è così grave, dovrebbe guarire in poco tempo. Tuttavia, adesso, le ferite sono l'ultimo pensiero che affolla la sua mente, concentrata a non soccombere a quel silenzio assordante.
 
-Perché non lo hai finito?-
 
Una domanda netta e senza possibilità di fuga. La voce del colonnello è dura, calda (come al solito, almeno in apparenza), ed è impossibile non notare quelle striature ghiacciate che congelano l'aria. Roy è semplicemente seduto alla scrivania e la luce che traspare dalla finestra alle sue spalle non contribuisce a rendere chiaro il suo viso, sottolineando duramente la sua figura.
Edward non sa come rispondere, si sente scosso, sotto pressione, arrabbiato, vorrebbe solo girarsi di spalle e andarsene. La smania di uscire da quell'ufficio è tale da renderlo più inquieto del solito, lo sguardo saetta dal pavimento alla base della scrivania. D'altra parte, anche se cercasse di guardare in viso il suo superiore, non riuscirebbe a vedere nulla che non sia un'indefinita macchia scura.
 
-Perché non l'ho ritenuto necessario, da un momento all'altro sarebbero arrivati dei rinforzi e lui era ormai a terra.-
 
Infatti, i rinforzi erano arrivati. Puntualissimi. Se avessero fatto pochi attimi di ritardo, probabilmente Edward se la sarebbe cavata con molto peggio di un automail disintegrato ed un muscolo malfunzionante.
Ed è proprio questo quello che Roy non riesce a sopportare.
L'uomo ascolta la risposta e l'irritazione si inizia ad intravedere nella sua sagoma, appoggiata alla scrivania sui gomiti, fino a quel momento immobile. Le braccia abbandonano la loro posizione e la schiena del colonnello si sposta all'indietro, andando ad appoggiarsi con una certa insofferenza allo schienale della sedia. La risposta arriva più alterata di quanto Roy voglia.
 
-E se avessero tardato?-
 
Edward si ammutolisce, gli occhi dorati si sgranano appena e l'istinto lo porta ad abbassarli sui documenti sparsi sulla scrivania del superiore. Sa bene la risposta, ma non vuole nemmeno pensare ad una possibilità del genere. Non è successo e basta, perché farsi tutti questi problemi? Ora sta relativamente bene, quindi a che pro quella sottospecie di richiamo?
 
-Non è successo, colonnello. Non credo di aver agito male. Se l'avessi colpito quell'ultima volta non si sarebbe salvato. E io non voglio uccidere nessuno.-
 
 
                                                                                                                    Sei un vero idiota, Acciaio.
 
 
Forse è il tono di voce, forse le parole o forse entrambe le cose. La stanza si riempie del rumore assordante di una poltrona che viene spinta violentemente su un pavimento, creando quello stridìo fastidioso ed improvviso che costringe Edward a storcere un po' il naso. Solo dopo si accorge che la figura del colonnello è ormai in piedi, sempre dietro la scrivania, appoggiato con entrambe le mani sulla superficie di quest'ultima.
Inutile trattenere il singulto di sorpresa che lo coglie improvviso, così come il mezzo passo che si ritrova a fare allontanandosi d'istinto ed impercettibilmente.
 
-Dunque è così, Acciaio?-
 
Quella voce non è più controllata come prima. E' instabile, venata di vera e propria rabbia che Edward intravede dietro quella calma piena di crepe.
 
-Credi di riuscire a ripulirti la coscienza evitando di compiere ogni minima azione moralmente ed eticamente scorretta?
Non c'è nessuno che ti sconterà la pena grazie al tuo comportamento. Non c'è nessun dio, e se credi che agire impeccabilmente senza scomporti e senza uscire dagli schemi che ti sei prefissato, sacrificando sempre te per primo, esitando nel ferire o uccidere i nemici per necessità, ti porti un qualche vantaggio in futuro, sei un illuso.
Non c'è giustizia, non c'è rispetto se non te lo guadagni o lo costruisci con le tue forze, anche a costo di andare contro quello in cui credi.-
 
Il colonnello abbandona la scrivania, la aggira in pochi passi. Edward segue ogni suo movimento, dalle labbra schiuse per la sorpresa di quella reazione, tutto sommato esagerata ed inaspettata, e dalla rabbia di quelle insinuazioni. Perché diamine sta dicendo quelle cose? Perché si arrabbia in quel modo?
 
-Colonnello. Io agisco in questo modo perché credo sia corretto. Certo, ho sbagliato i tempi e non avrei dovuto abbassare la guardia, ma −.. -
 
-MA NIENTE! Ti avrebbe ucciso, Acciaio, ancora non l'hai capito? Se i rinforzi non fossero arrivati in quell'esatto istante saresti morto, e per cosa? Per la tua bontà d'animo? Per non sentirti un peso sulla coscienza che avrebbe potuto salvarti la vita?!-
 

 
                                                                                                                              Non farlo, Edward.

 
 
 
Roy entra finalmente nel campo di luce avvicinandosi all'alchimista d'acciaio che solleva lo sguardo.  Vede solo rabbia, rabbia, tanta rabbia da fargli quasi paura. E forse qualcos'altro, qualcosa che non riesce bene ad inquadrare e che non fa altro che metterlo in allarme.
Non lo riconosce.
Non riconosce nemmeno quei discorsi.
Solitamente il colonnello è il primo a premurarsi che lui e suo fratello conservino un'integrità ed un codice morale che permetta loro di non avere più rimorsi di quanti già ne abbiano. Quindi non riesce a capire. E' confuso e quel comportamento lo stranisce, lo irrita all'inverosimile.
 
-Lei è sempre il primo a dirmi di non uccidere, quindi che diamine le prende?! Cos'è, ha cambiato idea? Vuole che finalmente io ammazzi qualche essere umano in modo da diventare a pieno titolo un cane dell'esercito? Perché da quanto ho capito, è un requisito essenziale per essere parte di tutto questo. E sa la novità colonnello? Io non voglio farne parte, a differenza di lei che sembra smaniare al pensiero di un altro cadavere!-
 
-...-
 
Un suono sordo e secco interrompe il fiume di parole. Un rumore confusionario e scomposto segue, poi il silenzio. Edward è a terra, il viso ancora rivolto nella direzione in cui lo schiaffo era diretto, i capelli biondi a coprirgli parte del viso. La guancia colpita pulsa e brucia come se invece che un colpo avesse ricevuto una fiammata.
Si tiene su con l'unico braccio, ed è il silenzio ancora padrone nella stanza.
Il silenzio e i respiri impercettibilmente alterati del colonnello.
Edward, invece, sembra quasi aver smesso di respirare, per quanto piano lasci entrare l'aria nei polmoni.
Non se lo aspettava. Per nulla. E gli occhi sgranati e puntati sul pavimento ne sono la prova.
Sa di meritarselo. Tuttavia, si è lasciato prendere dalla rabbia e dalla confusione, ed è conscio di essere una di quelle persone che prima di agire o di parlare pensano raramente.
Ha toccato un tasto davvero doloroso, non avrebbe dovuto, ma anche il colonnello sembra non voler aiutare.
Sembra solo impazzito, totalmente fuori di testa.
Sente un passo, poi prima che se ne rendi conto una mano lo tira su da terra per la maglietta, costringendolo ad appoggiarsi all'automail con tutto il peso a causa della gamba dolorante. Non fa in tempo ad aprire bocca che la stessa mano, con molta più violenza di prima, pensa bene di sbatterlo di schiena contro la libreria dietro di lui, facendolo gemere per il dolore improvviso e decisamente inaspettato.
 
-C-Colonnello, mi lasci-... lo so, ho parlato a sproposito, ma lei −...-
 
-No, devi ascoltarmi, moccioso. Io non ti ho mai detto di non uccidere in casi di emergenza, e questo era proprio un fottutissimo caso di emergenza! Cosa devo fare per fartelo capire? Ordinartelo? Costringerti?-
 
-Io non voglio−...-
 
-Non si tratta di volerlo o no, Acciaio, devi solo eseguire. Se è questo che serve sarò ben contento di non lasciarti alternative.-
 
-NON PUO' DARMI UN ORDINE SIMILE! IO−...-
 
E' nel momento in cui Edward alza lo sguardo in quello di Roy che la voce gli si spezza, spegnendosi su se stessa come una fiammella privata improvvisamente del suo ossigeno.
Cosa?
Cosa sono quegli occhi?
La rabbia c'è tutta, c'è ancora e la vede chiaramente, ma c'è qualcos'altro, qualcosa che ha già visto, che lo angoscia e gli stringe il petto fino ad impedirgli di prendere fiato.
Lo ricorda. Negli occhi della mamma quando, quel giorno in giardino, fece quella brutta caduta mentre giocava con Alphonse ad arrampicarsi sull'albero accanto alla casa, negli occhi di Winry e della zia Pinako quando le vide la prima volta dopo essersi risvegliato.
E adesso è lì, negli occhi del colonnello, nelle sue parole, nella sua voce, adesso la riconosce in ogni azione che ha compiuto.
Ricorda che dopo quella caduta, la mamma era arrabbiata e gli proibì di salire su quell'albero per mesi, non importava quanto Edward strepitasse e protestasse e le tenesse il broncio. Ricorda anche che, nonostante Alphonse non si fosse fatto male, impedì anche a lui di giocare in quel modo. Solo dopo capì che era una decisione dettata solo da una cosa.
La preoccupazione.
E in quelle iridi d'antracite la rivide, nitida e accompagnata da quella rabbia assurda.
 
-E INVECE POSSO, RAZZA DI INCOSCIENTE! NON TI HO MAI DATO IL PERMESSO DI MORIRE, CAPITO? ED E' UN CAZZO DI ORDINE, ACCIAIO−..-
 
Edward si sente per la seconda volta sbattuto con violenza di schiena contro quella libreria, ormai la rabbia del colonnello è tale da non fargli rendere conto di aver letteralmente sollevato il più giovane da terra, facendogli sfiorare appena il pavimento con le punte dei piedi. Il viso dell'adulto è così vicino da permettere ad Edward di sentire il respiro irregolare dell'altro contro la propria guancia congestionata, la posizione è scomodissima e i crampi alla gamba ferita non attendono troppo prima di mostrarsi. Stringe le labbra tra loro, tutta quella furia lo sta annientando, si sente male, si sente in colpa e riesce a stento a respirare.
 
-NON TI AZZARDARE A−...non ti...azzardare a....-
 
La voce del colonnello si affievolisce appena, come se all'improvviso tutta l'ira che lo aveva spinto fino ad ora fosse scomparsa, svanita nel nulla. Ma quello che Edward riesce a riconoscere mentre quegli occhi d'antracite si distolgono dai suoi è una rabbia esausta, stanca.
 
-...a lasciarmi.-
 
E' con queste parole che Roy allenta la presa sulla maglietta del ragazzo, senza tuttavia allontanarsi da lui. Edward non sa che fare, non sa che dire, e gli sembra tutto così strano. Il colonnello è sinceramente preoccupato.
Certo, non è mai stata una novità. Si è sempre preoccupato per lui e per Alphonse, ma questa volta ha davvero esagerato, è totalmente senza controllo. Il tocco ruvido della stoffa di un guanto gli sfiora il punto colpito, prima di scostargli un ciuffo biondo dal viso per poi circondargli una guancia con le dita.  
Solo adesso si accorge della fronte del suo superiore appoggiata alla sua spalla, sembra infinitamente esausto, tutta l'energia e la rabbia sembrano essersi estinte per lasciare spazio a qualcosa che Edward non si sarebbe mai aspettato di vedere nel colonnello.
Fragilità. Stanchezza. Timore.
Non lo ha mai visto in questo stato, tranne forse...
 
-Colonnel −...-
 
Prova a dire qualcosa, ma le sue parole vengono interrotte da una mano guantata che gli si appoggia sulle labbra, zittendolo di colpo. Quelle dita tremano impercettibilmente e le sente bruciare sulla pelle. Roy ha rialzato la testa, i capelli neri e lisci sfiorano la fronte di Edward per quanto sono vicini.
 
-No. Zitto, ascolta me. Tu non devi morire. Non devi permettere ad un attimo di esitazione o distrazione di farti fuori.
Devi ancora trovare il modo di recuperare il tuo corpo e quello di tuo fratello, devi dire a Winry cosa provi per lei, devi farti una famiglia, devi girare il mondo come mi hai sempre detto di voler fare, devi vivere. Non ti permetto di buttare al vento tutto quello che stai costruendo per un'esitazione. Una cazzo di esitazione.
Ci sono troppe persone che lasceresti alle spalle, e non permetterò anche a te di fare questo errore.-
 
 
Non farlo. Non lasciarmi indietro anche tu, Acciaio.
Per favore, non lasciarmi indietro.
 T i  p r e g o.
Ho perso la calma e la dignità per dirti queste cose
non ho più un cazzo da perdere in questo discorso
quindi promettimelo, Edward.
 

 
La mano dell'alchimista di Fuoco si sposta, abbandona le labbra del più giovane e scende sul mento, due dita lo raccolgono per tenerlo sollevato. Edward non riesce a muoversi, era tanto che non si sentiva scosso e distrutto in questo modo, messo a tacere da parole così sincere da fargli male. Perché, ne è sicuro, Roy ha dovuto dare fondo a tutto il suo autocontrollo per dire quelle cose. L'eroe di Ishval, l'alchimista di fuoco che ha sterminato una popolazione senza battere ciglio, vittima di invidie, maldicenze, che porta sulle spalle quel peso in grado di annichilire chiunque, ma non lui.
Roy Mustang perde la calma per un ragazzino testardo e impertinente con gli occhi ancora pieni di sogni.
Ogni volta, guardando quegli occhi, Roy riesce a rendere quei sogni anche un po' suoi. Riesce a ritrovare qualcosa che credeva di aver perso definitivamente.
 
-...vivi.-
 
Un sussurro, una semplice parola che Edward percepisce come una preghiera, oltre che un ordine. E' striata di una disperazione cieca e di una segreta ammirazione, gli stringe il petto e lo soffoca con una rabbia quasi premurosa.
E' troppo, è troppo e non si rende conto delle gocce salate e bollenti che gli attraversano le guance, perso nell'ombra profonda e confortante che lo sguardo di Roy gli concede.
E sono le labbra di quest'ultimo che sente sulle sue, in un contatto salato e bagnato e che fa male, che lo coglie inaspettato, che lo tranquillizza, lo agita, lo sorprende.
E' il primo bacio della sua vita, l'ultimo che si sarebbe aspettato, e che dura troppo, o troppo poco ed Edward si sente così confuso e portato al limite che alle lacrime si aggiungono i singhiozzi.
Non riesce a respirare bene, i singulti scuotono il suo corpo da testa a piedi mentre, con la mano, stringe spasmodicamente la giacca del colonnello.
Piange per quel bacio, perché è stato bello e non capisce il perché, piange per quelle parole, per quella preoccupazione, per suo fratello, per il proprio corpo, per Winry, per il colonnello, per quello che si porta sulle spalle, per Hughes, per Glesha ed Elicia, per Ishval, e poi ancora per il colonnello e la sua attenzione, le sue premure sempre celate dietro quell'ironia fastidiosa, piange di rabbia, di tristezza, di sollievo, e piange perché ha semplicemente voglia di farlo, di buttare tutto fuori fino a non avere più la forza nemmeno per respirare.
Due braccia gli circondano le spalle, e il silenzio che poco prima regnava nella stanza ora è rotto solo da quei singhiozzi disperati, soffocati contro la divisa del colonnello.
Edward è aggrappato letteralmente al suo corpo e Roy non lo lascia andare stringendolo con entrambe le braccia, racchiudendolo in una stretta calda e protettiva, che ancora lascia intravedere la paura irrazionale di poterlo perdere in quelle dita intrecciate tra i capelli color grano, anche ora che è lì, e sta bene.
Sta bene.
 
 
 
Io non la lascio, colonnello. Glielo prometto. Glielo giuro.
 
Farai bene a mantenere la tua promessa, Acciaio.
  
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