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Autore: imspeakingtoyou    27/06/2017    0 recensioni
Ci sono passi, nell’esistenza di alcune persone, che le fanno sentire come dei bambini che hanno appena imparato a camminare davanti ad una salita impervia. Ci possono essere aiuti sulla strada, così come possono mancare, ed è probabile anche incontrare delle ostilità.
I più fortunati trovano supporto ed il loro viaggio diviene comodo, gli attriti col mondo esterno minimi e messi facilmente a tacere. I meno fortunati, invece, sono abbandonati a loro stessi: traditi dalle persone a cui vogliono bene e bersagliati anche da gente che vuole dire la propria a tutti i costi anche senza essere interpellata.
Io mi posso reputare mediamente fortunato, quando ho affrontato la mia chimera.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Theon, Vivian
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Follow the rainbow

Ave a voi, miei lettori.

Come ben saprete, giugno è il mese del Pride e anche se si sta per concludere, voglio lasciare il mio contributo. Parto dal presupposto che tutto ciò che gira intorno all'orgoglio LGBT+ è una questione delicata, che forse non comprendo in pieno, anche se supporto, quindi spero che questa fanfiction tratti decentemente la tematica. Fatemi sapere.

Solito disclaimer: i personaggi appartengono a se stessi e basta, io non lucro su quello che scrivo e quanto narrato qui è frutto della mia fantasia.

Per la prima volta su questi schermi, una tecnica narrativa che detesto, ma che mi sembrava la migliore per la storia che ho scritto: i punti di vista alternati. (Non preoccupatevi, sono solo due, contrassegnati da diversi font): Calibri per Torsti, Times New Roman per Risto.

Davvero, spero che vi piaccia.

FOLLOW THE RAINBOW

Ci sono passi, nell’esistenza di alcune persone, che le fanno sentire come dei bambini che hanno appena imparato a camminare davanti ad una salita impervia. Ci possono essere aiuti sulla strada, così come possono mancare, ed è probabile anche incontrare delle ostilità.

I più fortunati trovano supporto ed il loro viaggio diviene comodo, gli attriti col mondo esterno minimi e messi facilmente a tacere.  I meno fortunati, invece, sono  abbandonati a loro stessi: traditi dalle persone a cui vogliono bene e bersagliati anche da gente che vuole dire la propria a tutti i costi anche senza essere interpellata.

Io mi posso reputare mediamente fortunato, quando ho affrontato la mia chimera. Si è fatta notare prestissimo, prima ancora di essere un teenager: rifuggivo le compagne in ogni modo, non parlavo con loro nemmeno per prenderle in giro come si fa normalmente tra bambini, mentre mi capitava di essere fin troppo interessato ai miei coetanei maschi. Gli ostacoli non sono mancati, specialmente sul luogo di studio… proprio dove la gente dovrebbe avere una maggiore apertura mentale. Non c’è da meravigliarsi che io abbia congelato la carriera, per poi abbandonarla: sarei diventato pazzo, l’ho fatto per proteggere la mia sanità mentale. E dire che mangiavamo pane e antropologia tutti i giorni, quindi di casi come il mio ne avevamo analizzati a bizzeffe nelle varie ere della storia umana. Puntualmente però c’era la lingua lunga di turno che esternava tutto il suo disgusto.

Di solito questi si dividevano in tre categorie: i gay repressi, che per non mostrare la loro adorazione per il pene, la seppellivano sotto urla belluine contro quelli che avevano avuto il coraggio di viverla alla luce del sole; le morte di cazzo, convinte che la loro vagina fosse magica e potesse convertire chiunque alla loro causa, e che un omosessuale fosse una disgraziata tacca in meno sul loro diario delle conquiste; infine, i maschi alpha, che differivano dai finti etero solo perché l’uccello effettivamente a loro non piaceva. In ogni caso, reagivano tutti ad una specie di assurdo pene-centrismo, peggio di chi apertamente lo apprezzava.

A parte l’università e qualche altro commento fuori luogo da parte di amici che è meglio non avere più nella propria cerchia, però, non mi sono mai lamentato troppo. La situazione in famiglia non è stata così male: mia madre lo aveva accettato senza problemi, se lo aspettava; voleva sapere tutto delle mie frequentazioni, mettendomi in guardia da chi non le ispirava fiducia… il bello è che ci azzeccava quasi sempre. Mio papà all’inizio era rimasto shockato, ma gli era passata quando gli avevo presentato il mio primo ragazzo, salvo poi volerlo andare a cercare quando lo stronzo mi aveva tradito. Mia sorella invece l’aveva presa addirittura con entusiasmo, da brava innamorata dell’amore: delle volte però risultava ancora più pettegola ed insistente di mia madre. Eravamo comunque in ottima confidenza e ci scambiavamo molti consigli, alcuni buoni, altri un po’ meno. Gli altri parenti, fortunatamente, erano abbastanza lontani: i loro eventuali rigurgiti neanche mi toccavano, disperdendosi come i rutti nel vento.

Nel frattempo avevo raggiunto una certa indipendenza, tra un lavoretto di falegnameria, lo stipendio da studente e, non ultima, una band in cui ero entrato come cantante.

Il mio ragazzo, invece, non è stato altrettanto fortunato, per quanto anche lui sia andato via dalla casa dei propri genitori appena raggiunta la maggiore età. Ha vissuto infanzia e adolescenza in competizione con un fratello maggiore ed una sorella minore, senza contare i parenti piuttosto conservatori dal punto di vista della famiglia: lo hanno supportato nel suo desiderio di diventare musicista, quello sì, purché affiancato da un vero lavoro, ma si sono sempre schierati contro scelte sessuali non convenzionali. Il che è una contraddizione, visto che una sessualità più libera si è sdoganata proprio negli ambienti della musica e dell’arte più in generale; probabile però che un ascoltatore distratto, come la maggioranza delle persone ai nostri giorni, non abbia mai approfondito la conoscenza della storia della musica o non si sia mai preoccupato di studiarne i testi.

Noi, come band, abbiamo dei testi sobri, che non spingono in una particolare direzione, ma le scene ambigue sul palco, le facciamo eccome. È proprio in quel frangente, che il mio chitarrista è venuto allo scoperto con me: il problema è che viviamo la storia in segreto.

Non sono soltanto i suoi genitori, ad essere contrari. Non ho idea di cosa ne pensino suo fratello e sua sorella, una volta resisi indipendenti da madre e padre, ma so che anche in fabbrica ha trovato un ambiente piuttosto ostile, pertanto non si è mai esposto. Già lo criticano tantissimo per il look fuori dall’ambiente lavorativo: si permettono persino di fargli notare che smalto nero ed eyeliner sono ignobili su un uomo, poco importa che quello sia parte del nostro aspetto come band e magari lui non sempre abbia tempo per togliere quel poco make-up di scena. Tornando ancora più indietro nel tempo, a scuola aveva incontrato le stesse problematiche con cui mi ero scontrato anche io: da adolescenti purtroppo ci si dà spesso del frocio per sfottò e questo, per un ragazzo che davvero è gay o bisex, è molto umiliante anche se non lo dà a vedere.

Lui infatti si è chiuso in se stesso: dice di essere single o di uscire con qualche ragazza di quando in quando, vive una doppia vita, una alla luce ed una al buio; io devo rimanere relegato nella parte scura, al massimo mi è concesso di stare in penombra quando facciamo le nostre messinscene durante i concerti.

Vorrei tenerlo per mano quando usciamo insieme, vorrei poterlo baciare senza dovermi per forza imboscare, vorrei urlare al mondo quanto lo amo; invece dobbiamo procedere furtivi al massimo, non fare un passo insieme sotto la luce per non farci scoprire. Tutto quello che facciamo come coppia è relegato fra quattro mura, alternando casa mia, casa sua, la sala prove, i camerini. I nostri band-mates sanno e rispettano la sua riservatezza, ma a me non basta più: litighiamo sempre più spesso per questo.

Pretende davvero che restiamo confinati nell’ombra tutta la vita?

***

Perché le persone parlano senza capire quello che prova una persona che si trova in un contesto diverso dal proprio? Perché la fanno facile, quando facile non è, almeno per me?

Io voglio infinitamente bene a Torsti, ma semplicemente non comprende la situazione in cui sono. Vivo perennemente in equilibrio precario e basta un nonnulla per spezzare questa delicata stabilità.

Ho avuto tutti contro fin da subito, preventivamente, senza che neanche lo sapessero davvero.

D’altra parte non è lui quello che ad ogni ripresa televisiva del Pride sente, o almeno sentiva finché viveva coi genitori, i commenti di disgusto di tutti, fratelli compresi.

Non è lui che si sente perennemente sbagliato, perché la stessa cosa è proseguita a scuola e sul lavoro.

La cosa fantastica è che nessuno sa che sono bisex. Sospettavano che fossi gay, quello sì, in base al mio look; ma ho sempre avuto relazioni con ragazze alla luce del sole, non mi sono mai avvicinato ad un uomo, a parte Torsti, sempre di nascosto. Sono sempre riuscito ad evitare di venire allo scoperto: già mi bastano le prese in giro generali, una raffinata tortura mentale di compagni di scuola e colleghi di lavoro.

In fondo, se sei d’accordo con loro, nessun problema: se non lo sei, o sei il loro – consapevole o meno – oggetto di sfottò, la cosa ti distrugge dentro. Una vita meravigliosa.

Da pop-rocker figlio degli anni Ottanta, è ovvio che io sul palco mi vesta in un modo particolare: onnipresenti pantaloni di pelle, tatuaggi in vista e perché no, torso nudo ed un po’ di trucco di scena; i miei colleghi dovrebbero essersi abituati che quelle cose appartengono allo stile musicale che seguo, e invece no! Continuano a rinfacciarmi che uso cosmetici peggio di una donna, che sono un uomo a metà. Guai se non mi tiro via bene l’eyeliner o lo smalto la sera prima di andare a lavorare, non importa se torno stanco all’una di notte e la sveglia suona alle cinque per il primo turno: posso fare la checca rockettara la sera, ma la mattina dopo non devo recare i segni della mia devianza.

Tutto questo mi ricorda i miei genitori.

“Sì, caro, stai crescendo, ma è ancora presto per provarci con le coetanee: devi aspettare, non fare la figura del maniaco! Rischi di minare la dignità di tutti noi se succede qualcosa! Tieni, distraiti con questa chitarra!” – una meraviglia, i regali disinteressati. Oddio, mia madre è stata poco lungimirante, visto che proprio grazie alla chitarra ho rimorchiato l’inverosimile a scuola… probabilmente lei sa giusto la metà delle ragazze con cui sono uscito.

“Sì, caro, tu puoi fare il musicista, ma devi trovarti anche un lavoro vero, o niente! La musica è bene che rimanga un passatempo! Se non hai un lavoro, cosa penseranno di noi, che graviamo sul welfare come dei parassiti?” – fare l’operaio è più o meno compatibile con gli impegni musicali a livello di hobby, ma è una vita stressante. Forse avrei dovuto proseguire gli studi, ma non sono mai stato volentieri curvo sui libri per ore, così ho preferito qualcosa di più pratico.

Sì, caro, tu puoi essere anche bisessuale, ma noi vogliamo nipoti anche del tuo ramo, quindi trovati una donna, o niente! Uomo con uomo? Sventura, abominio! E la nostra dignità famigliare? – tale concetto non è stato direttamente espresso, in quanto non l’ho mai confessato, ma l’ho assimilato lo stesso, perché è così che ragionano loro per tutto.

Il mondo intero ragiona così: fa’ quello che tutti si aspettano da te, puoi potenzialmente coltivare qualcosa di alternativo altrimenti non hai carattere, ma devi comunque rispettare quello che vogliono. Altrimenti sei un outsider.

L’unica cosa per cui Torsti è più libero di me, è che probabilmente si aspettavano fin da subito che fosse gay: perché, da quello che mi ha raccontato, già di lui notavano un certo interesse per i coetanei fin dalle elementari, e nessuno per le ragazze. Lui si è tolto le catene delle aspettative genitoriali molto presto, e così anche quelle della società. Ed è cresciuto in una famiglia sicuramente più aperta di mente.

Cosa succederebbe se io venissi allo scoperto? Tradirei le aspettative di tutti quelli che mi circondano, a parte i miei compagni di band: ma loro non ci sono sempre a difendermi, abbiamo tutti impegni diversi e ci vediamo solo per provare le canzoni. Al lavoro mi massacrerebbero di umiliazioni… già lo fanno se non ho tolto alla perfezione la mia maschera da musicista;  forse si aspettano una reazione mia esagerata contro di loro, che mi farebbe rischiare di perdere il posto: il problema è che, se così accadesse, la mia vita crollerebbe. Come farei a mantenermi? Non ho un curriculum particolarmente qualificato e potrei scegliere solo pochi impieghi che sono spesso già saturi; alcuni di essi mi impedirebbero addirittura di seguire la mia passione per la musica, per orari e carico di lavoro. Ma rinunciare ad essa per me sarebbe come morire. Non ultimi, ci sarebbero anche i miei delusissimi genitori.

Quando Torsti mi dice che la vedo più nera di quello che è, divento furioso. Dovrebbe solo stare zitto, non è lui che cammina in punta di piedi sul filo di un rasoio.

Ho creato con fatica questa zona d’ombra nella mia vita, in cui io e lui possiamo essere noi stessi e vivere la nostra storia. Sono sempre sceso a compromessi per vivere in equilibrio, per quanto delicato esso sia è sempre meglio che cadere da qualche parte: i baratri intorno a me sono tutti troppo profondi.

Il problema è che litighiamo molto per questo. Io capisco che lui sia libero e che voglia rendere così anche me, ma io ho un fardello che mi impedisce di volare.

***

Sembra quasi che la vita si diverta, a punzecchiarci sul nostro punto di scontro. Come al solito, dopo la festa di mezza estate si pubblicizza il Pride, un evento al quale ho sempre desiderato andare. Vorrei essere lì, in prima fila, per fare coraggio a tutti coloro che ancora sono chiusi nell’armadio e brancolano nell’ombra con tutte le ansie del caso. Lo farei soprattutto per Risto, e poi per tutti gli altri come lui.

Quello che mi fa incazzare, è che lui non voglia che io ci vada. Non può impedirmelo, cazzo! Capisco che lui non voglia muovere il culo fuori dalla sua zona d’ombra, ma non può precettare anche me!

“Non andrai a culo nudo in mezzo a tutta quella carnevalata, spero!”

“Non dire stronzate! Se tu avessi fatto attenzione davvero a quello che si fa nella tua stessa nazione attraverso gli anni, probabilmente la penseresti in modo diverso! Hai mai visto delle foto della manifestazione qui? Non c’è gente nuda, o vestita porno che succhia lecca lecca a forma di cazzo, se è questo che pensi!”

“Mi dà comunque fastidio che tu vada su un carro pieno di cazzi a dire al mondo che manca il mio in mezzo allo spettacolino!”

Io non farò il suo nome, non citerò neanche il fatto che sono fidanzato, non lo provocherò dicendo davanti a tutti che deve dichiararsi! Sarò da solo in mezzo a tanti a combattere la mia battaglia, basta!

E invece no, probabilmente pensa che qualsiasi essere vivente lì ci provi con me e quindi no, non va bene!

Fa’ pace col cervello, Risto! Sei sceso a troppi compromessi nella tua dannatissima vita!

Io ci voglio andare, anche se non dirò nulla riguardo a lui, né mi farò circuire dagli altri, nel caso dovesse succedere, perché lo amo! Perché la mia partecipazione al Pride deve essere un “No” assoluto, quando metto la faccia solo per me stesso?

Me ne sono andato da casa sua perché ne avevo abbastanza delle sue stronzate.

***

Ogni volta vivo l’inizio dell’estate con panico, perché cominciano sempre le pubblicità sul Gay Pride e puntualmente Torsti si mette in testa che ci dobbiamo andare.

Gli ho detto che come al solito non ci metterò piede, ma soprattutto non posso rischiare che lui mi esponga! Basta una parola, la gente fa due più due, ci vede che usciamo insieme anche senza contatto fisico! La messinscena sul palco va bene perché nessuno la prende sul serio, io stesso evito che si superi un certo limite, ma nella vita reale dobbiamo stare attenti ai nostri passi!

“Lo capisci che non parlerò di te, ma parlerò solo per me stesso?” – Sì che lo capisco, Torsti, ma così facendo esponi anche me, lo capiranno che non siamo semplicemente amici e quello che chiamiamo fanservice ha invece risvolti reali! La faccia al lavoro ed in famiglia la perdo io! E poi non ci è mai andato in anni: ogni volta che ho rifiutato, è stato a casa anche lui… cosa sono queste fisse del momento? Perché deve andarci per forza, a fare il cretino circondato da altri maschioni sculettanti che magari ci proveranno anche con lui, visto che va in qualità di singolo?

L’ho bombardato di domande e non mi ha nemmeno degnato di una risposta. Anzi, mi ha ribattuto con un’altra domanda.

“Perché dai la priorità a quello che pensano gli altri, rispetto alla nostra felicità? Ti piace vivere in un ambiente nocivo? Perché questo è, se al lavoro ed in famiglia ti fanno questioni sulla tua vita privata! Ti piace avvelenarti l’esistenza, pur di conservare una figura reputata rispettabile da dei coglioni?” – ora… io non ho un buon rapporto coi miei genitori, ma mi han dato la vita e cresciuto, non deve permettersi di insultarli così, gratuitamente! Con la sua valigia in mano! È fuori di testa, cazzo!

---

Settimana scorsa dopo quella frase se n’è andato in silenzio da casa mia e non è più tornato. Sento il vuoto rimbombare tra le pareti del mio appartamento.

Sono devastato. Mi sento fottutamente debole.

Sono debole, in effetti.

Torsti è furioso, ha tagliato i contatti con me da alcuni giorni e mi sembra di non sentirlo da un’eternità. Fa male, malissimo. Mi ha lasciato solo.

Che vada al suo fottuto Pride, se vuole. Non è giusto impedirglielo, basta solo che non mi faccia fare outing, spero che pesi le sue parole e che soprattutto non mi faccia dispetti.

Gliel’ho anche scritto via messaggio, anche se non aveva bisogno che gli dessi il permesso io. Ogni tanto ci si può rimangiare qualcosa quando si esagera, giusto?

Ovviamente nessuna risposta, fino ad ora. Decido di inviargli un altro sms.

“Dimmi almeno se devo fare la spesa nel caso tu venga da me domani. Vorrei parlarti dopo il Pride, ma se non vuoi, lo capisco.”

“Ok.”

Non è né un no, né un sì. Farò la spesa, male che vada quelle cose le mangio io. Sempre che mi venga appetito, visto che la nostra situazione sembra al capolinea e tra il cuore e lo stomaco mi sembra che ci sia un enorme posto di blocco. Riesco a piluccare a malapena qualcosa di precotto.

Non so con che testa andrò domani mattina a comprare da mangiare.

***

Mi alzo frastornato e mi preparo. È una giornata calda e soleggiata, ma il mio cuore è affranto: in ogni caso non ritratto la mia decisione. Canotta e pantaloni bianchi, stivali neri, bracciale rainbow: questa è la mia divisa da Pride. Magari ci metto anche una collana a fiori, sempre fantasia arcobaleno, tanto sulla strada le vendono di sicuro.

Il centro di Tampere sembra in festa: adoro questa città, nonostante le resistenze che ci sono state il sindaco ha deciso di ospitare la manifestazione comunque.

Mi sono perso tantissimo in questi anni di clausura forzata: è tutto così variopinto e gioioso, ma non c’è nulla di particolarmente esagerato. Qualche torso nudo e pantaloncini, non di più, alla faccia della visione distorta che ha il signor Risto, che crede che i Pride da noi siano uguali a quelli estremamente spettacolarizzati d’oltreoceano.

Andrò sul carro, oggi, poco importa che manchi quello che dovrebbe supportarmi più di tutti. Se vuole farla finita per questa stronzata, che lo faccia: ha detto via sms che vuole parlarmi, il che può significare un milione di cose – ma almeno questa mattina è mia, mi prendo cura di me stesso e della mia libertà.

Sul carro di testa vi è una drag queen con un lungo abito rosso, agilissima sui tacchi e ben truccata: è perfettamente a suo agio con se stessa, i suoi capelli biondo cenere sono favolosamente lunghi e soffici. Si fa chiamare Lizette e mi riconosce appena mi vede: è una lettrice abituale di riviste di musica e ci segue da quando è uscito il nostro primo album; ha detto che in auto ha il cd originale e vorrebbe che le autografassi il booklet, a manifestazione finita. Queste sono le cose che mi fanno sentire vivo: sapere che ci sono dei fan nella mia situazione e poterli aiutare.

Risto si sta perdendo tutto: la gioia di essere libero, una vita felice… non è in grado di spezzare quei legami che gli hanno costruito attorno. Questo mi amareggia davvero tanto.

Perché non capisce che sta distruggendo tutta la parte che lo rende un uomo con delle passioni? Vuole diventare un robot, un involucro vuoto? Libero di farlo, ma non con me al suo fianco.

Ma poi, la band. Se non andiamo d’accordo e ci lasciamo, sarà la nostra morte come gruppo musicale. Proprio lui non ci arriva, che l’ha fondata? Gli altri ragazzi cosa sono, merda?

Chiacchiero amabilmente con Lizette prima che la sfilata parta, evitando chiaramente di citare la storia col mio chitarrista, di cui comunque lei vuole sapere; mi trovo in difficoltà quando mi chiede cosa sia il fanservice per noi, ma riesco a districarmi dopo un po’ di riflessione: le dico che è una finzione, ma lo facciamo per aiutare chi ha bisogno di un’infusione di coraggio per vivere come meglio crede.

Se solo non fallisse ogni volta nel suo intento proprio con quello assieme al quale lo faccio, staremmo meglio tutti, ma questo lo tengo per me. Lei è entusiasta delle mie parole, dicendo che i nostri intenti sono nobili ed effettivamente conosce alcune persone, nella calca, che hanno beneficiato della nostra esposizione, per quanto inscenata. Lizette sarà una dei portavoce di questo Pride e parlerà durante la sfilata, in alcuni momenti di interruzione. Il traffico nella via principale è bloccato, ma non ci sono state particolari proteste: Tampere è una città molto mobile anche senza le auto, e le corse degli autobus sono state reindirizzate sulle strade libere con pochi disagi.

SI mettono in moto i carri. Andiamo.

***

Ho fatto malissimo i miei calcoli, in mezzo alla mia confusione mentale: la spesa oggi si fa a piedi, Hämeenkatu è tutta chiusa al traffico per il Pride. Quanto sono stato idiota: ma va bene lo stesso, farò un po’ di esercizio alle braccia con le borse della spesa.

Il sole è caldo e l’aria è comunque frizzante; mi godo i riflessi della luce sul Tammerkoski, anche se il mio cuore non è a posto. Stasera devo parlare con Torsti, ma non so nemmeno cosa dirgli: certo ascolterò il resoconto dell’esibizione, ma… che cosa siamo adesso? Le nostre opinioni sono molto divergenti, chissà mai se le risolveremo o se finirà tutto. Mi viene da piangere, se ci penso.

Un dilemma shakespeariano: essere o non essere? Questo è il problema. Non ho mai portato il mio vero essere alla luce del sole e ho paura di fare la fine del vampiro, però l’unica soluzione per vivere in pace la mia storia con Torsti è proprio quella scardinare la mia vita. L’altra strada è sacrificare la relazione pur di vivere tranquillamente. In fondo le donne mi piacciono, un bisessuale può tranquillamente vivere da etero senza dover rendere conto a nessuno, potrei… ma è quello che voglio davvero?

Arrivo ai magazzini Sokos con la mente confusa come nei giorni scorsi: le notti non mi hanno portato consiglio, ma intanto proseguo con la routine per quanto riguarda le cose ancora certe e vado al piano interrato a fare la spesa. Carne, pane di segale, patate, altra verdura, le mie adorate spezie piccanti in grado di abbattere un drago… il latte delattosato per Torsti…

Finire con gli occhi umidi davanti al banco frigo non mi fa onore, ma considerato che potrebbe essere l’ultimo bricco di latte speciale che compro, credo di essere giustificabile.

Mi sa che mi tocca comprare anche un pacco maxi di fazzoletti.

Ok, c’è tutto.

Dopo aver pagato alla cassa, mi defilo per essere a casa il prima possibile: in quel momento, però, transita davanti ai magazzini Sokos la carovana del Pride; non solo, essa si ferma proprio in mezzo alla strada.

Ha ragione Torsti a dire che gli abbigliamenti sono piuttosto sobri, solo ci sono i colori dell’arcobaleno un po’ ovunque.

C’è una drag queen in abito rosso che parla in modo decisamente provocatorio.

“Sapete, la gente ama sfottere specialmente sul piano sessuale: non si contano le volte che mi è stato detto che non sono un uomo, o che comunque non sarò mai una donna, o che sono un uomo a metà. Io invece voglio rispondervi alla stessa maniera: non è la presenza di un pene, a fare l’uomo. Quan prendono in giro chi discorda tra sesso e genere, e poi non sono in grado di aderire a quel ruolo nella società che secondo le norme si confà all’uomo? Quello dell’essere sicuri di sé, diretti, schietti nelle proprie scelte?”

Credo di non essere mai stato così ustionato da delle parole. Le mie ginocchia si fanno tremanti, e le lacrime che credevo di aver parcheggiato al banco frigo sfuggono ai miei occhi. È il motivo per cui io e Torsti ci scontriamo, per il quale nessuno vuole fare un passo indietro.

Da una parte, la mia vita affettiva, dall’altra la mia vita professionale e la mia esistenza come figlio. Non ho mai avuto il coraggio di rompere quegli equilibri precari. Non ne ho mai avuto… il fegato.

Io non… non so, da una parte vivere nell’ombra è socialmente accettabile; ma le parole di quella drag queen hanno ribaltato il concetto di “comportarsi da uomo” in un’ottica che ha comunque senso e non ho scampo, il mio comportamento fa acqua da tutte le parti. O meglio, fa merda da tutte le parti.

Ripenso alle parole di Torsti sull’essermi creato un ambiente nocivo intorno, che non solo danneggia me stesso ma anche chi mi vuole bene davvero.

Ha ragione, cazzo. È un egoismo che, per assurdo, non fa bene neanche a me!

Mi sento così… idiota. E svuotato.

Sulla strada ci sono posti che cercano personale: nel caso venissi licenziato potrei sempre lavorare in una libreria, un negozio di dischi o strumenti musicali, perché no? Anche se il mio curriculum non è splendido, ci  sarà una posizione che mi permetta di vivere decentemente, non chiedo molto¹.

Sono cose che prima non avevo notato, ero accecato dai miei preconcetti; torno a rivedere il mondo solo ora, in una luce diversa, più rosea.

Dei miei genitori devo avere paura relativamente: a dire il vero so già come la pensano, è meglio nutrire solo pessime aspettative; in tal caso, ogni loro reazione potrebbe essere migliore di quello che credo.

Non voglio che Torsti se ne vada dalla mia vita: danneggerebbe anche la band. Come ho fatto a non pensarci prima! Loro sono, oltre che colleghi, anche miei amici, per quanto non ci vediamo spesso. Quanto sono stato cieco!

Sto sbagliando tutto. Vorrei sbattere la testa contro il muro, anche se probabilmente si sfonderebbe il cemento.

Noto solo adesso la grande folla che festeggia; la drag queen ha finito il suo discorso, che ho seguito solo nella parte in cui mi sono sentito inchiodato e tra poco la carovana tornerà a muoversi: finalmente noto che sul carro c’è Torsti, vestito tutto di bianco come un angelo, con qualche ornamento arcobaleno addosso.

Dio, è così bello e fiero di essere parte di questa festa. Ha stappato lo spumante e annaffiato i partecipanti del carro e tutti stanno brindando.

Mi faccio strada tra la folla e chiedo alla portavoce del carro di farmi salire, anche se le borse della spesa mi ostacolano; lei capisce e, con un po’ di fatica, riesco a trovare posto anch’io. Mi ha riconosciuto, ma la prego di non dire niente, che della mia band parleremo dopo: ora ci sono cose più importanti da fare.

Torsti mi sta dando le spalle, non si è accorto che sono salito, pertanto gli appoggio una mano sulla spalla di sorpresa.

“Hey!”

Il mio vocalist si gira e trasale: non se lo aspettava!

“Risto? Che cosa ci fai qui?!”

“Ho fatto la spesa, amore!”

Rimane incredulo, senza muoversi: non mi sono mai sbilanciato tanto, a dargli appellativi affettuosi, al che sfrutto la sua momentanea confusione per baciarlo.

Piange di gioia, il mio ragazzo, ma nemmeno io riesco a trattenere la commozione. C’è chiasso, la gente intorno a noi fa festa, e sono felice di farne parte.

Sono libero anch’io.

***

Ho rischiato un doppio infarto, su quel carro, ma adesso sono la persona più felice del mondo.

Anche se mi ha fatto spaventare, Risto ha capito. È così buffo, con le sporte della spesa in mano, mentre mi bacia. Testa di cazzo che non è altro: solo quando lo si mette con le spalle al muro riesce a decidere cosa fare della sua vita.

Non sopporto quando per reazione si chiude in se stesso e non vuole ragionare; soprattutto perché quando gli passa l’orgoglio capisce di aver sbagliato, ma intanto mette in pericolo la nostra storia, con tutto quello che può conseguirne.

Ha dovuto passare una settimana da solo senza sentirmi e Lizette lo ha praticamente asfaltato in diretta senza saperlo, per fargli capire quale fosse la scelta migliore per tutti.

Se è convinto di una cosa è difficilissimo fargli cambiare idea e bisogna lasciarlo sbollire, ma gli voglio bene lo stesso. Adoro quando ritorna il solito ragazzo dolce e passionale; imparerà mai a gestire i conflitti senza fare drammi? Sperare non costa nulla.

Qui sul carro, Lizette si è trasformata in una fangirl: continua a dire che siamo bellissimi e che dovremmo richiedere l’unione civile al più presto, perché dove si vede un uomo che sale a festeggiare il Pride con le borse della spesa per il suo compagno?

Risto è imbarazzatissimo, io rido commosso perché la nostra drag queen non sa quanta fatica, quante liti, quanta amarezza ci siano dietro. Mi piacerebbe che lo spiegasse, di certo non farò io lo stronzo; non ora che ha fatto un passo enormemente difficile per lui.

***

Credo, nella mia avventatezza, di aver fatto una cazzata.

Come ci si stacca da una travestita che ti sviolina come se fossi l’esempio di uomo perfetto, quando non lo sei affatto, il tuo ragazzo lo sa e ride sotto i baffi guardandoti come se fossi un povero mentecatto, avendo però la buona creanza di non intervenire e rovinarti così tutta la posa?

Decisioni, decisioni da prendere ovunque.

Abbiamo fatto la figura di merda, ormai? Andiamo avanti. Chiedo a Lizette – così mi si è presentata – di passarmi il microfono, perché non voglio che mi si diano meriti che non ho.

“Grazie per i complimenti, ma non è tutto così vero.”

La gente intorno a me rimane stupita, senza parole, tutto è come se si fermasse all’improvviso. Anche io non so esattamente cosa dire, ma voglio essere sincero.

“Io… ecco… non avrei mai avuto il coraggio di fare una cosa del genere, anche solo settimana scorsa. È stata una decisione improvvisa.”

“Non ti vorrai tirare indietro!” Torsti già si preoccupa, e anche Lizette.

“No, non me ne pento! Succeda quello che succeda, almeno sono libero.”

Detto questo, restituisco il microfono a Lizette, mentre il carro procede a passo d’uomo verso il ponte sul Tammerkoski.

Avrei potuto dire molto di più, ma semplicemente non mi venivano le parole e penso comunque che tutti, o almeno molti dei presenti, abbiano capito. Siamo stati tutti più o meno fratelli nella difficoltà dell’uscire allo scoperto, o almeno credo.

A mezzogiorno e mezza finisce la sfilata dei carri, così scendiamo e io faccio per tornare a casa. Torsti però mi ferma: dobbiamo autografare la copia di Divine Insanity di Lizette, cosa che faccio anche io più che volentieri, anche se scrivere una dedica su fondo nero è dannatamente complicato. Per fortuna che esistono le penne ad inchiostro chiaro.

“Ora, io non conosco la vostra battaglia. Ma vi ringrazio, perché la vostra è stata una grandissima testimonianza di coraggio che ispirerà molte persone. Alcuni dei presenti sono vostri fan e li avete aiutati molto esponendovi sul palco.”

“Quello era solo fanservice.”

“Non è vero! Tu volevi che lo fosse, ma intanto se nel backstage facevamo i nostri comodi, non era solo messinscena per i fan!” mi interrompe Torsti.

Sospiro, correggendomi: “Ok, sì, doveva essere fanservice ma solo in teoria. I camerini sanno che non è così, ma non avevo il coraggio per espormi davvero. Ancora adesso non so le reazioni che avrò intorno a me, sono un po’ preoccupato.”

“Capisco. Posso chiedervi un favore? Queste persone che sono vostre fan… possiamo improvvisare una sessione autografi?”

Ma ben volentieri, anche se ho una fame da lupi!

Persone di ogni genere ed orientamento sessuale, tutte accomunate dall’apprezzamento verso la nostra band… non molte a dire il vero, ma per noi tutte preziose: non neghiamo autografi e foto, ce ne vengono fatte tante e ne siamo felici.

Contenti di significare qualcosa di profondo per tutti questi fan.

La cosa mi dà un po’ fiducia, anche se ho la sensazione che si scatenerà una tempesta.

***

È tornata la pace e ci aspetta un bel weekend insieme; la priorità è stata scaricare la spesa a casa di Risto, poi abbiamo pranzato da Subway e ci siamo fatti un bel giro per la città in festa, come non capitava da molto. Vedere Koskipuisto pieno di fiori e con gli alberi verdeggianti ed i mercatini estivi nelle strade del parco è un toccasana per la mente; il fiume che divide in due la zona scroscia con energia e rinfresca l’aria: si sta davvero bene, ed avere di nuovo al mio fianco il Risto che amo mi fa sentire in una bolla di perfezione.

Lui è contento, lo vedo più rilassato, anche se non del tutto. Fa ancora fatica a prendermi per mano di sua iniziativa, ma se lo faccio io non si distacca innervosito, anzi… me la stringe, come se non volesse lasciarla mai. Siamo anche andati a trovare Teppo e Sami in università, per un po’ di sano cazzeggio fuori dall’aula studio; a dire il vero, la distrazione momentanea si è trasformata in una fuga dal campus fino al parco divertimenti di Särkänniemi. Abbiamo addirittura intasato la coda del Trombi innumerevoli volte finché non ci hanno cacciati malamente: ci è solo dispiaciuto che Juho e Timo non ci abbiano raggiunti per altri impegni.

Certo i nostri amici non si aspettavano la decisione di Risto di uscire allo scoperto, quindi appena ci hanno visti avvicinare troppo in pubblico erano tesissimi, si aspettavano che il mio ragazzo si innervosisse… le loro facce quando mi ha baciato sono state impagabili.

“Sono un uomo liberamente bisex, ora!” ha detto con un sorriso a trentadue denti davanti ai loro volti increduli.

Non lo vedevo così felice da parecchi mesi, per non parlare di quanto abbiano accolto con gioia la notizia i nostri compagni di band. Beh, in effetti li stavamo facendo impazzire con i nostri drammi di coppia quasi scoppiata.

“Vi lasciamo soli” ci dice Teppo dopo un paio d’ore, notando certi sguardi che si magnetizzano sugli occhi di Risto.

Quegli sguardi che erano rimasti in castigo a lungo, precettati dal comparire in ambienti pubblici, che hanno sempre provocato improvvise fughe da parte degli altri per non trovarsi davanti ad una diretta porno, appena li ricambiavo come sto facendo adesso.

Sami e Teppo, dunque, si defilano, così come noi poco dopo.

Quanto cazzo è bello, sentire la mano del mio compagno sul culo per tutto il percorso. Il Risto che ho sempre conosciuto solo io, che si espone in pubblico con questi gesti che mi scaldano l’animo. Adoro le sue molestie.

Le pareti di casa sua settimana scorsa mi sembravano invece così fredde… ora invece mi sembrano il rifugio più accogliente del mondo; le sue lenzuola sanno di bucato fresco e mi ci butto gioioso, mentre lui fa lo stesso.

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Che meraviglia.

Non ricordavo più come si facesse l’amore senza che questo dovesse riparare a qualche lite, con tutte le conseguenze del caso: dolore che esorcizzava i cattivi sentimenti, una violenza che ci infliggevamo a vicenda. Godevamo con rabbia, sensazioni stordenti come droghe, ma che alla fine lasciavano solo vuoto e tanta tristezza e non servivano a niente per risolvere le incomprensioni, che si ripresentavano sempre nelle occasioni successive, in un loop vizioso che ci stava assorbendo.

Questa volta invece è stata come le prime, di una dolcezza infinita. Ce la siamo presa con calma, tra mille baci, carezze ed abbracci… nessuna irruenza, per quanto fossimo eccitati da morire. Eravamo ormai abituati a farci del male l’un l’altro… invece adesso le lacrime che velano i nostri occhi sono di gioia.

Mi sento a casa, tra le braccia di Risto.

***

Com’è che l’essere in pace mi fa venire più voglia rispetto a quando discutevamo, per poi riparare con del malsano angry sex?

Mentre eravamo in giro, non riuscivo a staccare gli occhi di dosso a Torsti, come se mi sembrasse più bello e intrigante che mai. Forse è proprio così: perché i sorrisi che gli ho negato, si sono ripresentati, oggi, sul suo volto, illuminandolo. È splendido…

Altrettanto meraviglioso è stato molestarlo in pubblico: adesso che posso, devo recuperare tutto il contatto fisico che non gli ho concesso in passato. Mi ha posseduto un vortice di istinti repressi, forse mi sono addirittura rimbambito, ma avevo un bisogno spasmodico di toccarlo, sentirlo mio anche davanti a tutti.

Ho scoperto quanto è bello essere liberi.

Appena arrivati a casa mia, ci siamo amati come non mai: la tristezza di due anime lacerate che si sforzavano di unirsi nel momento è lontana anni luce; non è più il sesso che fa da collante a due personalità disgregate, è una sensazione rinnovata di unione totale. Due corpi, un’anima. È quello che percepisco adesso, mentre lo abbraccio: si è completamente abbandonato alle mie carezze.

È così, che voglio vivere.

Ci sono arrivato tardissimo e dopo molte bastonate figurate, ma alla fine ho abbattuto quel muro che aveva cementato la paura dell’opinione altrui.

Non farò alcun passo indietro, no.

---

Questa mattina, ho odiato la mia distrazione di aver lasciato il cellulare acceso.

Chi cazzo mi butta giù alle otto di mattina?

Chiamata da MAMMA.

In effetti non la sento da parecchio tempo, potrebbe avere comunicazioni importanti. Appena le rispondo, avverto che il suo tono è strano. Vogliono che io vada a trovarli a Hyvinkää² oggi stesso, per pranzo… ma io avevo in piano di stare con Torsti, dannazione!

“No, mamma, ho un altro impegno oggi… sono con Torsti…”

“Non potreste vedervi un altro giorno? Non ci hai mai lasciati soli per il compleanno di tuo padre!”

Merda, me ne ero completamente dimenticato.

“Beh… se volete, posso portare Torsti con me, glielo chiedo se volete…”

“Beh, pazienza. Tuo padre voleva che fosse una riunione unicamente di famiglia come sempre.” – e riaggancia.

Da qui si capisce il rapporto per nulla idilliaco che ho coi miei genitori. Per non rinunciare a nulla volevo portare il mio ragazzo, anche per togliermi la spina dal fianco della loro reazione, ma a quanto pare non lo vogliono. Ci sono due cose che non tollerano, in effetti: che nella mia band ci sia un cantante gay – che in effetti è pure il mio compagno quindi apriti cielo, anche se non lo sanno ancora – e che qualcuno si dimentichi delle ricorrenze. Due colpi in uno, jackpot!

Probabilmente adesso mi odiano. Tutto ciò non li predisporrà bene a quello che volevo dir loro...

***

Risto, combina guai che non sei altro.

Beh, in realtà aveva una soluzione in pugno, però la mia passione per il cazzo sta antipatica ai suoi genitori e per esteso anche io, quindi niente.

Non hanno mai approvato che nella band del figlio cantasse un frocio. Senza nemmeno sapere che Risto in primis si è innamorato di me… comunque lo hanno sottoposto a pressioni non indifferenti. Per il fatto che lui si sia scordato del compleanno di suo padre pur di stare con me, non lo hanno ricoperto direttamente di insulti, ma sono sicuro che nella loro testa gli abbiano lanciato anatemi per almeno cinque generazioni a venire.

A quanto pare, però, sarà a malincuore assente alla ricorrenza, pertanto lui starà con me per tutto il fine settimana, alla faccia loro.

Bravo Risto che finalmente capisci le priorità.

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MERDA.

MERDA.

ALLARME ROSSO.

I GENITORI DI RISTO SONO VENUTI QUI A SORPRESA.

Eravamo nudi nel letto e ci siamo rivestiti in fretta e furia. Perché la gente deve essere così invadente?

Ci sono anche i fratelli, anche loro sicuramente daranno addosso a quel poveretto. Sono schifato, davvero, anche perché lui non ha preparato niente perché non se l’aspettava e la spesa era stata fatta per noi due e adesso ci devono mangiare in sei.

Devo sforzarmi il più possibile di non essere ostile, però: questa in fondo non è casa mia e loro non sono i miei genitori, anche se li sbatterei fuori di casa a padellate in testa.

Mentre li distrae, cercherò di cucinare qualcosa.

Lo salutano severamente, sono risentiti davvero e a nulla valgono gli auguri, le scuse ed il regalo che Risto ha rimediato in emergenza. Fratello e sorella, invece, sembrano cordiali.

Io cosa devo fare? Nascondermi in cucina senza farmi vedere, come fanno i ghostwriter con la scrittura? Oppure posso mostrarmi?

Aprono la porta della cucina e mi vedono armeggiare ai fornelli mentre preparo una specialità di cui ho rubato la ricetta al ristorante messicano: straccetti di pollo e peperoni marinati con un filo d’olio, tequila e lime.

“Buongiorno!” li saluto, staccandomi un attimo dalla cucina mentre spero che il mangiare non si bruci.

Loro a malapena mi stringono la mano, anche se mi concedo di fare gli auguri al signore calvo davanti a me.

La madre già assalta il figlio, indispettita: “Ma lui ti viene in casa?”

Vorrei risponderle che sì, gli vengo sempre in casa, più precisamente sul letto, sul divano o nella doccia, ma Risto si limita ad annuire.

“E cucina pure per te?”

“Certo” risponde il mio ragazzo. Ha i nervi a fior di pelle, ma è pronto a difendermi.

“Fammi capire: il tuo cantante invertito viene a casa tua e prepara da mangiare per te? Non sono belle da vedere, queste cose…” prende la parola il padre, mentre Risto si stringe nelle spalle. Io continuo a cucinare come se niente fosse, ma sudo freddo non meno di lui.

“Sai com’è, papà… è il mio ragazzo.”

LO HA DETTO DAVVERO. POTREI COMMUOVERMI TANTISSIMO.

Sbircio dietro di me con la coda dell’occhio: l’uomo è diventato di mille colori, la donna è sbiancata come un cencio. I due più giovani, invece, sono stupiti ma non scandalizzati, almeno loro…

Solo, non avrei voluto vedere il padre schiaffeggiare il figlio; lì mi tolgo di nuovo dai fornelli, con le mani che prudono; fortunatamente, anche i fratelli di Risto intervengono e lo bloccano.

“Che cazzo fai, papà?” urla Marita, spalleggiata da Markus.

“Io non accetto queste cose! Veramente pensavo di aver cresciuto anche voi insegnandovi cosa è giusto e cosa no!”

“Non pensare che io cambi idea: sto con lui, anche se dovessero caderti le mani da tutti gli schiaffi che potresti darmi!” vedere Risto ergersi con un coraggio che gli era mancato per anni è terribilmente bello.

La madre, invece, non dice nulla.

Il mio ragazzo prosegue: “Non ho più paura di dire che lo amo. Voi, però, se non gradite, potete sempre prendere la porta, andarvene e addio per sempre.”

“Io e Marita restiamo, non so voi” – per quanto Markus assomigli fisicamente al padre, compresa la calvizie precoce, sono contento di vedere che ha una mentalità diversa.

Il padre sbuffa, vorrebbe prendere la consorte per il polso e trascinarla via, ma lei, riavutasi dallo shock, rimane ferma. Nel frattempo ho spento i fornelli per non bruciare tutto. Chi vuole, mangi quello che ho preparato, appena si calmano gli animi.

“Caro, capisco che questo non sia ciò che ci aspettavamo da nostro figlio… ma si è sistemato così, anche se… sono cose che non concepisco: ti piacevano così tanto, le ragazze a scuola! Come ci sei arrivato così, figliolo?”

“Semplicemente mi piacciono entrambi, sono gusti.”

Non avrei mai pensato che potesse tirar fuori tutta questa sicurezza: erano cose che forse voleva urlare al mondo intero da tempo, ma la paura lo bloccava. I suoi occhi hanno un bagliore di fierezza che non avevo mai visto.

“Ti vedo certo della tua decisione… non la comprendo ma non mi ci metterò contro.”

“Io credo di aver appena perso un figlio” il padre riprende la sua posizione subito dopo che la madre si è mostrata neutrale.

“Attento a come parli! – Marita protesta energicamente – “O potrei non considerarti più mio padre.”

“Quindi state tutti dalla sua parte? Dovete dirmi qualcosa, voi due, qualche cambiamento di sponda improvviso, così la finiamo subito con la sagra degli invertiti?”

“No, papà” – è Markus ad intervenire – “Ti dico solo che non stai facendo il buon genitore, se cerchi di demolire tutto ciò che il nostro fratellino si è costruito con fatica. La sta vivendo bene così, non ci devi mettere becco perché magari pensi che sia sbagliato. Può esserlo per te, per mamma ma non per lui.”

“Io non ci trovo nulla di male!” ribadisce Marita.

“Nemmeno io: papà, tu puoi anche non accettarlo, ma si tratta della sua vita, non della tua.”

L’uomo si rabbuia: “Io me ne vado.”

“Fate quello che volete, basta che prendiate una decisione, visto che si sta raffreddando il pranzo che il mio uomo ha preparato con tanto amore!” Risto raggela i genitori con lo sguardo ed il suo intervento; i suoi fratelli si siedono a tavola, mentre lui si mette a riscaldare quello che avevo cucinato.

***

Io non ho mai trattenuto chi non volesse stare a casa mia; in questo momento ho fame e per questa stronzata rischiamo di rovinare tutto l’impegno e la dedizione che Torsti ha messo nel cucinare per quella che dovrebbe essere la mia famiglia.

Menomale che Markus e Marita, negli anni, si sono slegati dalla mente dominante di mio padre e hanno cominciato a pensare con la loro testa; beh, a dire il vero mia sorella già aveva cominciato a fare come voleva lei, rendendosi indipendente presto, mentre Markus era la copia perfetta di mio padre. Sono contento ed anche sorpreso che il mio fratellone si sia dissociato da lui.

Mia mamma invece è ancora una donna piuttosto fragile e subisce molto l’influenza del suo consorte; l’ha sempre subita, difficilmente cambierà. Mi dispiace tantissimo, ma almeno so di non averla totalmente contro: non mi supporta, però mi sopporta, lo tollera e per me è già tanto così. Papà è da solo sotto quest’aspetto.

Da solo, infatti, prende la porta e se ne va; mamma invece rimane, vuole conoscere un po’ di più il mio ragazzo.

Finalmente tutti si accomodano e io posso servire le cibarie in tavola: il sughetto si è un po’ rappreso, ma il gusto delle spezie è fantastico. Torsti, negli anni, ha affinato le sue doti culinarie, ed io sto cercando di imparare da lui, anche se non sarò mai un sous chef perché non ho il senso della misura sulle dosi, specialmente dei condimenti. I complimenti al mio ragazzo fioccano come la neve d’inverno e nella padella non rimane niente; persino mia mamma sorride lievemente, anche se cerca di non darlo a vedere.

Accompagnerò sia lei che i miei fratelli a casa. Ho rovinato il compleanno di mio padre, ma per come mi ha trattato non me ne può importare di meno.

Ho avuto i nevi a fior di pelle, quando mi ha insultato come se fossi la peggior feccia di questo mondo, un paria, un essere spregevole. Sono cose che fanno male anche quando prevedi che ti vengano dette, non esiste uno scudo che sia totalmente efficace.

Beh, non è obbligatorio che ci parliamo, in fondo.

---

La soddisfazione più grande, tuttavia, è scoprire che mia madre, sotto sotto, apprezza Torsti per come si prende cura di me. Mentre la accompagno assieme ai miei fratelli fino a Hyvinkää si pronuncia con un: “Certo che quel ragazzo è un tesoro. Tienitelo stretto come lui fa con te.”

“Sapessi quanto abbiamo litigato fino a pochi giorni fa perché avevo paura di venire allo scoperto…”

“Ah, quindi è una cosa recente?” – rimane sorpresa dalla mia sicurezza, credeva fossi uscito allo scoperto da molto più tempo, anche se non con lei e papà!

“A dire il vero, stiamo insieme già da alcuni anni, ma fino a poco tempo fa era una relazione segreta, che sapevano giusto i nostri compagni di band. Sul lavoro mi fanno mobbing solo se mi presento ancora col trucco di scena della sera prima, figuriamoci… poi voi che dovreste essere dei punti di riferimento per un figlio, non eravate a favore della mia scelta…  insomma, hai capito come mi potessi sentire. Però giustamente Torsti non era d’accordo a viverla in segreto, lui che è dichiarato da molto.”

“Non è sano che ti impediscano di lavorare serenamente, però. Cosa ha a che fare con il lavoro quello che fai tu in privato?” – una domanda che mi sono sempre posto anche io. In fondo non ho mai avuto l’intenzione di sfiorare i miei colleghi quando si chinavano, o far loro il trucco della saponetta nei bagni.

“Evidentemente il loro cervello è troppo prezioso per essere usato. Ma ho deciso di non nascondermi più neanche là, che mi facciano tutto il mobbing che vogliono, io me la vivo bene alla faccia loro e male che vada cambierò ambiente.”

“Sono scelte di vita tue. Io spero solo che tu sia felice per tutto.”

“Ho chi mi sostiene.” – con quelle parole lascio Markus, Marita e lei davanti al cancello di casa sua. Ci salutiamo caldamente, mentre mio padre non osa uscire. Non cambierò certo per lui, dovrà farsela passare.

Tantomeno lo farò per i miei colleghi stronzi: cambierò direttamente impiego, nel peggiore dei casi.

Ritratto anche le mie cattive considerazioni che avevo sul Pride.

Sì, in certi casi può essere sopra le righe, in alcuni posti più che in altri, ma ha la sua utilità: se non ci fosse, nessuno potrebbe sfruttare la forza del gruppo per farsi coraggio ed uscire allo scoperto in una festosa allegria, ognuno sarebbe solo ad affrontare i propri demoni.

Anche se l’ho capito abbastanza tardi, la libertà di amare chi voglio non ha prezzo.

Darò tutto me stesso, per recuperare quello che mi sono negato finora, e che ho negato anche a Torsti.

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¹: Il mercato del lavoro in Finlandia è piuttosto flessibile.

²: Città a circa 60 km a nord di Helsinki.

P.S. Voglio scusarmi se ho offeso qualcuno per quanto riguarda il fatto che il coming out di Risto in questa ff può essere percepito come forzato: ci tengo a dire che nella realtà uscire allo scoperto non è obbligatorio, specialmente quando ci si ritrova in un contesto in toto ostile. Non tutti ne hanno il coraggio, non per colpa loro ovviamente: purtroppo sappiamo che certe situazioni esistono e possono rovinare la vita di una persona - credo più qua che non in Finlandia, dove si svolge la storia. È importante in ogni caso trovare gente con cui confrontarsi e confortarsi; il Pride parla anche per voi che siete nascosti, nella speranza che un giorno possiate spiegare le vostre ali arcobaleno.

   
 
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